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19 maggio 1925, nasce Malcolm X. Si autodefiniva “il nero più arrabbiato d’America”
“Non si può separare la pace dalla libertà perché chi non è libero non può essere in pace”
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Nato a Omaha, in Nebraska, il 19 maggio 1925, Malcolm X, al secolo Malcolm Little, ha un’adolescenza difficile, fatta di spaccio di droga, rapine e gioco d’azzardo. Nel 1946 viene arrestato e condannato a 10 anni di carcere. Lì prende contatto con membri della Nation of Islam, N.O.I., una setta islamica che predica, per i neri d’America, la lotta alla discriminazione razziale attraverso la conversione all’Islam e la creazione di una nazione nera all’interno degli Stati Uniti. Uscito dal carcere nel 1952, prende il nome di Malcom X, un gesto simbolico con cui rifiuta il suo “cognome da schiavo”, e si unisce alla N.O.I. diventando uno dei membri più influenti. Intanto, in quegli anni si andava affermando il movimento per i diritti civili dei neri, ispirato ai principi della non violenza, sotto la guida del reverendo Martin Luther King, considerato in parte una figura antitetica rispetto a Malcolm X. Per lui, cresciuto nel ghetto, la religione islamica è la chiave per abbattere ogni barriera razziale e ogni forma di discriminazione e per ridare orgoglio e dignità al popolo nero. Ma per l’emancipazione dalla miseria e dalla sottomissione bisogna “lottare”. Nell’estate del 1963, si tiene a Washington la celebre marcia per il lavoro e la libertà a sostegno dei diritti civili per gli afroamericani. Al Lincoln Memorial Martin Luther King pronunciò il suo storico discorso I Have a Dream. Per Malcolm X quell’evento non fu niente di più di una manifestazione “fatta da bianchi davanti alla statua di un presidente morto da cento anni e al quale, quando era vivo, noi non piacevamo”. Ma il suo pensiero e la sua fede cambieranno nel corso del tempo, a dimostrazione di una straordinaria capacità di leggere la realtà. Nel 1964 annuncia pubblicamente la sua separazione dalla NOI e lascia gli Stati Uniti per recarsi in viaggio prima in Egitto e poi a Jeddah, in Arabia Saudita. Alla Mecca conosce l’Islam moderato e si converte alla fede sunnita. Al suo ritorno, il 21 maggio 1964, pronuncia un importante discorso alla nazione. “I diritti umani sono qualcosa che avete dalla nascita. I diritti umani vi sono dati da Dio. I diritti umani sono quelli che tutte le nazioni della Terra riconoscono. In passato, è vero, ho condannato in modo generale tutti i bianchi. Non sarò mai più colpevole di questo errore. (…) alla Mecca ho trovato la verità, ho accolto fra i miei più cari amici uomini di tutti i tipi – cristiani, ebrei, buddhisti, indù, agnostici, atei. Ho amici capitalisti, socialisti, e comunisti! Moderati, conservatori, estremisti. (…) Oggi i miei amici sono neri, marroni, rossi, gialli e bianchi!». Poco meno di un anno dopo viene assassinato, a 39 anni. Quel 21 febbraio del 1965 stava tenendo un comizio pubblico alla Audubon Ballroom di Harlem. Solo una settimana prima era sopravvissuto a un attentato contro la sua abitazione. Tre membri della Nation of Islam furono arrestati e condannati, ma solo uno confessò. Al funerale, ad Harlem, partecipò un milione e mezzo di persone. Lo scorso anno, nel cinquantesimo anniversario della sua morte, a centinaia hanno affollato il suo memoriale sorto nel luogo in cui fu ucciso.