Questa è l’Italia – Nonna Peppina, 95 anni, sfrattata da casa. Nonno Napolitano, 92 anni, torna in politica…

 

Napolitano

 

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Questa è l’Italia – Nonna Peppina, 95 anni, sfrattata da casa. Nonno Napolitano, 92 anni, torna in politica…

L’Italia che non coccola i suoi anziani ma che non manda mai in pensione i suoi uomini di potere è tutto in questo paragone anafrafico a distanza. Da un lato Giuseppina Fattori, al secolo Nonna Peppina, 95 anni, terremotata marchigiana sfrattata dalla sua casa considerata “abusiva” (qui la ricostruzione della vicenda),  dall’altro un presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che a 92 anni non se la sente di godersi la superlativa pensione e continua a rituffarsi nell’agone politico, non soddisfatto dei disastri già combinati in passato.

Napolitano e la linea al Pd sulla legge elettorale

Giorgio Napolitano, stavolta, si fa sentire sulla legge elettorale per cercare di condizionare il dibattito prima del voto e dettare la linea al “suo” Pd. La sua preoccupazione è legata alla possibile indicazione di un premier, un carattere “presidenzialista” che sarebbe troppo vicino alle posizioni storiche della destra per piacere anche all’ex comunista salito al Quirinale. «L’indicazione del capo della forza politica è incompatibile con i nostri equilibri costituzionali», afferma il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. «Considero -dichiara- altamente auspicabile – e la considero tale nel solco delle considerazioni sempre espresse dal Presidente Mattarella – l’approvazione in Parlamento con il più largo consenso di una legge elettorale che naturalmente tenga nel massimo conto la sentenza della Corte costituzionale. Sul testo complessivo di cui oggi comincia la discussione alla Camera, mi esprimerò eventualmente quando giungerà all’esame del Senato». Noi, ma anche Peppina, costretta a cercarsi un’altra casa per non restare all’addiaccio, siamo ansiosi di conoscere le valutazioni di Napolitano…

fonte: http://www.secoloditalia.it/2017/10/nonna-peppina-95-anni-sfrattata-nonno-napolitano-92-anni-tornato-in-politica/

Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il Governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale – Signore e Signori, ecco a Voi il FASCISMO!

Rosatellum

 

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Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il Governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale – Signore e Signori, ecco a Voi il FASCISMO!

Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale

La maggioranza chiede e ottiene a Gentiloni di tutelare il testo uscito dalla commissione. Rosato: “Così sarà garantito l’equilibrio raggiunto anche con Fi e Lega”. Il Quirinale: “Come approvare le leggi lo decidono Parlamento e governo”. Opposizioni scatenate alla Camera: urla da grillini e sinistra, Toninelli lancia un manuale. M5s: “Atto eversivo, domani in piazza”. Mdp: “Protervia, voteremo no”. Il lettiano Meloni: “Strappo, non voto”.

Due anni dopo un altro governo lega il suo destino alla legge elettoraleIl Rosatellum bis sarà infatti votato con la fiducia tra mercoledì e venerdì. La decisione è del Pd che ha chiesto al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni di blindare la riforma per evitare che i voti segreti disintegrassero il testo frutto dell’accordo tra Partito democraticoAlternativa Popolare e altri centristi della maggioranza con Forza Italia e LegaNord. Una decisione che smentisce la linea dello stesso Pd che a più riprese, con il relatore della legge Emanuele Fiano, aveva detto che l’opzione della fiducia non era sul tavolo.

L’annuncio della ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro nell’Aula della Camera è stato coperto da grida e proteste da parte delle opposizioni (dai Cinquestelle a Sinistra Italiana fino ai Fratelli d’Italia), ma anche da parte di Mdp. Ma i no alla fiducia arrivano, significativamente, anche dall’unico deputato lettiano, Marco Meloni, dall’unico prodiano, FrancoMonaco, e dai parlamentari che si rifanno a Campo Progressista, il movimento di Giuliano Pisapia. Il primo effetto politico pratico è che Mdp si è astenuto al Senato sulla cosiddetta “legge europea“, dopo aver votato con le opposizioni su due emendamenti, facendo andare sotto la posizione della maggioranza. “Si è scelto scientemente di estromettere Articolo 1 dalla maggioranza”. E si annunciano già due manifestazioni, una del M5s a Montecitorio e l’altra di Mdp e Sinistra Italiana al Pantheon.

Due anni fa fu Matteo Renzi a mettere la fiducia sull’Italicum, legge che poi fu abbattuta dalla Corte costituzionale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella fa trapelare da fonti del Quirinale alle agenzie di stampa di avallare il nuovo impegno del Parlamento per una riforma che segua l’indicazione che lui stesso dette nei giorni della crisi, quella di “armonizzare” i due sistemi di Camera e Senato, entrambi residuati dopo le pronunce della Consulta su Italicum e Porcellum. Il Quirinale, tuttavia, dice da una parte di non entrare nel merito della legge (la costituzionalità è il punto più dibattuto) e dall’altra che il metodo di approvazione della legge lo scelgono la maggioranza e il governo.

La tensione si è scaricata tutta sul momento in cui la Finocchiaro ha preso la parola per annunciare che sarebbe stata posta la questione di fiducia. Un intervento avvenuto tra le urla di decine di parlamentari. I deputati del M5s hanno sventolato copie del regolamento di Montecitorio: uno dei volumi è stato lanciato al centro dell’emiciclo da Danilo Toninelli, il più scatenato contro il Rosatellum da giorni (lo aveva definito nell’ordine “Merdellum”, “da vomito” e una “cloaca”). Carla Ruocco ha sbattuto più volte sul banco la “ribaltina” di legno, per fare rumore. Il coro dei grillini è stato “venduta, venduta” all’indirizzo della Boldrini. Stesso volume dall’ala all’estrema sinistra dell’assemblea: tutti i parlamentari di Mdp e Sinistra Italiana si sono alzati per battere sui banchi in segno di protesta. Dal banco della commissione Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia ha alzato un cartello con la scritta “Hablamos“, parliamo, prendendo a prestito lo slogan leitmotiv della campagna unionista della Catalogna. L’ex ministro ha provato anche fisicamente a bloccare l’annuncio della Finocchiaro: mentre la ministra pronunciava la formula di rito, le si è avvicinata urlando e battendo con la mano sulla balaustra, ma è stato fermato da un assistente parlamentare. Lui precisa: “Sono semplicemente andato verso la postazione della Presidente della Camera perché avevo chiesto di fare mio l’emendamento Brambilla sul Trentino: stavo solo chiedendo la parola. Con la Finocchiaro ho anche un ottimo rapporto: per questo ho raccolto un fiore e glielo ho dato…”.

Resta il giudizio sulla riforma. E’ “un atto eversivo“, come dice il M5s. Il capogruppo di Mdp Francesco Laforgia parla di “atto di protervia“, quello di Sinistra Italiana Giulio Marcon di “forzatura inaudita”. “Vergogna, vergogna, vergogna” ribadisce il segretario di Si Nicola Fratoianni. La presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni si è appellata invano al presidente Sergio Mattarella.

Il lettiano Meloni: “Non voterò la fiducia”
Nel Pd il cielo non è del tutto sereno. “Perplessità” sono state espresse da Gianni CuperloVannino Chiti ed Enzo Lattuca, dell’area Orlando. Ma il coraggio di non votare la fiducia è solo di Marco Meloni, ultimo irriducibile lettiano e direttore della Scuola di Politiche fondata proprio da Enrico Letta. Il governo, dice Meloni, “ha compiuto un grave strappo istituzionale”. “Si tratta di una decisione, oltretutto assunta nell’imminenza delle elezioni e rivolta all’approvazione di una legge che – senza modifiche – sottrae ai cittadini anche i residui spazi consegnati dalle sentenze della Corte Costituzionale di determinare direttamente la scelta dei parlamentari, dalla quale dissento profondamente”. Lo stesso farà l’ultimo prodianoFranco Monaco: “Per la prima volta non voterò la fiducia al governo della cui maggioranza faccio parte. Governo che si era solennemente impegnato a non occuparsi di legge elettorale. Una forzatura inaccettabile su materia genuinamente parlamentare”. In questa area è lecito inserire anche Campo Progressista, che con il deputato Roberto Capelli, sottolinea che il movimento di Pisapia sarà quella “forza politica di centrosinistra che vorrà provare a proporre una politica diversa in Italia, in cui all’arroganza e alla supponenza che ancora troppo spesso prevale dalle parti del Pd, farà prevalere il buonsenso, la ragionevolezza e il coraggio di affrontare le scelte a viso aperto, senza ricorrere sempre a strategie e sotterfugi”.

Sulla riforma è intervenuto anche il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano che si è espresso sull’indicazione del capo della forza politica: “E’ incompatibile con i nostri equilibri costituzionali“. Una clausola, secondo l’ex capo dello Stato, che ripresenta “il grande equivoco” per cui “l’elettore sia chiamato a votare per eleggere non solo il Parlamento, ma il capo dell’esecutivo”.

Lo spettro dell’emendamento sul Trentino-Alto Adige
In particolare il M5s se l’è presa con la Boldrini e poco prima con il presidente di turno Giachetti perché era stata respinta la richiesta di convocare la giunta per il regolamento di Montecitorio. I Cinquestelle avevano chiesto che l’organismo si riunisse per esprimersi su un punto in particolare: se fosse possibile modificare le deliberazioni dell’Aula con un voto di commissione. E’ il caso dell’emendamento sulla distribuzione dei seggi in Trentino-Alto Adige, sul quale era franato il precedente accordo dei partiti (compreso il M5s) per la legge elettorale. Ma quella votazione è stata “corretta” di nuovo in commissione, nei giorni scorsi, mantenendo però lo stesso iter per fare prima. Secondo Davide Crippa (M5s) “non ci sono precedenti”. Alla richiesta dei Cinquestelle si erano associati anche MdpSinistraItalianaFratelli d’Italia e Rocco Buttiglione dell’Udc. La richiesta è stata respinta dalla presidente della Camera scatenando le proteste e il lancio dei manuali dei regolamenti parlamentari.

Chi voterà la fiducia e chi la legge
La prima questione è politica. Chi voterà la fiducia visto che la legge è sostenuta da PdAp e centristi, ma non dal Mdp? E cosa faranno invece gli altri gruppi che appoggiano la riforma elettorale del Rosatellum, cioè Forza Italia e Lega Nord, che sono all’opposizione? Di sicuro Mdp non voterà la fiducia. Per il coordinatore Roberto Speranza la legge “è oltre i limiti della democrazia: qui si sta scherzando col fuoco. Una legge che toglie la sovranità ai cittadini di scegliere i propri eletti viene approvata togliendo la sovranità al Parlamento”. Dall’altra parte i berlusconiani e il Carroccio hanno annunciato il voto alla legge ma non alla fiducia. “Auspichiamo un rapido iter al Senato – dice il leghista Giancarlo Giorgetti – consapevoli che chiunque lo rallenti evidentemente vuole rinviare la data delle elezioni che si devono tenere invece il più presto possibile”. Alla Camera il Pd non ha particolari problemi per la fiducia, specie se Fi e Lega escono dall’Aula. Al Senato l’assenza di Mdp al momento del voto sul Def, per esempio, si è rivelata ininfluente e comunque c’è la stampella di alcuni gruppuscoli di centrodestra come il Gal e Ala, cioè i verdiniani.

Fiducia, l’arma anti-voto segreto
La seconda questione invece è tecnica. Il Pd e il resto della maggioranza hanno scelto la strada del voto di fiducia perché erano troppi i voti segreti perché il testo rimanesse integro. E’ stato il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato a chiamare il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni per riferirgli che la fiducia sarebbe stata “opportuna”. E’ ancora fresca la ferita del patto Pd-M5s-Fi di fine primavera, crollato al primo scrutinio segreto su un emendamento sul sistema elettorale del Trentino-Alto Adige. Così il Pd ha abbandonato la strada degli emendamenti-canguro (cioè gli emendamenti che fanno decadere i successivi sullo stesso argomento) quando i capigruppo dei democratici e di Forza ItaliaLega e Alternativa Popolarehanno visto che i voti segreti sarebbero stati almeno 100soprattutto perché il tentativo con Mdp per fargli rinunciare alle richieste di voto segreto era finita malissimo.

Come si svolgeranno i 3 voti di fiducia
Come nel caso dell’Italicum, due anni fa, saranno tre le fiducie, sui primi tre articoli dei cinque di cui si compone la legge elettorale, che saranno votate da domani nell’Aula della Camera. Due si voteranno domani, la terza giovedì. La prima fiducia, sull’articolo uno si voterà dunque domani dalle 15,45; le dichiarazioni di voto avranno inizio dalle 13,45. La seconda fiducia, sull’articolo 2 sarà votata sempre domani dalle 19,30 (dichiarazioni di voto dalle 17,30). La terza fiducia, sull’articolo 3 si voterà giovedì dalle 11 (dichiarazioni di voto dalle 9). Dalle 13 in poi di giovedì saranno esaminati dall’Assemblea di Montecitorio gli altri due articoli del testo, su cui insistono una ventina di emendamenti, tutti da esaminare a scrutinio palese. A seguire, forse già giovedì, si esamineranno gli ordini del giorno e ci saranno le dichiarazioni di voto finali ed il voto finale: questa ultima votazione in base al regolamento di Montecitorio, è “secretabile“.

Fiducia sulla legge elettorale, terza volta nella Storia
Se le intenzioni della maggioranza saranno confermate, sarà la terza volta che viene posta la questione di fiducia su una legge elettorale dall’avvento della Repubblica in poi. La prima fu nel 1953 e fu posta dal governo di Alcide De Gasperi con “tumulti” alla Camera. L’approvazione avvenne poi di domenica (delle Palme) al Senato, anche se senza fiducia. Si trattava di quella che l’opposizione definì “legge truffa”, perché assegnava un premio di governabilità al partito che superava il 50 per cento dei voti validi. Nelle elezioni dello stesso anno il meccanismo non scattò e l’anno successivo la legge fu abrogata.

In tempi più recenti, quasi ai giorni nostri, l’altro episodio. Fu il governo Renzi a porre la fiducia sull’Italicum nell’aprile 2015. Tecnicamente le fiducie poste furono tre anche in quel caso. Il 4 maggio l’Italicum fu approvato a scrutinio segreto con 334 voti a favore, 61 contrari e 4 astenuti. L’Italicum, com’è noto, è stato poi smontato dalla Corte Costituzionale. Tra la legge del 1953 e l’Italicum, altre due riforme elettorali sono state approvate invece senza ricorso alla fiducia: il Mattarellum nel 1993, votato da una maggioranza trasversale, e il Porcellum nel 2005, con i soli voti della maggioranza di centrodestra.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/10/rosatellum-il-pd-blinda-la-legge-elettorale-dei-nominati-il-governo-pone-la-fiducia-grida-aula-ok-dal-quirinale/3904492/

Qualcuno spieghi a queste bestie che lo sciopero della fame a staffetta, che in sostanza consiste nello scioperare tra l’ora di pranzo e l’ora di cena, tecnicamente è definito “presa per il culo”…!!

sciopero della fame

 

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Qualcuno spieghi a queste bestie che lo sciopero della fame a staffetta, che in sostanza consiste nello scioperare tra l’ora di pranzo e l’ora di cena, tecnicamente è definito “presa per il culo”…!!

Lo sciopero della fame per lo ius soli di Delrio comincia dalla Fiera del tartufo

Lo sciopero della fame “a staffetta” del Pd è solo l’ennesima pagliacciata per distrarre gli italiani dall’incapacità del governo di risolvere i problemi che affliggono questo Paese.

Per di più, sembra che si tratti più di un’operazione di marketing che una scelta sincera, anche perché, mentre scioperava, Delrio si trovava alla Fiera del tartufo di Alba, come spiega Libero:

“Lo sciopero della fame del Pd per lo Ius soli comincia nel peggiore dei modi: alla fiera del tartufo d’Alba, prelibatezza gastronomica non proprio per tutti. È lì che hanno beccato il ministro Graziano Delrio, che ha sottoscritto l’appello di Luigi Manconi per “sensibilizzare” il Parlamento sulla cittadinanza agli stranieri. L’iniziativa, di per sé abbastanza comica (i politici, ministri e parlamentari, avrebbero a disposizione ben altre armi per combattere le loro battaglia), non solo è una mezza farsa perché il digiuno è parziale (sono ammessi fino a tre cappuccini al giorno) ma è pure a staffetta, quindi nessun onorevole rischierà la pelle come fatto più volte in passato da Marco Pannella, uno che di digiuni e ricoveri se ne intendeva. E poi, come detto, si comincia nella fiera delle leccornie, tra funghi, olio tartutafo, foie gras e Barolo. O per Delrio c’è una punta di sadomasochismo oppure viene il dubbio che, scontata la propria staffetta, il ministro abbia potuto cedere alle tentazioni dei sensi.

Come ricorda Il Giornale, insieme a Delrio è stato avvistato in Piemonte anche un altro firmatario, il viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero. Insieme a loro, si sono già prenotati per la staffetta non-mangereccia l’ormai ex direttore dell’Unità Sergio Staino (nuovo vignettista di Avvenire) che digiunerà il 15 ottobre, il deputato Pd musulmano Khalid Chaouki Pd (per tre giorni di fila, dal 9 all’11 ottobre), l’altra islamica Sumaya Abdel Qader, consigliera comunale Pd a Milano (dopodomani, insieme a Rosy Bindi) mentre l’ex ministra Cecile Kyenge, eurodeputata, non toccherà cibo i quattro sabati di ottobre. Sorpresa: a digiunare tutto il mese sarà solo un firmatario: “Adolf Hitler”. Un fake, ovviamente, ma lo scherzo mai come stavolta suona piuttosto gustoso.”

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2017/10/08/lo-sciopero-della-fame-per-lo-ius-soli-di-delrio-comincia-dal-tartufo/

Ve lo ricordate il blog di Matteo Renzi? Doveva contrastare quello di Grillo! Che fine ha fatto? Affossato dallo stesso Renzi: ZERO LETTORI… Ennesima figura di m…., pietosamente nascosta dal silenzio dei media di regime.

 

Matteo Renzi

 

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Ve lo ricordate il blog di Matteo Renzi? Doveva contrastare quello di Grillo! Che fine ha fatto?  Affossato dallo stesso Renzi: ZERO LETTORI… Ennesima figura di m…., pietosamente nascosta dal silenzio dei media di regime.

 

Renzi affossa il suo blog: zero lettori

Doveva incalzare quello di Grillo. L’ultimo post è di due mesi fa
 – ilgiornale.it) – L’avvio è scoppiettante: un post ogni due settimane per incalzare Beppe Grillo sul terreno della comunicazione via web.
Otto mesi dopo, Matteo Renzi rivede i piani: il blog del rottamatore non decolla. Il segretario dei Pd valuta l’ipotesi di «rottamare» la principale arma soffiata all’artiglieria grillina. L’ultimo post sul blog è del 10 luglio. Il bilancio è impietoso: i messaggi dell’ex sindaco di Firenze non riscuotono più di 100 commenti. Nulla rispetto alle fucilate del comico genovese. Eppure, il 25 gennaio, giorno dell’esordio del blog, Renzi precisa che «non si tratta di un luogo (virtuale) per reduci». Anzi, scrive l’ex capo del governo – «il blog è il luogo dove camminare verso il futuro. Insieme, in tanti». Il cammino si è interrotto velocemente. In viaggio (virtuale) sono rimasti in pochi, a giudicare dall’insuccesso della piattaforma renziana. E sempre in tema di rottamazione renziana, ieri è stato il turno del presidente uscente della Regione Sicilia Rosario Crocetta: il governatore, dopo un incontro al Nazareno con il segretario del Pd, ha deciso di ritirare la candidatura per le regionali in Sicilia e sostenere Fabrizio Micari. «Mi prendo 18 ore per sentire i miei», ha spiegato il presidente siciliano che si dice disposto a rinunciare alla candidatura a governatore e alle primarie: «Non sono uno che sfascia tutto».
Chiusa la partita siciliana, grazie all’accordo Crocetta-Micari, il leader del Pd punta ora al rilancio della propria leadership. Da tempo, il fallimento del blog ne è la prova, l’intera strategia di comunicazione è in crisi. Il messaggio del rottamatore non sfonda. Gli interventi pubblici di Renzi sono invettive monotematiche contro D’Alema, Europa e magistrati del caso Consip. Il ritorno di Renzi al Nazareno, dopo la pausa estiva, rinfrancato anche da un sondaggio realizzato da Emg che lo vedrebbe avanti a Di Maio e Salvini sulla popolarità dei leader, è nel segno dell’operazione rilancio. Il 25 settembre, da Roma, il segretario dei dem partirà in treno per toccare tutte le province italiane. Esperimento non nuovo nel panorama politico italiano: nel 2001, Francesco Rutelli utilizzò lo stesso mezzo per la campagna elettorale che lo portò alla sconfitta contro Silvio Berlusconi. Renzi cambia strada, passando dalla piazza virtuale a quella reale. Nell’ottica della nuova strategia si inquadrerebbe anche il coinvolgimento di Walter Veltroni, che ieri ha incontrato sia Renzi che il premier Gentiloni, per la conferenza programmatica del Pd di ottobre. Sul piano politico, ius soli e alleanze sono i due dossier che il segretario dem si prepara ad affrontare per l’autunno pre-elettorale. In casa Pd si è consumato lo strappo sulle alleanza tra il presidente del Matteo Orfini e il portavoce Matteo Richetti. Per Orfini «una coalizione che vada da Angelino Alfano a Giuliano Pisapia non potrà essere riproposta a livello nazionale». Il presidente Pd ha smentito Richetti che in un’intervista alla Stampa aveva aperto all’ipotesi di «un listone unico con Alfano a Pisapia». Più delicata la partita sullo ius soli: il Pd spinge per l’approvazione del provvedimento prima di Natale. Sapendo di non avere i numeri in Parlamento ma soprattutto di minare la tenuta del governo Gentiloni.
fonte: https://infosannio.wordpress.com/2017/09/05/renzi-affossa-il-suo-blog-zero-lettori/amp/

MISSIONE COMPIUTA: gli italiani accettano tutto senza fiatare – I suoi nuovi schiavi del lavoro!

schiavi del lavoro

 

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MISSIONE COMPIUTA: gli italiani accettano tutto senza fiatare – I suoi nuovi schiavi del lavoro!

 

Società flessibile e i suoi nuovi schiavi del lavoro

Chi sono gli “schiavi” del lavoro in questa nuova Società “flessibile”?

Sin dagli anni ’80 e ’90, con lo sviluppo tecnologico, i mercati di consumo hanno cominciato ad essere saturi, cioè l’industria aveva capacità produttiva in eccesso. Avere capacità produttiva in eccesso significa che il capitale investito non rende o rende poco, cioè il rendimento è basso facendo sì che l’industria veda diminuita la sua rendita.

Un primo problema è che i proprietari di queste imprese, gli azionisti, chiedono rendimenti sempre più alti. Cosa succede allora? Con i bassi profitti, che non possono salire per il fatto che si produce troppo e si vende poco, la classe dirigente delle imprese, che devono accontentare gli investitori, che altro non sono che i proprietari delle imprese stesse, hanno puntato a comprimere il costo del lavoro.

Le imprese, spremute dagli azionisti e dagli investitori, cercano di comprimere i costi del lavoro per inseguire rendimenti elevati, assurdi dal punto di vista industriale ma tipici della speculazione.

I risultati sono: compressione dei salari, intensificazione dei ritmi, emarginazione dei sindacati e aumento del precariato.

Quando le cose vanno bene le imprese aumentano i profitti che vengono spartiti tra gli azionisti, ma quando le cose vanno male i costi li paga il lavoratore.

Tutto questo è inaccettabile!

Come può essere accettabile che i profitti, ottenuti con l’impiego del lavoro, restino alle imprese e che invece i rischi derivanti dalle eventuali perdite ricadano sui lavoratori?!

I nostri politici ci vogliono far credere che per rivitalizzare l’economia, che sta attraversando un momento di grave stagnazione, sia necessario aumentare la flessibilità del lavoro per poter competere, ai tempi della globalizzazione, con gli altri paesi avanzati. Sostengono anche che la flessibilità del lavoro favoriscal’aumento dell’occupazione. In sostanza vogliono farci credere che l’aumento del numero dei lavori flessibili sia a vantaggio degli interessi generali della collettività.

Balle!

In realtà non esiste nessuno studio empirico di peso che metta in correlazione flessibilità del lavoro e aumento dell’occupazione. Le cosiddette riforme del lavoro, progettate dalla fine degli anni ’90 in poi hanno aumentato il lavoro precario e la precarietà tra l’altro contribuisce alla crescita del coefficiente di disoccupazione, perché tra un contratto e l’altro passa sovente parecchio tempo.

Che il lavoro flessibile produca occupazione è la “balla” che ci hanno raccontato per poter legittimare lo smantellamento delle tutele dei lavoratori.

Il lavoro flessibile sottintende in modo più o meno esplicito la “facilità di licenziare”.

Possiamo dire quindi che l’illegalità è all’interno di un sistema di legalità.

I lavori flessibili sono ad esempio: i lavori con contratto a termine, le collaborazioni continuative, ma di fatto discontinue, il lavoro intermittente, lavori occasionali, lavori in nero, lavori a progetto, etc… Tali lavori sono un modo nuovo di lavorare, coerente e necessario con le esigenze dell’economia dominante che ha come unico obiettivo l’aumento della rendita. Un numero crescente di persone, soprattutto i giovani, sembra abbiano ormai aver accettato passivamente questo nuovo modo di lavorare, e anzi dichiara anche di gradirlo… questo è l’effetto dello straordinario potere ideologico delle dottrine che ha reso “normale” questo stile di lavoro e di vita.

Il lavoro flessibile, che si può riassumere con la parola “precarietà” infligge ai lavoratori una ferita esistenziale, fonte di ansia e di diminuzione dei diritti di cittadinanza.

La precarietà implica “insicurezza” perché il reddito che deriva dal lavoro è revocabile a discrezione del datore di lavoro che lo ha concesso. I contratti di lavoro precarizzanti limitano o addirittura annullano la possibilità di formulare previsioni e progetti, sia di breve che di lunga portata, riguardo al proprio futuro professionale ma anche e soprattutto esistenziale e familiare.

I lavori flessibili comportano elevati costi umani: lacune nella formazione, esperienze professionali frammentarie, progetti di vita rinviati, bassi livelli reddituali e conseguente riduzione della sicurezza previdenziale. Inoltre coloro che trascorrono lunghi periodi nella precarietà e/o nella disoccupazione finiscono con il percepire se stessi in modo diverso dagli altri, la loro identità è minacciata, si sviluppano sentimenti di vergogna per non riuscire ad integrarsi pienamente all’interno della comunità. Nasce, in questo quadro, la figura dei Neet (Not in Education, Employment or Training), ragazzi sfiduciati che hanno rinunciato a studiare e a cercare un lavoro, che non fanno nulla e che vivono in famiglia. I Neet sono giovani condannati a consumare senza il diritto di produrre.

A trarre beneficio dal lavoro flessibile sono le imprese perché con esso si riduce il rischio di retribuire personale che non sia utilizzato al 100% quando la produzione non tira.

Il lavoro flessibile costringe il lavoratore a lavorare a ritmi frenetici in quanto la sua presenza in azienda viene appunto richiesta per affrontare con urgenza una problematica circoscritta all’interno della catena produttiva o di erogazione di servizi. I ritmi di lavoro sono paragonabili ad una linea di montaggio o a una sala presse degli anni Settanta.

La modernizzazione non è quindi servita a migliorare le condizioni di lavoro, ma anzi la precarizzazione ha riportato indietro di generazioni il mondo del lavoro e le condizioni di vita dei lavoratori.

Perché non abolire la flessibilità? La flessibilità va mantenuta, e anzi innalzata, poiché giova alle imprese, alla competitività e al risanamento del bilancio pubblico. Pazienza per chi vive di stenti, per chi vive nell’angoscia, pazienza per le vite spezzate, pazienza per il sacrificio umano dei nuovi schiavi.

Inoltre al precario viene a mancare il senso di appartenenza ad un gruppo, viene a mancare il poter partecipare, con altri, alla realizzazione di un progetto lavorativo, di vederne i risultati, di poter vivere le ore di lavoro con lo spirito della collaborazione. In lui viene via via a mancare la fiducia nell’affidarsi agli altri e questo alimenta un senso di sfiducia nei sindacati e nelle associazioni in genere.

Ma ricordiamoci che l’essere umano attinge forza dall’unione con altri esseri umani.

La nostra responsabilità è di non tradire tutti coloro che in passato si sono battuti per ottenere condizioni più umane per i lavoratori ma principalmente la nostra responsabilità è verso l’essere umano che, in quanto tale, ha il diritto di vivere in un mondo fondato su leggi naturali, con ritmi naturali che diano vita e vigore ogni giorno all’azione finalizzata a creare una società dove regna la quiete e l’armonia.

Per attuare questa “nuova società” bisogna iniziare a immettere luce nelle tenebre affiché dal disordine e dal caos si possa creare l’ordine. L’ordine deve penetrare in ogni ambito della vita fino a quando la coerenza, basata sulla giustizia, porterà alla creazione di una società che assolva alle reali necessità dell’uomo.

Non sarebbe auspicabile passare da un “capitalismo selvaggio” a un “capitalismo comunitario”?

Creare un “luogo” dove la vita economica diventa funzionale all’uomo e alle esigenze di tutti, dove l’economia si fonda sulla utilità reciproca e sulla fiducia tra individui: noi lavoriamo per altri che lavorano per noi. Qui il lavoro dovrebbe generare e ampliare le correnti dell’agire solidale, tendendo a trasformare le dinamiche di competizione in dinamiche di cooperazione. Il lavoro dovrebbe consentire la creazione di nuove e più umane condizioni di vita al fine di rendere la terra una dimora ospitale per l’umanità senza distruggere o avvelenare la natura. Come sarebbe bello se fosse possibile una partecipazione corale alla realizzazione di questo luogo!!! Il lavoro è mediazione tra la nostra creatività e la bellezza del creato.Sarebbe bello che il lavoro, accessibile a tutti, potesse essere concepito come dedizione, servizio a qualcuno e non solo alla realizzazione di qualcosa da vendere.

Colpire il lavoro significa lacerare il tessuto di una società, promuovere il diffondersi di una mentalità di schiavi e mandare in rovina la democrazia.

Autore: 

fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/societa-flessibile-suoi-nuovi-schiavi/

SVEGLIA GENTE – I politici CAMPANO sulla vostra STUPIDITÀ…!

politici

 

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SVEGLIA GENTE – I politici CAMPANO sulla vostra STUPIDITÀ…!

La stupidità ci circonda: “Contro la stupidità anche gli dèi sono impotenti. Ci vorrebbe il Signore. Ma dovrebbe scendere lui di persona, non mandare il Figlio. Non è il momento dei bambini”. John Maynard Keynes

Come diceva Napoleone in politica la stupidità non è un handicap. Anzi è una virtù, semmai è un handicap per un politico non essere stupido.

Il motivo è semplice. I politici devono piacere alla gente, che è in massima parte stupida: dunque, un politico non stupido è costretto a fingere di esserlo. E, spesso, ci riesce bene. La stupidità del politico si manifesta banalmente nel dire e nel fare cose stupide.

L’Italia è un Paese senza memoria. Puoi affermare tutto e il contrario di tutto. Tanto nessuno si ricorderà mai cosa hanno detto, solo due mesi prima, i politici.

Questo avviene perché la passione politica è un fatto congenito, che sabota il funzionamento dei nostri cervelli. La conoscenza, le informazioni corrette, non hanno quasi alcun peso sulle nostre convinzioni. Una volta scelta la nostra verità preferita, le restiamo dogmaticamente attaccati, a scapito di qualunque cosa.

Già si sapeva che i politici sono disonesti. Ora sappiamo che sono anche stupidi perché lo devono essere. Insomma il politico è la razza peggiore. Invece chi lo vota? È stupido o intelligente?

 

TRATTO DA: http://uomoqualunque.net/2017/05/i-politici-sono-stupidi-2/

Fanno ironia idiota su Di Maio ed i 5stelle, ma ecco quello che tutti pensavano solo qualche mese fa: “Impreparati, incompetenti, immaturi: non abbiamo mai avuto politici tanto ignoranti”…!

 

politici

 

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Fanno ironia idiota su Di Maio ed i 5stelle, ma ecco quello che tutti pensavano solo qualche mese fa: “Impreparati, incompetenti, immaturi: non abbiamo mai avuto politici tanto ignoranti”…!

Vi riproponiamo questo articolo pubblicato solo qualche mese fa…

Impreparati, incompetenti, immaturi: non abbiamo mai avuto politici tanto ignoranti!

Non si è mai visto un ceto politico così ignorante. Laureati compresi. Colpa della scuola? O di una selezione al contrario? La democrazia rischia di non funzionare se conferisce responsabilità di comando a persone palesemente impreparate.

Nel governo Gentiloni più di un ministero è presidiato da non laureati e non laureate: istruzione e salute, lavoro e giustizia. Se questa non è forse la “prevalenza del cretino” preconizzata da Fruttero e Lucentini, è di certo la prevalenza dell’ignorante.

Infatti la legislatura attuale ha una percentuale di laureati tra le più basse della storia: di poco sopra il 68 per cento, un dato che mette tristezza a confronto col 91 per cento del primo Parlamento repubblicano… Qualche settimana fa la Repubblica ha offerto lo sfondo a questo spettacolo, mostrando con tanto di tabelle che la riforma universitaria detta “del 3+2”, testardamente voluta nel 2000 dai non rimpianti ministri Berlinguer e Zecchino al grido di “l’Europa ce lo chiede!”, è stata un fiasco. I laureati sono pochi, non solo nel ceto politico ma nel paese, in calo perfino rispetto a quelli del 2000, ultimo anno prima della riforma. L’età media del laureato italiano è superiore ai 27 anni e la laurea triennale non serve (salvo che per gli infermieri) a nulla. I giovani che concludono il ciclo di 5 anni (il “3 + 2”) sono addirittura meno del totale di quelli che vent’anni fa si laureavano coi vecchi ordinamenti (durata degli studi 4, 5 o 6 anni). Per giunta, per completare la laurea triennale ci vogliono 4,9 anni, per quella quinquennale più di 7,4! Quindi, l’obiettivo principale della riforma, che era quello di aumentare il tasso di laureati, è mancato.

Le cause? Certamente non sono quelle che ha suggerito, nel suo intervento a Cernobbio agli inizi di settembre, la non laureata ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli: la colpa dei pochi laureati, ha suggerito (lei ex sindacalista!), è delle «famiglie a basso reddito», che non trovano più buoni motivi per spingere i figli a laurearsi. Non ha pensato, non avendolo frequentato, che invece è tutto il sistema universitario che andrebbe, come le case abusive, abbattuto e riprogettato. Quindi, se il paese è conciato così, come possiamo pretendere che il personale politico sia meglio?

Ma non è finita. Un altro guaio, più serio, sta nel fatto che il ceto politico attuale, e ancor più (si suppone) quello che gli subentrerà al prossimo turno, ha un record unico nella storia d’Italia, di quelli che fanno venire i brividi: i suoi componenti, avendo un’età media di 45,8 anni (nati dunque attorno al 1970), sono il primo campione in grandezza naturale di una fase speciale della nostra scuola, che solo ora comincia a mostrare davvero di cosa è capace. Perché dico che la scuola che hanno frequentato è speciale? Perché è quella in cui, per la prima volta, hanno convissuto due generazioni di persone preparate male o per niente: da una parte, gli insegnanti nati attorno al 1950, formati nella scassatissima scuola post-1968; dall’altra, quella degli alunni a cui dagli anni Ottanta i device digitali prima e poi gli smartphone hanno cotto il cervello sin dall’infanzia.

I primi sono cresciuti in una scuola costruita attorno al cadavere dell’autorità (culturale e di ogni altro tipo) e della disciplina e all’insofferenza verso gli studi seri e al fastidio verso il passato; i secondi sono nati in un mondo in cui lo studio e la cultura in genere (vocabolario italiano incluso) contano meno di un viaggio a Santorini o di una notte in discoteca.

Prodotta da una scuola come questa, era forse inevitabile che la classe politica che governa oggi il paese fosse non solo una delle più ignoranti e incompetenti della storia della Repubblica, ma anche delle più sorde a temi come la preparazione specifica, la lungimiranza, la ricerca e il pensiero astratto, per non parlare della mentalità scientifica. La loro ignoranza è diventata ormai un tema da spot e da imitazioni alla Crozza. I due fattori (scarsità di studi, provenienza da una scuola deteriorata), mescolati tra loro, producono la seguente sintesi: non si è mai visto un ceto politico così incompetente, ignorante e immaturo.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nelle parole, le opere e le omissioni. Si dirà, come al solito, che il grande Max Weber lo aveva profetizzato già nel famoso saggio sulla Politica come professione (1919): «lo Stato moderno, creato dalla Rivoluzione» spiega «mette il potere nelle mani di dilettanti assoluti […] e vorrebbe utilizzare i funzionari dotati di preparazione specialistica solo come braccia operative per compiti esecutivi». Ma il povero Max non poteva prevedere le novità cool dei nostri tempi: per dirne una, la rabbiosa spinta che il movimento di Beppe Grillo avrebbe dato alla prevalenza dell’incompetente.

tratto da: http://m.espresso.repubblica.it/palazzo/2017/09/27/news/impreparati-incompetenti-immaturi-il-ceto-politico-non-e-mai-stato-cosi-ignorante-1.310776?ref=RHRR-B

Gianluigi Paragone senza peli sulla lingua: “Hanno paura del voto dei cittadini, ecco perché…”

 

Gianluigi Paragone

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Gianluigi Paragone senza peli sulla lingua: “Hanno paura del voto dei cittadini, ecco perché…”

Con la caduta di Marine Le Pen la casta ha portato a casa una importante vittoria, ma non ha vinto la guerra.

Il risultato delle elezioni in Germania ne è la dimostrazione: la Merkel non avrà la maggioranza, mentre i “populisti” dell’AFD hanno ottenuto ben 80 (partendo da zero).

Le prossime votazioni saranno, preparatevi, in Italia e l’establishment ha paura del voto dei cittadiniperché potrebbe riservarci grandi sorprese: “Ne vedremo delle belle”, commenta Gianluigi Paragone nel suo videocommento di oggi su Facebook, che riportiamo di seguito:

“Quando non hanno voglia di ascoltare è inutile parlare perché i commenti del giorno dopo sono inutili, tanto loro sanno già che cosa vogliono, sanno tutto, sono i retori illuminati, sono coloro che detengono le verità.

E poi si stupiscono ‘ah ma cos’è successo in Germania’. E’ successo quello che era già successo altrove, poi però come la coperta di Linus hanno utilizzato le elezioni francesi per dire ‘scampato pericolo, la Le Pen non c’è più’.

Peccato che in Francia non avevano preso in considerazione il vero dato politico, che era l’astensionismo, cosa che non si è verificata in Germania.

E non si verificherà in Italia, se lo mettano bene in testa.

Al netto di tutti i voti delle primarie o di come scegliere il candidato, conteremo i voti al momento delle elezioni. Ecco perché hanno paura di farci votare, hanno paura che il popolo si possa esprimere liberamente.

Allora io penso che in Italia ci sia una gran voglia di partecipazione, non ci sarà un astensionismo alto, ecco perché hanno paura di queste elezioni. Ecco perché hanno anche paura di coloro che si pongono anche al di fuori di questo verbo dominante. Non faccio riferimenti a partiti, movimenti, tanto chi vuole sapere già sa.

Io so che ci sono tanti cittadini che hanno voglia di votare, hanno voglia di far vedere, di far pesare la loro idea diversa di paese, la loro idea diversa di politica.

Ecco perché non vedo l’ora di andare a votare, ecco perché non vedo l’ora di vedere realmente una campagna elettorale in cui da una parte ci saranno i burattini delle élite e dall’altra parte ci saranno coloro che, con un pensiero politico diverso, si oppongono alle élite.

Ne vedremo delle belle.”

Ecco il video QUI

 

EMBÈ ? NESSUNO È PERFETTO! …Ma Voi continuate a votarli…!

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EMBÈ ? NESSUNO È PERFETTO! …Ma Voi continuate a votarli…!

EMBÈ ? NESSUNO È PERFETTO!

Il Ministro degli Esteri Alfano non conosce l’inglese , che sarebbe utile per un ministro degli esteri.

Il Ministro delle Finanze Padoan sbaglia i conti di 10 miliardi di euro e, senza vergogna, chiede conseguente sconto alla UE.

Il Ministro del Lavoro Poletti dichiara che per trovar lavoro, i giovani non devono mandare curriculum, ma giocare a calcetto.

Nel curriculum del Ministro dell’Istruzione Fedeli  c’è scritto che è laureata. Falso perché la verità è  che ha poco più della terza media.

Il Ministro della Pubblica Amministrazione Anna Maria Madia ha copiato la tesi e ha prodotto leggi incostituzionali in seguito bocciate.

Il Ministro dell’Ambiente Galletti ha ridotto le rinnovabili e approvato  trivelle, inceneritori, gas e carbone.

Il Ministro dei Beni Culturali Franceschini ha accusato il Tar di oscurantismo per aver bocciato le sue nomine di direttori di 5 musei, peccato che la bocciatura del Tar era dovuta in base ad una legge approvata da Franceschini stesso.

Il Ministro dello Sviluppo Economico Calenda assiste impotente al drammatico evolversi del rapporto PIL/debito pubblico in Italia, sempre molto più basso di quello della Grecia, nazione in default.

Il Ministro dell’Interno Minniti, con l’illuminata collaborazione di Renzi, del Presidente della Repubblica Mattarella e del  PdC Gentiloni, non ha lasciato soli i terremotati dell’Abruzzo. Infatti dopo un anno, sono  ancora privi delle 527 casette promesse, sono ancora privi dei milioni di euro donati pro terremoto ma bloccati in qualche banca delle solite, ma alla fine non li hanno lasciati soli nella disgrazia e nella beffa, perché i terremotati sono tanti e possono farsi pure compagnia tra di loro.

Il Ministro della Salute Lorenzin vuole rendere obbligatori 12 vaccini quando in tutta europa il massimo è 4 e tante nazioni ne hanno 0 obbligatori e stanno benissimo.

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Del Rio ammira con curiosità la frequenza incredibile di crolli improvvisi di vecchi ponti in Italia.

Il Ministro dello Sport, con delega ai Servizi Segreti, Luca Lotti, ha sabotato un indagine dei Servizi Segreti spifferando l’esistenza di cimici negli uffici del Direttore del Consip Marroni, che le ha subito fatte togliere. L’indagine riguarda un appalto Consip di 2.700 milioni di euro, l’appalto più grande d’Europa.

Il Ministro della Giustizia Orlando vuole che venga approvata la sua legge anti abusi per limitare la fuga di notizie sui contenuti delle intercettazioni. Nessuna legge e nessun commento però da parte sua  sul comportamento del suo collega Lotti, si vede che ritiene un peccato veniale un Ministro che sabota le indagini dei Servizi Segreti mentre considera molto grave l’invasione della privacy di Renzi.
Renzi in 3 anni ha inanellato una serie di disastri economici tanto da accumulare 180 miliardi di euro di debito pubblico. 
Ora ditemi, il MoVimento 5 Stelle umanamente non può fare peggio di così. 
Ditemi allora, di grazia, per quale motivo li votate ancora ?

Di Marco Zullo

fonte: http://marcozullo.it/embe-nessuno-e-perfetto/

CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A SPESE NOSTRE…!!

CASTA

 

 

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CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A SPESE NOSTRE…!!

 

CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A NOSTRE SPESE !!

Ebbene si. Mentre per voi comuni mortali la tredicesima è una boccata d’ossigeno per pagare tasse, mutui e debiti, mentre tra voi comuni mortali ci sono dei fortunati che si godono anche la quattordicesima, per loro non è così!

Loro si sono regalati non dico la quindicesima, ma addirittura la sedicesima !!

Tanto pagate voi comuni mortali (leggi i soliti fessi italioti).

ma la casta è la casta e voi non siete un cazzo !!

Il regolamento sul personale del Senato, all’articolo 17 comma 3, la chiama «indennità compensativa di produttività», ma di fatto equivale a una sedicesima mensilità.

Cioè una mensilità aggiuntiva rispetto alle già quindici mensilità di cui si compone lo stipendio dei dipendenti di entrambi i rami del Parlamento. Oltre alle classiche tredicesima e quattordicesima riscosse a dicembre e a giugno, i lavoratori di Camera e Senato incassano infatti la quindicesima: una mensilità il cui importo viene spalmato nelle buste paga di aprile e settembre.

E non è finita qui: la voce è anche «pensionabile» cioè vale anche nel calcolo dell’assegno pensionistico.

Un di più per nulla scontato se si pensa che le altre voci che compongono lo stipendio dei dipendenti del Senato sono rigorosamente «non pensionabili»: dall’indennità di funzione alle altre indennità e forme di incentivazione. Ed anche il regolamento della Camera su questo punto è preciso: le indennità speciali «non sono pensionabili».

Da: http://siamolagente2.altervista.org/casta-tanto-per-farvelo-sapere-i-dipendenti-di-camera-e-senato-si-beccano-anche-la-sedicesima-ovviamente-sempre-a-nostre-spese/