Roma, le buche nelle strade? Sono state scavate da 20 anni di tangenti incassate dai politici che facevano i loro porci comodi …Ma per i media del regime (lo stesso “regine” che incassava le tangenti) la colpa è della Raggi!

 

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Roma, le buche nelle strade? Sono state scavate da 20 anni di tangenti incassate dai politici che facevano i loro porci comodi …Ma per i media del regime (lo stesso “regine” che incassava le tangenti) la colpa è della Raggi!

 

Roma, le buche nelle strade sono scavate dalle tangenti
Voragine Capitale – Non è la pioggia ad aprire i crateri, ma un “sistema oliato” con mazzetta al 3%. Lo raccontarono ai pm gli imprenditori nel 2015

“È un sistema radicato nell’ente e quindi io so quelli che ho pagato io. (…) È un sistema di richiesta generalizzata da parte dei funzionari del Comune nel settore della manutenzione urbana; credo che chiedessero anche agli altri come costantemente chiedevano a noi”. Alessio Ferrari è un imprenditore che per anni si è occupato anche della manutenzione delle strade di Roma. Anche di buche, quindi. Problema che, dopo la recente insolita nevicata e il gelo, attanaglia la cittadinanza e la Pubblica amministrazione.

Alessio Ferrari è stato arrestato con un altro imprenditore, Luigi Martella(lavoravano insieme, entrambi sono tornati in libertà e l’inchiesta non è chiusa), nell’ottobre del 2015. Sono loro che portano i pm fin dentro i meccanismi che si nascondevano dietro i lavori di manutenzione stradale (accertati, secondo la Procura, per gare indette fino al 2015). E svelano l’esistenza delle mazzette del “3%”: le tangenti – calcolate “sull’importo netto, decurtato del ribasso d’asta” degli appalti – incassate dai funzionari pubblici che “curavano la contabilità e i Sal”, ossia i documenti di Stato di avanzamento dei lavori che permettono alle imprese di incassare un acconto. Allora, come adesso, il problema è lo stesso: le voragini che costano caro agli automobilisti romani. Ed è interessante rileggere oggi le rivelazioni degli imprenditori, che per anni hanno risistemato le strade della città, per capire il sistema.

L’ufficio di via Petroselli dimezzato dagli arresti

Grazie alle loro testimonianze e agli accertamenti della Procura di Roma, nel dicembre 2015, 18 funzionari del Dipartimento sviluppo e infrastrutture e manutenzione urbana (Simu) e di vari Municipi, compreso il I (Roma centro), sono stati indagati per corruzione. Sette sono finiti in cella e poi scarcerati. E nell’ordinanza il gip Massimo Di Lauro faceva i primi conti: “Risultano corrotti 12 funzionari per un importo di 585mila euro” per appalti dal 2012 al 2015 dal valore totale di circa 14,3 milioni. Dopo la retata di quel dicembre, molti hanno patteggiato pene fino a 3 anni; in un caso, un ex dipendente del dipartimento Simu è stato condannato in primo grado a 5 anni. Mentre i pm, con diversi sequestri, hanno recuperato circa 600mila euro, l’ammontare della corruzione, ora nelle casse dell’Erario.

A parlare delle mazzette sono dunque gli imprenditori. Il 9 novembre 2015 Luigi Martella – davanti ai pm Stefano Pesci e Alberto Pioletti, e al suo legale, l’avvocato Gaetano Scalise – dice: “Pagavamo i funzionari che ce lo chiedevano per la contabilità lavori”. Fa i nomi, i cognomi e le cifre: c’è chi ha incassato 114mila euro, chi 48mila, chi poco più di 69mila. “Non potrà negare che i pagamenti erano finalizzati a conseguire una certa benevolenza dei direttori dei lavori nell’esecuzione degli appalti”, osservano i pm. E Martella: “Non proprio. (…) Certo è chiaro che se un direttore dei lavori pretende che sia osservato rigorosamente il capitolato, è un problema; è molto meglio un direttore dei lavori più flessibile: se nel capitolato si dice che servono cinque persone e noi ne abbiamo solo tre, non è che deve sempre arrivare un rapporto”. Le mazzette, quindi, servivano per la contabilità e i Sal, non per vincere le gare.

Se non si pagava, nessuna documentazione

Il suo collega, Alessio Ferrari, ai pm fornisce più dettagli. Il 12 dicembre 2015 parla di un sistema diffuso, anche per la manutenzione urbana e le buche. Non tutti i Municipi sono marci, precisa. Come hanno raccontato al pm Pesci alcuni funzionari pubblici che, non accettando mazzette, sono stati messi ai margini. L’imprenditore quindi spiega: “Nell’aggiudicazione dell’appalto si concordavano alcune ‘agevolazioni’ rispetto al capitolato. Mi spiego: se si trattava di rifare un selciato e il capitolato indicava 20 metri quadri di sampietrini si concordava ad esempio che la rimozione invece di essere fatta a mano – come nel capitolato – ce la facessero fare in altro modo. Del resto i lavori avevano ribassi tali che diversamente non si sarebbe potuto fare”.

Nel caso delle buche, rivela l’imprenditore, “si risparmiava sullo spessore dell’asfalto, sulla fresatura (cioè quello che levi) e sulle bonifiche (la parte inferiore del sottofondo). Quest’ultima voce, per capirci, può funzionare così: se devi scavare 20 cm ti fanno fare 10”. Quindi la ditta scava per 10 centimetri, ma viene pagata dal Comune per il doppio. Così, in base a questo meccanismo, si crea il guadagno, con cui pagare i funzionari. “Se non aveste accettato?”, chiedono i pm. “Ci rimandavano indietro i Sal”, i documenti di stato di avanzamento dei lavori. E niente anticipo.

Risorse dei cittadini nelle tasche dei corrotti

Per gli imprenditori, i lavori, anche se non proprio in linea con il capitolato, sono stati eseguiti. Quando il gip però a dicembre 2015 emette la misura cautelare nei confronti dei funzionari del Campidoglio ha un’opinione diversa: “Il sistema era talmente ‘oliato’ – scrive – che spesso i funzionari elaboravano il capitolato con valori già ‘gonfiati’. (…) Il risultato è ovvio: lavori di manutenzione stradale fatti male, o addirittura non fatti del tutto, vengono tuttavia pagati dall’ente pubblico”. Il tutto a spese dei contribuenti: “Per effetto del sistematico fenomeno corruttivo – scrive il gip – (…) le risorse dei contribuenti vengono dirottate dalla manutenzione urbana – che ne risulta gravemente compromessa – alle tasche di imprenditori e di funzionari infedeli”.

Nel mirino dei pm, tra gli altri, era finito anche l’appalto (poi sospeso) per la manutenzione delle strade in occasione del Giubileo. Per questi lavori, un funzionario del dipartimento Simu è stato accusato di aver intascato una tangente da 114mila euro. In primo grado è stato condannato a 5 anni. “Non è una mosca bianca – scrive il Tribunale nelle motivazioni della sentenza – e non è un caso occasionale”. È il sistema, appunto.

 

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/roma-le-buche-nelle-strade-sono-scavate-dalle-tangenti/

Io, iscritto al PCI di Berlinguer, vi spiego perché ho votato 5 Stelle

 

Berlinguer

 

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Io, iscritto al PCI di Berlinguer, vi spiego perché ho votato 5 Stelle

“Non risultano, per il momento, clientele strutturate, né rapporti con la criminalità organizzata facenti capo al M5S: perciò i voti dati a questo partito, qualunque giudizio se ne voglia dare, devono essere considerati voti d’opinione. Il patto secolare tra il padronato del Nord e il notabilato del Sud ha perduto uno dei contraenti”

di Massimo Finocchiaro

Una volta Enrico Berlinguer partecipò a un’assemblea della mia sezione. Era la fine primavera del 1979. Una settimana prima le elezioni erano andate male, e il segretario del partito voleva rendersi conto di persona di cosa non avesse funzionato. Ma non venne per parlare, se avesse voluto l’avrebbe fatto davanti a molte migliaia di persone in piazza. No, restò lì in sezione per tre ore ad ascoltare pazientemente gli interventi dei militanti, e alla fine ringraziò tutti, anche quelli che erano stati più critici nei confronti della linea politica del momento (il “compromesso storico”).

Erano tempi drammatici: Cosa nostra e le BR avevano alzato il tiro sulle istituzioni che, come avremmo saputo dopo, erano insidiate dall’interno dalle trame di Gelli; capo del governo era un Andreotti sodale dei mafiosi e Craxi stava trasformando il vecchio e glorioso Psi in un comitato d’affari sporchi.

Eppure l’Italia non deragliò: c’era il PCI (È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all’opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell’Italia e delle sue povere istituzioni democratiche. Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico…).

Certo, non era un partito perfetto, il PCI. Starci dentro qualche volta non era facile. E non è che i comunisti fossero uomini e donne necessariamente e antropologicamente diversi e migliori degli altri, come si è constatato molti anni dopo. Piuttosto, la differenza stava a mio modo di vedere in un modello politico di rappresentanza che quel partito incarnava, in una tradizione, in un’etica e un’intelligenza collettive che facevano premio sulle possibili debolezze dei singoli.

Per questo, almeno fino a un certo momento storico, i comunisti sembravano e spesso erano veramente irriducibili al sistema di relazioni informali che ha sempre detenuto il potere in Italia. In questo, e non in capziose accuse di immaturità democratica, stava del resto il fondamento della diffidenza (il famoso “fattore K”) che il resto del mondo politico riservava al PCI.

Ma bando alle nostalgie. Come tutte le cose umane, il PCI aveva avuto un inizio, e avrebbe dovuto per forza avere una fine, prima o poi. A poco a poco, se non altro per ragioni anagrafiche, la generazione di dirigenti formata negli anni durissimi della lotta clandestina, della guerra di Spagna, della Resistenza, dovette cedere il passo a una nuova leva. La quale cominciò a frequentare i salotti buoni, a guardare le quotazioni di Borsa e a chiedersi se valeva la pena di continuare a chiamarsi comunisti.

Qualcuno dice che questa trasformazione sbloccò infine il sistema politico, rendendo possibile la stagione di Mani Pulite. Può darsi. A che prezzo, però. Quella che avrebbe potuto essere un’occasione storica di rigenerazione del Paese fu perduta, perché quando Silvio Berlusconi decise di “scendere in campo” si trovò di fronte non “i comunisti”, come diceva lui, ma solo la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto.

E Berlusconi vinse, e avendo già guastato il calcio e le tv libere (una volta si chiamavano così), continuò a guastare quel che di buono era rimasto in Italia, compresi i suoi avversari. Il resto è infatti una storia di progressiva perdita, da parte del principale partito della sinistra, di identità e di valori, di distacco dal mondo del lavoro, perfino di mutazione antropologica, coi militanti generosi di sé per il partito e per l’idea ineluttabilmente scacciati da piccoli arrivisti alla ricerca di opportunità personali.

Per me, il punto di di non ritorno fu l’aggressione alla Serbia, nel 1999, da parte del governo guidato da Massimo D’Alema. Mortificata platealmente la Costituzione della Repubblica nello spirito e nella lettera, mi sentii mortificato anch’io, e abbandonai un partito che non mi rappresentava più.

Ho perciò guardato da fuori le successive vicende di quella parte politica, sempre più estraneo e deluso, nella speranza di una resipiscenza che non veniva mai, fino alla fusione con gli ex democristiani nel Partito Democratico, che ai miei occhi ne ha reso definitiva la fuoriuscita dall’alveo della sinistra.

Proprio in quel torno di tempo, la notizia delle scorrerie in politica di Beppe Grillo mi aveva incuriosito, e così cominciai a frequentare il famoso blog. Mi feci l’idea che l’ambizione iniziale fosse limitata alla costituzione di un movimento del due o tre per cento, sul modello del partito radicale di Pannella, ma con l’accento su temi ambientali e legalitari più che sui diritti civili; e che l’obiettivo fosse di piazzare qua e là nei Consigli comunali o provinciali un paio di rompicoglioni che facessero un po’ di casino.

La novità era senza dubbio nel metodo, e cioè nell’uso della rete per strutturare e coordinare i gruppi locali, che aveva tra l’altro il grande vantaggio di azzerare i costi di organizzazione e l’effetto collaterale di rivolgersi soprattutto ai più giovani.

Le prime prove elettorali del M5S non furono un successo travolgente, ma ci furono comunque degli eletti e lì cominciarono i problemi. Per quanto Grillo avesse dato prova di intuito, audacia, capacità di comunicazione, e anche di serietà (chi è più serio di un comico di professione?), e contasse sulle doti organizzative di Casaleggio, il nascente movimento mi sembrava oscillare tra l’illusione della democrazia diretta e la realtà di una gestione che definire dispotica è poco.

Qualcuno ricorderà le intemerate contro quel paio di militanti che avevano (nientedimeno!) accettato di partecipare a un talk show, o il trattamento riservato a Pizzarotti, primo sindaco del M5S. Comunque la cosa che mi colpì di più fu la canea urlante dei frequentatori del blog, gente apparentemente incapace di accettare un confronto civile per argomenti e non per slogan, ultras della curva più che militanti politici. Anche se, devo ammettere, questo fenomeno è diventato da un po’ di tempo ubiquitario, e in fondo il mezzo è il messaggio.

A partire dalle voto regionale siciliano del 2013, per il M5S comincia un’altra storia, e precisamente quella di un movimento di massa che cresce da un’elezione all’altra, conquista città importanti come Roma e Torino, e si candida seriamente alla guida del governo. Un successo inizialmente imprevisto, che ha certamente spiazzato Grillo, il quale non credo si prospettasse veramente la presa del potere e meno che mai nutrisse propositi di dominio personale, come dimostra il suo “passo di lato”.

E da quando è diventato un partito di massa, il M5S è anche diventato “populista”. Non mi figuro esattamente cosa voglia dire “populista” nell’attuale linguaggio politico, ma ho una teoria in proposito.

Molti anni fa fu coniato l’aggettivo “qualunquista”, con riferimento al Movimento dell’Uomo Qualunque, partito di destra presente alle elezioni dal 1946 a 1949. Col tempo, tale qualificazione perdette l’attribuzione originaria e venne di moda usarla (da sinistra) per liquidare con disprezzo una qualsiasi posizione politica altrui con cui ci si trovasse in disaccordo.

Oggi, solo le persone molto anziane e gli amanti del vintage dicono ancora “qualunquista”. Gli altri preferiscono ormai l’aggettivo “populista”, con lo stesso identico generico (e inutile) significato. La riprova è che viene usato per accomunare movimenti politici antitetici come quello fondato da Grillo e la Lega ex-Nord.

Non credo che il M5S sia definibile qualunquista o populista. Piuttosto mi pare un fenomeno magmatico nel quale si agitano pulsioni prepolitiche a volte confuse, ma anche uno straordinario esperimento sociologico: un partito politico nato dal basso, privo di risorse e di appoggi importanti, che in pochissimo tempo drena i consensi di competitori saldamente installati al potere, e diventa il primo partito.

E ciò è accaduto nonostante un’infinità di errori piccoli e grandi che denunciano la natura naïf e la mancanza di cultura politica del Movimento, dei suoi fondatori come dei suoi militanti. Tutto questo va spiegato, e io me lo spiego così: evidentemente preesisteva nella nostra società la diffusa sensazione che le forze politiche nel loro insieme non fossero più capaci di interpretare il loro ruolo di rappresentanza, e cioè che esse fossero sempre più autoreferenziali e lontane dalla realtà.

Il movimento di Grillo ha intercettato questo sentimento. Non hanno importanza le promesse elettorali a cui nessuno crede veramente, e che peraltro sono state diffuse a piene mani da tutti gli schieramenti, non è importante la competenza, vera o presunta, che può essere utilizzata anche per fini meno che commendevoli: quello che conta è la credibilità della rappresentanza, e a fronte delle altre forze politiche e specialmente del PD, il M5S è stato ritenuto da milioni di persone, a torto o a ragione, magari solo perché è nuovo, più credibile.

Per quel che mi riguarda, come credo di aver svelato, la credibilità dei 5 Stelle è ancora da dimostrare. Ciononostante, alle ultime elezioni li ho votati egualmente, perché dal mio punto di vista l’imperativo del momento era di scongiurare l’ultimo colpo di coda di un ‘Caimano’ decrepito, ma ancora pericoloso.

Nessun altro voto avrebbe potuto contribuire al raggiungimento di questo obiettivo, data la pessima legge elettorale appena inaugurata: non quello a Potere al Popolo, che non aveva possibilità di superare il quorum, e sarebbe stato un voto sprecato; non quello a Liberi e Uguali, perché, a parte ogni altra considerazione, non era in grado di competere per la quota uninominale, e sarebbe stato un voto dimezzato; non quello al PD, o alle formazioni satelliti, perché, sempre a parte ogni altra considerazione, non vedevo alcuna garanzia che il mio suffragio non sarebbe stato utilizzato per negoziare un accordo proprio con Berlusconi.

Ora, a urne chiuse, credo d’aver fatto bene.

Ma vorrei in ultimo sottolineare una novità delle ultime elezioni, che non mi pare sia stata adeguatamente considerata dai commentatori che mi è capitato di ascoltare o di leggere. Non risultano, per il momento, clientele strutturate, né rapporti con la criminalità organizzata facenti capo al M5S: perciò i voti dati a questo partito, qualunque giudizio se ne voglia dare, devono essere considerati voti d’opinione.

Il Sud d’Italia ha tributato ai 5 Stelle un consenso veramente notevole, vicino alla metà dei voti. Ciò significa che il voto di scambio e il voto controllato dalle mafie, una costante della storia elettorale del Mezzogiorno fin dall’Unità, sembrano in queste elezioni come scomparsi, evaporati. E che il patto secolare tra il padronato del Nord e il notabilato del Sud ha perduto uno dei contraenti.

I meridionali hanno forse votato, per la prima volta a memoria d’uomo, in modo libero? Spero che sia così. E spero che continuino così.

Foto tratta da ilfattoquotidiano

Meridionali in coda per il reddito di cittadinanza: COME SI INVENTA UNA FAKE-NEWS? Basta avere un partito retto da miserabili ciarlatani che lo hanno portato dal 40% al 18%, qualche giornale che obbedisce agli ordini e un po’ di coglioni che ci credono!

 

FAKE-NEWS

 

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Meridionali in coda per il reddito di cittadinanza: COME SI INVENTA UNA FAKE-NEWS? Basta avere un partito retto da miserabili ciarlatani che lo hanno portato dal 40% al 18%, qualche giornale che obbedisce agli ordini e un po’ di coglioni che ci credono!

Come si costruisce una fakenews, ovvero una falsa notizia? Oggi il quotidiano Il Mattino ha pubblicato un pezzo che va davvero oltre! Lo potremo definire un vero e proprio manuale delle bufale…esaminiamolo assieme e vediamo quali caratteristiche essenziali occorrono per diffondere una bufala, una balla gigantesca.

1) Fai un titolo che includa la categoria che vuoi colpire, possibilmente cerca di usare il termine più dispregiativo che puoi “i grillini” in questo caso va bene

2) Dai il senso che ci sia un problema nel paese. In questo caso il problema è che “hanno vinto”, ora sottolinea un disagio che deriva da questo evento “in fila nei CAF” “casi in Puglia e in Sicilia”

3) Fai in modo che la protesta sia evidente crea passaggi con citazioni : «Ma come», questa la protesta: «È ancora tutto in alto mare?». Ma certo. Il governo ancora non c’è, ammesso che ci sarà mai.

4) Usa un’immagine evocativa di ciò che vuoi rappresentare, una bella fila è quello che ci vuole in questo caso, metti in modo chiaro la descrizione di ciò che sta avvenendo : “Le code Uno dei Caf presi d’assalto per ottenere il reddito di cittadinanza”

Usa anche un’immagine falsa come questahttp://bit.ly/2FoJcQT basta che poi la ritagli un po, in modo che non si veda che si tratti di un ufficio postale anziché di un Caf.

5) Concludi lasciando un senso di sconforto, fai sembrare che tutto vada male e che tutti siano contro il M5S, quindi usa il nome delle altre forze politiche, fa che siano ben visibili e che siano tutti contro di loro, butta in mezzo i migranti e Napoli che fanno sempre colpo.

Non ce la fanno ragazzi, hanno accusato un duro colpo e ancora oggi non hanno capito che gli italiani sono stufi di essere presi in giro e di essere trattati come stupidi.
Era proprio vero che loro non si arrenderanno mai, ma noi neppure ✌️

Guarda anche il video :
TG3, Smentita la bufala del CAF preso d’assalto per il Reddito di Cittadinanza, solo normali richieste di informazioni.
https://www.facebook.com/vilmamoronese.it/videos/1915033561901601/

Leggi anche :
Meridionali in coda per il reddito di cittadinanza: come il Pd inventa una fake-news
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/09/meridionali-in-coda-per-il-reddito-di-cittadinanza-come-il-pd-inventa-una-fake-news/4214199/

 

di: Vilma Moronese Cittadina Senatrice M5S

Forse non ci avete fatto caso. A casa di Boschi & Renzi i fatti di Etruria hanno praticamente azzerato il Pd. A Roma il M5s stravince. Forse, allora, le cose non stavano proprio come Tg e stampa di regime ce le raccontavano…!?!

Renzi

 

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Forse non ci avete fatto caso. A casa di Boschi & Renzi i fatti di Etruria hanno praticamente azzerato il Pd. A Roma il M5s stravince. Forse, allora, le cose non stavano proprio come Tg e stampa di regime ce le raccontavano…!?!

Dopo tutti i guai che la Raggi (secondo la propaganda dei Tg) aveva combinato nella Capitale, non vi aspettavate la disfatta totale dei 5stelle a Roma?

E forse proprio non vi aspettavate che la Toscana, che ha dato i natali a cotanti aspiranti Padri Costituenti tra cui in primis Renzi e Boschi, per la prima volta in 70 anni non fosse più una regione rossa?

Vi stupite? Se sì è perchè siete solo degli ingenui che credono ancora alla propaganda che le Tv ed i giornali di regine fanno a favore dei loro padroni…

Sveglia Gente…

By Eles

Tanto per informarvi…

Da Il Secolo D’Italia:

La vendetta dei risparmiatori: a casa Boschi lo scandalo “Etruria” fa crollare il Pd

Laterina Pergine Valdarno, il paese di Maria Elena Boschi,  il Pd paga a caro prezzo lo scandalo di Banca Etruria. I candidati del centrosinistra non sfondano e sono battuti dai candidati del centrodestra e dai pentastellati. Alla tornata elettorale il M5S si laurea primo partito con una percentuale intorno al 30% fra Camera e Senato. Anche nei collegi uninominali di Camera i candidati dem sono stati superati da Felice Maurizio d’Ettore del centrodestra (ha ottenuto il 31,35%) e dall’esponente di 5 Stelle Lucio Bianchi (30,81%). Il Pd si è fermato al 27,15. Stesso cliché al Senato: al primo posto la candidata del centrodestra Tiziana Nisini (31,35), seguita da Riccardo Nencini  del centrosinistra (30,65), ma il Pd ha ottenuto solo il 28,60.

Il collegio di Banca Etruria non perdona il Pd

Un dato che si replica anche nell’intera provincia di Arezzo. Analizzando il voto alla Camera dei deputati si nota che nel 2013, il Pd a guida bersaniana in provincia di Arezzo arrivò 10 punti oltre la media nazionale, attestandosi al 35,92%. Quello a trazione renziana il 4 marzo 2018 si è fermato al 28,34%. Ovvero 7 punti e mezzo percentuali in meno. E i motivi sono chiari. «Non ci dilunghiamo − scrive su Arezzo Notizie Robero Maruffi − sullo scippo dei nostri risparmiatori della vecchia Banca Etruria, dove una non chiara operazione ha anche comportato l’incredibile esproprio della banca. Dunque risultati elettorali nazionali, e a caduta locali, previsti e prevedibili: chi non sa tutelare gli interessi nazionali perde le elezioni»

 

Da Tg24.sky

Elezioni 2018, a Roma exploit della Lega ma M5S è primo partito

l partito di Matteo Salvini ha quasi triplicato i consensi rispetto alle comunali del 2016. Il Movimento del sindaco Virginia Raggi si conferma alla guida della capitale: “Abbiamo punte del 38-39% di voti sul litorale di Ostia”, ha detto Ferrara.

A Roma, città guidata dalla pentastellata Virginia Raggi, le elezioni politiche del 4 marzo non hanno deluso il Movimento che, seguendo la tendenza nazionale, si conferma il primo partito della Capitale: “I cittadini hanno riconosciuto il lavoro fatto nei comuni a 5 Stelle e soprattutto a Roma, dove il Movimento ha ottenuto punte del 38-39% di voti sul litorale di Ostia”, ha detto il capogruppo del M5S in Campidoglio Paolo Ferrara. Ma degno di nota è anche l’exploit della Lega di Matteo Salvini, che ha superato i numeri di Fratelli d’Italia, partito di centrodestra storicamente più forte nella Capitale.

Il vero verdetto di queste Elezioni: la sinistra italiana c’è, ma vota M5S!

sinistra

 

 

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Il vero verdetto di queste Elezioni: la sinistra italiana c’è, ma vota M5S!

 

Elezioni 2018, la sinistra italiana c’è ma vota M5S

L’Istituto Cattaneo ha analizzato il flusso di voti in alcune delle principali città italiane: il dato che emerge è che il Pd è il principale sconfitto di queste elezioni, e che il 15-20% del suo elettorato è confluito nel M5S.

Dove sono finiti i voti che aveva raccolto il Partito democratico nel 2013? Secondo l’Istituto Cattaneo sono confluiti in larga parte nel M5S. Le analisi sul voto del 4 marzo  si sono concentrate finora sulla “scomparsa della sinistra”. Ma gli elettori che storicamente hanno sempre votato a sinistra sono evidentemente alla ricerca di altri punti di riferimento in Parlamento.

“Il dato varia naturalmente da città a città ma è evidente che la quota più consistente, tra il 15 e il 20%, delle perdite del Pd rispetto al voto espresso nel 2013 è confluita nel Movimento. È sicuramente il dato più rilevante di queste elezioni perché connota ideologicamente il partito di Luigi Di Maio pur trattandosi appunto di un partito post-ideologico”. A dirlo è Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo di Bologna, in un’intervista all’Huffington Post. In termini di percentuali si parla del 15-20% degli elettori dem che non hanno voluto riconfermare il loro consenso al partito di Renzi. Secondo le analisi del Cattaneo, che passano in rassegna alcuni centri urbani italiani sia al Nord sia al Sud, emerge per esempio che a Brescia il 20% degli elettori Pd del 2013 ha scelto il M5S; a Parma poco meno del 7%; a Livorno il 26%; a Firenze circa il 13%; a Napoli addirittura il 30%.

A Brescia, secondo lo studio, Il Pd ha ceduto punti anche a Leu (l’1,8% del corpo elettorale), mentre gli ex elettori dem che hanno preferito l’astensione sono l’1,8%; la Lega è stata preferita al Pd dall’1,6% degli elettori. A Parma, città del sindaco Pizzarotti, ex-5stelle, guardando lo spostamento dei flussi con la lente di ingrandimento, si può notare che il 5,5% del corpo elettorale va dal Pdl alla Lega, il 5,7% compie il passaggio dal M5s e il 2,2% proviene dal Pd.

Per quanto riguarda il capoluogo fiorentino, e in particolare il collegio Firenze 1 il Pd ha ceduto al M5s il 4,0% del corpo elettorale, a Leu il 2,9%, alla Lega il 2,0%,  e il 1,7% dei suoi vecchi elettori ha preferito l’astensione. Il M5s ha beneficiato di questa perdita del Pd ma ha ceduto buona parte di questi voti alla Lega (2,5% del corpo elettorale).

Livorno è una città rappresentativa di questa dinamica, perché tradizionalmente considerata roccaforte “rossa”, è oggi governata da un sindaco pentastellato, Nogarin: qui il Movimento attrae 7,8% del corpo elettorale che un tempo avrebbe votato Pd.

A Napoli, di cui il report del Cattaneo analizza i flussi nei collegi San Carlo (Napoli 5) e Ponticelli (Napoli 6), si conferma la stessa tendenza: il 3,6% dei voti è passato dal Pd al M5s. Stessa dinamica nel collegio Napoli 6 M5s riesce ad attrarre voti sia dal centrosinistra (inteso come area Pd e Sel) sia dal centrodestra (Pdl). Anche se in questo collegio risulta particolarmente forte il recupero dal bacino del non-voto.

Complessivamente si può dire quindi che se è vero che il Pd è il principale sconfitto di queste elezioni, allo stesso tempo nelle città del Nord e del Centro il M5S è andato meno bene, per la forte attrattiva della Lega.

 

Tratto da: https://www.fanpage.it/la-sinistra-italiana-c-e-ma-vota-m5s/

 

 

“Il SuperVaffa” – Il fantastico editoriale di Marco Travaglio sui risultati delle elezioni.

 

Marco Travaglio

 

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“Il SuperVaffa” – Il fantastico editoriale di Marco Travaglio sui risultati delle elezioni.

 

“Il SuperVaffa”: editoriale di Marco Travaglio

di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 5 marzo 2018

E meno male che Grillo aveva chiuso l’èra del Vaffa. Ieri gli italiani, eroicamente in fila al freddo, anche per ore, nel tentativo di votare con la legge elettorale più demenziale del mondo, hanno urlato un gigantesco, supersonico Vaffa all’Ancien Régime che per mesi aveva tentato di convincerli a restarsene a casa, tanto non sarebbe cambiato nulla e ci saremmo ritrovati il solito governo Gentiloni. Invece a votare gli elettori ci sono andati eccome, a dispetto di tutto e di tutti, come già al referendum costituzionale. Hanno ignorato la propaganda terroristica dei “mercati”, che ancora una volta volevano insegnarci come si vota e soprattutto per chi (i soliti). Hanno smascherato i doppiopesismi di chi per tre mesi è andato a cercare le pagliuzze nell’occhio dei “populisti” e intanto copriva le vergogne degli altri al punto da riabilitare un vecchio arnese come Berlusconi. E hanno affondato, si spera definitivamente, questo sistema marcio dalle fondamenta. Ma al contempo hanno preso in mano la bandiera della Costituzione, della democrazia e della sovranità popolare, da tempo ammainata da un establishment geneticamente golpista. E hanno scompaginato i giochetti che il sistema, con i suoi mandanti internazionali e i suoi media a rimorchio, credeva di aver già concluso nelle sue segrete stanze, all’insaputa degli elettori.

I numeri sono ancora scritti sull’acqua: non solo le percentuali, ancora affidate (mentre scriviamo) a proiezioni molto parziali; ma anche e soprattutto la loro traduzione in seggi. Ma la tendenza che pare emergere è chiara: il Vaffa si esprime nel boom dei 5Stelle un po’ in tutta Italia (ma soprattutto nel Centro-Sud) e nell’ascesa della Lega che sorpassa ampiamente il bollito sicuro Berlusconi (soprattutto al Nord). Ma il vero cadavere politico uscito dalle urne (funerarie) è quello di Renzi che, nel breve volgere di quattro anni scarsi, è riuscito a trascinare il centrosinistra dal suo massimo storico (il 40,8% delle Europee del 2014) a un minimo molto prossimo all’irrilevanza. Al posto suo, qualunque leader di qualsiasi paese del mondo si dimetterebbe all’istante per ritirarsi a vita privata – come peraltro s’era già impegnato a fare dopo la penultima débâcle, quella del 4 dicembre 2016 – e dissequestrare il suo partito, tenuto finora in ostaggio da una cricca di poltronisti metà incapaci e metà impresentabili.

Stavolta però il Vaffa, diversamente dal 2013, non è più un voto di protesta. È un voto costruttivo, di governo.

Chi vota Di Maio (e la sua squadra di professori e tecnici in doppiopetto, che ha regalato al Movimento un clamoroso recupero sul filo di lana) sceglie un programma certamente esagerato, rispetto ai vincoli dei bilanci pubblici e dunque delle cose possibili; ma di forte rottura rispetto ai quattro governi senza maggioranza che ci hanno ammorbato dal 2011 a oggi, facendo pagare i costi della crisi a chi non ha nulla o ha poco, per salvare i pochi che hanno molto. E lo stesso messaggio, appesantito e intorbidato dalle paure che le guerre tra poveri trasformano in xenofobia, arriva dal Vaffa che premia Salvini e la Meloni. Cioè quella destra “protettiva” e antiliberista che Bersani, inascoltato, chiamava “la mucca nel corridoio”, ma non è poi riuscito a contrastare né dentro il Pd né fuori, con la sinistra mai nata di Liberi e Uguali (troppo Uguali al passato, grazie anche alla plateale inefficacia mediatica di Piero Grasso). Nessuno pensa che i 5Stelle (o la Lega) abbiano in tasca ricette miracolose: chi li vota lo fa per dire basta a chi c’era prima e aprire la strada a qualcosa di radicalmente nuovo. La voglia di cambiare, a lungo repressa sotto il coperchio della pentola a pressione, esplode tutta insieme. E travolge il regime miope e arrogante che pensava di esorcizzare i rappresentanti delle enormi periferie sociali in rivolta, continuando a ignorarli con i loro milioni di elettori, a mostrificarli come baluba incolti e pericolosi, ad additarli come causa di tutti i mali, a escogitare ammucchiate sempre più improbabili per tenerli fuori dal governo, nella speranza che si estinguessero da soli.

Se questi dati ancora provvisori fossero confermati, potremmo già salutare alcune patacche che hanno infestato la campagna elettorale: la pompatissima rimonta di B. era un bluff (che l’ex Caimano fosse bollito non lo diceva nessuno, ma lo vedevano tutti); il ritorno del governo Gentiloni, visti i numeretti del suo partito, sarebbe possibile solo con i carri armati, o col tris di Napolitano al Quirinale; le larghe intese Pd&FI con centrini e bonini vari non arrivano al 50% dei seggi nemmeno se comprano qualche leghista e qualche fuoruscito pentastellato; l’invincibile armata di centrodestra e il suo conducator atterrato da Bruxelles a Fiuggi Antonio Tajani è ben lontana dall’obiettivo del 40%; la finta sinistra di Emma Bonino, che un tempo si faceva eleggere con il partito di Dell’Utri e faceva gruppo in Europa con Jean Marie Le Pen, era una bolla mediatica.

Il quadro che sembra emergere è piuttosto chiaro. I 5Stelle sono oggi quello che fu la Dc nella Prima Repubblica, poi Forza Italia nei primi anni 2000 e infine il Pd nell’ultimo quinquennio: il partito-capotavola che dà le carte. Hanno, da soli, la somma dei voti del Pd e di FI. Quindi nessuna maggioranza di governo è possibile senza di loro. E questo li carica di una responsabilità forse eccessiva per le gracilissime gambe di quello che ancora appare un gigante dai piedi di argilla. Si spera che, smaltita la sbornia da festeggiamenti, si calino subito nella nuova parte che gli elettori hanno loro affidato. Cioè che evitino di crogiolarsi nel mare di voti che hanno preso. Rinuncino alla tentazione di pretendere da Mattarella l’incarico per fare un improbabile governo “con chi ci sta”, cioè al buio. E comincino a lavorare per rendere possibile un governo alla luce del sole con chi sentono più vicino alle loro sensibilità e a quelle dei loro elettori, ma soprattutto ai bisogni dell’Italia.

Ora qualcuno spieghi a Sgarbi che su quella tazza adesso ci può anche sprofondare. E non dimentichi di tirare l’acqua!

Sgarbi

 

 

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AGGIORNAMENTO: Quello che “faceva cagare” ora è al governo… Le fischiano un pochino le orecchie, sig. Sgarbi?

Ora qualcuno spieghi a Sgarbi che su quella tazza del cesso adesso ci può anche sprofondare. E non dimentichi di tirare l’acqua!

Era solo qualche giorno fa che il nostro esimio Vittorio Sgarbi, seduto sulla tazza del cesso sbraitava che Di Maio fa cagare…

Sono passato solo pochi giorni, ma nel frattempo la GENTE ha chiarito chi veramente fa cagare e soprattutto ha spiegato all’esimio di cui sopra – con una valanga di voti per Di Maio – che, l’esimio medesimo, farebbe bene a sprofondarci in quella tazza.

Ovviamente, senza dimenticare di tirare l’acqua.

…in altre parore:

DI MAIO: 61,36%  

SGARBI: 21,38%

 

Da Affari Italiani:

Elezioni 2018, Vittorio Sgarbi distrutto da Luigi Di Maio ad Acerra

Elezioni 2018, Di Maio distrugge Sgarbi e conquista il collegio con circa il 64% dei voti.

Elezioni 2018, Vittorio Sgarbi distrutto da Luigi Di Maio ad Acerra

Il leader M5s Luigi Di Maio ottiene un plebiscito nell’uninominale per la Camera ad Acerra in Campania, dove conquista il collegio col 64% circa dei voti. Ne ha presi oltre 84 mila.

Nello stesso collegio competeva il critico d’arte Vittorio Sgarbi per il centrodestra, fermo poco sopra il 20% con circa 27mila voti. Lontanissimo il candidato del Pd, Antonio Falcone, che non raggiunge il 12% con i suoi 15.472 voti.

In queste settimane Vittorio Sgarbi aveva attaccato Di Maio e i Cinque Stelle. Il critico aveva mostrato “il kit contro quei vampiri dei 5 Stelle”. Oltre ad aver postato un video sul Water. “Avete problemi ad andare in bagno? Usate Di Maio”

…E infatti, la gente lo ha mandato a cagare!

 

Crollo Pd, un CIAONE di cuore a Matteo Renzi, il becchino della sinistra

Matteo Renzi

 

 

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Crollo Pd, un CIAONE di cuore a Matteo Renzi, il becchino della sinistra

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Crollo Pd, Renzi è stato il becchino della sinistra

In Italia la sinistra non c’è più. L’ha distrutta Matteo Renzi, certo, ma anche i vari Massimo D’Alema e tutta la cricca diLiberi e Uguali che è uscita dal Pd perché non condivideva la visione monarchica del renzismo che metteva ai margini la loro oligarchia polverosa. E non c’è una sinistra radicale competitiva, non c’è un Jeremy Corbyn che scali il partito e non c’è un Jean-Luc Melénchon che incarni, da sinistra, la novità populista.

Il Pd non è più stato un partito di sinistra. Renzi e i renziani cercavano la compagnia della Confindustria, non dei precari ai quali veniva spiegato, anzi, che l’abolizione dell’articolo 18 era una buona notizia anche per loro che sognavano un contratto a tempo indeterminato. Il Pd non ha neppure provato a vincere queste elezioni perché non aveva un messaggio da dare se non “siamo dei buoni amministratori dello status quo”.

Eppure, ha detto Walter Veltroni in un bel discorso al teatro Eliseo di Roma il 25 febbraio, “sinistra è una bellissima espressione, rimanda alla condivisione del dolore sociale, alle lotte per la libertà, alla tensione verso l’uguaglianza. La sinistra moderna è riformista, è liberale, deve essere radicale nelle sue scelte e nei suoi programmi”. Ecco questa sinistra, quella del Pd ma anche quella di LeU non è stata liberale, non è stata radicale, non ha teso all’uguaglianza.

E’ rimasta prigioniera di un malinteso senso di responsabilità che l’ha spinta a votare tutto quando era inevitabile – la riforma Fornero, per dire – ma senza elaborare alcuna visione del mondo diverso dalla rivendicazione di risultati frutto della congiuntura internazionale più che delle loro scelte politiche. A livello individuale, gli elettori e i militanti della sinistra si sono limitati a quella che Nick Srnicek e Alex Williams, autori di “Inventare il futuro” (Nero editions, collana Not) chiamano “folk politics”: comportamenti individuali con una valenza politica ma privi di alcuna ripercussione. Mangiano nei ristoranti Slow Food, consumano a chilometro zero, leggono Vandana Shiva o Joe Stiglitz, qualcuno ancora perfino Michele Serra, e tanto basta. Nessuna militanza, nessun vero desiderio di capire e condividere quel malessere che in questi anni ha alimentato i populismi di ogni colore.

In questi anni i Cinque Stelle hanno smesso di essere il partito degli arrabbiati. Secondo rilevazioni Ipsos tra 2012 e 2016 (contenute nel libro “M5S”, a cura di Piergiorgio Corbetta per il Mulino): la propensione a votare M5S era al 33 per cento tra gli elettori di sinistra nel 2012 e nel 2016, quando già c’era stato un grosso travaso di voti, era ancora al 24 per cento (e al 27 a destra). Se quel voto potenziale è diventato voto effettivo è perché la sinistra e il centrosinistra non sono stati capaci di dare risposte. O meglio, hanno fatto tante cose buone – una su tutte: il Reddito di inclusione per chi è in povertà assoluta – ma non sono stati capaci di inserirle in una versione organica del mondo che desse, in una parola, speranza. E ai Cinque Stelle è bastato prendere un po’ di professori per bene, sconosciuti ai più ma rassicuranti, con la cravatta e un eloquio civile, per togliere al Pd anche l’ultimo dei suoi vantaggi competitivi, cioè la reputazione di essere l’unica credibile “forza di governo”.

C’è qualcuno che si consola raccontandosi che i Cinque Stelle sono la nuova sinistra, come dimostrerebbe la scelta di un economista comePasquale Tridico per il ministero del Lavoro. Ma non è così. In questi cinque anni e soprattutto negli ultimi sei mesi il Movimento è diventato il più classico “partito pigliatutto”, che insegue i voti dei disoccupati come quelli degli imprenditori, perché come ha intuito il politologo Jan-Werner Müller, quello che distingue davvero i populisti dagli altri è il messaggio “noi siamo il cento per cento”.

La sinistra non è a Cinque Stelle. La sinistra ha perso, si è liquefatta. Si è arresa. Renzi ha sprecato un capitale di fiducia personale e una storia collettiva di cui non si è dimostrato all’altezza. Renzi è stato l’Hollande del Pd: il becchino. Ora si tratta di ricostruire, di ricominciare quasi da zero. Senza dimenticare quei due aggettivi che citava Veltroni (uno che ha dato un decisivo contributo a questo esito disastroso): liberale ma anche radicale.

 

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/05/crollo-pd-renzi-e-stato-il-becchino-della-sinistra/4203017/

Mentana: “E’ un cataclisma”…! – Dalle prime proiezioni il M5s supera il 33%…!

 

M5s

 

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Mentana: “E’ un cataclisma”…! – Dalle prime proiezioni il M5s supera il 33%…!

TRIONFO M5S (33,1%), CROLLO PD (18,7%)
PROIEZIONI: LEGA STRACCIA FI 17,3% A 14,1%

Prime rilevazioni Swg su dati reali per il Senato. Per gli exit poll di Opinio, Fi e Lega tra 13 e 16. Pd 20/23

Prime ipotesi di assegnazione seggi (proporzionale): centrodx 225/265, centrosx 115/155, M5s 195/235

ELEZIONI POLITICHE 2018

Le urne sono chiuse, in queste ore prenderà forma la configurazione del Parlamento per la XVIII legislatura. La giornata delle elezioni: Berlusconi contestato dalle Femen ai seggi come cinque anni fa, Di Maio al voto da candidato-premier, un’affluenza senza troppi sbandamenti ma ancora da valutare. E soprattutto molte, molte code ai seggi: è l’effetto del bollino antifrode, novità prevista dal Rosatellum.

“Il M5S è una setta pericolosa” lo ha dichiarato il sig. Berlusconi Silvio, tessera n. 1816 della Loggia Massonica P2…!

 

Berlusconi

 

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“Il M5S è una setta pericolosa” lo ha dichiarato il sig. Berlusconi Silvio, tessera n. 1816 della Loggia Massonica P2…!

…E si. Lo ha detto e ripetuto. Il Massone Silvio Berlusconi dice che i Cinquestelle sono una setta… Ci vuole una bella faccia tosta, non trovate?

Leggiamo da Fanpage:

Berlusconi: “M5S è una setta pericolosa, il Pd una scatola vuota. Il voto utile siamo noi”

Il leader di Forza Italia torna ad attaccarre M5S e Partito Democratico: “Mi rivolgo agli Italiani delusi da questa politica, fra loro ci sono moderati che avevano creduto in Renzi ma il PD non è più competitivo, è una scatola vuota, divisa e senza possibilità di vittoria. Il M5S è una setta pericolosa. L’unico voto utile siamo noi”.

Silvio Berlusconi torna ad attaccare il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico. In un’intervista concessa a Studio Aperto, il leader di Forza Italia ha definito il Movimento guidato da Luigi Di Maio “una setta pericolosa” e il Pd “una scatola vuota non più competitiva”. “Mi rivolgo agli Italiani delusi da questa politica, fra loro ci sono moderati che avevano creduto in Renzi ma il PD non è più competitivo, è una scatola vuota, divisa e senza possibilità di vittoria. Il M5S è una setta pericolosa. L’unico voto utile siamo noi”, ha dichiarato Berlusconi. “Abbiamo perso troppo tempo con questi governi di sinistra che non abbiamo votato. L’Italia non può più aspettare, ha bisogno di un governo capace di prendere subito provvedimenti per le tante emergenze che ci sono nel nostro paese”, ha proseguito il leader di Forza Italia.

Nel corso dell’intervista, Silvio Berlusconi ha parlato poi del programma di coalizione e della Flat Tax che intende introdurre una volta al governo: “La Flat Tax è la colonna portante del nostro programma: funziona benissimo in tutti i Paesi che l’hanno applicata e porterà doni a tutti, soprattutto ai più deboli. Con la Flat Tax chi guadagna poco non pagherà più nessuna tassa, mentre i ceti medi pagheranno molto meno, i grandi capitali avranno una ragione per rimanere in Italia: mai più un’azienda come l’Embraco se ne potrà andare all’estero mettendo sul lastrico i lavoratori italiani e le loro famiglie”, ha dichiarato a Studio Aperto.

Per quanto riguarda gli altri punti di programma, Silvio Berlusconi è tornato a parlare delle misure per le fasce più deboli della popolazione: “Per i più deboli abbiamo pronti degli interventi immediati: reddito di dignità, pensioni minime a mille euro anche per le mamme, tasse e decontribuzione per le imprese che assumono un giovane disoccupato”. Il leader di Forza Italia è ormai convinto di avere la vittoria in tasca e infatti già questa mattina ha dichiarato di non aspettarsi sorprese dal voto: “Non mi aspetto sorprese dal voto, ci sarà un’affermazione importante di Forza Italia e del centrodestra: sento in giro intorno a me affetto, vicinanza e sostegno che mi fanno pensare a uno splendido risultato”.

fonte: https://www.fanpage.it/berlusconi-m5s-e-una-setta-pericolosa-il-pd-una-scatola-vuota-il-voto-utile-siamo-noi/