È vero, non tutti i Sì-Tav sono mafiosi. Però è vero anche che tutti i mafiosi sono Sì-Tav.

 

 

Tav

 

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

È vero, non tutti i Sì-Tav sono mafiosi. Però è vero anche che tutti i mafiosi sono Sì-Tav.

Non tutti i SìTav sono mafiosi, certo. In compenso, tutti i mafiosi sono Sì Tav. Lo afferma il sociologo Marco Revelli su “Volere la Luna“, mettendo in ridicolo le Madamine e la massa in arancione mobilitata soprattutto dal Pd attraverso Sergio Chiamparino, raccontando che il Piemonte rimarrebbe isolato dall’Europa se non si costruisse l’inutile ferrovia Torino-Lione, doppione perfetto dell’attuale linea italo-francese che già attraversa la valle di Susa. Cos’è successo, nel frattempo? Una serie di arresti hanno permesso di far emergere il retroterra mafioso che inquinerebbe molti appetiti cantieristici. «A differenza di tanta brava gente», scrive Revelli, i mafiosi «non hanno falsa coscienza e non credono alle favole». Ovvero: «Sanno benissimo che un’opera inutile, dannosa, e soprattutto molto, ma molto, costosa, serve solo a chi la fa. E fanno di tutto per essere tra chi la fa». Revelli sottolinea il recente arresto di Roberto Rosso, esponente del centrodestra piemontese, tra i più accaniti supporter della Torino-Lione: «E’ accusato di “scambio elettorale politico-mafioso” per l’acquisto di pacchetti di voti da rappresentanti di primo piano in Piemonte della cosca dei Bonavota (nomen atque omen) di Vibo Valentia». Insieme al collega Agostino Ghiglia, ricorda Revelli, il 20 maggio proprio Rosso aveva srotolato dal balcone del municipio di Torino uno striscione SìTav e il simbolo “Giorgia Meloni – Fratelli d’Italia”.

Lo stesso Rosso aveva esortato il centrodestra a non disertare la seconda manifestazione delle Madamine, il 17 maggio, per non lasciare al solo Chiamparino «il verbo SìTav» (per Forza Italia ci sarà Lara Comi, ora arrestata «con l’accusa di corruzione e truffa ai danni dell’Ue», e per il Pd sarà presente Maria Elena Boschi). Ancora lo scorso 10 novembre, continua Revelli, Rosso (nel frattempo promosso assessore regionale “alla legalità” nella giunta di Alberto Cirio), aveva festeggiato il compleanno della prima manifestazione SìTav «con una bicchierata insieme al collega Mino Giachino e al forzista Paolo Zangrillo, ancora una volta invocando il pugno duro della “giustizia” contro i delinquenti dei centri sociali e i “fautori dell’illegalità” della val di Susa». Mai fare d’ogni erba un fascio, ammette Revelli, per di più se – nel caso di Rosso – si parla di un procedimento giudiziario ancora all’inizio, ben lontano da una condanna. «Sono convinto che, in quella piazza sbagliata, erano certo tante le persone in buona fede, quelli che credevano davvero alla “fake” secondo cui senza il super-treno e soprattutto il super-tunnel da 57 chilometri Torino resterebbe del tutto scollegata dall’Europa», scrive Revelli. In tanti s’erano bevuto la bufala di Chiamparino, «secondo cui al fondo di quella galleria si potrebbe contemplare il sol dell’avvenire anziché il ghigno degli affaristi transfrontalieri».

Di fatto, però, «dal momento in cui sono incominciate le maxi-indagini sulla penetrazione della ‘ndrangheta in Piemonte, non ce n’è stata una che non abbia tirato nella rete qualche pesce più o meno grosso di ‘ndrina coinvolto con gli appalti Tav o fortemente interessato ad essi, tanto da interferire più o meno pesantemente con le politiche locali, comunali, regionali, di valle o di comprensorio». Così – continua Revelli – è stato per la maxi-indagine “Minotauro”, in cui era incappato Giovanni Toro, condannato a sette anni (quello del «la mangio io la torta Tav»), la cui ditta aveva asfaltato la strada per i mezzi della polizia nel cantiere della Val Clarea «e il cui uomo di fiducia, Bruno Iaria (condanna a cinque anni), capo della locale ‘ndrina di Cuorgné, era stato capocantiere per la ditta di Fernando Lazzaro (anch’egli finito in carcere) che eseguiva i primi lavori di insediamento a Chiomonte». Così anche per l’indagine “San Michele” della procura di Torino, che portò a rivelare le azioni intimidatorie compiute dalla ‘ndrina di San Mauro Marchesato al fine di favorire ditte vicine «agli interessi della cosca nei lavori di costruzione della Tav Torino-Lione». In quel caso, aggiunge Revelli, è stata la stessa Corte di Cassazione a certificare che «la ‘ndrangheta era interessata a lavori di costruzione del Tav Torino-Lione in valle di Susa».

L’ultima retata, nell’ambito dell’inchiesta “Fenice”, non ha portato solo all’arresto di Rosso: ha scoperchiato anche «un fitto intreccio di interessi, da parte della ‘ndrangheta, a che i lavori per il Tav in valle Susa riprendessero e “il cantiere di val Clarea andasse avanti”». Interessi documentati dall’impegno di due presunti ‘ndranghetisti di rango, Francesco Viterbo (quello che dice «io i giudici li metterei tutti sopra una barca e poi gli sparerei») e Onofrio Garcea, «figura importante della ’ndrangheta a Genova (condannato in attesa di Cassazione), ma da tempo attivo a Torino», dove sarebbe stato «spedito a riorganizzare le file dell’organizzazione mafiosa nell’area di Carmagnola, scompaginate a marzo dall’operazione “Carminius”». C’erano anche loro, nella piazza torinese delle Madamine, a tutelare i propri affari futuri? Forse, semplicemente, «se ne stavano tranquilli a casa a sghignazzare – come gli imprenditori ignobili per il terremoto dell’Aquila – a vedere tanta brava gente lavorare per loro e a contemplare lo scempio paesaggistico e sociale del cantiere in Val Clarea».

tratto da: https://www.libreidee.org/2020/01/tutti-i-mafiosi-sono-si-tav-la-ndrangheta-nella-torino-lione/

Di Maio: “La mafia è prima di tutto un atteggiamento, un atteggiamo che si vede non solo nelle organizzazioni criminali, ma anche in altre organizzazioni come le BANCHE…!”

 

Di Maio

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Di Maio: “La mafia è prima di tutto un atteggiamento, un atteggiamo che si vede non solo nelle organizzazioni criminali, ma anche in altre organizzazioni come le BANCHE…!”

 

Luigi Di Maio: “La mafia è un atteggiamento che vediamo pure in alcune banche”

Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio attacca alcune banche per il loro atteggiamento definito “mafioso”: “La mafia è prima di tutto un atteggiamento. Questo atteggiamento lo vediamo nelle organizzazioni criminali, ma lo vediamo anche in organizzazioni che non sono criminali. Lo vediamo in alcuni atteggiamenti delle banche”.

“La mafia è prima di tutto un atteggiamento, prima ancora che un’organizzazione criminale”. Un atteggiamo che si vede nelle organizzazioni criminali “ma anche in organizzazioni che non sono criminali. Lo vediamo in alcuni atteggiamenti delle banche, perché ci sono sentenze che riconoscono l’usura delle banche”. Sono queste le parole di Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Di Maio parla durante un incontro con l’imprenditore calabrese Antonino De Masi: “Questo atteggiamento – precisa – lo vediamo nelle organizzazioni criminali che De Masi ha denunciato come imprenditori, ma anche in organizzazioni non criminali”. “L’atteggiamento mafioso a volte lo vediamo anche in alcuni esponenti dello Stato e in alcune organizzazioni dello Stato”, attacca ancora il vicepresidente del Consiglio. De Masi è un imprenditore del settore metalmeccanico e da cinque anni vive sotto scorta dopo aver denunciato le cosche della piana di Gioia Tauro.

Al termine dell’incontro con De Masi, Di Maio spiega che l’imprenditore “è stato al ministero dello Sviluppo economico, ha firmato un accordo in presenza di esponenti del governo, a questo accordo partecipavano anche delle banche che se ne sono infischiate dell’accordo”. “Allora – osserva il ministro – se questi accordi non valgono nulla, se il patrocinio e la parole del governo non valgono nulla, al punto che le banche se ne fregano di un ministro o un viceministro, allora c’è qualcosa che non va. Questa gente è’ stata abituata malissimo dai politici di prima e dobbiamo cominciare a esigere rispetto dello Stato. Così vengono rispettati anche i cittadini. A De Masi ho detto che ci mettiamo subito a lavoro perché quello che è accaduto a lui non deve più accadere”.

Di Maio si complimenta ancora con De Masi, sottolineando che è un “imprenditore coraggioso che ha lottato ogni giorno per tenere aperta la sua imprese”. E alla sua azienda il vicepresidente del Consiglio presto farà visita insieme ad altri esponenti del governo: “Questo è il tipo di imprenditore con cui il governo vuole stare. Questo governo non starà mai con i ‘prenditori’, quelli che hanno campato con i soldi pubblici e poi sono andati via dall’Italia. Se gli imprenditori italiani sono eroi, quelli del Sud sono supereroi”.

fonte: https://www.fanpage.it/luigi-di-maio-la-mafia-e-un-atteggiamento-che-vediamo-pure-in-alcune-banche/
http://www.fanpage.it/