Finché Romano non avrà la volontà ed eventualmente il tempo di spiegarlo, nessuno potrà mai sapere quali sono le ragioni della sua conversione, dato che a volte sfuggono anche a chi le vive, e in ogni caso la fede dovrebbe essere una questione privata, anche se nel nostro Paese spesso non è così. L’unica cosa che conta è che una nostra connazionale, dopo 18 mesi di prigionia, sia stata riportata a casa sana e salva e ora invece che attaccarla e strumentalizzarla dovremmo garantirle tutto il supporto di cui ha bisogno. Dopo due mesi di arcobaleni dai balconi e retoriche su quanto sono forti e uniti gli italiani di fronte alle avversità, non siamo stati capaci di accogliere Silvia Romano con la solidarietà che pretendiamo sempre dagli altri, ma che noi per primi siamo evidentemente incapaci di dimostrare.