Ecco la “Ripresa” di cui tanto parlavano Renzi e Gentiloni: Non si risparmia più sul superfluo, ma sull’essenziale – 6 italiani su 10 si possono permettere solo il discount…!

 

Ripresa

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Ecco la “Ripresa” di cui tanto parlavano Renzi e Gentiloni: Non si risparmia più sul superfluo, ma sull’essenziale – 6 italiani su 10 si possono permettere solo il discount…!

Il carrello non sente la “ripresa”: 6 italiani su 10 al discount per risparmiare

Gli italiani preferiscono il discount. Un discorso non di qualità, ma tutto incentrato sulla convenienza. E così, 6 famiglie su 10 si ritrovano costrette al “low cost”. Sono questi i dati che emergono da un recente studio di Unimpresa sulle nostre più recenti abitudini di spesa.

Non si risparmia più sul superfluo, ma anche sull’essenziale come gli acquisti di generi alimentari per tutti i giorni. Da qui il progressivi svuotarsi degli storici supermercati e il continuo fiorire dei discount, segmento di business un tempo limitato ma ora in prepotente evoluzione. È la coda lunga della crisi, dell’austerità e dei colpi inferti ai redditi delle famiglie: “I risultati del sondaggio dicono che c’è ancora molto da fare per riportare il paese su un sentiero di crescita virtuoso e dicono soprattutto che c’è una crisi di fiducia da parte delle famiglie, elemento che poi innesca una spirale negativa per tutta l’economia”, commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

Prezzi più bassi, va detto, non necessariamente significa peggiore qualità. Una delle forze dei discount sta sì nel non commercializzare prodotti conosciuti consentendogli quindi recuperare sul valore di mercato del marchio, anche se poi lo stesso prodotto è realizzato negli identici stabilimenti delle etichette più note al pubblico. L’andare a caccia di prodotti scontati è comunque indicativo di un disagio che non sente alcuna ripresa: rispetto all’anno scorso, nei primi mesi del 2018 gli acquisti di prodotti in offerta sono aumentati del 46%. E i discount sono gli unici a segnare, nel complesso, cifre positive: crescono del 7%, a fronte di un calo del 4% per i supermercati e superiore all’8% per i piccoli esercenti.

Filippo Burla

 

fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/economia/carrello-ripresa-6-italiani-su-10-discount-86039/

Sacchetti bio a pagamento? Ci hanno detto che “ce lo chiede l’Europa” …Ma poi scopri che si pagano solo in Italia e allora capisci che ci stanno veramente prendendo per il c…!

Sacchetti bio

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Sacchetti bio a pagamento? Ci hanno detto che “ce lo chiede l’Europa” …Ma poi scopri che si pagano solo in Italia e allora capisci che ci stanno veramente prendendo per il c…!

 

Sacchetti biodegradabili per la frutta, si pagano solo in Italia

Il nostro Paese ha deciso, dal 1 gennaio, di far pagare ai clienti i sacchetti sotto i 15 micron, che vengono usati per contenere frutta, verdura e farmaci. Finora il costo veniva pagato dai distributori che lo scaricavano sui clienti incorporandolo nel prezzo degli alimenti

A conti fatti l’Italia è stata più realista del re. È andata oltre quello che prevedeva una direttiva comunitaria del 2015. Disposizione che incoraggia i Paesi membri a un giro di vite contro i sacchetti di plastica biodegradabile e compostabile monouso, ma che lascia ampi margini di manovra sul modo in cui farlo. Soltanto l’Italia in Europa ha deciso, dal 1° gennaio di quest’anno tramite un emendamento inserito nel decreto legge Mezzogiorno, di far pagare ai clienti i sacchetti sotto i 15 micron, quelli che vengono usati per contenere frutta, verdura e farmaci (anche le farmacie hanno l’obbligo dal primo gennaio di far pagare lo shopper).

Lo ha fatto il governo che aveva avuto la delega da parte del Parlamento nel recepire la normativa Ue. Lo ha fatto probabilmente per uniformare la disciplina a quella prevista per i sacchetti di plastica da oltre 50 micron, per intenderci quella della spesa, dove il pagamento è previsto da parecchio tempo con tanto di voce espressamente segnalata sullo scontrino. Una mossa che potrebbe sembrare anticipatrice di quello che l’Europa potrebbe prevedere tra qualche anno ma che non era espressamente inserita nella direttiva.

L’Irlanda per esempio ha agito sul fronte fiscale, prevedendo una tassa sui sacchetti. La novità ha suscitato una vibrante protesta da parte dei consumatori anche se stiamo parlando di circa 1 centesimo a busta, ma è chiaro che i volumi complessivi alla fine dell’anno sono importanti per i produttori come la Novamont, guidata da Catia Bastioli, che ha brevettato la una tecnologia della bioplastica biodegradabile e compostabile ricavandone un importante vantaggio competitivo sul mercato e spiazzando la concorrenza.

Un pasticcio. Di pochi euro all’anno. Al massimo 15, considerando in media un paio di sacchetti ultraleggeri al giorno. La scelta del governo ha provocato un inatteso cortocircuito, finendo per tracimare in campagna elettorale con scambi di accuse e teorie complottiste. Tra chi parla di «un atto di civiltà» (il copyright è del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti) e chi denuncia un raggiro ai danni dei cittadini, «una tassa voluta dal Pd», arringa Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.

Fonti del governo che hanno partorito l’emendamento al decreto legge Mezzogiorno poi convertito in Parlamento, spiegano che il senso della misura sta tutta nel segnalare apertamente che i sacchetti ultraleggeri hanno un costo per tutti, per lo smaltimento dei rifiuti. Indicarlo come voce a sé nello scontrino significa far prendere coscienza dei nostri comportamenti. Fino al 31 dicembre questo costo è stato anticipato dalle aziende della grande distribuzione e dagli esercenti che l’hanno scaricato a valle sugli utenti incorporandolo come servizio aggiuntivo nei prezzi degli alimenti. È impossibile calcolare chi l’abbia fatto di più o di meno. Sono logiche legate alle strategie commerciali delle insegne, ma l’utente finora non poteva accorgersene. Si trattava di un costo occulto, per questo passava sotto traccia. Senza polemiche.

Il 18 ottobre scorso il cambio di passo. Una circolare esplicativa del ministero dell’Ambiente, firmata dalla direzione generale per i rifiuti e indirizzata ai vertici di Federdistribuzione, Conad e Coop, chiarisce il da farsi. Viene stabilito l’obbligo di far pagare i sacchetti per gli incarti degli alimenti sfusi. Il costo oscilla, ricostruendo tutti i passaggi della filiera, tra gli 1 e 3 centesimi per shopper. Ma il governo opta per un compromesso prevedendo qualche malcontento della clientela. Concede alle insegne della distribuzione organizzata di venderli sottocosto. Facoltà concessa solo in alcuni periodi e per un numero ben determinato di categorie di prodotte per evitare di fare dumping sui produttori. Le associazioni dei consumatori però non vengono allertate. Tutti scoprono il 1° gennaio che c’è questo balzello aggiuntivo, che alimenta polemiche per principio. Pochi realizzano che il primo dell’anno è anche il giorno dei rincari delle tariffe autostradali, di luce e gas. Ben più considerevoli.

E poi ci sono sacchetti e sacchetti. L’Italia, pur essendo una best practice nella filiera della bioplastica e dotata di adeguate strutture di compostaggio dei rifiuti organici, presenta una quota consistente di shopper fintamente biodegradabili. Contaminati da polietilene e poco sensibili alle procedure di compost che permettono di evitare di portare i rifiuti organici in discarica utilizzandoli invece come concime dei terreni. Una soluzione su cui sta investendo tutta la chimica verde. Ecco perché il ministro Galletti ha dichiarato che «il miglior rifiuto è sempre quello che non si produce». Per questo ha interrogato il dicastero della Salute per sondare la possibilità di consentire ai consumatori di usare sporte portate da casa in sostituzione dei sacchetti ultraleggeri.

Peccato che le bilance dei supermercati sono tarate sul peso degli shopper in uso. Leggerissimi. Così il rischio è che portandole da casa possa persino lievitare il conto della spesa alla cassa. Più di 3 centesimi a sacchetto. Una beffa ulteriore.

fonte: http://www.corriere.it/economia/18_gennaio_03/italia-unica-europa-far-pagare-sacchetti-biodegradabili-f48a38fe-f092-11e7-b9c8-ca7b03c62ba9.shtml