“Appartengo a una generazione senza futuro… Complimenti a Poletti. Lui sì che valorizza noi stronzi”… L’ultima tragica lettera del precario trentenne suicida: Quante altre dobbiamo leggerne prima di capire quello che ci hanno combinato Renzi & C….???

precario

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

 “Appartengo a una generazione senza futuro… Complimenti a Poletti. Lui sì che valorizza noi stronzi”… L’ultima tragica lettera del precario trentenne suicida: Quante altre dobbiamo leggerne prima di capire quello che ci hanno combinato Renzi & C….???

 

“Il precariato mi ha ucciso”. Ecco la lettera di Michele, 30 enne di Udine che si è suicidato stanco di non trovare lavoro

 

L’ultima lettera di un trentenne, Michele, pubblicata per volontà dei genitori sul quotidiano sulle pagine del Messaggero Veneto , il quotidiano regionale del Friuli.

Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive.

 

Un j’accuse agghiacciante.

E Michele potrebbe essere Vostro figlio, Vostro fratello, Vostro cugino, Vostro nipote, Vostro amico, Vostro vicino…

Michele è uno di noi. Uno di noi che non ha resistito.

E i mandanti chi sono?

Uno di questi Michele ci ha tenuto proprio tanto a ringraziarlo con il suo agghiacciante PS:

“Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.”

Quanti Michele ci vorranno per capire finalmente chi sono le canaglie che ci governano?

E non sono solo Renzi, Boschi, Poletti & C. ad avere sulla coscienza Michele. Sono anche, con grossa responsabilità, i media che continuano a prendere per il culo i tanti Michele Italiani quando sbandierano risultati trionfalistici del governo con “inizi della ripresa” imminenti, alla faccia della vera, verissima verità che purtroppo Michele ci ha raccontato.

Non fatemi andare oltre altrimenti…

By Eles

 

di MICHELE

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.

Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto.

L’apoteosi del precariato: in 2 anni assunta e licenziata 44 volte (oltre a 77 proroghe) Renzi, Poletti & C. ne devono proprio essere fieri!

precariato

 

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

L’apoteosi del precariato: in 2 anni assunta e licenziata 44 volte (oltre a 77 proroghe) Renzi, Poletti & C. ne devono proprio essere fieri!

 

Un’operaia modenese stabilisce un primato davvero poco invidiabile: assunta e licenziata per 44 volte nel giro di un paio d’anni. Colpa del precariato

Che il sistema che regola il lavoro precario vada rivisto è ormai una verità che non può essere messa in discussione: ogni giorno arrivano notizie di casi-limite, ma il record stabilito da un’operaia modenese fa rabbrividire e dovrebbe obbligare tutti a fermarsi e iniziare a parlare di serie politiche che riguardino il lavoro, in particolare quello precario. La donna in questione è stata assunta e licenziata per ben 44 volte nell’arco di appena due anni e per poter essere assunta definitivamente ha dovuto rivolgersi ad un giudice.

I 44 contratti di lavoro li ha firmati con un’azienda di piastrelle e a questi vanno ad aggiungersi altre 77 proroghe per gli stessi contratti: una lampante dimostrazione di quanto possa diventare imponente la burocrazia in Italia, sia per le aziende che per i lavoratori. La sua via crucis lavorativa comincia nel 2010 e va avanti per anni fra licenziamenti e riassunzioni, fino all’episodio decisivo: una lite nell’azienda con un meccanico che la insulta e la spinge a terra sul luogo di lavoro.

È facile immaginare, dunque, che senza questo scontro il suo “avventurosopercorso dentro-fuori nell’azienda per la quale lavorava sarebbe andato avanti chissà per quanto tempo ancora. Come conseguenza della lite, la donna non viene più richiamata a lavorare dalla società di piastrelle e così lei decide di rivolgersi al Tribunale di Modena, che le dà ragione e ordina la sua assunzione all’interno della stessa azienda a tempo indeterminato.

La sentenza esecutiva prevede anche il pagamento di tre mensilità e mezzo e un risarcimento. Secondo il parere di Valeria Vaccari, giudice della sezione Lavoro civile, un numero così elevato di contratti non poteva essere collegato a sole esigenze improvvise di manodopera da parte dell’azienda, ma nascondeva la sostituzione di un lavoro fisso con uno a progetto e tale comportamento è vietato dalla legge. D’ora in avanti, dunque, la donna potrà contare su un lavoro fisso: ma quanti altri si trovano ancora nella sua precedente situazione? Un’indagine seria potrebbe aiutare a far emergere tutti i paradossi che si celano nelle pieghe del lavoro precario, che genera storture e record di cui non si va affatto fieri.

via BreakNotizie