Alla vigilia dell’anniversario del sisma che il 6 aprile 2009 devastò LʼAquila, un sentito messaggio di solidarietà arriva dall’Unione Europea: Restituzione Immediata delle tasse sospese ai terremotati, pena la procedura d’infrazione per “aiuti di Stato”…!

 

LʼAquila

 

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Alla vigilia dell’anniversario del sisma che il 6 aprile 2009 devastò LʼAquila, un sentito messaggio di solidarietà arriva dall’Unione Europea: Restituzione Immediata delle tasse sospese ai terremotati, pena la procedura d’infrazione per “aiuti di Stato”…!

 

LʼAquila, la Ue chiede la restituzione (immediata) delle tasse sospese dopo il sisma del 2009: “Erano aiuti di Stato”

Circa 350 le imprese coinvolte. Rivolta di sindacati e associazioni di categoria che, pur di scongiurare pagamenti milionari, sono pronti a lotte giudiziarie e proteste clamorose (come anche blocchi stradali)

Protesta unanime di tutte le istituzioni contro le 350 cartelle esattoriali giunte ad altrettanti imprenditori de L’Aquila che impongono la restituzione entro 30 giorni delle tasse sospese dopo il sisma del 6 aprile 2009 a imprese e professionisti del cratere terremotato. La sospensione, infatti, è stata bocciata dalla Commissione europea che ha aperto una procedura d’infrazione per “aiuti di Stato”.

Le prime cartelle esattoriali sono arrivate alla vigilia di Pasqua ed è subito scattata la mobilitazione contro una misura destinata a mettere in ginocchio un territorio già colpito dal sisma del 2009. Imprenditori, istituzioni, politici, associazioni di categoria e sindacati si sono detti pronti a scendere in piazza con proteste anche clamorose (si parla anche di blocchi stradali) per scongiurare pagamenti milionari.

Ad inviare le ingiunzioni di pagamento è stato il commissario nominato dalla presidenza del Consiglio, Margherita Maria Calabrò, incaricato per il recupero delle somme nei confronti di imprese, pubbliche e private, e professionisti dopo che la Commissione europea ha considerato i fondi legati alla sospensione aiuti di stato.

Imprese e partite Iva hanno presentato ricorso al Tar contro la nomina del commissario con udienza fissata, a L’Aquila, il 18 aprile. Intanto, il vicepresidente della Giunta regionale d’Abruzzo, Giovanni Lolli, ha convocato un summit con i soggetti interessati per “definire le urgenti azioni di mobilitazione istituzionale, giuridica e politica necessarie a contrastare le attività già avviate dal Commissario straordinario (incaricato del recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali con la decisione della Commissione europea C(2015) 5549 final del 14 agosto 2015”.

Il neo deputato del Pd Stefania Pezzopane, ha invocato l’intervento dell’attuale governo, di quello che si formerà, nonché del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Poi ha invitato alla protesta; “L’ho fatto già una volta, beccandomi anche una denuncia – ha detto -, e sono pronta a tornare sull’autostrada con sindaci del cratere, cittadini e categorie del settore per bloccare questa assurda ingiustizia”.

 

 

tratto da: http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/abruzzo/l-aquila-la-ue-chiede-la-restituzione-immediata-delle-tasse-sospese-dopo-il-sisma-del-2009-erano-aiuti-di-stato-_3132106-201802a.shtml

Terremoto & Sciacalli – lo scandalo delle casette che le Coop vicine al Pd si sono spartite!

 

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Terremoto & Sciacalli – lo scandalo delle casette che le Coop vicine al Pd si sono spartite!

Ridevano gli imprenditori dopo il sisma che ha messo in ginocchio un anno fa Amatrice, Accumoli e il resto del Centro Italia.

E c’erano buoni motivi. La ricostruzione, le casette in legno, i soldi. Tanti. Nelle intercettazioni della procura, le risate sono quelle di Vito Giuseppe Giustino, 65enne di Altamura (Bari), presidente del Cda della società cooperativa l’Internazionale.

Perché tanta gioia? A ricostruire gli interessi sul terremoto di Giustino è Repubblica, che insieme un intreccio di scandali sulle casette per terremotati che si sarebbero spartite alcune coop vicine al Pd. Una scoperta un po’ tardiva quella del quotidiano diretto da Calabresi, visto che il Giornale ne aveva parlato mesi fa (leggi).

Nel Centro Italia ad oggi sono state consegnate solo 396 casette sulle 3.830 totali attese. A montare le prime casette di legno ad Accumoli è stata infatti proprio la coop di Giustino.

L’Internazionale è socia (insieme ad altre 200 coop) del Consorzio Nazionale Servizi (Csn), colosso delle cooperative con sede a Bologna e un piede in Legacoop. Il Csn, scrive Repubblica, “risulta come primo classificato in due dei tre lotti della maxi-gara per la fornitura in tutto il Paese di moduli abitativi di emergenza (le casette antisismiche), dal valore totale di 1,18 miliardi di euro, bandita da Consip nel 2014 e aggiudicata nell’agosto del 2015”.

Poco prima del terremoto, il Csn firma un accordo con la Protezione Civile per consegnare fino a 6mila casette. In realtà alla fetta di torta partecipano in tanti, visto che dopo le prime 850 assegnate al Csn, anche il Consorzio Stabile Arcale di Impruneta se ne è aggiudicate 750 e tante altre a scendere, fino ad arrivare a 6mila.

Passano tre mesi e l’Italia trema. Accumoli, Amatrice e Norcia si sgretolano. I cittadini rimangono senza casa ed hanno bisogno di una sistemazione. Renzi promette: le casette entro Natale.

Siamo a luglio e ancora in molti sono rimasti senza. La macchina sembra essersi impantanata. Il Csn, scrive Repubblica, “sceglie, tra le sue associate, chi può sostenere un notevole onere finanziario e gli affida il lavoro. Ad ottobre l’altro terremoto aumenta il fabbisogno, e la Cns dispiega nel cratere otto grosse aziende”.

In Umbria l’incarico sarebbe stato assegnato “alle due consorziate Gesta e Kineo, le quali hanno comprato impianti e kit di montaggio da due imprese ternane, la Italstem e la Cosptecnoservice”.

Una assegnazione che fa incuriosire molti, visto che Cosptecnoservice si occuperebbe di pulizie e cartelle stradali e deve appoggiarsi a Vipal per realizzare le casette. Chi è il presidente del Cda di Cosp? Danilo Valenti, legato alla governatrice Pd dell’Umbria, Catiuscia Marini.

Valenti, ricostruisce Repubblica, “è vice presidente di Legacoopservizi, della quale Marini è dipendente in aspettativa; nelle occasioni pubbliche si fanno vedere spesso insieme; la sua società risulta tra i finanziatori della campagna elettorale di Marini”. Senza mancre di partecipare alle cene di autofinanziamento di Matteo Renzi.

Discorso simile per la seconda classificata nella gara per le casette di legno. Il Consorzio Arcale, infatti, ha tra i soci ” la Sistem Costruzioni srl, uno dei più quotati produttori in Europa di moduli in legno lamellare e alluminio, il cui amministratore delegato è Emanuele Orsini”.

Che tra le altre cose appare tra i promotori dei comitati elettoriali pro-Renzi del 2012. Il nome della Arcale appare tra le carte dell’inchiesta su Consip portata avanti dalla procura di Napoli. Scrive il Gip che Alberto Bianchi, renziano e presidente della Fondazione Open, si sarebbe occupato di “sponsorizzare presso Marroni (Luigi, l’ex ad di Consip) un’azienda classificatasi seconda per la realizzazione delle casette in legno per i terremotati di Amatrice”. Bianchi nega e promette querele.

 

tratto da: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/sisma-scandalo-sulle-casette-spartite-dalle-coop-vicine-pd-1423034.html

Come prendere per i fondelli i terremotati – “Vi staremo vicini” dicevano Renzi, Mattarella & C. …e infatti per le strade c’è ancora il 92% delle macerie e sono state consegnate solo 300 delle 3.600 casette promesse… Però chi lo dice viene censurato…!!

 

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Come prendere per i fondelli i terremotati – “Vi staremo vicini” dicevano Renzi, Mattarella & C. …e infatti per le strade c’è ancora il 92% delle macerie e sono state consegnate solo 300 delle 3.600 casette promesse… Però chi lo dice viene censurato…!!

In strada il 92% delle macerie e poche casette consegnate La ricostruzione nel caos.
ASASHA avevano detto che entro sette mesi avrebbe avuto una casetta di legno. Proprio lì a Visso, il suo paese distrutto. Era novembre. Sasha, oggi, vive ancora in una roulotte. A Marco, 11 anni, avevano detto che la sua classe sarebbe rimasta unita, che non avrebbe perso i compagni di scuola: a settembre, per il secondo anno di fila, ne conoscerà di nuovi sulla costa adriatica. A Enzo, allevatore di Castelsantangelo sul Nera, avevano detto che gli avrebbero portato una nuova stalla. Sta per iniziare la prima estate del dopo terremoto, e le sue bestie dormono in quel che rimane della vecchia.
Avevano promesso. Le istituzioni avevano promesso. Il governo Renzi prima, il governo Gentiloni poi, i governatori regionali. Tutti. Hanno fatto credere agli abitanti del cratere più vasto della storia del nostro Paese – 131 comuni in quattro Regioni – che “presto” sarebbero tornati a una vita, tutto sommato, accettabile. Che “presto” sarebbe finita. Dieci mesi dopo, invece, non è nemmeno cominciata: le macerie sono a terra, di casette ne sono arrivate pochissime, la ricostruzione è un miraggio.
Una volta c’era “il modello Bertolaso” che, in nome della rapidità, calpestava regole e aggirava i controlli: la somma urgenza invocata per qualsiasi cosa, i Grandi Eventi, le deroghe, le ordinanze di Protezione civile firmate direttamente dal Presidente del consiglio. E abbiamo visto con quale facilità si sono inseriti speculatori e corruttori all’Aquila, al G8 della Maddalena, ai mondiali di nuoto del 2009. Ora, in una sorta di contrappasso, siamo precipitati nel “modello Burocrazia”: il cavillo, la carta bollata, l’indecisione spaventata di chi negli enti pubblici pretende dieci autorizzazioni anche solo per puntellare un muro. «Non si può fare più in fretta», vanno dicendo a Roma i tecnici della Struttura di Missione della Presidenza del consiglio. «Le normative sono quello che sono e il cratere è troppo grande». Sventolano mappe, leggi, ordinanze. Fanno confronti. «Ci sono 208.000 abitazioni da verificare e non abbiamo ancora finito: dopo il terremoto dell’Aquila ne avevamo 75.000, in Emilia 42.000. Vi rendete conto?»
UNDICI PASSAGGI PER UN PREFABBRICATO
«Vi rendete conto?», si chiede il sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini. Per accedere alla zona rossa del suo paese deve attraversare una capanna accanto alla pasticceria vissana. «In sette mesi dovevano arrivare le casette di legno », mormora. «Mica me lo sto inventando, c’è scritto sul sito della Protezione Civile. Sapete quante ne abbiamo viste a Visso? Zero».
Sulle casette antisismiche le promesse si sono frantumate, fin da subito. «Entro Natale daremo le prime venti ad Amatrice», dichiarò il 23 settembre l’allora premier Renzi. Le famiglie amatriciane le hanno avute a marzo. Finora ne sono state ordinate 3.620 in 51 comuni del cratere. Consegnate? Appena l’8 per cento: 296 in tutto, e quelle effettivamente abitate (188) sono soltanto in due comuni, Amatrice e Norcia. Il “modello Burocrazia”.
Come un rosario, Pazzaglini sgrana la farraginosa procedura imparata a memoria. «Il sindaco deve stabilire quante casette servono, poi individua le aree dove metterle, poi la Protezione civile deve valutarle, poi interviene il genio civile regionale, poi si passa all’esproprio, poi la società incaricata disegna il layout, poi il layout deve essere autorizzato in municipio, poi torna in Regione, poi la Regione dà l’incarico per la progettazione, poi il progetto passa all’Erap (Ente per l’abitazione pubblica, ndr) di Pesaro e infine la gara la fa l’Erap di Macerata… ». Si contano almeno undici passaggi. E una selva di sigle, dentro cui si perde chi sta provando a rialzarsi dopo il sisma: Sae, Map, Dicomac, Aedes, Fast, Erap, Mude, Mapre, Cas. «A gennaio ho comunicato che mi servivano 225 casette: sei mesi sono passati e niente si muove».
NORME MODIFICATE TRE VOLTE AL MESE
Siamo ancora nella fase uno del post terremoto, quella dell’emergenza, sotto la responsabilità condivisa della Protezione Civile e dei governatori di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. Si muovono all’interno della cornice del decreto legge 189 del governo Renzi, già modificato tre volte: dal successivo decreto Gentiloni, dalla finanziaria e dalla recente “manovrina”. E si devono districare tra le 29 ordinanze firmate dal Commissario straordinario alla ricostruzione Vasco Errani, dieci delle quali intervenute a cambiare le precedenti. Come nel caso delle casette di legno, quando si sono accorti che l’iter era troppo lungo. «Con le norme che mutano due-tre volte al mese la ricostruzione non si farà mai», si lamenta Marco Rinaldi, ingegnere ed ex sindaco di Ussita, dimessosi dopo un avviso di garanzia ricevuto per un’indagine che non c’entra col terremoto. «A Roma devono capire che qui c’è stata la Seconda guerra mondiale».
Quest’ansia di non farcela è stata raccolta dall’Anci e dal suo presidente, Antonio Decaro, del Pd, che ha chiesto al premier Gentiloni un incontro urgente. «I ritardi accumulati sono troppi. Se neanche a settembre le casette dovessero essere pronte le famiglie saranno costrette a iscrivere i figli in scuole diverse e lontane per il secondo anno di fila. Così le comunità si perdono, non torneranno più».
SOLO L’8 PER CENTO DI DETRITI RACCOLTI
Come fanno a tornare, se per strada hanno i frantumi delle case crollate? Secondo una stima per difetto ci sono 2,3 milioni di tonnellate di macerie da rimuovere: da quel 24 agosto, quando il primo terremoto distrusse Amatrice e Accumoli, la macchina dell’emergenza è stata in grado di portarne via 176mila e 700, meno dell’8 per cento. Nel Lazio hanno cominciato a novembre: rimosse 98mila su un milione; in Umbria 3.700 su 100mila; in Abruzzo 10mila su 100mila. Nelle Marche sono partiti solo ad aprile. Ad oggi hanno raccolto appena 65mila tonnellate su un milione. Il 6,5 per cento del totale.
Nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli, le più colpite dalla scossa del 30 ottobre (6.5 gradi, la più forte degli ultimi 37 anni), si procede a passo di lumaca. Per dire: ci sono voluti cinque mesi e sette autorizzazioni perché la Conferenza dei servizi autorizzasse la ditta Htr a portare macerie nel sito di stoccaggio di Arquata. Htr vince l’appalto a novembre, i camion si sono mossi ad aprile. Accanto a questa lavorano due aziende pubbliche che si occupano di rifiuti: Cosmari nel Maceratese e Picenambiente nell’Ascolano. È una precisa scelta del governo, che ha equiparato le macerie a “rifiuti urbani non pericolosi”, dunque scommettendo sugli operatori che normalmente si occupano della spazzatura. Prezzo medio: 50 euro a tonnellata. Giuseppe Giampaoli, direttore della Cosmari, nonostante tutto è ottimista. «Entro il 2018 ce la faremo». Al momento nelle Marche viaggiano a un ritmo di 1.200 tonnellate al giorno: a spanne serviranno non meno di due anni e mezzo. «Ma a regime raggiungeremo le 2.000 tonnellate », promettono dalla Regione. «Il nostro territorio è a forte rischio idrogeologico, motivo per cui si è faticato a individuare aree idonee dove mettere casette e macerie».
CERCASI PERSONALE DISPERATAMENTE
Sono, e saranno, mesi di superlavoro. Per questo il decreto Renzi ha previsto una norma ad hoc per aiutare i municipi più piccoli: l’articolo 50 bis autorizza l’assunzione di 350 persone a tempo determinato, da dividere in quote fra le varie amministrazioni. Sembra facile, invece è complicato. Il decreto infatti impone di scegliere i nomi attingendo alle graduatorie pubbliche vigenti, seguendo la procedura ordinaria che tutela la trasparenza e che però, declinata nel cratere, si è rivelata un ostacolo. La spiega così Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice: «Mettiamo il caso che mi serva un geometra e che sia disponibile a venire qui uno che è classificato cinquantesimo nella graduatoria a Roma. Prima di prenderlo devo mandare un telegramma, a 6 euro l’uno, agli altri 49 e aspettare la loro risposta. Se qualcuno si oppone, si blocca tutto. Ancora: per ogni assunzione serve un Rup, responsabile unico del procedimento. Ma un funzionario comunale per essere Rup deve avere almeno dieci anni di anzianità. E dove li vado a trovare? In comune ho 14 posti scoperti che non riesco a riempire». Un’alternativa sarebbe pescare tra i 350 collaboratori assumibili durante l’emergenza, come previsto dal governo. Ma, fanno notare dall’Anci, si tratta di contratti co.co.pro che scadono il 31 dicembre e in pochi li hanno già firmati. «Non avranno neanche il tempo di realizzare dove si trovano».
A RISCHIO CINQUEMILA CONTRIBUTI
Fin qui la gestione dell’emergenza. Ma la fase due? La ricostruzione di prime e seconde case è diretta responsabilità del Commissario Errani. Con le macerie a terra e le zone rosse sigillate, è prematuro anche solo parlare della rinascita dei centri storici più devastati. Per i danni lievi, invece, il timore è che qualcuno possa perdere il treno dei contributi statali.
Per averli infatti bisogna presentare una domanda allegando lo stato dell’immobile (la famigerata scheda Aedes). I tecnici della Protezione civile hanno fatto 184.700 sopralluoghi su 208.000 case da verificare: ne mancano 23.000, di cui 19.200 nelle Marche. «Senza la scheda, niente contributi », spiega Paolo Vinti, presidente dell’Ordine degli architetti di Perugia. «Il tempo stringe perché il termine scade il 31 luglio 2017. Siamo stati fermi per nove mesi, a studiare ordinanze che cambiano di continuo. Solo a maggio siamo partiti coi rilievi per i progetti di ristrutturazione e i comuni non sono in grado di fornirci le relazioni geologiche. È impossibile farcela». Trentuno luglio 2017, manca un mese. «Quella è solo una data indicativa», sostengono i tecnici della Presidenza del consiglio. E però l’ordinanza 20 del 7 aprile recita: «Il mancato rispetto del termine determina l’inammissibilità della domanda ». Stando così le cose, una stima approssimativa dei sindaci calcola in cinquemila le pratiche a rischio esclusione. «Se sarà necessario, emetteremo un’altra ordinanza e adegueremo i termini », tagliano corto dal governo. Comunque sia, un pasticcio. Come quello di far pagare le imposte di successione sui ruderi ereditati, per cui Pirozzi minaccia di riconsegnare la fascia di sindaco se il governo, come però ha promesso ieri, non modificherà la legge.
ISTITUZIONI SENZA FIDUCIA
Nel cratere, è evidente, c’è bisogno di ricostruire anche la fiducia nelle istituzioni, e puntellare i palazzi non sarà sufficiente. Errani ci sta provando, con un pacchetto di norme all’avanguardia per disciplinare la ricostruzione. Ma quello è il domani.
Articolo intero su La Repubblica del 20/06/2017.

Promesse mancate, ricostruzione assente, indagini su casette e macerie: colpa di chi scrive la verità sul terremoto?

Hanno aperto la caccia all’uomo. Obiettivo: chi ancora scrive di terremoto, mostrando le cose per quelle che sono. Mostrando ritardi, inadempienze, promesse mancate e tutto quanto di assurdo e umiliante verso le popolazioni colpite dal terremoto stanno patendo, quando il calendario si avvicina velocemente alla ricorrenza del primo anno dal sisma.

Siamo partiti in pochi. Qualcuno si è accodato, poi ha mollato. Siamo rimasti in pochi. Anzi, siamo rimasti in due a raccontare la triste verità di una ricostruzione mai iniziata, della deportazione di un popolo, dello spopolamento attuato scientificamente nei piccoli Comuni dell’entroterra. Siamo rimasti noi e Luca Craia con il suo coraggioso blog L’ape ronza. Pochi altri, isolati casi, scevri da scelte redazionali di persone che vivono quotidianamente questo scempio e possono raccontarlo così com’è. Il resto è un assordante silenzio.

Così, viene messa in atto la strategia dello screditamento di chi prova ancora a scuotere le coscienze. Ultima tappa in ordine di tempo, la questione inequivocabile e indiscutibile dei braccialetti con i quali vengono contrassegnati i terremotati in un camping. “Notizie false”, “bufala”, “siti non attendibili” e giù a vomitare veleno (ovviamente, chi ha scritto determinate affermazioni in profili pubblici, ne risponderà nelle sedi competenti, ndr), cercando di screditare chi fa sapere alla gente come stanno le cose. Veramente. Senza servizi patinati che non fanno capire quello che realmente succede da queste parti. Se poi arriva anche La Repubblica a scrivere un articolo in cui si legge testualmente “Terremoto, la ricostruzione nel caos: in strada il 92 per cento delle macerie. Le promesse mancate: interventi in ritardo, poche casette consegnate. I sindaci: la burocrazia ci soffoca, così le comunità spariranno”, allora è facile comprendere che non ci si può più nascondere e che quello che diciamo da quasi un anno è tutto drammaticamente vero.

Oltre 3600 casette ordinate, meno di 300 quelle consegnate 188 delle quali quelle effettivamente abitate. Le stalle in inverno mai consegnate. Ricostruzione pesante che appare una irraggiungibile chimera. Ordinanze del commissario straordinario che si susseguono correggendo le precedenti e creando una confusione che rende impossibile anche solo pensare di poter iniziare i lavori. La perla della “dimenticanza” sul pagamento della successione sulle macerie. In tutto questo caos, dove i nostri anziani muoiono come mosche (sì, come dice la tizia che commenta da Luca Craia, non abbiamo dati ufficiali per poterlo dimostrare numeri alla mano, ma basta farsi un giro per i Comuni del terremoto e per quelli dove i terremotati sono stati trasferiti per averne compiuta certezza o farsi un giro sul sito dello Spi Cgil dell’Umbria), dove la gente si suicida per la disperazione, dove il consumo di ansiolitici ha raggiunto livelli impressionanti (numeri dei sanitari marchigiani, signora tizia, ndr), qual è la priorità del nostro Governo? Lo ius soli, lasciato marcire in Parlamento e improvvisamente rispolverato a quasi due anni dal primo via libera della Camera dell’ottobre 2015. Nessun giudizio di merito, ma solo di opportunità, visto che il diritto a risiedere nella terra dove sono nati, oggi in realtà lo stanno perdendo i terremotati.

Ma non basta. Sempre La Repubblica oggi ci fa sapere che “Cantone e l’Antimafia indagano sui subappalti per casette e macerie. Nel mirino la gara da un miliardo per moduli abitativi, bandita dalla Consip. Al lavoro anche le cinque procure del cratere”. In pratica, prima ancora che parta la ricostruzione, già ci sono casini. E pensare che il commissario Errani e il suo staff hanno studiato tutto un sistema di rimborso (quello che ancora non esiste, ndr) per evitare che il denaro passasse per le mani dei terremotati, come se di questa gente non ci si possa fidare. Ed ecco puntuale il karma. Scrive Repubblica “Era il 2014 quando la Consip, la centrale pubblica degli acquisti, bandì una maxi gara da 1,18 miliardi di euro e 18.000 moduli abitativi per conto della Protezione Civile. Ad agosto del 2015 hanno aperto le buste e in due lotti su tre si è classificato primo il Cns, il Consorzio che raggruppa più di 200 aziende nel settore dei servizi. Un mese fa i finanzieri del Nucleo speciale anticorruzione, su mandato di Cantone, hanno bussato alle porte delle sedi del Consorzio a Bologna e a Roma. Hanno preso contratti e documenti relativi a una fornitura pagata a due ditte di Terni, dall’importo tutto sommato modesto ma di cui non riescono a capire il senso.

La storia, assai intricata, è questa: dopo aver vinto la gara Consip, il Cns ha affidato a sette sue associate il compito di produrre materialmente le casette. Quelle ordinate dalla Regione Umbria erano sotto la responsabilità delle aziende Gesta e Kineo, le quali hanno comprato impianti e kit di montaggio da due imprese ternane, la Cosptecnoservice (che fa parte del Cns) e la Italstem. La questione si è ancor più complicata perché poi c’è un terzo soggetto, la Vipal, che sostiene di vantare un credito dalle da 2,8 milioni di euro per le casette. Quattro passaggi, da Cns a Vipal, che portano ad alcuni interrogativi: chi le ha fatte le casette a Norcia? Perché il colosso Cns ha avuto bisogno di cercare sul territorio professionalità e impianti?”. E ancora “Il sistema dei subappalti si percepisce bene sulla rimozione delle macerie. La cornice è il solito decreto legge 189 dell’ottobre scorso che stabilisce che siano le municipalizzate dei rifiuti a occuparsi della raccolta e del trasporto dei detriti, “direttamente o attraverso imprese di trasporto da essi incaricate”. Il subappalto, appunto. La norma è stata pensata per velocizzare i tempi, e per fare in modo che l’intera filiera sia protetta.
Il risultato, almeno per il momento, non è quello atteso: dopo quasi un anno dal primo terremoto del 24 agosto il 92 per cento delle macerie è ancora a terra. E problemi potrebbero aversi anche sul versante della trasparenza. Perché è vero che a lavorare con le macerie sono le municipalizzate ma è altrettanto vero che a guadagnare saranno decine di aziende private. E lo faranno senza troppi controlli. Ecco come Giuseppe Giampaoli, direttore della Cosmari, una delle tre società che le raccoglie nelle Marche, spiega la procedura: “È evidente che da soli non possiamo farcela quindi ci affidiamo ai subappalti. Sotto una certa cifra possiamo darli a trattativa privata ma cercheremo di fare gare di evidenza pubblica a cui inviteremo tutte le migliori aziende del settore. Le difficoltà maggiori le abbiamo con il sollevamento delle macerie perché i nostri mezzi ordinari non sono attrezzati”. Al momento, sul sito Internet, non risultano gare in corso. Le cifre non sono basse: il costo per lo smaltimento è di 50 euro a tonnellata a cui vanno aggiunti circa 12 euro per il trasporto. Il business del detrito gira dunque attorno ai 120 milioni di euro.
Parte di questo denaro sarà distribuito non tramite gara (come quella che si appresta a fare la regione Lazio per la macerie private) ma tramite subappalti. Un punto che non è sfuggito alle cinque procure del cratere (Rieti, Fermo, Macerata, Spoleto e Ascoli), che per questa materia sono coordinate dalla Direzione nazionale antimafia”. Un buon inizio, non c’è che dire.

Intanto, in questa provincia di Macerata dove si sono riscontrati il 70 per cento dei danni del terremoto, non si muove niente. Dice Remo Croci “Nulla è cambiato. Tutto è rimasto così nei paesi colpiti dal terremoto! Il 92% delle macerie ancora per strada. I tempi della burocrazia hanno paralizzato tutti i Comuni del Cratere Sismico. Tutte le promesse dei politici non sono state mantenute. Oggi nessuno di loro è più tornato in questi territori. Una vergogna di tutta la classe politica italiana”. A parte chi le promesse non le ha mai mantenute, da queste parti adesso arrivano tutti, persino i vacanzieri del fine settimana a farsi i selfie su un luogo di dolore come l’hotel crollato o la scuola distrutta. Ma delle promesse non mantenute non ne parliamo più. Cose italiane.

Provano a darci il contentino dei concerti in luoghi ancora preservati dalla devastazione umana, francamente poco proponibili e difficilmente accessibili, dove si riscontreranno inevitabilmente problemi di parcheggio e di logistica. A noi non basta, perchè non vorremmo che questi teatrini servano solo a dare una immagine diversa a chi, da mesi, non riesce – o non vuole? – a dare risposte. Allora riprendo le poche righe scritte da una terremotata che racchiudono quel (poco) che resta delle nostre speranze:

“Ho provato a spiegartelo, ma tu non vuoi capire..
Mi dici “va bene i motociclisti, i concerti, i calciatori famosi e gli altri personaggi della televisione che sono venuti… va bene tutto, ma io rivoglio solo la mia casa… la mia vita, i miei giorni e i miei ricordi… rivoglio i sacrifici di tutta una vita… miei e della mia famiglia… rivoglio quello che il terremoto mi ha tolto… del resto non mi importa… di quello che non avevo e che soprattutto non volevo, prima del terremoto, a me non importa nulla… ci stanno dando tutte cose che servono più a loro che a noi… tutto tranne quello che il terremoto ci ha tolto”.
E no. Proprio non vuoi capire! O forse ha capito”.

fonte: https://picchionews.it/cronaca/promesse-mancate-ricostruzione-assente-indagini-su-casette-e-macerie-colpa-di-chi-scrive-la-verita-sul-terremoto