L’ex giudice Giuseppe Mineo arrestato per corruzione: Un “professionista della corruzione” … è quello che Renzi voleva al Consiglio di Stato …perchè se sono onesto gli fanno un po’ schifo!

 

Giuseppe Mineo

 

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L’ex giudice Giuseppe Mineo arrestato per corruzione: Un “professionista della corruzione” … è quello che Renzi voleva al Consiglio di Stato …perchè se sono onesto gli fanno un po’ schifo!

 

 

Messina, arrestato l’ex giudice Mineo che Renzi voleva al Consiglio di Stato: a lui 115mila euro per “sovvertire sentenze”

In manette l’ex membro del Consiglio di giustizia amministrativa Siciliana Giuseppe Mineo. Nel 2016 era stato indicato dall’ex premier per un posto a Palazzo Spada: il fatto che fosse stato sanzionato per il ritardo con cui depositava le sentenze bloccò la sua nomina. A fare agli inquirenti il nome di Mineo è stato l’avvocato Piero Amara, ex legale dell’Eni che a febbraio è finito in manette e che da mesi rende dichiarazioni ai pm di Messina e Roma

Sentenze da “sovvertire“. Anche se la memoria lunga e l’attenzione di un presidente di collegio ha impedito che accadesse. Tangenti da devolvere a un amico molto malato e con qualche debito. L’ennesima storia di corruzione in atti giudiziari è il sequel dell’inchiesta che il 6 febbraio 2018 portò all’arresto di quindici persone tra un pm e due avvocati e ora apre le porte del carcere a un altro magistrato: Giuseppe Mineo,  ex giudice del Consiglio di Giustizia Amministrativa Siciliana , l’organo che sull’isola a statuto speciale svolge le stesse funzioni del Consiglio di Stato. Ed è proprio a Palazzo Spada che Mineo era stato indicato nel maggio del 2016 dall’allora premier Matteo Renzi: il fatto che fosse stato sanzionato per il ritardo con cui depositava le sentenze impedì, secondo indiscrezioni di stampa, la sua nomina dal massimo organo della giustizia amministrativa. Mineo, 56 anni, all’epoca era anche più giovane di un anno rispettò all’età minima prevista per una poltrona al Consiglio di Stato.

Due sentenze sovvertite per 115mila euro – Ai domiciliari, invece, l’altro personaggio colpito dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari di Messina, Maria Militello: si tratta di Alessandro Ferraro, classe 1971, già arrestato nel primo filone dell’inchiesta e indicato anche come “tramite tra malavita catanese e siracusana“. È Ferraro, stretto collaboratore degli avvocati Piero Amara a Giuseppe Calafiore (i due legali al centro dell’inchiesta di febbraio) che riceve 8 bonifici dal 16 maggio al 29 luglio 2016 sul suo conto maltese da poco più 115mila euro. Tanto costa sovvertire due sentenze civili che stavano particolarmente a cuore ad Amara e Calafiore, visto che riguardavano due vicende di loro competenza. Il periodo in cui vengono erogati quei bonifici, tra l’altro, è lo stesso in cui il governo Renzi individua Mineo per una posto al Consiglio di Stato. Da un’inchiesta parallela aperta dalla procura di Roma, tra l’altro, è emerso come Amara fosse socio di Andrea Bacci, amico dell’ex premier, in passato socio d’affari del padre Tiziano, che alcuni mesi fa è stato vittima di alcune intimidazioni.

Il “regalo” all’ex governatore Drago – Il ricevente finale di quei soldi, però, non è Mineo. Il giudice vuole girare quei soldi a Giuseppe Drago, già presidente della Regione Siciliana e deputato, morto proprio nel 2016 e che il giudice corrotto considerava un fratello. Drago – che è stato condannato in via definitiva a tre anni per peculato perché si era appropriato dei fondi della presidenza senza rendicontarli – con quei soldi avrebbe dovuto affrontare un intervento in Malesia e forse ripianare qualche debito, almeno stando alla ricostruzione dei detective delle Fiamme gialle. Il cuore di questo filone d’indagine, come da capo di imputazione, è il tentativo di cambiare due verdetti del consiglio della giustizia amministrativa siciliana. A fare il nome di Mineo è stato Amara, ex legale dell’Eni che da mesi rende dichiarazioni alle Procure di Messina e Roma. Le sue rivelazioni sono al vaglio anche della Procura di Roma che ha aperto un’inchiesta su presunti casi di corruzione al Consiglio di Stato. Gli incontri tra i protagonisti di questa storia sarebbero avvenuti a Roma, tra via Veneto e vicino a Montecitorio. Vertici per cercare di portare a casa un sovvertimento dei verdetti.

I due maxi risarcimenti – Mineo si sarebbe interessato perché le imprese Open Land Srl e Am Group Srl, controllate dai costruttori Frontino, fossero favorite nei ricorsi che avevano intentato contro il comune e la Sovrintendenza di Siracusa. Nel primo caso l’oggetto del contendere era un permesso per demolire e ricostruire il centro commerciale Fiera del Sud. Nel secondo caso, invece, il nulla osta negato alla Am Group che voleva realizzare 71 villette nella zona vicina alle mura dionigiane di Siracusa. Grazie ai buoni uffici dei due avvocati il Tribunale aveva nominato come perito un ingegnere aerospaziale per valutare un caso di vincoli archeologici. Che cosa aveva deciso sulle mura dionigiane il professionista esperto di astronavi? Che la società avrebbe dovuto ottenere un risarcimento da 240 milioni di euro.

Lo sto del presidente Zucchelli – Mineo, però, non era riuscito ad andare incontro ai desiderata di Amara e Colafiore perché il 3 febbraio del 2016 la camera di consiglio si era espressa in maniera sfavorevole alle due società. Il motivo? Il giudice un ostacolo insormontabile rappresentato dal presidente Zucchelli che era intevenuto tramite mail sostenendo che entrambi i ricorsi erano improcedibili. Il tentativo di sovrastimare il risarcimento del danno era dunque fallito. Quando i due avvocati avevano chiesto spiegazioni a Mineo, il giudice si era giustificato sostenendo (o probabilmente millantando) che il presidente, d’accordo in un primo momento, aveva cambiato idea perché nel frattempo era scoppiata un’indagine sui verdetti comprati.

Il gip: “Professionalità a delinquere” – Su Mineo il gip scrive parole durissime: “Ha mostrato di essere avvezzo ad una particolare professionalità a delinquere, in spregio alla funzione ricoperta”. Per giustificare il carcere il giudice sostiene che nulla potrebbe “contenere la disinvoltura con la quale Mineo ha piegato la funzione giurisdizionale ad interessi privati… né al riguardo vale la destinazione solidaristica delle somme per l’amico Drago sia perché l’elevato importo non era certo destinato tutto a coprire i costi della malattia, sia perché avrebbe potuto aiutare l’amico fraterno con un prestito invece di fare mercimoniodell’attività giurisdizionale ricoperta”. All’ex presidente della Regione, secondo la ricostruzione della guardia di finanza, sono arrivati  115mila e 39 euro versati dalla società Ocean One Consulting Srl, riconducibile agli avvocati Amara e Calafiore, sul conto di Ferraro che avrebbe poi girato la somma a Drago. Per il giudice ci sono i riscontri sui bonifici e sono attendibili le dichiarazioni dei due avvocati che hanno cominciato a collaborare.

L’ideologo di Lombardo che piaceva a Renzi – Mineo da qualche tempo non era più un giudice amministrativo: il Comune di Vittoria lo ha recentemente nominato a capo del nucleo di valutazione dei dirigenti dell’ente e delle performance dell’amministrazione. Dovrebbe controllare la regolarità contabile e amministrativa del comune. “Funzioni – scrive il gip di Messina –che lo rendono particolarmente esposto ad accordi corruttivi“. Considerato vicino all’ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, indicato da alcuni come l’ideologo del Movimento per l’Autonomia, il giudice aveva fatto già parlare di sè quando era stato nominato al Consiglio di giustizia amministrativa nel 2010. A indicarlo proprio Lombardo, ma alcuni giornali locali avevano fatto notare come per un posto al Cga occorresse essere professore ordinario mentre all’epoca Mineo era solo un associato. Più o meno la stessa situazione in cui si troverà quattro anni dopo quando a fare il suo nome per un posto al Consiglio di Stato sarà il governo Renzi. Una nomina stoppata, come le sentenze che dovevano essere sovvertite.

Berlusconi propone ancora il Ponte sullo Stretto – Ecco come il Sindaco di Messina massacrò Renzi quando ci provò pure lui: “O ha fatto una battuta o ci prende in giro. Dovrebbe farsi spiegare dal geologo Mario Tozzi e che lì dove vuole piazzare i pilastri c’è la faglia sismica più pericolosa del Mediterraneo…

Ponte sullo Stretto

 

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Berlusconi propone ancora il Ponte sullo Stretto – Ecco come il Sindaco di Messina massacrò Renzi quando ci provò pure lui: “O ha fatto una battuta o ci prende in giro. Dovrebbe farsi spiegare dal geologo Mario Tozzi e che lì dove vuole piazzare i pilastri c’è la faglia sismica più pericolosa del Mediterraneo…

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Da Il Fatto Quotidiano del 28.09.2016

Ponte sullo Stretto, “Renzi? O ha fatto una battuta o ci prende in giro. Qui le autostrade restano chiuse per frana”

Intervista al sindaco di Messina Renato Accorinti: “Ho visto il premier poco tempo fa in Calabria e diceva che non era totalmente contrario al Ponte ma che prima ci volevano le infrastrutture. In ogni caso posso assicurare che non si farà mai. E’ bastato un semplice No di Virginia Raggi e le Olimpiadi di Roma sono evaporate. La teoria dei posti di lavoro? Ha rotto”

“Io spero che quella di Matteo Renzi sia una battuta, anzi lo sarà sicuramente”. Altrimenti? “Altrimenti è un atteggiamento ingiusto oltre che offensivo”. È furioso Renato Accorinti, il sindaco di Messina che si è visto piovere dal nulla la riapertura da parte del premier alla costruzione del Ponte sullo Stretto. “Renzi l’ho visto poco tempo fa in Calabria per l’inaugurazione dell’elettrodotto Terna: diceva che non era totalmente contrario al Ponte ma che prima ci volevano le infrastrutture. Quindi o quella di oggi è una battuta o ci prende in giro”, dice il primo cittadino peloritano, raggiunto al telefono da ilfattoquotidiano.it.

Eppure il senso delle parole del premier sembra chiaro: rilanciare il progetto del Ponte.
“Ma quale Ponte? Di che cosa sta parlando? Qui abbiamo un sistema ferroviario da seconda guerra mondiale, a binario unico, a gasolio. Sulla Messina – Catania è arrivata una frana e l’autostrada è ancora interrotta. Messina e Catania: due città metropolitane che non sono più collegate tra loro. Che cosa avrebbero fatto se invece una cosa simile si fosse verificata tra Torino e Milano?”

Cosa avrebbero fatto?
“Avrebbero subito ripristinato la rete autostradale: subito! Qua noi non riusciamo a parlare al telefono perché io sono in macchina e dato che non ci sono i ripetitori cade la linea (che infatti cade 4 volte in pochi minuti, ndr). Non ci sono le strade, i porti, i porti commerciali, le autostrade: non abbiamo le basi per poter vivere e ci parlano di Ponte”.

Eppure secondo il premier proprio il Ponte sarebbe un’infrastruttura utile per il Sud.
“Le strade sono utili, le scuole sono utili, le opere culturali sono utili. Io non sono contro il cemento: il cemento quando viene utilizzato bene è sinonimo di sviluppo. Ma il Ponte è utile a che cosa? Non diciamo stupidaggini”.

Utile a togliere la Calabria dall’isolamento e ad avvicinare la Sicilia, così almeno sostiene sempre il presidente del consiglio.
“Ma quale isolamento? Il Giappone è isolato solo perché è un’isola? Noi abbiamo bisogno di infrastrutture che ci portino dal medioevo alla modernità, da mezzo secolo siamo abbandonati a noi stessi. Abbiamo bisogno delle basi per avere sviluppo, per potere lanciare nel mondo le nostre bellezze naturali, artistiche e architettoniche”.

Però il premier sostiene che il Ponte potrebbe creare posti di lavoro: ha parlato di 100 mila nuovi occupati.
“Adesso basta, questa teoria dei posti di lavoro ha davvero rotto i coglioni. È fastidiosa e populista oltre che falsa. Anche fare i buchi a terra per poi assumere gente che li copre crea lavoro: è un’offesa alla nostra intelligenza. Non capiscono che se rilanciassero davvero il Sud sarebbe l’intero Paese a beneficiarne: il Mezzogiorno è il gioiello d’Italia dimenticato da tutti. È come avere una gamba che va in cancrena e fregarsene”.

Lei parla di Sud dimenticato dallo Stato, di medioevo, però forse qualche colpa la hanno anche i cittadini di quel Mezzogiorno così sottosviluppato: o è tra quelli che scarica tutte le responsabilità su Roma?
“Ovvio che abbiamo le nostre colpe. I politici, i nostri politici prima di tutto sono colpevoli: banditi che per decenni se ne sono fregati, svendendo il nostro futuro e la nostra sopravvivenza. È quello che ho intenzione di dire all’Anci”.

Cosa ha intenzione di dire all’Anci?
“Che l’Anci è – o meglio dovrebbe essere – unica da Trento a Trapani. É quindi è arrivato il momento di creare una sezione dei comuni italiani del Sud che abbia una sede al Sud. Dove non ci sono solo decenni di politici banditi ma anche gente che ha tantissima voglia di lavorare. Sono i cittadini del Sud Italia che hanno costruito il resto del Paese: quelli che emigravano a Nord, all’estero, in Belgio”.

Ecco adesso potrebbero lavorare costruendo il Ponte…
Le posso assicurare che non avverrà mai. Renzi dica quello che vuole ma è bastato un semplice No di Virginia Raggi e le Olimpiadi di Roma sono evaporate. Io sono il sindaco di Messina e per anni ho guidato gli attivisti che dicevano No al Ponte: abbiamo cominciato in 10, siamo arrivati ad essere 25mila per le strade della città pur avendo partiti e giornali contro. Ma poi cosa pensano di risolvere con un ponte di 3 chilometri se poi ad essere collegate sono due regioni dove non c’è assolutamente nulla?”.

Eppure da Bettino Craxi fino a Renzi, passando ovviamente da Silvio Berlusconi il Ponte sullo Stretto non è praticamente mai uscito dall’agenda politica italiana: secondo lei come mai?
“Perché è facile populismo Nell’immaginario collettivo un nuovo ponte è sempre un cosa positiva. Peccato che questa sia solo un’opera dai costi enormi, sorpassata dalla storia e anche dall’economia. Secondo lei come mai non è arrivato nessun privato a metterci i soldi? Parlano di project financing, ma gestirlo non converrebbe mai a nessuno: solo a chi lo costruisce con fondi pubblici. Senza considerare il rischio terremoto”.

Che è poi un’altra delle grandi questioni sollevata dai contrari alla grande opera.
“Matteo Renzi sa cosa dovrebbe fare? Dovrebbe chiamare il geologo Mario Tozzi e farsi spiegare che lì dove loro vogliono piazzare i pilastri c’è la faglia sismica più pericolosa del Mediterraneo: se lo faccia spiegare e poi costruisca pure il suo Ponte”.

Il premier aveva detto anche che prima del Ponte doveva arrivare l’acqua a Messina: è mai arrivata?
“Ecco appunto. Sa cosa è successo qua? Non hanno mai messo in sicurezza una montagna, che è caduta danneggiando l’acquedotto. Noi abbiamo trovato una soluzione per ripristinare tutto con un bypass ma la montagna non è ancora stata messa in sicurezza. Cosa fanno ai piani alti? Fanno capire che la colpa è del sindaco: ma in quale Paese le infrastrutture sono a carico dei comuni? Questo è un atteggiamento criminale: non possiamo andare avanti così. Altro che Ponte”.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/28/ponte-sullo-stretto-renzi-o-ha-fatto-una-battuta-o-ci-prende-in-giro-qui-le-autostrade-restano-chiuse-per-frana/3061058/