Francesco Guccini e la sua nuova, attuale versione di Bella Ciao

 

Francesco Guccini

 

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Francesco Guccini e la sua nuova, attuale versione di Bella Ciao

Francesco Guccini riscrive il testo di Bella Ciao per attualizzarlo ai giorni nostri. Voce roca e invecchiata, ma è sempre Lui…

 

Bella Ciao di Guccini

Stamattina mi son svegliato

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

stamattina mi son svegliato

e ho trovato gli invasor

 

C’eran Salvini con Berlusconi

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

con i fasci della Meloni

che vorrebbero ritornar

 

Ma noi faremo la Resistenza

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

noi faremo la Resistenza,

come fecero i Partigian

 

O Partigiano portali via

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

Partigiano portali via,

come il venticinque april

 

 

AGGIORNAMENTO

Giorgia Meloni non l’ha presa bene ed ha risposto piccata:
Cosa intende esattamente Francesco Guccini quando dice che con Meloni, Salvini, Berlusconi faranno la ‘resistenza come hanno fatto i partigiani’? Che dovrebbero farci i processi sommari, appenderci a testa in giù, rasarci i capelli ed esporci alla pubblica gogna? Cosa intende quando dice ‘oh partigiano portali via’? Dove dovrebbero portarci questi partigiani? Al confino, in galera, dove? Questa si chiama istigazione all’odio, cari compagni. Ma noi non ci faremo intimorire, mai. Dovete batterci nelle urne, se ne siete capaci

Si noti che, comunque, non prende nessuna distanza dal “fascio” di Guccini, si limita a fare un po’ di demagogia…

Per quanto riguarda l’istigazione all’odio poi… Proprio mentre Emilio Iacopi (Lega) propone di sparare coi cecchini a chi canta ‘Bella Ciao’. Mentre Massimo Asquini, assessore leghista di Monfalcone scrive “Butteve giù dal balcone… fasè meio!” agli italiani intenzionati a partecipare al flashmob casalingo organizzato per il 25 Aprile dall’Anpi.

Appena dopo l’augurio agli anziani Partigiani “Dovrebbero saperlo che il Covid adora gli anziani”del consigliere comunale della Lega Alessandro Bargagna

Per non dimenticare i farneticanti “Partigiani: ieri assassini infami, oggi infami assassini” di Frank Robusto, CasaPound o Vincenzo Laus, cuore nero salernitano, un’aquila, la mano tesa nel saluto fascista: “Il 25 Aprile è il giorno in cui i vili si proclamarono eroi”. O ancora “Il giorno dei partigiani scimmie” dell’ultrà veronese “Hellas Army”, un odiatore che sui social marchia i post non graditi con la stella di David e nello stato ha la scritta hitleriana Gott mit uns.

Ma sapete, è Guccini che istiga all’odio… loro sono solo innocenti fascisti

La storia che nessuno Vi racconta: Matthias Defregger, comandante nazista responsabile dell’eccidio di Filetto di Camarda (17 civili massacrati ignobilmente) e del saccheggio e distruzione del paese. Nessun processo, si fa prete e poi diventa pure vescovo…!

 

Matthias Defregger

 

 

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La storia che nessuno Vi racconta: Matthias Defregger, comandante nazista responsabile dell’eccidio di Filetto di Camarda (17 civili massacrati ignobilmente) e del saccheggio e distruzione del paese. Nessun processo, si fa prete e poi diventa pure vescovo…!

Nel mese di marzo 2016 abbiamo richiesto all’archivio della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana materiale inerente all’armadio della vergogna. Ritengo che tutto questo debba essere comunicato al pubblico nella forma di divulgazione più semplice possibile.
L’espressione, relativa all’armadio della vergogna, fu ideata dal giornalista Franco Giustolisi nel corso di un’inchiesta per il settimanale L’Espresso. In questi articoli il giornalista denunciò l’esistenza di un armadio, rinvenuto nel 1994, in un locale di Palazzo Cesi-Gaddi a Roma. I locali del palazzo in Via Acquasparta erano la sede di vari organi di giustizia militare. All’interno dell’armadio furono rinvenuti 695 fascicoli d’inchiesta, ed un registro che conteneva 2274 notizie di reato relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazista e fascista. Partiamo analizzando i dettagli del ritrovamento: nel 1994 il procuratore militare Antonino Intelisano ritrovò un armadio con le ante rivolte verso il muro. All’interno dell’armadio, situato nei locali di Palazzo Cesi-Gaddi a Roma, furono rinvenuti i documenti sopra descritti insieme con un promemoria del comando dei servizi segreti britannici, intitolato Atrocità in Italia, con il timbro top-secret. Questi documenti sono stati celati al pubblico ed al popolo italiano per oltre 50 anni. Posso immaginare lo sgomento del procuratore nel momento in cui ha aperto il primo fascicolo.
Nell’archivio sono stati rinvenuti documenti inerenti l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, quello delle Fosse Ardeatine, gli eventi di Marzabotto e molti altri. Tra questi un file è dedicato ad un comandante nazista divenuto prete ed infine vescovo. Tale personaggio non è mai stato giudicato per i crimini commessi.
Ripercorriamo la sua storia.
Siamo in Abruzzo, esattamente a Filetto di Camarda.
1944, fine di Maggio. Le truppe tedesche dal fronte Castel di Sangro – Cassino si stavano ritirando verso il Nord dell’Italia. In Abruzzo vi erano diversi distaccamenti nazisti. A Filetto di Camarda sostavano quattro militari ed un maresciallo. Secondo alcune ricostruzioni gli stessi militari erano stati avvertiti della possibile presenza di partigiani nascosti nei boschi tutt’intorno al paese. Le testimonianze parlano di rapporti non conflittuali tra la popolazione locale ed i tedeschi. Qualche scaramuccia dovuta al commercio di derrate alimentari, ma nulla di più. Agli inizi di giugno la situazione muta radicalmente.
Alcune testimonianze riportano come possibile evento scatenante dei fatti, che accaddero in seguito, un incontro tra gli abitanti di Filetto: obiettivo della riunione era informare i partigiani della possibile partenza dei tedeschi verso il Nord e dell’eventualità che gli stessi potessero fare razzia di bestiame ed alimenti.
Il 7 giugno 1944 i partigiani escono dai boschi per sferrare un attacco a sorpresa ai tedeschi.
L’operazione non giunse al risultato sperato: i partigiani uccisero un soldato tedesco, ferendone un secondo. Due tedeschi rimasti incolumi all’assalto partigiano si diressero verso Paganica e Camarda per chiedere rinforzi. Poco tempo dopo il paese fu invaso dalle truppe tedesche, che appena giunte in paese freddarono un uomo di 64 anni – Antonio Palumbo. Il maresciallo, residente a Filetto di Camarda, disapprovò il gesto ma fu ucciso senza esitazione dal sottufficiale che aveva freddato in precedenza Antonio Palumbo. Nell’arco di poche ore furono uccisi un ragazzo di 17 anni, Mario Marcocci, ed un altro abitante di Filetto, Ferdinando Meco. La rappresaglia era iniziata insieme al rastrellamento di civili. I tedeschi divisero gli abitanti in due gruppi: da una parte i ragazzi sotto i 16 anni con le donne e gli uomini sopra i 60 anni, dall’altra tutti gli uomini compresi tra i 16 ed i 60 anni. La prospettiva era chiaramente quella della fucilazione per gli uomini. Il primo gruppo, con i bambini e gli anziani, fu trasferito a breve distanza dall’abitato di Filetto. Gli uomini furono portati verso la montagna: ad un certo punto i tedeschi iniziarono a sparare verso gli inermi cittadini. Nove rimasero uccisi, altri scapparono in diverse direzioni. Purtroppo gli scampati furono raggiunti e freddati dai soldati nazisti.
Abbandoniamo il dolorosissimo resoconto dei fatti per comprendere il personaggio a capo delle operazioni. L’ordine dell’esecuzione era stato dato dal capitano della 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, Matthias Defregger, che dipendeva dal superiore Boelsen.
Nipote dell’artista tirolese Franz von Defregger e figlio del colonnello Hermann Defregger, Matthias studiò presso il collegio dei gesuiti di Feldkirch nel Vorarlberg.
Abbiamo da poco appreso che si rese responsabile dell’eccidio di Filetto di Camarda, causando la morte di 17 persone, innocenti ed incolpevoli.
Non si accontentò di causare la morte.
Ordinò il saccheggio e la distruzione del paese.
L’azione ignobile di rappresaglia gli consentì di essere elevato al grado di Maggiore.
Scampato alla guerra, ai partigiani ed ai tribunali di giustizia, il nostro personaggio completò gli studi universitari in filosofia e teologia. Nel 1949 – 5 anni dopo aver ordinato di uccidere 17 persone – fu consacrato prete dal cardinale Faulhaber.
Nel 1961 partecipò ad un raduno della 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, celebrando la Messa.
Un prete, che pochi anni prima aveva ordinato l’uccisione di 17 civili inermi, ha celebrato messa ad un raduno di ex nazisti.
Esistono parole che non scadano nell’offesa?
Da parte mia no.
Allucinante.
State comodi sulle vostre sedie o poltrone, non è ancora finita la vergogna.
Nel 1962 fu scelto per ricoprire la carica di vicario generale del cardinale Dopfner.
Nel 1968, esattamente il 14 settembre, il noto Paolo VI lo elevò a Vescovo.
Vescovo ausiliare di Monaco di Baviera, una piccola città della Germania.
Il suo motto episcopale?
Servo di tutti.
Sicuramente servo del nazismo.
Era noto per la devozione mariana.
Non aggiungo parole evitando di offendere i tanti amici e lettori cristiani che da sempre mi seguono.
Ha ucciso, si è fatto prete e lo hanno nominato vescovo.
Si racconta che abbia cercato di impedire il massacro, che abbia cercato di mitigare la pena degli abitanti di Filetto. Altre testimonianze parlano invece di una grand’enfasi nel comandare e nel distribuire gli ordini appena giunto in paese. Non sapremo mai la verità, ma anche stando nel mezzo appare di una gravità assoluta.
Personalmente ritengo che Defregger debba aver lottato intensamente per impedire l’uccisione di civili inermi se, dopo poco, è stato nominato maggiore – forse anche grazie all’eccidio.
Gli eventi, riguardanti l’eccidio di Filetto di Camarda, rimasero sepolti nella storia sino al 1969, quando il giornale tedesco Der Spiegel li raccontò al mondo.
Negli anni successivi non è stato possibile processarlo come criminale di guerra poiché le donne di Filetto di Camarda hanno preferito dimenticare.
Alcune annotazioni: quando il deputato del PCI Eude Cicerone lottò per processare l’assassino – prete – vescovo Defregger si trovò di fronte un muro alzato da un ex parroco del paese di Filetto, don Demetrio Gianfrancesco.
Una seconda nota: Defregger fu assolto in istruttoria dal procuratore generale di Francoforte nel 1970 poiché aveva “solo” obbedito agli ordini dei superiori. Lo stesso magistrato, secondo me vergognosamente, concluse che l’uccisione degli ostaggi non era stata malvagia né crudele, e neppure comandata per motivi abbietti.
Tutte le intenzioni di processarlo caddero nel dimenticatoio, e le persone di Filetto di Camarda preferirono aderire alle iniziative di riconciliazione promosse da don Demetrio. I parenti delle vittime incontrarono il vescovo Defregger durante un viaggio in Germania.
Aggiungo solo l’ultima nota: nei giorni successivi l’eccidio  di Filetto di Camarda la 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, di cui Defregger faceva parte nelle vesti di maggiore e per cui nel 1961 al raduno celebrò la messa, si macchiò di ulteriori omicidi, tra cui il massacro di 40 persone a Gubbio.
A voi le conclusioni io non trovo parole, forse il mio senso di giustizia e la ricerca della verità stonano in tale situazione ed in questo paese chiamato Italia.
Non credo al perdono.
fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2016/04/matthias-defregger-il-comandante.html?spref=fb&fbclid=IwAR1ye8DS8GQGUfLS2pFYheJZ_GfK11bzktNBosT6VPGl0etskDNY2EVGP6w

 

20 aprile 1945 – Veviva assassinato dai nazifascisti, dopo essere stato deportato e torturato, un Eroe della Resistenza che pochi ricordano: Eugenio Pertini, il fratello di Sandro…

 

Eugenio Pertini

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Tratto dalla da: Memory

20 aprile 1945 – Veviva assassinato dai nazifascisti, dopo essere stato deportato e torturato, un Eroe della Resistenza che pochi ricordano: Eugenio Pertini, il fratello di Sandro…

20 aprile 1945: Il partigiano Eugenio Pertini, fratello di Sandro Pertini, dopo essere stato deportato nel lager di Flossenbürg, viene torturato e assassinato dai nazisti

Nato a Stella (Savona) il 19 ottobre 1894, ucciso nel lager di Flossenbürg il 20 aprile 1945.

Fratello del futuro Presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini.  Eugenio fu colto a Genova (dove, vedovo, abitava con la figlia Diomira di 10 anni), dagli eventi del settembre 1943.

Già di forti sentimenti antifascisti, fino ad allora non si era attivamente impegnato politicamente.

Lo fece quando, nell’inverno, si diffuse la voce che il fratello Sandro era stato fucilato a Regina Coeli dai tedeschi. L’impegno di Eugenio nella Resistenza non durò molto. Nell’aprile del 1944, mentre si trovava con la figlia in un ristorante genovese, fu arrestato dai fascisti e portato alla “Casa dello Studente”. Resistette agli interrogatori sotto tortura e, dopo qualche giorno, fu trasferito nel campo di Fossoli (MO).

Seguì la deportazione nel campo di Bolzano e, il 5 settembre 1944, la partenza per il lager di Flossenbürg. Qui Eugenio morì poco prima che i deportati fossero liberati dagli Alleati.Secondo il racconto dei superstiti – riferito nell’Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza – “le SS si accingevano ad evacuare il campo per sfuggire alla morsa incombente delle avanguardie alleate.

Eugenio Pertini fu incolonnato con altri prigionieri. Claudicante, stremato dalle fatiche e dalle privazioni, non resse alla marcia. Più di una volta cadde e i compagni lo aiutarono a rialzarsi. Notato dalle SS, fu finito a colpi di fucile”.

Portano il nome di Eugenio Pertini una via a Zimella (VR), Istituti scolastici e Circoli culturali a Verona, Varazze (SV), Trapani, Roma.

Fonte: QUI

Chi ha paura di Bella Ciao? La storia del canto che terrorizza Salvini

 

Bella Ciao

 

 

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Chi ha paura di Bella Ciao? La storia del canto che terrorizza Salvini

Non è “Fischia il vento”, non è il “Sol dell’Avvenire”, non è “Bandiera rossa”. Insieme a “Volare”, “Bella Ciao” è il canto popolare italiano più famoso al mondo. La sua origine risale ai canti delle mondine padane, e non è mai stato un inno comunista, ma di tutta l’Italia liberata. È solo una canzone, eppure terrorizza il sig. Salvini e quanti come lui.

Bella Ciao non è “Fischia il vento”, non è il “Sol dell’Avvenire”, non è “Bandiera rossa”. Insieme a “Volare” è il canto popolare italiano più famoso al mondo.

L’ultimo in ordine di tempo ad averne fatto una versione da brividi è stato l’immenso Tom Waits. Prima di lui fu Manu Chao a portarla in tour in tutto il mondo,  e durante le esequie dell’attentato di Charlie Hebdo a Parigi la cantò l’attore francese Christophe Aleveque. Il grande musicista bosniaco Goran Bregović la include regolarmente nei propri concerti. Il poeta Franco Arminio conclude le sue presentazioni facendola intonare al pubblico.

È stata la colonna sonora de “La casa di Carta“, la serie televisiva spagnola più vista della storia. A risalire ancora più indietro l’hanno resa celebre anche  Claudio Villa e Giorgio Gaber, fino alla versione degli anni Cinquanta cantata da Milva, che ci riporta al suo legame con la “Padania”.

Si perché l’origine di questo canto di ribellione patriottica, che inneggia a un invasore senza colore né bandiera, ha un legame con le mondine delle risaie padane: una “Bella Ciao” antichissima veniva intonata sin dal 1906 nella bassa Vercellese, durante la lotta per conquistare il diritto alle otto ore lavorative:

Alla mattina appena alzata, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, alla mattina appena alzata,
devo andare a lavorar..!

A lavorare laggiù in risaia, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao! A lavorare laggiù in risaia
Sotto il sol che picchia giù!

E tra gli insetti e le zanzare, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, e tra gli insetti e le zanzare,
duro lavoro mi tocca far!

Il capo in piedi col suo bastone, o bella ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao, il capo in piedi col suo bastone
E noi curve a lavorar!

Altri ricercatori rilevano che il suo ipnotico “Ciao, ciao, ciao” possa rifarsi a un ancora più antico  canto infantile diffuso in tutto il nord, La me nòna l’è vecchierella , come omaggio poetico allo sfiorire della fanciullezza. Qualcun altro la fa risalire a un canto francese del Cinquecento, poi arrivato in Piemonte con il titolo di La daré d’côla môntagna, per passare nella tradizione trentina con il titolo di Il fiore di Teresina, e da li probabilmente arrivare infine alle mondine venete.

Quello che è certo è che nella sua versione finale è giunta a noi in molte varianti e strofe. A riprova che fu un canto il cui successo crebbe nell’Italia liberata del dopoguerra, più che durante la lotta partigiana, e per molti decenni fu un canto largamente condiviso: quindi non certo un canto per comunisti, ma fatto proprio da tutto l’arco della costituente repubblicana, compresi persino i cosiddetti partigiani badogliani – contraddistinti da un fazzoletto di colore azzurro – e senza dubbio contrari al comunismo.

Una canzone italianissima, dunque, che dovrebbe rappresentare un vero patrimonio popolare, tanto più in vista di leggi che vorrebbero imporre una quota di brani “patriottici” nelle radio, polemica nata sulla lunga scia del famoso Sanremo della contestata vittoria del “ragazzo” Mamhoud (tra l’altro di origini sarde). E la stessa “Bella ciao” fu al centro di controversie durante i preparativi del Festival di Sanremo 2011 poiché Gianni Morandi, l’allora conduttore, annunciò l’intenzione di eseguire la canzone nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia.

Ecco perché sorge la domanda: ma perché Salvini, che della lotta alle presunte “invasioni” ne ha fatto la sua bandiera politica, ha il terrore di questa canzone? Forse si considera pure lui un invasore? A giudicare dal suo comportamento durante le ultime campagne elettorali , sembrerebbe così. Ricordiamo quelle in terra Sarda, Salvini  per la prima per un’elezione regionale “terrona” si è trasferito armi e bagagli per ben una settimana, a blandire pastori e elettori.

 

Ma le sue reazioni verso chi intonava questa canzonetta popolare sono state quanto meno nervose e scomposte: «Chi vuole usare i fischietti si prenda dieci migranti e vadano insieme a fischiettare» ha gridato a un gruppetto di ragazzini che intonavano il canto in piazza Tola a Sassari, e poi rivolto a un altro minorenne ha aggiunto minaccioso: «vai a casa a bere il latte di pecora», non spiegando quale sia il nesso tra la canzone, i migranti e il latte. «Ma che brave queste signore che cantano – ha esclamato invece in piazza a Iglesias rivolto a un gruppo di anziane signore – perché non andate a Sanremo o a Italia’s got talent?»

Copione più o meno invariato, ma che è andato aggravandosi non poco, si è ripetuto nella vicina Carbonia, da sempre città mineraria fondata da Mussolini ma anche teatro di grandi lotte operaie. A un gruppo di studenti che intonava il canto patriottico il Ministro dell’Interno ha rivolto parole a dir poco preoccupanti: «Se dovete cantare vi accompagniamo a Sanremo o in qualche stalla a mungere le pecore» poi, accorgendosi di aver appena usato il lavoro dei pastori come offesa, ricordandosi che aveva promesso di salvarli tutti in 48 ore, ricordandosi anche di aver tolto “Nord” al simbolo della Lega, ha provato a correggere il tiro: « un lavoro faticoso che sicuramente non sapete fare…» Ma ormai l’embolo gli era partito, e così ha rincarato la dose: «Ma quanto sono sfigati? Dal 24 febbraio questi fanno la valigia con Zedda, prendono il barcone e vanno a casa » dimenticandosi probabilmente che i sardi, e dunque anche Zedda, sono già a casa loro.

E torniamo ai giorni nostri.

Il sig. Salvini – insieme ai suoi fascio-alleati – sostiene, al pari dei festeggiamenti per il 25 aprile, che questa canzone è “divisiva”

Attenzione, non è ignoranza: questa canzone è il simbolo della liberazione dal periodo più nero, squallido e schifoso della storia Italiana. Un periodo in cui il Paese è stato nelle mani di un criminale che ha firmato le leggi razziali e portato l’Italia alla distruzione con oltre 500.000 morti. Un criminale che ha ordinato assassini e deportazioni in Italia e stragi ovunque l’esecito italiano sia stato all’estero. Un criminale che ha azzerato i diritti della gente ed ha annullato libertà di stampa e di opinione. Un criminale la follia nazista. Un criminale che ha creato una repubblica-fantoccio asservita ai nazisti e fautrice di ignobili e orribili stragi.

E, se come dicevamo, non è ignoranza, la ripugnanza per questa canzone significa una sola cosa: Salvini non ha, non ha mai avuto e non avrà mai alcuna intenzione di prendere le distanze da quel triste periodo di cui Bella Ciao simboleggia la liberazione, aldilà di qualunque colore politico.

Meditate gente, meditate…

Inti Illimani Bella Ciao

Alessandra Mussolini minaccia querele per chi offende il Duce… La risposta dell’AMPI non sui fa attendere: “suo nonno era un criminale, si rassegni”

 

Mussolini

 

 

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Alessandra Mussolini minaccia querele per chi offende il Duce… La risposta dell’AMPI non sui fa attendere: “suo nonno era un criminale, si rassegni”

Dal profilo Twitter della ducetta Alessandra Mussolini:

+++ Avviso ai naviganti +++ legali a lavoro per verificare il “politically correct” di FB e altri social nei confronti di immagini e/o frasi offensive nei confronti di Benito Mussolini: monitoraggio e denuncia a Polizia Postale.

L’Anpi alla Mussolini: suo nonno era un criminale si rassegni

Associazione partigiani: “Non è un’offesa Onorevole Alessandra Mussolini, ma storia. La peggiore che abbia attraversato il nostro Paese. E ora ci denunci pure”

L’Anpi ha rilasciato questa dichiarazione dopo le affermazioni della nipote del Duce. “Benito Mussolini è stato un criminale. Leggi razziali, deportazioni nei campi di concentramento, stragi di donne e bambini in combutta con i nazisti.
Non è un’offesa Onorevole Alessandra Mussolini, ma storia. La peggiore che abbia attraversato il nostro Paese.
E ora ci denunci pure”

Ecco cosa è accaduto ieri. Chi è stato Benito Mussolini? Un dittatore ha privato il popolo italiano della libertà, ha perseguitato e mandato al confino o costretto all’esilio gli oppositori politici, ha promosse le schifose Leggi Razziali contro gli ebrei italiani che hanno rappresentato l’antefatto della successiva deportazione campi di sterminio nazista. Da capo della repubblichetta fantoccio di Salò ha spalleggiato l’orrore e la barbarie nazista che l’Italia ha drammaticamente conosciuto alle Fosse Ardeatine, a Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto e decine e decine di altre stragi.
E’ stato il mandante politico dell’eccidio di Piazzale Loreto con i corpi del partigiani trucidati lasciati in mostra come monito per chi avesse reclamato libertà e giustizia.Ha portato l’Italia nel disastro della guerra, mandato giovani italiani a morire nella spedizione in Russia e altri nella guerra d’Africa.
E infine, come il peggiore dei vigliacchi, ha cercato di scappare in Svizzera travestito da soldato tedesco.
Si potrebbero aggiungere tante altre cose ma basti ricordare che (fino a prova contraria, anche se ultimamente tanti ci stanno provando…) l’Italia è una repubblica nata dalla Resistenza nella quale l’antifascismo è un valore richiamato nella Costituzione.
E adesso Alessandra Mussolini si permette di minacciare querele:
+++ Avviso ai naviganti +++ legali a lavoro per verificare il “politically correct” di FB e altri social nei confronti di immagini e/o frasi offensive nei confronti di Benito Mussolini: monitoraggio e denuncia a Polizia Postale.
Non esiste una frase che possa essere offensiva verso Benito Mussolini, perché è stato Benito Mussolini la più grande offesa e vergogna del popolo italiano.
Il fascismo non passerà. E non sarà il vento nero che spira (con i maggiordomi grillini al servizio dell’estrema destra) a fermare chi ha lottato per fare dell’Italia un paese democratico dopo la dittatura fascista.

tratto da: https://www.globalist.it/politics/2018/10/18/l-anpi-alla-mussolini-suo-nonno-era-un-criminale-si-rassegni-2032447.html