Olimpiadi Roma. Ricordate quelli che gettavano fango sulla Raggi perchè non le ha volute? Indagati dalla Corte dei Conti per danno erariale! Ora capite perchè per “loro” le Olimpiadi erano così importanti e perchè poi si sono tanto incazzati?

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Olimpiadi Roma. Ricordate quelli che gettavano fango sulla Raggi perchè non le ha volute? Indagati dalla Corte dei Conti per danno erariale! Ora capite perchè per “loro” le Olimpiadi erano così importanti e perchè poi si sono tanto incazzati?

 

Olimpiadi Roma, dopo il No della giunta M5s la Corte dei conti indaga sulle spese del Coni: ipotesi danno erariale

L’indagine nasce da un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi più volte consulente 5 stelle. Nel mirino proprio il Comitato olimpico e la coppia Malagò-Montezemolo

Giovanni Malagò lo spauracchio del danno erariale lo aveva agitato più volte: nei giorni convulsi di settembre in cui Virginia Raggi si preparava ad affossare definitivamente la candidatura di Roma 2024, era stata una delle ultime carte con cui il Coni aveva provato (invano) a far cambiare idea al Movimento 5 stelle, paventando la possibile responsabilità dei consiglieri che avessero votato per una mozione contraria. Ora, a distanza di nove mesi, l’indagine della Corte dei Conti è arrivata davvero. Ma a innescarla è stato un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi amico e consulente di Beppe Grillo e i suoi. Che ovviamente non attacca l’amministrazione capitolina, ma mette nel mirino proprio il Comitato olimpico e la premiata coppia Malagò-Montezemolo.

A riportare la notizia sono l’edizione romana del quotidiano la Repubblica e il Tempo: la procura del Lazio della Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul bilancio del comitato promotore di Roma 2024, affidato al pm Bruno Tridico. L’organo di vigilanza indagherà per capire se effettivamente c’è stato danno erariale per i tanti milioni di euro di soldi pubblici spesi a sostegno del progetto olimpico. Quanti non è possibile dirlo con precisione: per lavorare in house a Coni Servizi spa (la vera cassa dello sport italiano), non è mai stato costituito un vero e proprio Comitato promotore autonomo, solo una “unità operativa” della società, senza un bilancio completo. Solo rovistando fra i conti del Coni, ilfattoquotidiano.it era stato in grado di ricostruire una parte delle spese sostenute in questi due anni di candidatura: viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, appalti, contratti e consulenze d’oro anche da 200mila e passa euro all’anno. Altre tracce sono contenute nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Coni Servizi (relativa però ancora al 2015), che si conclude sottolineando che “ad oggi in relazione all’attività di chiusura del progetto di candidatura non si è verificato alcun tipo di contenzioso”. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni di euro.

Proprio gli articoli de ilfatto.it sono al centro dell’esposto dell’Adusbef da cui si origina l’inchiesta, datato al 27 settembre 2016. Sono i giorni della mozione del M5s contro il progetto olimpico, che avrebbe poi costretto il Coni a staccare la spina. Sancendo che tutti quei milioni sono stati sprecati per nulla. La tesi del Comitato è sempre stata che loro i soldi li avevano spesi sulla base di precisi atti amministrativi, e che di un eventuale danno erariale avrebbe dovuto rispondere chi ha cambiato le carte in tavola; ovvero la Raggi e la sua giunta, che hanno annullato la delibera di Ignazio Marino. Ora, però, l’Adusbef mette in discussione non tanto il perché, ma il come siano stati utilizzati quei fondi pubblici: l’associazione “chiede – si legge nel documento – di verificare se le condotte del Comitato Promotore di Roma 2024 nella scelta dei beneficati dei contratti di consulenza, spese per il personale, collaborazioni e prestazioni professionali, ecc., siano state effettuate secondo le vigenti normative volte alla trasparenza ed alla pubblica evidenza”. I ruoli di accusato e accusatore, insomma, sembrano ribaltati. E infatti Malagò ha commentato: “È una storia surreale, una cosa divertente e per certi versi curiosa”. Dalle parti del Foro Italico, comunque, la notizia del fascicolo (aperto per il momento come semplice atto dovuto), non è stata accolta del tutto negativamente: in fondo quello che il Coni minacciava qualche mese fa era proprio di portare le carte del Comitato alla Corte dei Conti. Ed è quello che succederà adesso, anche se la ragione forse non è proprio quella che si aspettavano.

Per rinfrescarVi la memoria: Renzi assolto dall’accusa di danno erariale. Ma la motivazione della sentenza è esilarante: “INCAPACE DI PERCEPIRE L’ILLEGGITTIMITÀ DEL SUO OPERATO”! In altre parole: ha commesso il fatto, ma non è colpa sua perchè è un IDIOTA !!

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Per rinfrescarVi la memoria: Renzi assolto dall’accusa di danno erariale. Ma la motivazione della sentenza è esilarante: “INCAPACE DI PERCEPIRE L’ILLEGGITTIMITÀ DEL SUO OPERATO”! In altre parole: ha commesso il fatto, ma non è colpa sua perchè è un IDIOTA !!

Assunzioni irregolari a Firenze, Renzi assolto perché “non addetto ai lavori”
“Dopo due condanne mi hanno assolto. Ristabilita la verità”. Così Matteo Renzi esultava via Twitter dopo la sentenza della Corte dei Conti che lo ha sollevato dall’accusa di danno erariale per i contratti di assunzione nella sua segreteria tra il 2004 e il 2009. Resta l’imbarazzo delle motivazioni: secondo la Corte, infatti, l’allora presidente della Provincia di Firenze non era in grado di percepire le illegittimità del proprio operato.

Quando è stato assolto ha esultato su Twitter: “La Corte mi aveva condannato a pagare 14mila euro per un atto amministrativo della Provincia di Firenze. Oggi condivido una piccola soddisfazione: l’appello ha annullato la condanna e la verità viene finalmente ristabilita”. Per Matteo Renzi sembrava chiusa così la vicenda dei portaborse senza laurea che aveva assunto nella sua segreteria personale con contratti e retribuzione da dirigenti negli anni dal2004 al 2009. Per quella storia aveva subito due condanne da parte della Corte dei Conti della Toscana e tre anni dopo è arrivata l’assoluzione in appello nel Lazio. L’unico ad essere sollevato però, a quanto pare, è il diretto interessato.

Le motivazioni della sentenza emessa dai giudici della I Sezione centrale di appello di Roma il 4 febbraio 2015 tolgono al premier l’imbarazzo della condanna ma non altri. A pagina 11 del dispositivo si legge infatti: “Pur non ricorrendo gli estremi della cosiddetta “esimente politica”, questo Collegio ritiene di poter rilevare l’assenza dell’elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un ‘non addetto ai lavori’”. In poche parole, Renzi viene assolto perché non in grado di percepire le illegittimità del proprio operato. E forse, già che oggi è Presidente del Consiglio, non è proprio motivo di festa. Piaccia o non piaccia, è questa la motivazione che ha seppellito le due sentenze della sezione giurisdizionale della Toscana che il 4 agosto 2011 (n. 282) e il 9 maggio 2012 (n. 227) avevano condannato Renzi e altre venti persone, tra colleghi di giunta e funzionari, per danno erariale con colpa grave.

E che cosa aveva mai combinato, l’allora presidente della Provincia e oggi premier d’Italia? Secondo il procuratore contabile aveva inquadrato nel suo staff quattro persone esterne all’amministrazione come funzionari, qualifica che richiede la laurea, pur non possedendola. L’indagine era nata da una denuncia anonima sull’assunzione di Marco Carrai, “uomo-ombra” del renzismo, all’epoca ventinovenne, sistemato nella segreteria del presidente nonostante fosse privo del diploma di laurea. Così per cinque anni, i quattro avrebbero beneficiato di uno stipendio maggiorato e non dovuto. Una violazione delle disposizioni sulla contrattazione collettiva del comparto previste dall’art. 90del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL, d.lgs 267/2000) che avrebbe prodotto un danno per l’amministrazione stimato in 2.1 milioni di euro, ridotto dai giudici di primo grado a un risarcimento di 50mila. Di questa somma, circa 14mila euro sono stati posti a carico del rottamatore. La cifra è modesta, il significato politico del giudizio di prima grandezza.

Alla fine resta una sentenza di assoluzione dalle motivazioni sorprendenti, per certi versi preoccupanti. Il direttore di Lex Italia, rivista di diritto pubblico, Giovanni Virga la spiega così: “Il collegio ha ritenuto che l’attuale Presidente del Consiglio, pur essendo in possesso di una laurea in giurisprudenza, è un “non addetto ai lavori” che si fida ciecamente degli apparati burocratici (che quindi sono stati giustamente condannati in primo grado) e che non è in grado nemmeno di rilevare che al personale privo di laurea da lui assunto in via fiduciaria non può essere corrisposto il trattamento economico previsto per i laureati”. Il principio rischia di spalancare le porte a un sistema diffuso di elusione della responsabilità erariale. “Serve anche a mandare assolti nei giudizi di responsabilità i politici di vertice i quali, essendo “non addetti ai lavori” non possono essere ritenuti responsabili degli atti da loro adottati”.

I giudici, a onor del vero, avevano anche un’altra strada per assolvere Renzi. Era ben nascosta nei meandri della riforma della Pa del suo ministro Madia presentata il 13 giugno e convertita l’11 agosto 2014 come legge n. 114. Lì è spuntato un comma 3-bis che modifica il Testo Unico degli Enti Locali proprio nella parte che riguarda l’inquadramento del personale di staff esterno alla PA. Dispone che “resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”. Con un lessico un po’ oscuro e bizantino, il comma sembra acclarare la possibilità di parametrare il trattamento economico dei “portaborse” sprovvisti di laurea a quello dei dirigenti; proprio l’inciampo oggetto dell’appello di Renzi nel Lazio. Da qui, il sospetto che non fosse entrato nella riforma per caso ma ad “usum delfini”, perché venisse applicato retroattivamente dalla Corte dei conti in base al principio di retroattività della legge favorevole al reo. Non è stato necessario usufruire della legge ad personam. E’ bastato che la persona ignorasse la legge. Così, l’ignoranza mai ammessa per legge viene sdoganata per sentenza.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/25/assoluzione-renzi-legge-ad-personam-era-persona-ignora-legge/1451685/

http://siamolagente3.altervista.org/rinfrescarvi-la-memoria-renzi-assolto-dallaccusa-danno-erariale-la-motivazione-della-sentenza-esilarante-incapace-percepire-lilleggittimita-del-suo-operato-parole-c/