Papa Luciani: “il mio primo dovere è liberare la Chiesa dalla massoneria”… e infatti l’hanno ammazzato!

Papa Luciani

 

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Papa Luciani: “il mio primo dovere è liberare la Chiesa dalla massoneria”… e infatti l’hanno ammazzato!

Papa Luciani voleva destinare il 90% delle ricchezza al resto del mondo per case, scuole, ospedali ed il restante 10% da far gestire allo Stato Italiano per i bisogni della Chiesa.
Ma i massoni all’interno del Vaticano lo hanno eliminato

Papa Luciani era intenzionato a fare una vera e propria rivoluzione all’interno del Vaticano. Siccome desiderava tanto che la Chiesa fosse più povera, aveva preparato un progetto per ridimensionare la ricchezza del Vaticano e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto quelle italiane. Ovviamente, tutto ciò si doveva fare per mezzo della I.O.R., la Banca del Vaticano, che sarebbe stata data in gestione a persone laiche secondo l’insegnamento di Gesù: “Dare a Cesare quel che è di Cesare”. Papa Luciani non sopportava l’idea che Cardinali e Vescovi gestissero queste enormi ricchezze e, quindi, la sua prima intenzione era quella di rimuovere proprio quei Cardinali che usavano e manipolavano il Vescovo Marcinkus e che sfruttavano non solo la sua capacità di gestire lo I.O.R., ma anche e soprattutto i suoi contatti e le sue potenti amicizie a livello europeo ed internazionale. Se Papa Luciani non fosse morto, da lì a pochi giorni sarebbero stati rimossi e sostituiti immediatamente sia Marcinkus che altri quattro Cardinali e forse anche, se non erro, il Segretario di Stato o il Segretario del Papa. Al loro posto sarebbero subentrati altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia. Costoro, in gran segreto, avevano preparato insieme a Papa Luciani un piano ben preciso. Dopo essersi inseriti ognuno al posto giusto, si sarebbero attivati subito per distribuire il 90% delle ricchezze del Vaticano in diverse parti del mondo, in modo tale da costruire case, scuole, ospedali etc… Il 10% delle rimanenti ricchezze sarebbe stato affidato e fatto gestire allo Stato Italiano per conto e in base ai bisogni della Chiesa.
Insomma, voleva fare una vera e propria rivoluzione e cogliere tutti di sorpresa!
Purtroppo, il Povero Papa non ha potuto portare a termine il proprio piano, in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito ed è andato a raccontare tutto a Marcinkus e agli altri Cardinali! Costoro, appena vennero a conoscenza della cosa, si attivarono immediatamente e con la loro diabolica intelligenza riuscirono, senza lasciare nessuna traccia, ad uccidere il loro Papa con una grande quantità di gocce di calmante, grazie anche all’aiuto del suo medico personale”.

I quattro cardinali (tutti membri dell’Ordine del Santo Sepolcro che avevano un filo diretto con Albano notaio personale di Andreotti e di alcuni boss mafiosi) :

1-Il Cardinale Macchi (massone) , uno dei prediletti di Papa Paolo VI, che l’aveva anche ordinato Suo Segretario. Faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro, proprio come il Vescovo Marcinkus.

2-Cardinal Villot (massone)

3-Cardinale Benelli.(massone)

4-Cardinale Gianvio,

Fonte :

http://vincenzocalcara.blogspot.it/2011/02/l-attentato-papa-wojtyla-e-la-morte-di.html

Cardinale Benelli massone :

http://www.agerecontra.it/public/press20/?p=13908

Cardinale Villot e Macchi massoni :

http://www.profeti.net/Studi/Massoneria/Andreotti-Pecorelli.htm

http://nomassoneriamacerata.blogspot.it/2014/12/papa-luciani-il-mio-primo-dovere-e.html

Lezione di civiltà dal Perù: ergastolo e castrazione chimica per chi abusa dei minori di 14 anni, il Parlamento approva… E da noi cosa aspettano? Forse in Vaticano qualcuno proprio non vuole?

Perù

 

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Lezione di civiltà dal Perù: ergastolo e castrazione chimica per chi abusa dei minori di 14 anni, il Parlamento approva… E da noi cosa aspettano? Forse in Vaticano qualcuno proprio non vuole?

 

Perù: ergastolo e castrazione chimica per chi abusa dei minori di 14 anni, il Parlamento approva.

La situazione drammatica delle violenze sui minori del paese ha spinto il Congresso a prendere delle misure drastiche.

Per rispondere alla drammatica realtà del paese, in cui si stima che ogni giorno vengono abusati sessualmente 10 minori, il Perù ha approvato nel corso di una sessione plenaria del suo Congresso una modifica del codice penale che prevede, oltre l’ergastolo immediato, anche la castrazione chimica qualora il giudice la ritenesse opportuna per chi abusa di un minore di 14 anni.

La riforma sarà votata in una seconda sessione plenaria anche settimana prossima, ma già in questa prima votazione l’ergastolo è stato votato all’unanimità, mentre per quel che riguarda la castrazione chimica sette parlamentari hanno votato contro e 28 si sono astenuti. Gli altri 67 hanno votato sì con entusiasmo, tanto che la riforma è stata approvata tra gli applausi.

Addirittura la parlamentare Janet Sanchez ha dichiarato che sarebbe favorevole alla pena di morte, se solo il Perù non avesse firmato la Convenzione americana dei diritti umani, che vieta la pena capitale.

fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2018/05/18/peru-ergastolo-e-castrazione-chimica-per-chi-abusa-dei-minori-di-14-anni-il-parlamento-approva-2024553.html

Don Mazzi al vetriolo contro la Santa Sede: “Il Vaticano? Mi fa schifo, lo brucerei e manderei i cardinali missionari in Africa”

Vaticano

 

 

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Don Mazzi “Il Vaticano? Mi fa schifo, lo brucerei e manderei i cardinali missionari in Africa”

Il presbitero non ha problemi a parlare dei suoi problemi con la religione: “non ha più nulla a che fare con la fede, è come un matrimonio senza più amore”

Don Mazzi al vetriolo contro la Santa Sede in un’intervista al Corriere della Sera: “io il Vaticano lo brucerei, lo svuoterei e manderei tutti i cardinali missionari in Africa”. Parole che confermano la già nota avversione del verso il Vaticano, rinforzate dalle opinioni personali contro specifici personaggi, come il cardinal Bertone: “gli dissi che era di una ricchezza schifosa e mi contattò il suo avvocato per convocarmi, ma non ci andai”.

Un’avversione, quella di Don Mazzi, che non si estende a Papa Francesco: “il Pontefice, poveretto, vorrebbe che il Vangelo tornasse Vangelo, ma lo dice dal Vaticano, che è una sede di potere. sa che perderà”.
“La religione mi dava e mi da fastidio” ha continuano Don Mazzi, “perché non è più una questione di fede. Alle volte mi chiedo cosa conti di più, la fede o la Chiesa. La religione è tutta regola, non è fede. È come un matrimonio che diventa un dovere: se non esiste più l’amore, che roba è? Per la società, è ancora matrimonio, ma per te?”.

Nel corso dell’intervista, Don Mazzi ha avuto modo di parlare anche del suo rapporto con Fabrizio Corona, mostrandosi deluso: “Non lo voglio più in comunità perché è personaggio anche quando si pente, non c’è niente di autentico in lui. Lui e Lele Mora mi hanno fatto perdere tempo. Fabrizio ero convinto di portarmelo a casa, ma si sente la divinità di se stesso”. Già in passato il presbitero aveva detto di essere rimasto deluso dal comportamento dell’ex re dei paparazzi: “Abbiamo tenuto Fabrizio in comunità per sei mesi, abbiamo fatto di tutto perché non ritornasse in carcere, ma è sempre vittima del suo personaggio”.

tratto da: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/04/09/don-mazzi-il-vaticano-mi-fa-schifo-lo-brucerei-e-manderei-i-cardinali-missionari-in-africa-2022416.html

Dal 2018 in Vaticano vietato vendere sigarette… Perchè c’è vizio e vizio: NO al fumo, ma si proteggono i pedofili!

 

Vaticano

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Dal 2018 in Vaticano vietato vendere sigarette… Perchè c’è vizio e vizio: NO al fumo, ma si proteggono i pedofili!

 

Così il Vaticano protegge i preti pedofili

Alti prelati del Vaticano, italiani e stranieri. Molto vicini a papa Francesco. Che per anni hanno insabbiato le violenze sessuali sui minori da parte degli orchi con la tonaca. Le nuove rivelazioni su responsabilità, silenzi e omertà

Tre cardinali che hanno protetto sacerdoti pedofili sono stati promossi nel C9, il gruppo di nove alti prelati che assistono papa Francesco nel governo della Chiesa Universale. Altre quattro porpore italiane e straniere che non hanno denunciato predatori seriali e che hanno cercato di proteggere le casse della Chiesa dalle richieste di risarcimenti alle vittime, sono ascesi sulla cima della scala gerarchica della Santa Sede. In Italia, Spagna, Francia, Belgio e Sud America altri vescovi insabbiatori sono stati premiati con incarichi importanti, o graziati di recente con sentenze canoniche discutibili.

Insomma, se il Vaticano ha dichiarato da tempo guerra aperta ai crimini sessuali dei suoi preti nei confronti di bambini e ragazzine («una battaglia cruciale, che va vinta ad ogni costo», ha detto e ripetuto papa Francesco fin dall’inizio della sua elezione al soglio petrino) a quasi quattro anni dall’inizio del pontificato di Bergoglio la lotta mostra più di una crepa. Non solo per alcune nomine che appaiono sorprendenti, ma anche perché il fenomeno degli orchi in tonaca continua ad avere numeri impressionanti: tra il 2013 e il 2015 fonti interne alla Congregazione per la dottrina per la fede spiegano che sono arrivate dalle diocesi sparse per il mondo ben 1200 denunce di casi “verosimili” di predatori e molestatori di minorenni.

Un numero praticamente raddoppiato rispetto a quelli rilevati nel periodo che va dal 2005 al 2009: il trend dimostra come il cancro non è stato affatto estirpato.

Se delle denunce, delle vittime e dei carnefici non si sa praticamente nulla (ancora oggi i processi canonici sono sotto segreto pontificio, e chi tradisce la regola del silenzio rischia pene severissime, scomunica compresa), e se la commissione antipedofilia voluta da Francesco si è riunita in sede plenaria solo tre volte dalla sua nascita nel 2014 senza essere riuscita nemmeno a inserire nelle norme vaticane l’obbligo di denuncia alla magistratura ordinaria, in “Lussuria” (Feltrinelli) si raccontano storie inedite di insabbiamenti di altissimi prelati in tutto il mondo, di scandali sessuali coperti dal Vaticano per timore di ripercussioni mediatiche, del sistema di protezione messo in piedi in Italia e di lobby ecclesiastiche unite dagli interessi economici e dalle medesime inclinazioni sessuali.

L’UOMO NERO IN VATICANO

La storia di George Pell è emblematica. Il cardinale australiano è stato chiamato da Francesco a Roma con l’intento di “moralizzare” la corrotta curia romana. Pell, oggi, è il capo della potente Segreteria dell’Economia. Di fatto, il numero tre del Vaticano. Leggendo le carte della Royal Commission che sta indagando sui preti pedofili, i documenti riservati della vecchia diocesi della porpora, i bilanci della chiesa australiana e alcune lettere firmate dal prelato e dai suoi avvocati, non sembra che Bergoglio abbia puntato sull’uomo giusto. Non solo perché da qualche mese è accusato da cinque persone di aver commesso lui stesso abusi sessuali tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta (il cardinale smentisce ogni responsabilità, con sdegno), ma perché troppe volte, di fronte a crimini sessuali di sacerdoti, negò alle vittime giustizia e compassione pur riconoscendo la veridicità delle loro denunce. Come scrive la commissione d’inchiesta, «mancò di agire equamente da un punto di vista cristiano». È certo che Pell cercò di minimizzare le violenze e di proteggere in ogni modo la cassaforte della sua diocesi dalle richieste di risarcimento dei sopravvissuti.

I documenti dei giudici dell’organismo voluto dal governo australiano sono un pugno nello stomaco. Partiamo dal caso della famiglia Foster. Davanti alla tragedia dei genitori Anthony e Christine, le cui figlie Emma e Katie sono state violentate da bambine dal preside della loro scuola cattolica don Kevin O’ Donnell, Pell ha prima tentato di evitare ogni incontro faccia a faccia («se incontro la famiglia Foster poi dovrò incontrare anche le altre. Il mio tempo è molto limitato. Perché sono diversi dagli altri casi?», si chiede nel 1996 in una lettera spedita ai suoi avvocati), poi ha provato a chiudere la faccenda con un risarcimento di appena 50 mila dollari australiani, pari a 30 mila euro. La signora Foster ha raccontato ai giudici che durante il primo incontro a casa loro, Pell – di fronte alle rimostranze del marito che accusava l’allora arcivescovo di voler proteggere il portafoglio della Chiesa – rispose secco: «Se non ti va bene quello che siamo facendo, portaci in tribunale». «In un secondo incontro con altri genitori di piccoli abusati da padre O’ Donnell» si legge negli atti della commissione «la signora Foster ricorda che davanti a una domanda su perché alcuni noti pedofili servivano ancora nelle parrocchie di Melbourne, l’arcivescovo Pell rispose: «È tutto un pettegolezzo, finché non ci sono prove in tribunale; e io non do ascolto ai gossip».

Il 26 agosto del 1998 Pell spedisce finalmente una lettera di scuse ai Foster, accompagnandola con l’offerta formale di risarcimento a favore della piccola Emma, formulata dall’avvocato di fiducia dell’arcidiocesi Richard Leder. Trentamila euro. «L’indennizzo è offerto dall’arcivescovo a Emma nella speranza che possano aiutare il suo recupero e fornire un’alternativa realistica a un contenzioso legale. Nel quale, altrimenti, ci difenderemo strenuamente». Ai genitori delle piccole, leggendo la missiva, sale la rabbia: sia per la cifra umiliante, sia per la minaccia – in caso di mancata accettazione della proposta – di «difendersi strenuamente». «Ammetto che sia stata un’espressione poco felice, ma credo che certe espressioni vadano lette in maniera non offensiva», ha detto Pell in un interrogatorio del 2014.

SENZA MISERICORDIA
I Foster, alla fine, si rassegnano. I soldi sono davvero pochi, ma li prendono. Serviranno a poco: nel 2008 Emma si è infatti suicidata con una dose letale di eroina, che le farà dimenticare per sempre le mani e gli occhi del suo vecchio preside.

Trentamila euro, o meglio 50 mila dollari australiani, sono in realtà l’offerta massima consentita dal sistema di risarcimento creato dal braccio destro di Francesco, il cosiddetto “Melbourne Response”. Un tetto innalzato a 75 mila euro nel 2008. Analizzando i dati contabili dell’arcidiocesi della città si scopre che tra il 1996 e il marzo del 2014 le circa trecento vittime che hanno chiesto i danni per le violenze dei sacerdoti hanno ottenuto in media 32 mila dollari a testa, circa 20 mila euro. Il prezzo di una Fiat 500 accessoriata.

Una miseria, anche perché l’arcidiocesi guidata fino al 2001 da Pell (nel marzo di quell’anno fu promosso vescovo di Sydney) è ricchissima. Controlla infatti due società, la Roman Catholic Trust Corporation e la Catholic Development Fund, che hanno in pancia contanti, proprietà immobiliari come appartamenti e palazzi, e fanno investimenti azionari e obbligazionari a sette zeri. Sommando il valore delle entrate, solo nel 2013 sono stati incassati, tra profitti finanziari e beneficenza dei fedeli, oltre 108 milioni di dollari australiani, mentre gli asset attualmente controllati dall’arcidiocesi valgono quasi 1,3 miliardi. Esatto: 1,3 miliardi di dollari. In pratica, per chiudere i fastidiosi contenziosi sulla vicenda pedofilia dei preti della città, Pell e i suoi successori hanno rinunciato a una cifra complessiva di appena 10 milioni di dollari australiani, pari allo 0,7 per cento del patrimonio della diocesi.

Qualche anno dopo aver accettato i soldi per le cure di Emma, i Foster decidono però di capire se la giustizia terrena sia meno avara di quella divina, e aprono un procedimento civile di fronte allo Stato di Victoria. Che capovolge la filosofia del Melbourne Response, riconoscendo come le cifre dei risarcimenti debbano essere molto più alte: alla fine della causa la Chiesa è costretta ad accettare una mediazione pagando i Foster ben 750 mila dollari.

Quello di Emma non è l’unico caso che imbarazza Pell. Tra le decine di migliaia di carte della Royal Commission ci sono anche i documenti e i verbali che provano come la sua diocesi, mentre lesinava aiuto alle vittime, non faceva mancare sostegno ai prelati pedofili usciti di prigione. Il successore di Pell, l’arcivescovo Denis James Hart famoso in Australia per aver scacciato una donna che voleva denunciare un’aggressione sessuale di un prete con l’epiteto «Vai all’inferno, cagna!», in un interrogatorio ha ammesso che la diocesi di Melbourne ha speso centinaia di migliaia di dollari per aiutare ex preti pedofili pagando loro sia lo stipendio sia l’affitto, la pensione, l’assicurazione sanitaria e persino quella dell’automobile.

Un documento interno del 2 ottobre 1996 segnala come Pell abbia presieduto una riunione dove lui e alti prelati discussero come poter aiutare tre preti (tra cui don Michael Glennon) dopo il loro rilascio dalla prigione. «Punto 15. Ipotesi su come aiutare i preti che stanno uscendo di galera» si legge nel verbale dell’incontro «Possibilità di un posto (appartamento indipendente) nel palazzo di Box Hill. Padre McMahon ha parlato di cure mediche necessarie, ed è stato invitato dall’arcivescovo Pell a far presente cosa serve alla loro assistenza». Se padre Wilfred Baker, che ha molestato 21 bambini, ha ricevuto dalla curia tra pensione e spese per l’affitto 21 mila dollari l’anno fino al 2014, (il massimo della pensione possibile, ha notato il giornale “The Age”), Desmond Gannon e David Daniel, anche loro condannati per crimini sessuali, hanno subito una semplice decurtazione della busta paga. I giudici hanno poi scoperto che una serie di giroconti finanziari per aiutare il pedofilo Gannon fu orchestrata in modo tale che «difficilmente la notizia dell’aiuto sarebbe diventata di dominio pubblico». Per la cronaca, i denari per aiutare i preti australiani caduti in disgrazia sono stati prelevati dal Fondo pensione del clero, che è per gran parte finanziato dai contributi dei parrocchiani. Tra loro, paradossalmente, c’erano anche alcune famiglie degli abusati.

INSABBIAMENTI
Ma il cardinale promosso da Francesco ha altri scheletri nell’armadio: ha protetto l’orco seriale Gerald Risdale (suo ex coinquilino, negli atti della Royal Commission spunta una foto che ritrae Pell a braccetto con il maniaco: nonostante le pesanti accuse aveva deciso di accompagnarlo alla prima udienza del processo; è un fatto che né Pell né altri vescovi cattolici abbiano mai accompagnato in tribunale le vittime dei loro colleghi predatori), né ha voluto ascoltare un ragazzo che lo avvertì come un sacerdote, Edward Dowlan, avesse abusato di alcuni ragazzini di un collegio cattolico di Ballarat, la città natale del cardinale («Mi disse: “Non essere ridicolo”, uscendo dalla stanza senza degnarmi di altre attenzioni» mette a verbale il testimone Timothy Green, «la sua reazione mi ha dato l’impressione che lui conoscesse fratello Dowlan, ma che non potesse o volesse fare nulla a riguardo»).

Non è tutto. Il ministro economico del Vaticano avrebbe anche tentato di corrompere una vittima («mi chiese cosa volessi per tenermi tranquillo», racconta il nipote abusato di padre Risdale. «Chiamai sconvolto mia sorella dicendogli: Il bastardo ha cercato di corrompermi»), e ha mentito per iscritto almeno su un altro caso di pedofilia, in modo da evitare di pagare risarcimenti alla vittima. Nonostante accuse circostanziate, decine di testimonianze durissime e documenti che dimostrano insabbiamenti e leggerezze, Pell è stato sempre protetto dal Vaticano, e fa tuttora parte del C9, il gruppo dei nove cardinali nominati dal pontefice in persona per aiutarlo nel governo della Chiesa Universale.

Il suo non è l’unico caso di promozioni discutibili. Strettissimo collaboratore del papa è infatti Francisco Errazuriz, anche lui chiamato a far parte dell’inner circle del pontefice. Ex arcivescovo di Santiago del Cile e oggi pezzo da novanta della Santa Sede, è stato protagonista, insieme al suo successore Ricardo Ezzati e al nuovo vescovo di Osorno Juan Barros Madrid, dello scandalo di padre Fernando Karadima. Un prete, per stessa ammissione del cardinale, che ha formato tre generazioni di prelati cileni. Una sorta di “santo vivente” per quasi tutta l’alta borghesia e il clero di Santiago che però, secondo le accuse di quattro uomini, dei giudici ordinari e perfino della Congregazione per la dottrina della Fede, nascondeva dietro l’aureola un’altra faccia. Quella di un criminale seriale che ha distrutto vite di giovani adolescenti.

L’inchiesta del giudice istruttore Jessica Gonzales è sintetizzata in un documento di 84 pagine dove vengono ricostruite le fasi dell’inchiesta interna della curia cilena, e mostrano il tentativo – da parte di Errazuriz – di evitare lo scandalo allungando a dismisura i tempi dell’istruttoria: nonostante il cardinale fosse stato avvertito delle violenze di Karadima già nel 2003, Errazuriz manderà il fascicolo a Roma solo nel 2010, quando ormai le vittime – che non erano riuscite ad ottenere giustizia dal loro vescovo – avevano deciso di raccontare le violenze pubblicamente.

Errazuriz spiega a verbale di non aver mai creduto alle accuse, ma schernisce chi lo indica, in patria, come un insabbiatore. Di certo nel 2006, dopo aver “sospeso” l’inchiesta interna che altri pezzi della sua curia volevano portare avanti, chiese a don Karadima di farsi da parte. Ma solo per raggiunti limiti di età. «Caro Fernando» si legge in una missiva privata pubblicata da un giornale cileno «la celebrazione per i suoi cinquant’anni di sacerdozio sarà un grande anniversario, nessuno potrà dire che non sia stato celebrato come si conviene…». Il giudice penale alla fine dell’istruttoria ha confermato le violenze, ma ha dovuto prescrivere i reati. La Congregazione ha condannato Karadima «a una vita di preghiera». Nel 2013 si è aperta una causa civile contro l’arcidiocesi di Santiago su cui pendono richieste di risarcimento da parte di quattro vittime pari a 450 milioni di pesos.

Insieme a Pell e ad Errazuriz, nel C9 c’è anche Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del gruppo e uno dei cardinali più ascoltati dal papa. In pochi sanno che tra il 2003 e il 2004 la porpora ospitò in una delle diocesi sotto il suo arcivescovado di Tegucigalpa, in Honduras, un prete incriminato dalla polizia del Costarica per abusi sessuali. Un latitante, don Enrique Vasquez, braccato dall’Interpol fin dal 1998: dopo una fuga tra Nicaragua, New York, Connecticut e una casa di cura per preti in Messico, don Enrique si rifugerà per qualche mese anche a Guinope, dove diventa parroco di una parrocchia sotto il controllo dell’arcivescovado di Maradiaga. Il reporter Brooks Egerton, racconta che riuscì al tempo ad intervistare il segretario di Maradiaga per il Dallas Morning News, che non negò affatto la presenza del pedofilo, ma minimizzò solo il ruolo pastorale. L’attuale cardinale, invece, non volle mai rispondere alle sue domande. «Secondo un agente del’Interpol che intervistai, i funzionari della diocesi si resero conto di avere un problema con don Enrique, e così si liberarono di lui», azzarda Egerton. Maradiaga però è uno che non si nasconde, e non hai mai avuto sul tema alcun pelo sulla lingua: un anno prima dell’arrivo di Vasquez nella sua diocesi, in una conferenza pubblica a Roma spiegò che lui, anche di fronte a un sacerdote accusato di pedofilia, sarebbe stato «pronto ad andare in prigione piuttosto che danneggiare uno dei miei preti… Per me sarebbe una tragedia ridurre il ruolo di pastore a quello di poliziotto. Non dobbiamo dimenticare che siamo pastori, e non agenti dell’Fbi o della Cia».

Tra le porpore che hanno fatto strada “Lussuria” racconta anche le contraddizioni di Timothy Dolan, arcivescovo di New York che come capo della Conferenza episcopale statunitense che ha dato l’ok a pagare dal 2007 al 2015 parcelle da ben 2,1 milioni di dollari a favore di importanti società di lobbying con l’obiettivo – ovviamente non dichiarato – di bloccare, o quanto meno modificare, l’approvazione di una proposta di legge dello Stato che prevede l’abolizione della prescrizione per le vittime della pedofilia.

Ma omertà e i silenzi hanno caratterizzato anche il comportamento del cardinale francese Philippe Barbarin e dell’italiano Domenico Calcagno, e fedelissimi di Francesco come monsignor Godfried Danneels, arcivescovo emerito di Bruxelles messo da Bergoglio in cima alla lista dei padri sinodali: possibile che il papa non conoscesse le imbarazzanti intercettazioni (mai pubblicate in Italia) con cui il porporato tentava di proteggere un vescovo lussurioso? È un fatto che documenti originali e testimonianze dimostrano come nell’anno di grazia 2017 il sistema attraverso cui la gerarchia ecclesiastica protegge le mele marce, nonostante qualche blando tentativo di scardinarlo, funziona ancora a pieno regime.

fonte: http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/01/12/news/cosi-il-vaticano-protegge-i-preti-pedofili-1.293368

 

I nemici del Papa sono nella Chiesa. E stanno combattendo una guerra!

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I nemici del Papa sono nella Chiesa. E stanno combattendo una guerra!

In una lunga inchiesta il quotidiano britannico The Guardian analizza chi sono i nemici di Bergoglio in Vaticano e perché contro il pontefice argentino monta un’opposizione sempre più forte

Papa Francesco ha moltissimi nemici. E non tanto tra gli atei, i protestanti o tra i musulmani. Quelli più convinti si trovano all’interno del Vaticano e nelle curie di tutto il mondo perché fanno parte anche loro parte del clero e siedono tra le file dei più convinti conservatori. Sin dalla sua nomina nel 2013 Bergoglio ha mostrato di preferire (a parole e nei fatti) uno stile modesto e umile. Guida una Fiat, porta da solo le sue valige, si reca personalmente in un negozio di occhiali per cambiare le lenti – ma non la montatura – e paga il conto in hotel. Lava i piedi alle donne musulmane rifugiate e dei gay dice “Chi sono io per giudicare?” Le sue parole e i suoi gesti hanno colpito il mondo intero ma dentro le mura di ‘casa’  Francesco ha provocato un contraccolpo enorme tra i conservatori che temono che lo stile ‘francescano’ possa dividere la Chiesa o addirittura mandarla in frantumi. È quanto emerge da un lungo articolo del Guardian scritto dal giornalista Andrew Brown che si è infiltrato nel clero e ha parlato con sacerdoti e non solo. “Quest’estate un prete inglese molto in vista mi ha detto: ‘Non possiamo che aspettare che muoia. Quello che ci diciamo in privato non si può riportare. Ma quando due preti si incontrano parlano di quanto terribile sia Bergoglio… È come Caligola: se avesse un cavallo lo nominerebbe cardinale’”. Poi la raccomandazione al giornalista: “Non devi pubblicare nulla di quello che ho detto altrimenti verrò fatto fuori”.

I nemici del papa sono nella Chiesa. E stanno combattendo una guerra

Perché Bergoglio si è fatto i nemici

Che Bergoglio si facesse dei nemici era già previsto. E per diversi motivi: è il primo papa non europeo ed è stato letto come outsider, tanto per iniziare. Ma nessuno immaginava che i suoi avversari fossero cosi tanti. Forse perché nessuno aveva previsto che, una volta eletto, Bergoglio avrebbe scelto il nome del santo dell’umiltà e che, come lui, (o quasi) avrebbe condotto la sua vita, iniziando col dire no ai fasti del Vaticano. Non sono andate giù nemmeno le sue parole di accoglienza nei confronti dei migranti, i suoi attacchi al capitalismo e, soprattutto, la sua decisione di riesaminare gli insegnamenti della Chiesa sul sesso. “Stando a quanto emerso dall’ultimo incontro mondiale dei vescovi, quasi un terzo del Collegio Cardinalizio ritiene che il papa stia flirtando con l’eresia”.

Uno dei principali punti di rottura – secondo The Guardian – è rappresentato dal divorzio: rompendo con la tradizione secolare, Francesco ha incoraggiato i preti cattolici a dare la comunione anche ai divorziati, a coloro che si sono risposati e alle coppie che convivono. “A lungo i suoi avversari hanno cercato di distoglierlo e di convincerlo a rinunciare all’iniziativa. Lui non ha voluto e si è ritrovato a combattere contro il malcontento generale che ora sta montando in una guerra”. Le armi sono le accuse di eresia. “L’anno scorso, un cardinale, appoggiato da alcuni colleghi in pensione, ha fatto emergere la possibilità di una dichiarazione formale di eresia, un peccati punibile con la scomunica. Lo scorso mese, invece, 62 sacerdoti e studiosi cattolici e laici, tra cui figurano un vescovo in pensione e l’ex presidente dello Ior – Ettore Gotti Tedeschi – hanno pubblicato una lettera aperta di 25 pagine che accusa Papa Francesco di 7 eresie per la sua Amoris Laetitia. Il documento, scritto da Francesco, affronta il dibattito sul divorzio e apre – seppur non direttamente – alla comunione ai divorziarti.

Cosa significa essere accusati di eresia (per un papa)

Si tratta di un’accusa cruciale per un papa perché lo mette con le spalle al muro: secondo la dottrina, un papa non può sbagliare quando affronta temi di fondamentale importanza come quelli legati alla fede. Così, se cade in errore significa che non è degno di essere papa, se invece ha ragione significa che hanno sbagliato tutti i suoi predecessori. In più, quella sulla comunione ai divorziati è una questione più che altro di forma: Bergoglio non ha proposto una rivoluzione ma ha semplicemente riconosciuto quello che accade già in tutto il mondo. E che potrebbe essere essenziale per la sopravvivenza della Chiesa. Se si applicassero le regole alla lettera, nessuno potrebbe più fare sesso con il nuovo partner dopo il fallimento del proprio matrimonio.

La crisi più grave dopo le spaccature degli anni ‘60

L’attuale crisi, ricorda il Guardian, è la più profonda dai tempi delle riforme liberali degli anni ’60 che portarono il gruppo dei conservatori più convinti, guidati dall’arcivescovo Marcel Lefebvre, a staccarsi dalla Chiesa. Furono gli anni del Concilio Vaticano II e dell’apertura di Roma al resto del mondo sotto la guida di Papa Giovanni XXIII. Il Concilio condannò l’antisemitismo, abbracciò la democrazia, proclamò i diritti umani universali e abolì la messa in latino. Il Vaticano ha trascorso la maggior parte del secolo scorso a lottare contro la rivoluzione sessuale, spingendosi su posizioni assolutistiche come, ad esempio, il divieto assoluto di usare contraccettivi. Francesco ha riconosciuto che non è così che agiscono i fedeli. E lo sanno anche i membri del clero ma si comportano come se non lo sapessero. “La dottrina ufficiale non deve essere messa in discussione, ma nemmeno può essere osservata del tutto”.

La ricetta per salvare la Chiesa

Con oltre un miliardo di fedeli, la Chiesa cattolica è la più grande organizzazione al mondo e molti dei suoi fedeli sono divorziati oppure sono genitori non sposati. Si tratta di un numero in netto calo, soprattutto al di fuori dell’Italia. Negli Stati uniti, ad esempio, la percentuale dei fedeli che vanno regolarmente a messa la domenica è passato dal 55% del 1965 al 22% del 2000. Mentre il numero di bambini battezzati è sceso da 1,3 milioni nel ’65 a 670mila nel 2016. E se per alcuni il motivo dell’allontanamento risiede nell’abbandono delle pratiche più tradizionali, per altri la colpa della Chiesa è quella di non essere riuscita a cambiare abbastanza per essere vicina alle persone. Da parte sua, “Papa Francesco è sicuro che se non riuscirà a far coincidere teoria e pratica le chiese si svuoteranno. Anche i suoi avversari sono consapevoli del fatto che l’istituzione sia nel pieno di una crisi, ma la loro ricetta per salvarla è l’opposto: per loro il fossato tra teoria e pratica è esattamente ciò che dà spessore e senso alla Chiesa”. Ma l’attrito riguarda soprattutto la visione del ruolo dell’istituzione tra chi crede che la Chiesa debba organizzare la sua agenda a seconda delle esigenze del mondo e chi crede l’esatto contrario.

fonte: https://www.agi.it/cronaca/papa_francesco_nemici_in_vaticano-2297892/news/2017-10-27/

 

Il Vaticano studia scomunica per corruzione e per le associazioni mafiose – Insomm il Papa ce l’ha sempre con la Sinistra Italiana… una volta scomunicava i Comunisti, oggi corrotti e mafiosi!

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Il Vaticano studia scomunica per corruzione e per le associazioni mafiose – Insomm il Papa ce l’ha sempre con la Sinistra Italiana… una volta scomunicava i Comunisti, oggi corrotti e mafiosi!

Vaticano studia scomunica per corruzione
E per le associazioni mafiose

CITTA’ DEL VATICANO, 17 GIU – Il Vaticano sta studiando la possibilità di introdurre la scomunica per corruzione e per associazione mafiosa. Il gruppo di lavoro che ha dato vita al seminario sulla corruzione in Vaticano nei giorni scorsi, infatti – riporta una nota della Santa sede – “sta provvedendo all’elaborazione di un testo condiviso che guiderà i lavori successivi e le future iniziative. Tra queste, si segnala al momento la necessità di approfondire, a livello internazionale e di dottrina giuridica della Chiesa, la questione relativa alla scomunica per corruzione e associazione mafiosa”.
fonte ANSA – http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/06/17/vaticano-studia-scomunica-per-corruzione_64bd1b20-6775-4783-b892-81763b58a5e0.html