I fascisti ci riprovano: dedicare il 25 aprile ai morti del Covid – No, cari, i numeri non ce lo danno ancora – Il fascismo ha ucciso 54 milioni di persone di cui mezzo milione di Italiani, troppi per lavarvi la coscienza nascondendoli…!

 

25 aprile

 

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I fascisti ci riprovano: dedicare il 25 aprile ai morti del Covid – No, cari, i numeri non ce lo danno ancora – Il fascismo ha ucciso 54 milioni di persone di cui mezzo milione di Italiani, troppi per lavarvi la coscienza nascondendoli…!

 

Alla vigilia di ogni 25 aprile è sempre la stessa storia, e questo da quando nel 1994 Berlusconi riaprì le fogne della storia e tanti fascisti si sentirono in dovere di attaccare la Resistenza, di tentare di denigrarla e di rivalutare Mussolini, dimenticandone (o facendo finta di dimenticare) i suoi ignobili crimini.

E dal 1994 ai giorni nostri, in forme diverse, ogni anni la destra tenta di mettere in discussione la Liberazione.

Ci provò Berlusconi sostenendo che bisognava chiamarla festa della libertà e non festeggiare la Liberazione dal nazi-fascismo.

E poi ex fascisti, ex missini fino ai giorni nostri con le sortite di Fratelli d’Italia, il partito della Meloni che non ama sentir parlare di fascismo ma poi lì dentro il fascistume si manifesta in cento modi.

“Il 25 aprile di quest’anno, segnato dalla tragedia del Covid-19, può essere davvero una data per unire e non dividere gli italiani. Per ricordare tutti i caduti, senza alcuna distinzione, ma soprattutto per commemorare quei tantissimi connazionali che sono morti in silenzio e da soli a causa del Coronavirus”. A dirlo la deputata di Fratelli d’Italia, Paola Frassinetti, e le senatrici di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti e Daniela Santanché, aderendo all’iniziativa ‘Noi cantiamo la canzone del Piave’ presentata in diretta Facebook dal vicepresidente del Senato, Ignazio La Russa, e da Edoardo Sylos Labini.

“Sarebbe bello se questa idea si potesse realizzare. Non ho mai festeggiato il 25 aprile – spiega Frassinetti – che ho vissuto sempre come giornata di odio e divisione. Anzi sarebbe auspicabile se diventasse patrimonio di tutti, senza dividere gli italiani in una parte sbagliata e una giusta. Anche se le forti recrudescenze degli ultimi tempi mi fanno dubitare che si possa uscire da questa logica di scontro. Penso al sindaco di Milano Sala che si è rifiutato di rendere omaggio ai caduti del Campo 10. Ecco, mi auguro che si possa sostituire il Piave a Bella ciao, ma vedendo questi segnali nutro seri dubbi”.

Ma non è come propagandano questi individui. Il 25 aprile rappresenta la liberazione dal periodo più nero, squallido e schifoso della storia Italiana. Tutti gli Italiani dotati di un po’ di intelligenza, umanità e dignità dovrebbero prendere le distanze da quello che è successo in quel ventennio.

Se c’è qualcuno che non lo fa, anzi palesa vergognose nostalgie e inaudito apprezzamento per quello che, come la storia ha sancito, non è stato altro che un ignobile criminale è bene che resti separato dalla parte sana del Paese.

Se c’è qualcuno che non lo fa dovrebbe solo vergognarsi e stare zitto.

E la storia del Coronavirus non regge. I numeri non ci sono e assolutamente non sono paragonabili al virus del nazifascismo che di morti, è bene ricordarlo, ne ha provocati molti di più: 54 milioni di cui mezzo milione in Italia e solo per la seconda guerra mondiale…

Pensiamo a debellare definitivamente questo virus fascista che ancora serpeggia (e che ancora miete vittime in tutto il mondo), poi pensiamo a ricordare i morti del Covid, che meritano rispetto. E proprio perché meritano rispetto non devono essere strumentalizzati da qualcuno che vorrebbe lavarsi la coscienza nascondendo sotto il tappeto i crimini di cui comunque va fiero…

By Eles

 

 

Chi ha paura di Bella Ciao? La storia del canto che terrorizza Salvini

 

Bella Ciao

 

 

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Chi ha paura di Bella Ciao? La storia del canto che terrorizza Salvini

Non è “Fischia il vento”, non è il “Sol dell’Avvenire”, non è “Bandiera rossa”. Insieme a “Volare”, “Bella Ciao” è il canto popolare italiano più famoso al mondo. La sua origine risale ai canti delle mondine padane, e non è mai stato un inno comunista, ma di tutta l’Italia liberata. È solo una canzone, eppure terrorizza il sig. Salvini e quanti come lui.

Bella Ciao non è “Fischia il vento”, non è il “Sol dell’Avvenire”, non è “Bandiera rossa”. Insieme a “Volare” è il canto popolare italiano più famoso al mondo.

L’ultimo in ordine di tempo ad averne fatto una versione da brividi è stato l’immenso Tom Waits. Prima di lui fu Manu Chao a portarla in tour in tutto il mondo,  e durante le esequie dell’attentato di Charlie Hebdo a Parigi la cantò l’attore francese Christophe Aleveque. Il grande musicista bosniaco Goran Bregović la include regolarmente nei propri concerti. Il poeta Franco Arminio conclude le sue presentazioni facendola intonare al pubblico.

È stata la colonna sonora de “La casa di Carta“, la serie televisiva spagnola più vista della storia. A risalire ancora più indietro l’hanno resa celebre anche  Claudio Villa e Giorgio Gaber, fino alla versione degli anni Cinquanta cantata da Milva, che ci riporta al suo legame con la “Padania”.

Si perché l’origine di questo canto di ribellione patriottica, che inneggia a un invasore senza colore né bandiera, ha un legame con le mondine delle risaie padane: una “Bella Ciao” antichissima veniva intonata sin dal 1906 nella bassa Vercellese, durante la lotta per conquistare il diritto alle otto ore lavorative:

Alla mattina appena alzata, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, alla mattina appena alzata,
devo andare a lavorar..!

A lavorare laggiù in risaia, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao! A lavorare laggiù in risaia
Sotto il sol che picchia giù!

E tra gli insetti e le zanzare, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, e tra gli insetti e le zanzare,
duro lavoro mi tocca far!

Il capo in piedi col suo bastone, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, il capo in piedi col suo bastone
E noi curve a lavorar!

Altri ricercatori rilevano che il suo ipnotico “Ciao, ciao, ciao” possa rifarsi a un ancora più antico  canto infantile diffuso in tutto il nord, La me nòna l’è vecchierella , come omaggio poetico allo sfiorire della fanciullezza. Qualcun altro la fa risalire a un canto francese del Cinquecento, poi arrivato in Piemonte con il titolo di La daré d’côla môntagna, per passare nella tradizione trentina con il titolo di Il fiore di Teresina, e da li probabilmente arrivare infine alle mondine venete.

Quello che è certo è che nella sua versione finale è giunta a noi in molte varianti e strofe. A riprova che fu un canto il cui successo crebbe nell’Italia liberata del dopoguerra, più che durante la lotta partigiana, e per molti decenni fu un canto largamente condiviso: quindi non certo un canto per comunisti, ma fatto proprio da tutto l’arco della costituente repubblicana, compresi persino i cosiddetti partigiani badogliani – contraddistinti da un fazzoletto di colore azzurro – e senza dubbio contrari al comunismo.

Una canzone italianissima, dunque, che dovrebbe rappresentare un vero patrimonio popolare, tanto più in vista di leggi che vorrebbero imporre una quota di brani “patriottici” nelle radio, polemica nata sulla lunga scia del famoso Sanremo della contestata vittoria del “ragazzo” Mamhoud (tra l’altro di origini sarde). E la stessa “Bella ciao” fu al centro di controversie durante i preparativi del Festival di Sanremo 2011 poiché Gianni Morandi, l’allora conduttore, annunciò l’intenzione di eseguire la canzone nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia.

Ecco perché sorge la domanda: ma perché Salvini, che della lotta alle presunte “invasioni” ne ha fatto la sua bandiera politica, ha il terrore di questa canzone? Forse si considera pure lui un invasore? A giudicare dal suo comportamento durante le ultime campagne elettorali , sembrerebbe così. Ricordiamo quelle in terra Sarda, Salvini  per la prima per un’elezione regionale “terrona” si è trasferito armi e bagagli per ben una settimana, a blandire pastori e elettori.

 

Ma le sue reazioni verso chi intonava questa canzonetta popolare sono state quanto meno nervose e scomposte: «Chi vuole usare i fischietti si prenda dieci migranti e vadano insieme a fischiettare» ha gridato a un gruppetto di ragazzini che intonavano il canto in piazza Tola a Sassari, e poi rivolto a un altro minorenne ha aggiunto minaccioso: «vai a casa a bere il latte di pecora», non spiegando quale sia il nesso tra la canzone, i migranti e il latte. «Ma che brave queste signore che cantano – ha esclamato invece in piazza a Iglesias rivolto a un gruppo di anziane signore – perché non andate a Sanremo o a Italia’s got talent?»

Copione più o meno invariato, ma che è andato aggravandosi non poco, si è ripetuto nella vicina Carbonia, da sempre città mineraria fondata da Mussolini ma anche teatro di grandi lotte operaie. A un gruppo di studenti che intonava il canto patriottico il Ministro dell’Interno ha rivolto parole a dir poco preoccupanti: «Se dovete cantare vi accompagniamo a Sanremo o in qualche stalla a mungere le pecore» poi, accorgendosi di aver appena usato il lavoro dei pastori come offesa, ricordandosi che aveva promesso di salvarli tutti in 48 ore, ricordandosi anche di aver tolto “Nord” al simbolo della Lega, ha provato a correggere il tiro: « un lavoro faticoso che sicuramente non sapete fare…» Ma ormai l’embolo gli era partito, e così ha rincarato la dose: «Ma quanto sono sfigati? Dal 24 febbraio questi fanno la valigia con Zedda, prendono il barcone e vanno a casa » dimenticandosi probabilmente che i sardi, e dunque anche Zedda, sono già a casa loro.

E torniamo ai giorni nostri.

Il sig. Salvini – insieme ai suoi fascio-alleati – sostiene, al pari dei festeggiamenti per il 25 aprile, che questa canzone è “divisiva”

Attenzione, non è ignoranza: questa canzone è il simbolo della liberazione dal periodo più nero, squallido e schifoso della storia Italiana. Un periodo in cui il Paese è stato nelle mani di un criminale che ha firmato le leggi razziali e portato l’Italia alla distruzione con oltre 500.000 morti. Un criminale che ha ordinato assassini e deportazioni in Italia e stragi ovunque l’esecito italiano sia stato all’estero. Un criminale che ha azzerato i diritti della gente ed ha annullato libertà di stampa e di opinione. Un criminale la follia nazista. Un criminale che ha creato una repubblica-fantoccio asservita ai nazisti e fautrice di ignobili e orribili stragi.

E, se come dicevamo, non è ignoranza, la ripugnanza per questa canzone significa una sola cosa: Salvini non ha, non ha mai avuto e non avrà mai alcuna intenzione di prendere le distanze da quel triste periodo di cui Bella Ciao simboleggia la liberazione, aldilà di qualunque colore politico.

Meditate gente, meditate…

Inti Illimani Bella Ciao