Chi ha solo da perdere per l’emergenza climatica sono come sempre i più poveri. Il climate change infatti allarga il gap tra gli Stati ricchi e in via di sviluppo del mondo, che è maggiore del 25% di quanto sarebbe senza il surriscaldamento globale. La fascia tropicale africana e la più colpita, con un Pil pro capite fino al 40% più basso di come sarebbe stato senza l’aumento delle temperature. Tra il 1961 e il 2010, tutti i Paesi responsabili di meno di 10 tonnellate di anidride carbonica pro capite di emissioni storiche globali hanno sofferto gli effetti del cambiamento climatico con una riduzione del Pil pro capite del 27%. Negli stessi anni, quattro dei 19 Paesi colpevoli di oltre 300 tonnellate di anidride pro capite hanno conosciuto un aumento del Pil pro capite del 13%. Sul lungo periodo il climate change non può che danneggiare tutti, ma le sue disastrose conseguenze per ora non sembrano preoccupare gli investitori, mossi solo dalle possibilità di guadagno a breve termine. Ancora una volta, l’avidità di un ristretto gruppo di persone, sta condannando il futuro di tutto il Pianeta e dei suoi sette miliardi di abitanti.