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“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”
Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Le ragazze del Yjp lottano per i diritti civili delle donne.
C’è una un punto che l’opinione pubblica internazionale non ha colto, soprattutto i movimenti femministi a partire dal famoso #metoo. C’è una questione di fondo che noi stesse donna abbiamo trattato con superficialità e un pizzico di maschilismo all’occidentale, e riguarda il conflitto in Siria.
Le combattenti curde dell’Ypj – che rappresentano il 35% del totale, parliamo di circa 15 mila unità- sono state dai media fortemente sessualizzate: le “bellissime eroine”, le “giovani affascinanti che combattono i mostri”, le “moderne Amazzoni”.
Un po’ è stato fatto anche per rendere interessante ai più una guerra civile che dopo anni aveva assuefatto anche i più sensibili nonostante gli orrori e lo sterminio sistematico di civili inermi. Una donna in divisa, giovane, sorridente e con nei capelli non un velo islamico (che non fa tanto simpatia in occidente) ma un turbante colorato, ha appassionato anche chi non ha mai seguito il giornalismo di guerra.
Quello che ci è sfuggito per colpa di questa fascinazione molto pubblicitaria e non di sostanza è stato che queste soldatesse non lottano solo per la loro nazione, non sono partigiane di un Paese da salvare dall’invasore, non aiutano i loro compagni di battaglia. Semmai il contrario. Hanno dei ruoli in prima linea, decidono le strategie di attacco e difesa e sono affiancate da una unità maschile tra le più femministe al mondo.
Loro lottano infatti soprattutto per i diritti civili, per la parità di genere, per degli ideali che pretendono una applicazione nella vita reale.
Una volta sconfitto l’Isis ora queste donne, insieme ai loro compagni dell’Ypg, devono affrontare i jihadisti di Erdogan. Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Ora vi è facile comprendere che non si tratta più di una guerra di confini ma di civiltà. Di concetto stesso di libertà, di dignità dell’essere umano e della mente e del corpo delle donne. Le ragazze del Yjp sono le femministe suffragette del ventunesimo secolo, niente salotti e lotta a colpi di hashtag ma fucile in mano. Danno la vita per una esistenza degna di essere vissuta, libera dalla schiavitù di una religione opprimente che concepisce il maschio come padrone della donna.
Dobbiamo stare con loro. Dalla loro parte. Il loro femminismo è il nostro. Sostenerle anche economicamente, perché la loro vittoria al fronte, il loro sogno di un Kurdistan libero, è anche la nostra rivoluzione, da un maschilismo di cui neppure in Occidente siamo del tutto immuni.
Erdogan vuole sterminare i curdi e le curde per i valori che questi portano con se. Nulla è più pericoloso di un’idea, nulla è più contagioso di una donna libera in una regione dove le donne valgono la metà degli uomini. Non si tratta solo di confini e di Kurdistan, ma di idee, di visioni opposte del mondo.
fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2018/03/13/io-sto-con-le-combattenti-curde-che-resistono-ai-jihadisti-al-soldo-di-erdogan-2020947.html
“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”ultima modifica: 2018-03-15T21:40:40+01:00da
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