6 dicembre, 11 anni fa il Rogo Thyssen, 7 operai uccisi in modo atroce, ma i manager tedeschi, già condannati da 2 anni, si fanno beffa della giustizia e del dolore dei parenti…!

 

Thyssen

 

 

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6 dicembre, 11 anni fa il Rogo Thyssen, 7 operai uccisi in modo atroce, ma i manager tedeschi, già condannati da 2 anni, si fanno beffa della giustizia e del dolore dei parenti…!

Undici anni dopo l’atroce morte di 7 operai a Torino e oltre due anni dopo la sentenza definitiva di condanna i manager tedeschi, ancora liberi, si fanno beffa del dolore dei parenti…! Sì, tedeschi, quelli che chiamavano noi “scrocconi” ma che alla prima occasione dimostrano tutta la loro meschinità.

Le carone in questione sono l’ex AD di Ast Harald Espehnahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz.

I manager italiani stanno scontando le loro pene, diversamente da quelli tedeschi. Nonostante la richiesta di arresto da parte dell’Italia sono ancora liberi. “Ora non ci sono più scuse, la Germania ha tutte le carte per procedere”, dice l’unico sopravvissuto Antonio Boccuzzi.

Da TerniToday:

 

Rogo Thyssen, i manager tedeschi ancora liberi inseguiti dalle Iene

Undici anni dopo la morte di 7 operai a Torino e oltre due anni dopo la sentenza definitiva di condanna l’inviato della trasmissione è andato a cercare l’ex ad di Ast Espenhahn. Il figlio Lucas: “Siamo dovuti andare via, era pericoloso”

Undici anni esatti dopo il rogo di Torino in cui perserò la vita sette operai, oltre due anni dopo la condanna definitiva i manager tedeschi della Thyssen Krupp, l’ex ad di Ast Harald Espehnahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz sono ancora liberi. E la trasmissione televisiva di Italia Uno “Le Iene” è andata in Germania a cercarli. Anzi, letteralmente a inseguirli.

I due manager, intercettati dall’inviato Alessandro Politi mentre facevano jogging vicino alle rispettive case, alla vista della telecamera sono corsi via evitando le domande. Chi non si è sottratto al microfono della Iena è stato il figlio di Espenhahn, Lucas, che ha vissuto per anni a Terni e proprio con accento ternano ha risposto all’inviato. “Non è vero che ha ucciso un sacco di persone – dice – è una questione di politica questa. Io ci sono cresciuto in Italia, sono italiano quanto te. Terni la conosci? E’ lì che stanno le acciaierie”. Ma perché siete scappati dall’Italia, chiede Politi. “Siamo dovuti andare via, era abbastanza evidente. Era troppo pericoloso”.

A commentare le immagini dei due manager che scappano e le parole del figlio di Espenhahn, Antonio Boccuzzi, operaio sopravissuto alla tragedia ed ex deputato del Pd, e Noemi Laurino, figlia di Angelo, uno dei sette lavoratori morti carbonizzati nella notte tra il 5 e 6 dicembre del 2007 di cui vengono anche mostrate le immagini inedite – crudissime – a pochi minuti dalla tragedia.

A perdere la vita, oltre a Laurino, Antonio Schiavone, Giuseppe De Masi, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Roberto Scola, Rocco Marzo. Espenhahn è stato condannato in via definitiva il 13 maggio 2016 per omicidio colposo a nove anni e otto mesi mentre Priegnitz a sei anni e dieci mesi. Stessa condanna per il ternano Marco Pucci, successore di Espehahn alla guida dell’Ast di Terni, che sta scontando la condanna come l’ex direttore dello stabilimento, Daniele Moroni, anch’egli ternano, sette anni e sei mesi, Raffaele Salerno, sette anni e due mesi, e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri, sei anni e otto mesi. Sia Pucci (che nel 2017 ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica Mattarella) che Moroni da più di un anno hanno ottenuto il permesso di poter svolgere durante il giorno un’attività lavorativa – il primo alle Fucine Umbre, l’altro alla Mascio Engineering – mentre i manager tedeschi sono ancora a piede libero in attesa che la Germania dia seguito alle richieste della magistratura italiana per far rispettare la sentenza.

A settembre chiesta la carcerazione in Germania

La questione il 15 novembre scorso è stata discussa anche in commissione Giustizia al Senato dove il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, Guido Guidesi, ha risposto a un’interrogazione della vicepresidente del Senato, Anna Rossomando del Pd, al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Nei giorni scorsi il ministero ha sollecitato nuovamente la definizione del procedimento chiedendo di ricevere informazioni”, la replica.

“La corte d’appello di Hamm non ha tuttavia concesso l’estradizione – ha ricordato la nota del ministero – in base al principio generale secondo cui all’estradizione richiesta è ostativa la mancata prestazione del consenso da parte dei cittadini tedeschi condannati. Il 30 novembre e il 17 gennaio 2017 il ministero della Giustizia ha trasmesso alle competenti autorità tedesche la predetta certificazione corredata dalla sentenza esecutiva pronunciata dalla corte d’assise d’appello di Torino il 29 maggio 2015, con relativa traduzione in lingua tedesca”. Obiettivo la possibilità di far scontare la pena ai due nel loro paese. Le traduzioni sono state inviate in Germania il 6 agosto scorso e a settembre la procura di Essen ha chiesto la carcerazione di Espenhahn e Priegnitz  per cinque anni, vale a dire la pena massima prevista in Germania per i reati contestati. Ma ancora non è stata eseguita.

 

Un caso tutto Italiano – Rogo Thyssen Krupp, ancora liberi i manager tedeschi condannati per omicidio colposo. Manca un pezzo di carta, una traduzione!!!

 

Thyssen Krupp

 

 

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Un caso tutto Italiano – Rogo Thyssen Krupp, ancora liberi i manager tedeschi condannati per omicidio colposo. Manca un pezzo di carta, una traduzione!!!

 

 

Rogo Thyssen, ancora liberi i manager tedeschi condannati per omicidio colposo. Manca la traduzione: pena non si applica

 

Secondo i trattati di cooperazione giudiziaria serve la pronuncia di una corte in Germania che valuti la congruità della sanzione. Il ministero della Giustizia però non ha ancora inviato la sentenza tradotta. Nel frattempo l’ex ad e un consigliere d’amministrazione devono ancora scontare 16 anni di carcere. Gli imputati italiani, invece, sono in galera da un anno per l’incendio del dicembre 2007 in cui morirono 7 operai

È passato un anno e sono ancora liberi. I manager tedeschi della Thyssenkrupp, condannati in via definitiva dalla Corte di Cassazione il 13 maggio 2016, non sono ancora in carcere, a differenza dei loro coimputati italiani. L’ex amministratore delegato, Harald Espenhahn, e il consigliere d’amministrazione, Gerald Priegnitz, ritenuti responsabili di omicidio colposoplurimo per la morte di sette operai tra il 5 e il 6 dicembre 2007 a Torino, dovranno scontare rispettivamente nove anni e otto mesi e sei anni e tre mesi, ma le condanne non sono state ancora eseguite. Il motivo? Le lunghe procedure di cooperazione giudiziaria tra gli Stati e i ritardi della burocrazia.

Un anno fa, dopo la lettura del verdetto, gli altri condannati – Marco Pucci, Daniele Moroni, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri – si sono presentati spontaneamente alla polizia e ai carabinieri per poi essere portati in prigione. I tedeschi invece no. I tempi burocratici permettono loro di restare ancora fuori dal carcere e non espiare la condanna. Prima, infatti, c’è bisogno che la Germania convalidi alcune pratiche per l’applicazione della pena.

Nei giorni immediatamente successivi al verdetto della Suprema corte, il sostituto procuratore generale Vittorio Corsi e il procuratore generale Francesco Saluzzo hanno preparato il mandato di cattura europeo che, al momento, non risulta ancora eseguito. Secondo i trattati di cooperazione giudiziaria tra Italia e Germania serve la pronuncia di una corte tedesca che valuti la congruità della sanzione ed eventualmente la uniformi a quella prevista dal codice penale locale, che punisce il reato di omicidio colposo con una pena massima di cinque anni. “In Germania l’equivalente della nostra corte d’appello deve tenere un’udienza nella quale acquisire le sentenze italiane tradotte”, spiega l’avvocato Ezio Audisio, difensore dei due manager tedeschi.

La traduzione in tedesco delle sentenze spetta al nostro ministero della Giustizia, ma – a quanto si apprende da fonti giudiziarie – non sarebbe ancora conclusa nonostante le motivazioni della condanna in Cassazione siano state depositate il 12 dicembre scorso, già cinque mesi fa. Il ministero della Giustizia – contattato venerdì 12 maggio da ilfattoquotidiano.it – non ha ancora fornito una risposta.

Nel rogo della Thyssenkrupp persero la vita sette operai impegnati in quel turno di notte sulla linea 5 dell’acciaieria. Al divampare delle fiamme, frequenti su quell’impianto, erano intervenuti con gli estintori e i manicotti che però non funzionarono. L’azienda aveva deciso da tempo di tagliare sulle spese sulla prevenzione e sulla sicurezza: quello stabilimento doveva chiudere in vista della concentrazione di tutte le l’attività nella sede di Terni. Per i giudici della Cassazione queste decisioni rientravano nelle “scellerate strategie aziendali” e l’ex ad Espenhahn è ritenuto “il massimo autore delle violazioni antinfortunistiche che hanno causato gli eventi di incendio e morte”.

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/14/rogo-thyssen-ancora-liberi-i-manager-tedeschi-condannati-per-omicidio-colposo-manca-la-traduzione-pena-non-si-applica/3585217/?utm_source=feedburner&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+IlFattoQuotidiano-Feed+%28Il+Fatto+Social+Feed%29