Le parole dell’economista francese, Jacques Mazier: “L’Euro arricchisce Berlino. Se l’Italia forza la mano sarà punita a colpi di spread”

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Le parole dell’economista francese, Jacques Mazier: “L’Euro arricchisce Berlino. Se l’Italia forza la mano sarà punita a colpi di spread”

“L’euro arricchisce Berlino. Se l’Italia forza la mano sarà punita a colpi di spread”

Le parole dell’economista francese, Jacques Mazier, sull’euro: “L’Italia non è la Grecia. Berlino dovrebbe essere sensibile alle richieste italiane”

L’economista francese Jacques Mazier, docente del il centro di studi economici dell’ università Paris-Nord (CEPN), ne è convinto.

La crisi italiana – ha detto in una intervista al Giorno -sta mettendo dolorosamente in luce le contraddizioni della costruzione Europa: dimostra che con queste regole la moneta unica è vantaggiosa per i Paesi che fanno capo alla Germania, ma non per gli altri“.

Per Mazier “il sistema”, quello che sembra aver messo sotto attacco l’Italia mentre da 80 giorni è senza governo, è “aberrante”. “Si è creato l’euro senza affiancarlo a un potere politico europeo – è la sua tesi – È chiaro che i più forti ne approfittano: la Germania farà di tutto per tenere in vita un meccanismo che l’arricchisce ogni giorno di più. Ha vinto un terno al lotto e non ha la minima intenzione di cambiare“.

Berlino ancora al centro del dibattito. E non potrebbe essere altrimenti, visti gliattacchi rivolti dalla Germania all’Italia in questi giorni e alle posizioni del possibile ministro dell’Economia, Paolo Savona, sul “piano della Germania che è quello nazista” e sull’euro, definito una “gabbia tedesca”. Oggi Savona, ancora nella lista dei ministri, ha emesso un comunicato in cui afferma che la sua idea è quella di avere un’Europa più forte ma più solidale. Un modo per ammorbidire la posizione, ma le distanze dal “modello tedesco” restano.

Il suo nome, è la speranza di Salvini e Di Maio, dovrebbe dar peso a Lega M5S nel loro tentativo di ridiscutere i Trattati europei. “Ci sarà una prova di forza – dice Mazier – Ognuno cercherà di fiaccare le capacità di resistenza dell’altro. Fin dove potrà (o vorrà) realmente spingersi il nuovo governo italiano? In che modo i poteri forti dell’ Europa potranno neutralizzare le richieste? Quali misure saranno prese?“. La risposta è chiara: “La cosa più verosimile – ipotizza l’economista – se l’Italia forzerà la mano, è che l’Europa risponda con un ‘no’ secco e punisca il nuovo governo italiano a colpi di spread e rialzo dei tassi d’interesse. Potrebbe sferrare nei vostri confronti attacchi economici talmente duri da obbligare il governo Lega-M5S a scelte più ragionevoli. E nel caso non bastasse, se non si arriverà a un compromesso, adotterebbe misure capaci di mettere in ginocchio il governo e farlo cadere per ritornare allo status quo. Si creerebbe una situazione pericolosa, un derapage che porterebbe a una crisi senza controllo. E questo non è nell’interesse di nessuno“.

Per l’economista una eventuale uscita dell’Italia dall’Euro, non inserita da Lega e M5S nel contratto, ma teorizzata da Savona in una “guida pratica” diffusa su internet, non avrebbe effetti traumatici sull’economia italiana o del Vecchio Continente. “Potrebbe anzi essere interessante per Paesi come l’ Italia e la Francia – continua – ma la transizione sarebbe molto dolorosa. Comunque è chiaro che la Germania non vuole che l’ Italia esca dall’ euro. L’Italia non è la Grecia, è la terza potenza economica europea. Dunque Berlino dovrebbe essere sensibile alle richieste italiane e cercare a ogni costo un compromesso che permetta alla Germania di non perdere i suoi vantaggi“. La mossa migliore, secondo l’economista, sarebbe però “cambiare strategia, uscire dall’ impasse creato a beneficio della Germania: immaginando ad esempio che l’ euro sia conservato solo nella zona dei Paesi legati alla Germania, svincolando gli altri“. Perché il vero problema è che l’euro in allo stesso tempo sopravvalutato per i paesi del Sud e sottovalutato per quelli del Nord. “Un cambio di regime monetario – conclude Mazier – con la reintroduzione di monete nazionali articolate attorno a un euro globale, potrebbe essere un’ alternativa possibile“.

Salve, mi chiamo Sergio Mattarella, di professione faccio il Presidente della Repubblica, ho affossato il governo M5s ponendo veto su Savona perchè preoccupato dei risparmi degli Italiani, però ho firmato il Bail-in del Pd con cui abbiamo inculato i risparmiatori Italiani…

 

Sergio Mattarella

 

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Salve, mi chiamo Sergio Mattarella, di professione faccio il Presidente della Repubblica, ho affossato il governo M5s ponendo veto su Savona perchè preoccupato dei risparmi degli Italiani, però ho firmato il Bail-in del Pd con cui abbiamo inculato i risparmiatori Italiani…

 

Vi spiego perché il Bail In è una fregatura per i risparmiatori (però poi non chidetemi perchè non posso fare il ministro)

 

L’analisi dell’economista ed ex ministro Paolo Savona

Errare è umano, perseverare è diabolico. Ho pensato a questo vecchio detto quando ho letto la definizione che la Banca d’Italia ha dato del BRRD, la nuova direttiva per la “soluzione” delle crisi bancarie (Dio ci protegga dagli acronimi e dai termini inglesi che ne celano il significato): «Le nuove norme consentiranno di gestire le crisi in modo ordinato attraverso strumenti più efficaci e l’utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti».

Questa definizione implica che: 1) le gestioni delle crisi precedenti fossero meno ordinate, in sostanza una critica che la Banca d’Italia rivolge a se stessa; 2) i nuovi strumenti saranno più efficaci di quelli usati in passato; 3) le risorse proverranno dal settore privato; 4) gli effetti negativi delle crisi sul sistema economico verranno ridotti; 5) i contribuenti non subiranno più il costo dei salvataggi bancari. Questa elencazione dei molti vantaggi ricorda un episodio accaduto all’Assemblea francese: un ministro esordì affermando che aveva molti buoni motivi per avanzare la sua proposta; lo interruppe un deputato logicamente agguerrito che obiettò «se dispone di una buona ragione basta e avanza; ci risparmi dal sentire gli altri».

Nessuno degli effetti indicati dalla Banca d’Italia ha solidi fondamenti. In passato la soluzione delle crisi ha funzionato bene, ne consegue che gli strumenti usati erano efficaci; le risorse provenivano anche dal settore privato e affluivano mosse dalla convenienza, non dall’obbligo di legge come sarà da questo momento in poi; l’economia reale ha sempre beneficiato del precedente regime, mentre non accadrà lo stesso in futuro; l’onere sulla collettività era spalmato in modo più equo di quanto non avverrà con la nuova legge che penalizza il risparmio.

La logica economica prescrive che per raggiungere ciascun obiettivo si deve applicare almeno uno strumento, mentre la nuova legge prevede un solo strumento per raggiungere i cinque obiettivi indicati dalla Banca d’Italia; la realtà è che il vero scopo del provvedimento è unico: trasferire la responsabilità delle crisi prodotte dalle autorità italiane ed europee ai risparmiatori anche piccoli, quelli che avrebbero dovuto tutelare.

La decisione è frutto della grave malattia che ha colpito l’Europa, quella di voler isolare i bilanci pubblici dalle vicende dell’economia e della società che le autorità dovrebbero governare, ma non riescono a farlo, come dimostra la grave crisi finanziaria diffusasi a seguito delle insolvenze dei crediti subprime e dei loro derivati. Per proteggere i conti pubblici si penalizzano quelli delle famiglie, già messe a dura prova dall’incapacità mostrata dalle autorità di saper governare la crisi e la sua diffusione. La legittimazione dell’irresponsabilità delle autorità e della responsabilità dei risparmiatori è priva di basi pratiche; infatti il nuovo regime di risoluzione delle crisi porta sulle spalle delle banche un onere solo inizialmente prevedibile, quello di costituire un fondo presso l’organismo di tutela dei depositi, e un onere imprevedibile se lo devono ricostituire se utilizzato.

Le banche trasferiranno l’onere in forme più subdole alla clientela per ricostituire il rendimento del loro capitale al fine di evitare i riflessi negativi sulla loro capacità di concedere credito alle imprese produttive e, di conseguenza, all’intero sistema economico; ma non basta, perché ridurranno la remunerazione del risparmio a esse affidato e aumenteranno il costo dei servizi prestati. In conclusione la collettività pagherà comunque l’onere degli interventi in forme più difficili da valutare.

Chi trae un vantaggio dalla nuova regolamentazione sono quindi solo le autorità responsabili delle crisi per non aver saputo governare il mercato. Ma anch’esse si illudono, perché se vogliono avere un sistema del credito e del risparmio all’altezza dei compiti che attendono l’economia fuori dalle speranze e dalle chiacchiere in corso dovranno darsi carico di studiare un meccanismo meno pericoloso di quello approvato che protegga l’offerta di credito e il risparmio che la sostiene.

Ciò che sconcerta in questo provvedimento, come nella spiegazione datane dalla Banca d’Italia che lo ha propiziato, è che non si parla del problema di fondo, quello di chi fornisce le informazioni ai clienti della banche; danno invece la colpa alla loro ignoranza, che è anche frutto delle omissioni pubbliche in materia.

Ammesso che l’ignoranza possa essere attenuata o, al limite, anche sconfitta, su quali basi statistiche deve poggiare l’uso del sapere finanziario conquistato dai risparmiatori e chi è tenuto a fornirle? In passato, la tutela del risparmio era stata affidata alle società di rating, istituzioni private che ne hanno combinato più di Bertoldo di Francia. Non si può delegare a esse o altre simili istituzioni private il compito di attuare l’art. 47 della nostra Costituzione. Devono provvedere le autorità. Ciò sarà possibile solo dividendo nettamente il sistema dei pagamenti, le cui prestazioni vanno totalmente garantite dallo Stato, dal sistema del credito, che si svolgerà sotto il controllo del Governo, la vigilanza di enti delegati e, in caso di crisi, risolto con norme meno rigide di quelle erroneamente introdotte con il bail in. Si può sperare in una maggiore attenzione al problema da parte degli organi democratici rispetto a quella finora prestata? Le informazioni raccolte sul trattamento discriminante seguito dai paesi membri dell’UE testimonia il modo affrettato e superficiale con cui la direttiva è stata varata e da noi approvata.

Porvi rimedio è tanto più urgente e importante quanto più si intendono ridurre i livelli di protezione sociale per necessità legate alla competizione globale con paesi che non hanno gli stessi livelli. Da decenni si va operando sul sistema pensionistico senza sviluppare in parallelo regimi di tutela del risparmio volontariamente accumulato; anzi le due responsabilità, quella di formarsi una previdenza integrativa continuando a contribuire a quella pubblica vengono accompagnate da un aumento dei rischi finanziari corsi dal cittadino, ormai ritornato allo stato di suddito di leggi improvvide approvate dal suo decisore collettivo, il Parlamento.

La protezione della collettività dagli oneri delle crisi non può avvenire infliggendo ai risparmiatori una perdita, con le conseguenze indicate, ma migliorando i meccanismi pubblici di informazione e di vigilanza, come pure i meccanismi di soluzione delle crisi; per questi ultimi insisto sul fatto che vanno eliminati i conflitti di interesse esistenti che hanno generato ritardi nel salvataggio e oneri più elevati per la collettività, ponendo le funzioni di vigilanza e di soluzione in posizione di autonomia e reciproca indipendenza.

Come consuetudine, lo si capirà solo dopo che i buoi sono scappati dalle stalle, ossia a crisi scoppiata.

tratto da: http://formiche.net/2016/01/bail-in-italia-governo-renzi-ue-banche/