E ora siamo noi curiosi di sentire come faranno i Kamerati leghisti a giustificare il fatto di essere tanto fessi da credere ancora a Salvini che oltre ad allearsi con Silvio, per compiacerlo traditrice i suoi elettori votando a favore dei migranti economici in Italia!

 

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E ora siamo noi curiosi di sentire come faranno i Kamerati leghisti a giustificare il fatto di essere tanto fessi da credere ancora a Salvini che oltre ad allearsi con Silvio, per compiacerlo traditrice i suoi elettori votando a favore dei migranti economici in Italia!

 

Salvini-Ipocrita cambia voto per compiacere a Merkel e Berlusconi

di Laura Ferrara, Efdd – MoVimento 5 Stelle Europa

“Salvini prima sbraita contro i migranti economici poi accetta le riforme della Merkel. Aspettiamo ancora di sapere perché ha cambiato il voto sulla riforma “tedesca” del Regolamento di Dublino. Non può cavarsela con mezzucci da bar dello sport per cercare di nascondere la verità. Con la sua astensione si è persa l’occasione di cambiare una riforma che fa solo gli interessi della Germania. La Merkel lo aveva detto lo scorso 28 agosto: non voleva i migranti economici e così è stato. Nel mandato negoziale approvato dal Parlamento europeo c’è un silenzio tombale sugli irregolari che vengono abbandonati in Italia. Ecco le prove delle giravolte leghiste:

19 ottobre 2017: la Lega Nord vota in Commissione Libertà civili del Parlamento europeo contro la riforma perché “non migliorerà la situazione dell’Italia”, perché “Bruxelles ha reso ancora più debole il nostro Paese”, perché “dispiaciuto che il Parlamento europeo abbia perso l’occasione di accogliere i nostri emendamenti migliorativi, volti a cambiare la politica sui rifugiati”.

17 novembre 2017: la Lega Nord si astiene durante il voto finale. Se il Parlamento europeo avesse bocciato il mandato negoziale sulla riforma del Regolamento di Dublino (anziché con l’ipocrita astensione della Lega) si sarebbe potuto lavorare per migliorare il testo.

PERCHÈ QUESTA RIFORMA PEGGIORA SOLO LE COSE
Abbiamo sempre lottato al Parlamento europeo per una reale, forte e autentica solidarietà europea. I migranti che arrivano nel nostro Paese vogliono andare in Europa, quindi devono essere i Paesi membri a condividere equamente le responsabilità dell’accoglienza. La riforma del Regolamento di Dublino votata da Pd e Forza Italia non dice questo: c’è scritto che tutti i migranti economici devono restare in Italia. Stiamo parlando oltre 70.000 persone che devono essere rimpatriate, ma i rimpatri sono molto difficili visto che mancano gli accordi con la maggior parte dei Paesi di provenienza. Inoltre, ci sono troppi filtri che appesantiscono la procedura e mettono un peso eccessivo sugli Stati membri di primo arrivo. Questi sono i punti che di fatto vanificano la cancellazione del principio del Paese di primo ingresso:

1) PRIMO FILTRO. Il primo filtro stabilisce che i migranti economici, a differenza dei rifugiati, rimarranno nel Paese di arrivo. Sarà solo l’Italia a farsene carico e saranno difficili i rimpatri visto che mancano gli accordi con la maggior parte dei Paesi di provenienza.

2) SECONDO FILTRO. Viene introdotto il filtro della sicurezza: anche in questo caso tutte le persone potenzialmente pericolose per la sicurezza pubblica restano nel Paese di primo ingresso. Non siamo contrari alle verifiche sulla sicurezza, ma siamo contrari al fatto che i Paesi di primo ingresso vengono lasciati da soli a gestire questi soggetti potenzialmente pericolosi.

3) PRIMO PAESE DI APPRODO SEMPRE RESPONSABILE. Nasce il criterio della responsabilità permanente. Con le vecchie regole uno Stato membro diventava competente se il richiedente vi aveva soggiornato per 1 anno anche se era sbarcato in un altro Paese, con la nuova revisione non sarà più così. L’Italia come Paese di primo approdo sarà permanentemente responsabile dei migranti arrivati. Altro che solidarietà!

4) RICOLLOCAMENTO SOLO DOPO LE VERIFICHE DEI DUE FILTRI. Il meccanismo di ricollocamento non è affatto automatico: scatterà dopo le procedure dei filtri sulla sicurezza e sulla domanda. Un richiedente asilo potrà, dunque, essere trasferito in un altro Paese dopo molti mesi dal suo arrivo e nel frattempo sarà sempre l’Italia a farsene carico.

5) PAESI POVERI PENALIZZATI. Fra i criteri per redistribuire i richiedenti asilo non c’è il tasso di disoccupazione: restano solo quelli del PIL e della popolazione. Questo significa che non si terrà conto delle difficoltà che hanno i Paesi con i livelli di disoccupazione più alti, come l’Italia e la Grecia. Così c’è il rischio di una “guerra fra poveri”: da una parte i rifugiati che hanno riconosciuto il diritto a restare in Italia e dall’altra i disoccupati italiani che non trovano lavoro.

6) TEMPI LUNGHI PER I PAESI IN RITARDO. È concesso un periodo di 3 anni di transizione per gli Stati che sono in ritardo con l’applicazione delle procedure di accoglienza. Questi Paesi sono di fatto esonerati dal meccanismo della redistribuzione. Così facendo si legittima l’egoismo di alcuni Stati membri che si rifiutano di applicare norme comuni per il diritto di asilo e l’Italia continuerà in questi tre anni ad avere più migranti degli altri Paesi europei.

Siamo stati i primi a denunciare il Regolamento di Dublino che ha trasformato l’Italia nel campo profughi d’Europa. E non saranno le promesse di qualche ricollocamento a farci cambiare idea. I dati parlano chiaro: il 71% dei migranti che dovevano lasciare l’Italia, secondo le promesse dell’Europa fatte due anni, non lo ha fatto.

Continueremo a lottare per una riforma vera e non ipocrita del Regolamento di Dublino. Sull’immigrazione abbiamo già dato. Non possiamo accettare compromessi a trazione tedesca. Forza Italia, Pd e Lega-cagnolino stanno abbassandola la testa ai diktat della Merkel. A pagare non devono essere sempre e solo i cittadini italiani!

 

fonte: http://www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo/2017/11/salvini-ipocrita-cam.html

“Noi non dimentichiamo gli insulti contro la Sicilia” – No, cari Siciliani, pare proprio che ve ne state dimenticando. Vi rinfreschiamo la memoria: 25 anni di insulti leghisti contro il Sud.

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“Noi non dimentichiamo gli insulti contro la Sicilia” – No, cari Siciliani, pare proprio che ve ne state dimenticando. Vi rinfreschiamo la memoria: 25 anni di insulti leghisti contro il Sud.

Premesso che la Lega non ha insultato solo il Sud. Anzi forse la prima vettima del carroccio è stato proprio il Nord. Un grande, prolungato insulto all’intelligenza. Una presa per i fondelli continua.

Ma 25 anni di Lega quale concreto vantaggio ha portato al Nord? Gli unici a trarne vantaggio sono stati i politici leghisti che non hanno mai disdegnato i faraonici stipendi provenienti da “Roma ladrona” né i vitalizi d’oro né tantomeno gli “arrotondamenti” più o meno legali (ma molto meno).

E vogliamo parlare della secessione? 25 anni di presa per il culo e poi? …scusate tanto, abbiamo scherzato (anzi lo hanno fatto senza manco chiedere scusa. Anzi senza proprio dire niente) fino all’ultima beffa del popolo “Padano”: via il “nord” dalla “lega”

Ormai lo sappiamo, obiettivo primario della “politica” è prendere per i fondelli la Gente. E su questo, tanto di cappello ai politici leghisti!

by Eles

25 anni di insulti leghisti contro il Mezzogiorno. Che il Sud non dimentica
Il Mezzogiorno non dimentica 25 anni di insulti leghisti. Ecco i peggiori.
Di Mauro Orrico – 11 MARZO 2017

Una delle ultime campagne elettorali di Matteo Salvini, quella delle elezioni regionali del 31 maggio 2015, è stata tra le più costose che la “casta” ricordi: oltre 8 mila agenti hanno scortato il leader leghista nelle sue tappe in giro per lo Stivale. Agenti – hanno accusato Pd e M5S – sottratti al controllo delle nostre città per difendere il capitano – così lo chiamano i suoi seguaci – dalle decine di contestazioni che lo hanno accolto, soprattutto al sud. La storia si ripete e, oggi come ieri, Napoli “caccia” il leader leghista. Contro la manifestazione che ha visto la partecipazione di Matteo Salvini alla Mostra d’Oltremare, hanno sfilato in centinaia. Al corteo anti leghista ha aderito anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. In queste ore sono in corso scontri, lacrimogeni e tafferugli tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Mentre si consuma lo scontro a distanza tra il sindaco e il prefetto che ha autorizzato il comizio del leader del Carroccio, nonostante la contrarietà del primo cittadino. Alla base delle contestazioni non vi sono soltanto le posizioni di Salvini su migranti e sicurezza. Ma anni di insulti, allusioni, offese leghiste contro i meridionali.

Recentemente Matteo Salvini ha chiesto scusa per i suoi attacchi. Una svolta improvvisa che più di un cambiamento culturale ha il sapore di una metamorfosi di facciata, per espandere il consenso oltre i confini padani. La conversione leghista non trova però riscontri nell’attività parlamentare. Un anno fa, ilfattoquotidiano.it ha monitorato le proposte di legge del Carrocciodepositate in Parlamento dall’inizio di questa legislatura. Tra tutti i testi, sono pochissimi quelli rivolti al Sud. Tra questi, uno riguarda il tema immigrazione a Lampedusa e Linosa. E poco altro.

I peggiori epiteti leghisti contro il Mezzogiorno
Roma ladrona è ormai celeberrima, ma decisamente superata dagli scandali di ogni genere che in questi anni hanno macchiato i curricula padani. Noi abbiamo fatto una selezione dei peggiori insulti – tra i tanti – rivolti verso il Centro Sud, in 25 anni di storia leghista, da Salvini a Borghezio, da Comencini a Bossi.

2009. Festa di Pontida. Salvini intona questo coro:
“Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”

In seguito ha precisato:
“Sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”.

2011. In merito al terremoto a L’Aquila, l’europarlamentare Mario Borghezio dichiara:
“Questa parte del Paese non cambia mai, l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud. Il comportamento di molte zone terremotate dell’Abruzzo è stato singolare, abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate”.

Agosto 2012. Salvini su Facebook:
“Una sciura sicialiana grida e dice “vogliamo l’indipendenza, stiamo stanchi degli attacchi del Nord”. Evvaiiiiiiii”

Settembre 2012. Vito Comencini, segretario di sezione e vice coordinatore provinciale dei Giovani padani, su Radio Padania, dice:
«Carta igienica al Sud, che devono ancora capire a cosa serve».

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Novembre 2012. Donatella Galli, consigliera leghista della provincia di Monza e Brianza, invoca l’aiuto dei vulcani per pulire il sud:
“Forza Etna, Forza Vesuvio, Forza Marsili!!!”

2013. Al Congresso Giovani Padani, Matteo Salvini esclama:
“Ho letto sul Sole 24 Ore che, ancora una volta, verranno aiutati i giovani del Mezzogiorno. Ci siamo rotti i coglioni dei giovani del Mezzogiorno, che vadano a fanculo i giovani del Mezzogiorno! Al Sud non fanno un emerito cazzo dalla mattina alla sera. Al di là di tutto, sono bellissimi paesaggi al Sud, il problema è la gente che ci abita. Sono così, loro ce l’hanno proprio dentro il culto di non fare un cazzo dalla mattina alla sera, mentre noi siamo abituati a lavorare dalla mattina alla sera e ci tira un po’ il culo”.

Se oggi Salvini si dichiara acerrimo nemico dell’euro, poco tempo fa non la pensava nello stesso modo. E il Sud, a suo dire, l’euro non lo meritava.

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2014. Riguardo ad una possibile riforma della Scuola, il solito Salvini dichiara:
“Bloccare l’esodo degli insegnanti precari meridionali al Nord”.

Dicembre 2014. Il leader del Carroccio scrive su facebook:
“Chi scappa non merita di stare qui, lo considero un fannullone. E non è un caso che siano AFRICANI o MERIDIONALI ad andarsene, gente senza cultura del lavoro”.

Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso:
“E’ proprio per questo che invito ad assumere trevigiani: i meridionali vengono qua come sanguisughe”.

E, ancora, un’altra storica “perla” salviniana:
“Carrozze metro solo per milanesi”.

25 anni di insulti, non solo contro il Centro Sud
Ma non solo i meridionali sono stati al centro di anni di insulti leghisti. Anche i migranti, gli omosessuali, i disabili e tutte le minoranze. Ecco alcuni dei più raccapriccianti.

“Nella vita penso si debba provare tutto tranne due cose: i culattoni e la droga”.
(Renzo Bossi, ex consigliere regionale della Lombardia)

“I disabili nella scuola? Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli su percorsi differenziati”.
(Pietro Fontanini, presidente della provincia di Udine)

“Meglio noi del centrodestra che andiamo con le donne, che quelli del centrosinistra che vanno con i culattoni”.
(Umberto Bossi, ex ministro delle Riforme per il Federalismo)

tratto da: http://www.facemagazine.it/25-anni-di-insulti-leghisti-che-il-sud-non-dimentica/

Si fa tanta ironia sulla Salerno-Reggio Calabria, ma si tace Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia e simbolo dei fiaschi della Lega. Un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti per il quale è stato chiesto il fallimento!

 

Pedemontana

 

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Si fa tanta ironia sulla Salerno-Reggio Calabria, ma si tace Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia e simbolo dei fiaschi della Lega. Un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti per il quale è stato chiesto il fallimento!

 

L’infrastruttura è un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti e ora ne è stato chiesto il fallimento. Nel tratto già aperto il traffico è metà del previsto. Mentre i finanziatori privati sono svaniti nel nulla

DI GIANFRANCESCO TURANO

28 luglio 2017

Le infrastrutture sono un sottogenere della commedia all’italiana. Si ride con l’amaro in bocca da nord a sud. Non si è ancora conclusa la saga ventennale della Salerno-Reggio Calabria che la scena si sposta verso le brume padane con un micidiale trittico di fallimenti: Brebemi, Teem e Pedemontana lombarda, l’autostrada pubblica più cara della storia d’Italia al costo, per ora, di 57,8 milioni di euro al chilometro in un territorio molto urbanizzato ma non particolarmente complesso sotto il profilo ingegneristico.

Per la Pedemontana la parola fallimento va intesa in ogni senso, incluso quello giuridico. La Procura di Milano ha chiesto all’azionista di maggioranza, la Regione, di staccare la spina su un’iniziativa che doveva vedere i privati in prima fila e che è arrivata a un conto da 5 miliardi di euro, tutti a carico del contribuente. Da lunedì 24 luglio, i pedemontani presenteranno le loro controdeduzioni e, s’intende, respingeranno ogni addebito a differenza del contribuente citato sopra che sarà tosato nel più puro stile Roma ladrona dalle addizionali del governatore leghista Roberto Maroni.

Dietro il processo c’è molto di più di una questione contabile. Da Varese alla bergamasca, da Como alla bassa Brianza, la Pedemontana attraversa il cuore e la pancia della Padania. Il varesino Maroni, avviato verso il referendum sull’autonomia del 22 ottobre, ha detto di volersi ricandidare in febbraio per potere inaugurare il tracciato completo nel 2021. Non è colpa sua se i soldi sono finiti, i finanziatori privati sono svaniti nel nulla e l’autostrada non ha aperto per Expo 2015. Non è colpa sua se la gente preferisce ingorgare le vecchie strade pur di non pagare.

In realtà, anche se le previsioni di traffico fossero state corrette, un investitore privato non si sarebbe mai infilato in un tunnel di costi infiniti. Per la Pedemontana si sono fatte le cose in grande. Non solo gallerie, ma anche trincee per fare scorrere il traffico al di sotto del livello della campagna in modo ecocompatibile, 22 mila espropri a prezzi di mercato e tante opere compensative a beneficio dei sindaci nei luoghi di interferenza del tracciato con i centri urbani.

Fin qui c’è poco da ridere, si dirà. Giusto. Allora incominciamo con lo spettacolo. La Pedemontana lombarda è la prima autostrada italiana che applica il sistema free-flow. Niente caselli. Basta il telepass, il conto targa o l’app. Sulle tangenziali di Varese e di Como non si sarebbe dovuto pagare pedaggio. Non è stato possibile mantenere l’impegno se non nell’anno semigiubilare dell’Expo. Con le elezioni in arrivo a febbraio dell’anno prossimo, Maroni si è impegnato a ripristinare i passaggi gratuiti sulle due tangenziali, non si capisce in base a quale piano di sostenibilità finanziaria.

La cosa certa, per il momento, è che chiunque prenda i 30 chilometri della Pedemontana paga la tariffa più alta del territorio nazionale: 21 centesimi di euro al chilometro per le automobili. La costosissima e desertificata Brebemi ne costa 18, la Teem (tangenziale esterna est Milano) ne chiede 19. Sulla Milano-Roma si paga un terzo (7 centesimi al chilometro).

Questo ha comportato un livello di traffico giornaliero pari a metà del previsto (31 mila veicoli invece di 62 mila). Circa il 25 per cento non paga. Le targhe svizzere guidano la lista degli evasori (2 milioni di veicoli complessivi). Ma niente paura. La Pedemontana ha concluso un accordo con il Touring club del Canton Ticino e, a beneficio di chi scansa la dogana di Ponte Chiasso e preferisce il valico di Gaggiolo, ha piazzato una serie di cartelli per suscitare negli elvetici il desiderio di mettersi in regola. Altrimenti? Altrimenti ci arrabbiamo, avrebbe detto il compianto Bud Spencer. La Pedemontana ha annunciato un’azione di recupero pedaggi con la spedizione di 2 milioni di lettere ai furbetti che hanno tradotto l’espressione free-flow con “scorro gratis”. Un quarto circa delle lettere è stato già inviato. Il che non significa che sia arrivato.

Lo scorso inverno poco dopo le ferie natalizie negli acquitrini intorno ad Albairate e a Rosate, paesi della cintura ovest milanese ancora verdi e ricchi di boschi, sono stati trovati 40 chilogrammi di solleciti che la Pedemontana aveva affidato alla società di spedizioni palermitana Smmart post. A 10 grammi a lettera fanno 4000 buste. La Pedemontana ha immediatamente rescisso il contratto con Smmart post e ha annunciato un’azione di risarcimento. Resta il fatto che il recupero crediti appare problematico. La concessionaria ha chiuso il 2016 con 24 milioni di incassi dal free-flow contro 16,4 milioni di costi di gestione, metà dei quali vengono dal costo dei 117 dipendenti (5 per chilometro aperto al traffico), più 10 milioni di oneri finanziari dovuti ai prestiti dei soci di minoranza Intesa e Ubi, per un risultato di bilancio negativo per 7,8 milioni (-22,6 milioni nel 2015).

Se Maroni manterrà la promessa di rendere gratuite le due tangenziali di Varese e Como, dove passano 17 mila veicoli al giorno, rimarranno solo i 14 mila dell’A36, che porta da Lomazzo a Cassano Magnago, il paese di Umberto Bossi. Questi dati sono la pietra tombale per ogni ipotesi di ingresso da parte di quei capitali privati che, nello schema di project financing iniziale, dovevano farsi carico dei due terzi dell’opera.

La Caporetto di Beniamino Gavio sulla Brebemi è un dissuasore potente ma va detto che nella Pedemontana non ci ha mai creduto nessun imprenditore, salvo le banche garantite dai 450 milioni di euro di fondo di garanzia regionale. L’aumento di capitale da 267 milioni di euro deciso nel 2013, all’inizio della legislatura di Maroni, è stato sottoscritto soltanto dalla Regione (32 milioni). Per i rimanenti 235 milioni di euro si è passati da una proroga all’altra, per un totale di sei.

L’ultimo closing ha come limite il 31 gennaio 2018, a ridosso delle regionali dove Maroni potrebbe affrontare il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Al di là degli usi elettorali della nuova autostrada, un tempo concepita proprio per unire l’aeroporto varesotto di Malpensa con quello bergamasco di Orio, la Pedemontana è una coproduzione dell’intero schieramento politico. Fra le poche eccezioni figurano i grillini e Giuliano Pisapia, che, da sindaco di Milano, nel 2014 ebbe il suo momento di rivolta in stile fantozziano («la Pedemontana lombarda è una cagata pazzesca») prima di essere crocifisso in sala mensa dai leghisti, dai formigoniani al crepuscolo e dal segretario regionale democrat, il varesino Alessandro Alfieri, che oggi si concede qualche pacata forma di antagonismo («la Pedemontana è il simbolo del fallimento di Maroni»).

Anche Antonio Di Pietro si è lasciato andare a qualche critica. Il fondatore dell’Idv è presente nella sceneggiatura del cinepanettone pedemontano con un doppio ruolo. Venti anni fa era ministro delle Infrastrutture, entusiasta alla presentazione del progetto a fianco del plenipotenziario formigoniano Raffaele Cattaneo. Più di recente è stato presidente di Pedemontana benché per un solo anno, dal 2016 al 2017 dopo l’ex Poste Massimo Sarmi. Dallo scorso giugno l’ex pm di Mani Pulite ha ceduto il volante definendo l’opera “faraonica” ma ormai inevitabile. Il suo posto è stato preso da un altro presidente che alla Procura di Milano si muove come a casa sua. È Federico Maurizio D’Andrea, ex ufficiale della Guardia di Finanza a fianco di Saverio Borrelli e Gherardo Colombo, riconvertitosi in manager (Telecom, Olivetti, Sogei, organo di vigilanza del Sole 24 ore) e proprietario di una piccola quota nella Banca Galileo, istituto di credito a diffusione locale finanziato da imprenditori mantovani e bergamaschi.

Di Pietro e D’Andrea sono uniti nel contestare la linea dei magistrati Paolo Filippini, Giovanni Polizzi e Roberto Pellicano (da luglio capo a Cremona), gli stessi che hanno in mano l’inchiesta Infront. Secondo il management della Pedemontana, la continuità aziendale della società concessionaria non si è mai interrotta. Bisogna solo trovare i 3 miliardi circa che servono a completare l’opera. L’eutanasia suggerita dalla Procura sarebbe ad alto rischio. Nelle valutazioni di Di Pietro, uno stop costerebbe 1 miliardo di euro in contenziosi. È un po’ quello che si sente dire periodicamente del ponte sullo Stretto.

Come per il ponte fra Sicilia e continente, anche la catastrofe pedemontana è bipartisan. A destra c’è stato un tempo in cui ci si disputava il merito di avere portato a casa l’opera fra la coppia forzista-ciellina Formigoni-Cattaneo e il binomio leghista formato dall’ex viceministro alle Infrastrutture, il lecchese Roberto Castelli, e dallo stesso Maroni.

Ma hanno tifato per l’infrastruttura Antonio Bargone, sottosegretario dalemiano nel 1999 con Nerio Nesi ministro, il bersaniano Filippo Penati e il suo successore berlusconiano Guido Podestà, quando la Provincia di Milano controllava la società prima di cedere alla Regione la Milano-Serravalle. Né bisogna scordare il ruolo giocato dal ministero delle Infrastrutture con Pietro Lunardi e Altero Matteoli. Il ministro in carica, Graziano Delrio, all’inizio di luglio ha perso la pazienza. «Lo Stato non può essere un bancomat», ha detto davanti ai sindaci della provincia di Monza e Brianza. «Se l’opera è stata pensata con dimensioni di traffico sbagliate, noi o i cittadini non possiamo metterci i soldi. Ne abbiamo già stanziati tanti: 1,2 miliardi più 800 milioni di defiscalizzazione. Cerchiamo di andare avanti con quello che c’è».

«È la Lombardia a essere stanca di fare da bancomat allo Stato» ha replicato l’assessore regionale ai trasporti Alessandro Sorte, lo stesso che voleva collegare l’aeroporto di Orio al Serio e il centro di Bergamo con una funivia. La verità è che la Pedemontana è una delle puntate dell’epopea del general contractor e riproduce, in piccolo ma non troppo, lo schema dell’alta velocità ferroviaria con un tocco di federalismo lumbard in più.

Per Delrio, nemico dichiarato del sistema del general contractor, è una nemesi gestire un’opera che non condivide nello schema e che ha all’origine il pasticcio chiamato Cal, l’ente concedente formato 50/50 da Anas e dalla Ilspa durante il regno di Antonio Rognoni, arrestato per gli appalti dell’Expo a marzo del 2014 e condannato in primo grado due anni dopo.

Nemico di arbitrati e transazioni, Delrio deve accettare che l’impresa appaltatrice del lotto 2, austriaca Strabag, abbia ottenuto una revisione prezzi da 61 milioni di euro grazie a un accordo bonario fra gli avvocati Paolo Clarizia, Luigi Strano e Domenico Aiello, il legale di fiducia di Maroni. Proprio il professionista calabrese è tornato alle cronache per la parcella da 188 mila euro ottenuta nel processo della Regione contro l’ex governatore Formigoni e per la lombosciatalgia che ha causato una serie di rinvii al processo milanese contro Maroni per le nomine negli organismi dell’Expo. Da questo verdetto dipende il futuro politico del governatore. Il futuro della Pedemontana, invece, sembra già segnato. Un’incompiuta in più.

fonte: http://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2017/07/28/news/pedemontana-l-autostrada-voragine-simbolo-dei-fallimenti-della-lega-1.306680?ncid=fcbklnkithpmg00000001

Il consigliere leghista Fabio Tuiach: “Il femminicidio non esiste, è un’invenzione della sinistra” – Capito femmine? Ora con la complicità della sinistra vi siete inventate anche il “femminicidio” …Per favore, cercate di crepare senza dare fastidio al povero Tuiach

 

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Il consigliere leghista Fabio Tuiach: “Il femminicidio non esiste, è un’invenzione della sinistra” – Capito femmine? Ora con la complicità della sinistra vi siete inventate anche il “femminicidio” …Per favore, cercate di crepare senza dare fastidio al povero Tuiach

…Ma il problema non sono le cazzate che sparano Tuiach ed i suoi compari leghisti. Il problema è che c’è gente che invece di lanciargli noccioline e banane, li vota!

Non mancano precedenti a testimoniare l’assoluta carenza di neuroni nella testa del leghista Fabio Tuiach, dal “Maometto pedofilo” alla bufala dei migranti che frequentano a titolo gratuito le palestre triestine, al “mi piace” al fotomontaggio filo-nazista del centro sociale sovrastato dal motto nazista Arbeit Macht Frei.

Ma questo supera il limite. A testimonianza di quali siano i requisiti necessari per votare Lega.

Scrive Fanpage:

“Il femminicidio è un’invenzione della sinistra”: la frase choc del consigliere leghista

Il consigliere comunale leghista Fabio Tuiach sostiene che “il femminicidio è un’invenzione della sinistra” prima durante una commissione e poi su Facebook. Pd e Si chiedono le dimissioni del consigliere.

Una frase choc detta durante i lavori di una commissione e poi ripetuta attraverso Facebook: “Il femminicidio è un’invenzione della sinistra”, secondo quanto dichiarato da Fabio Tuiach, consigliere comunale della Lega Nord a Trieste. Tuiach commenta sul social network un post pubblicato sul sito Movimento Libertario e scrive: “Questa mattina in commissione mi è scappata una verità scomoda che ha fatto infuriare la sinistra che fa battaglie per garantire a due uomini innamorati di potersi comprare un bimbo con l’utero in affitto!”.

“I grillini – continua – si sono scatenati quando ho ricordato che il femminicidio è un’invenzione della sinistra ma questi dati lo confermano”, spiega con riferimento al pezzo pubblicato su questo sito in cui si sostiene che l’Italia è uno dei paesi con uno tra i più bassi tassi al mondo di omicidi di donne. “Intanto – scrive ancora il consigliere leghista – in Italia gli unici che continuano a creare problemi sono i nuovi arrivati islamici che hanno una cultura completamente diversa dalla nostra. Ci sono anche italiani a volte, come i due rom che hanno picchiato la mia amica Hellen quando ha difeso con coraggio una collega picchiata a sua volta da un altro rom. Di oggi la notizia che sono tranquilli ai domiciliari a rilassarsi”.

Fabio Tuiach, ex pugile, aveva già fatto parlare di sé in passato per frasi di cattivo gusto. Una volta aveva sostenuto che “Maometto era un pedofilo”: affermazione che gli era costata il posto da vicecapogruppo. In passato aveva anche proposto di chiamare ‘culimoni’ la sala matrimoni del comune dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Pd e Si chiedono le dimissioni del consigliere leghista
Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana, chiede a Salvini di far dimettere il consigliere comunale di Trieste: “Si potrebbe definire un’uscita da osteria ma il femminicidio è un dramma talmente serio che l’unico sentimento è l’indignazione. Questo signore lo vada a dire ai familiari delle tante donne e ragazze uccise con una frequenza impressionante in questo Paese. Spero che ci ripensi e chieda scusa. Già che c’è faccia un gesto di dignità e si dimetta. E se non lo fa glielo imponga il suo capo Salvini”.

Stessa richiesta anche dalla senatrice del Pd Francesca Puglisi: “Le aberrazioni di Fabio Tuiach meritano una severa sanzione. Mi auguro che il segretario Salvini prenda provvedimenti. Dire che il femminicidio è un’invenzione della sinistra è troppo anche per la Lega. La violenza contro le donne ed i femminicidi sono una drammatica realtà tutti i giorni”.

 

Ricapitoliamo: Maroni, quello della Lega, quello che ha sperperato 23 milioni di euro di soldi pubblici per acquistare 24mila tablet (un affare, no?) per il voto elettronico su autonomia lombarda (una cazzata), TAGLIA L’ASSEGNO AI DISABILI GRAVISSIMI perchè non ha soldi…

 

Maroni

 

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Ricapitoliamo: Maroni, quello della Lega, quello che ha sperperato 23 milioni di euro di soldi pubblici per acquistare 24mila tablet (un affare, no?) per il voto elettronico su autonomia lombarda (una cazzata), TAGLIA L’ASSEGNO AI DISABILI GRAVISSIMI perchè non ha soldi…

Da Il Fatto Quotidiano:
Lombardia, Maroni taglia l’assegno ai disabili gravissimi: “Colpa del governo”. Le associazioni: “Famiglie al collasso”

Gli affetti da patologie gravi potevano contare su un assegno di cura regionale da mille euro mensili più un bonus assistenziale del comune che poteva raggiungere gli 800 euro. Dall’inizio dell’anno, però, la giunta lombarda ha tagliato la cumulabilità dei due contributi: “I criteri ministeriali – spiega il governatore – hanno allargato la platea dei beneficiari senza tuttavia aumentare le risorse”. Ma le associazioni non ci stanno

L’articolo continua QUI

Per rinfrescarVi la memoria, ecco chi è Maroni…

Da La Repubblica

LE SPESE DI MARONI

FATTI i conti, anche senza calcolatrice, 23 milioni di euro per 24mila tablet fanno circa mille euro per ogni apparecchio. Non esattamente un affarone, considerato che il governatore della Lombardia Roberto Maroni, a quel prezzo, sembrerebbe non aver ottenuto neppure lo sconto che generalmente il venditore accorda a chi acquista grandi quantità di merce. Anche peggio se si considera che quei 24mila tablet serviranno ai cittadini lombardi per esprimere il proprio voto in un referendum sostanzialmente inutile sull’autonomia della Lombardia. Inutile perché, contrariamente a ciò che la propaganda leghista ha già cominciato a sventolare, neppure un plebiscito di “sì” servirà a trattenere entro i confini della Regione una percentuale più alta delle tasse versate dai cittadini: nella campagna elettorale di cinque anni fa, Maroni aveva proclamato solennemente l’obiettivo di riportare sul territorio almeno il 75% delle tasse versate dai lombardi. Obiettivo riposto nel libro dei sogni da cui veniva all’indomani del successo elettorale del 2013.

Il referendum leghista serve — come recita testualmente il quesito — a chiedere che la Regione «intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Nulla più di questo. Autorizza cioè il governatore a intavolare una trattativa con Roma. Lo stesso risultato si sarebbe potuto ottenere, assai più facilmente e senza spese milionarie per le casse pubbliche, semplicemente seguendo le procedure introdotte con il “federalismo differenziato”, inserito in Costituzione nel 2011. Certo, si sarebbe dovuto redigere un progetto di autonomia rafforzata, lo si sarebbe dovuto costruire e motivare, discutere con gli enti locali e approvare in Consiglio regionale. Tutti atti che richiedono un piglio amministrativo che il governo della Lombardia, con tutta evidenza, non ha.

L’operazione referendum, dunque, si svela per quello che è. Un’operazione politica per segnare il terreno nel campo sismico del centrodestra, dove ancora non si capisce se esista e quale sia l’epicentro. E soprattutto un’operazione per rinfrescare, a pochi mesi dalle Regionali, l’immagine politica del governatore, appannata da quattro anni e mezzo di amministrazione grigia e punteggiata (non tanto quanto quella precedente di Formigoni, ma quasi) di scandali e inchieste giudiziarie. Per giunta, un’operazione a spese dei cittadini lombardi: ai 23 milioni di euro per l’acquisto dei tablet — che dopo il voto saranno ceduti in comodato d’uso alle scuole — si devono aggiungere i 3 milioni abbondanti messi in preventivo per la promozione del referendum (Milano e le altre città della Lombardia, da settimane, sono tappezzate dai manifesti che annunciano la data del referendum, il 22 ottobre) più ovviamente le spese per l’approntamento e la vigilanza dei seggi.

Per una volta però non sarà il Movimento Cinque Stelle a denunciare lo spreco di denaro pubblico: sono stati proprio i grillini, in Consiglio regionale, a condizionare il loro ok al referendum, necessario a Maroni per raggiungere la maggioranza qualificata, all’adozione del voto elettronico.

fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/07/27/le-spese-di-maroni29.html

Salvini: “I PM che ci bloccano fondi è attacco a democrazia” …Perchè per “loro” “democrazia” è ristrutturare casa a Bossi e dare la paghetta al figlio idiota con i soldi pubblici…! (comunque tecnicamente si chiama sequestro di beni a seguito di condanna per truffa).

 

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Salvini: “I PM che ci bloccano fondi è attacco a democrazia” …Perchè per “loro” “democrazia” è ristrutturare casa a Bossi e dare la paghetta al figlio idiota con i soldi pubblici…! (comunque tecnicamente si chiama sequestro di beni a seguito di condanna per truffa).

C’era una volta la lega che non perdonava Roma Ladrona. Ma erano tutte chiacchiere. Ora bisognerebbe urlare: LEGA LADRONA LA LEGGE NON PERDONA!

L’Ansa ci ricorda:

Lega: processo a Genova su truffa allo Stato, confiscati 49 milioni

Sequestro conti correnti su ordine Tribunale Genova

Il sequestro dei conti correnti della Lega Nord è scattato su ordine del tribunale di Genova che ha accolto la richiesta del pm Paola Calleri di confiscare i soldi del partito. In particolare sono stati bloccati i conti di importanti federazioni tra cui Imperia, Bologna, Bergamo, Sanremo e Trento. La richiesta era partita dopo che il tribunale aveva disposto la confisca diretta di oltre 48 milioni al Carroccio a seguito della sentenza di condanna di Umberto Bossi, Francesco Belsito e altri cinque imputati, per la maxi truffa sui rimborsi elettorali tra il 2008 e il 2010. Bossi era stato condannato a due anni e sei mesi e Belsito a quattro anni e dieci mesi, oltre ai tre ex revisori contabili Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (con pene dai due anni e otto mesi a un anno e nove mesi) e i due imprenditori Stefano Bonet e Paolo Scala (cinque anni). Secondo l’accusa, i vertici del partito avrebbero ottenuto i rimborsi elettorali con documentazioni artefatte, fondi che poi sarebbero stati utilizzati in gran parte per spese non istituzionali.

E ancora:

Giudici bloccano beni Lega, Salvini: attacco a democrazia

Duro scontro con Renzi

“Oggi, 14 settembre 2017, per la prima volta nella storia della Repubblica, i giudici stanno bloccando l’attività di un partito politico. Vogliono farci fuori. E’ un attacco alla democrazia”. Matteo Salvini, appena sbarcato da Strasburgo, convoca con urgenza una conferenza stampa a Montecitorio per denunciare con rabbia la decisione della Procura di Genova di bloccare tutti i beni e i conti correnti di tantissime importanti federazioni del Carroccio, tra cui, Imperia, Bologna, Bergamo, Sanremo e Trento. Una misura cautelare conseguente alla sentenza di poche settimane fa che condannò Umberto Bossi a 2 anni e tre mesi di reclusione e Francesco Belsito, il tesoriere, a 2 anni e sei mesi. “Tutto – denuncia Salvini – a fronte di 400mila euro presunti utilizzati da Bossi, i suoi figli e Belsito”.

Ed è subito scontro a distanza con Matteo Renzi. La decisione, secondo il segretario federale della Lega, “non ha precedenti nella storia della politica italiana” e ha un chiaro significato politico.”Pensavo di arrivare in un Paese libero, invece non è così. Si vuole colpire il terzo partito italiano per responsabilità di dirigenti del passato”. Il leader lumbard è un fiume in piena, arrivando a balenare il sospetto di una manovra orchestrata, una sorta di giustizia a orologeria, per colpire il suo partito in un momento che “è in crescita nei sondaggi” e a pochi giorni dal tradizionale maxi raduno sul pratone di Pontida. “C’è chi, usando un pezzettino di magistratura, anche un solo giudice, – attacca Salvini – vuole mettere il bavaglio al dissenso, ad alcuni milioni di italiani che credono nella Lega. Forse dava fastidio che tanti militanti da tutta Italia venissero a Pontida, per una grande giornata di libertà. Ma non non ci fermiamo, andremo tutti a Pontida anche a costo di pagarla di tasca nostra”.

In contemporanea alla conferenza stampa scoppia un duello a distanza tra i due Mattei della politica italiana. Dal palco della festa dell’Unità di Frascati, il segretario Dem attacca frontalmente il Carroccio proprio su questa vicenda. “Tutti i giorni la Lega fa la morale a Roma ladrona ma nessuno dice che ha rubato i soldi del contribuente. Che deve dare 48 milioni di euro del contribuente. Non ne parla nessuno”. In tempo reale, la replica stizzita di Salvini dalla sala stampa della Camera: “Secondo Renzi, la Lega e alcuni milioni di italiani, sono colpevoli di aver rubato. Si vergogni. Vedo che un partito che si definisce democratico – conclude – non si cura di quanto dice la Costituzione sulla presunzione di innocenza. Al Pd non succede nulla perchè evidentemente ha più amici dentro la magistratura”.

 

fonte:

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/09/14/lega-processo-a-genova-su-truffa-allo-stato-confiscati-49-milioni_b3746c52-3f3f-4d4b-95c4-2520b358129d.html

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/09/14/giudici-bloccano-beni-lega-salvini-attacco-a-democrazia-_323e826c-02f6-44e4-97bf-085c001760c5.html

Un profondo pensiero del leghista Saverio Siorini, coordinatore di “Noi con Salvini”, sul duplice stupro di Rimini “Ma alla Boldrini e alle donne del PD, quando dovrà succedere?”…Qualcuno l’ha definito un “personaggio abietto”, ma forse è troppo poco!

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Un profondo pensiero del leghista Saverio Siorini,  coordinatore di “Noi con Salvini”, sul duplice stupro di Rimini “Ma alla Boldrini e alle donne del PD, quando dovrà succedere?”…Qualcuno l’ha definito un “personaggio abietto”, ma forse è troppo poco!

“Ma alla Boldrini e alle donne del PD, quando dovrà succedere?”. Così Saverio Siorini, da poco eletto coordinatore di “Noi con Salvini” di San Giovanni Rotondo commenta su Facebook la notizia del duplice stupro di Rimini. Dopo qualche protesta, Siorini tenta di correggere il tiro e al post aggiunge: “(ovvio che lo stupro non si augura a nessuno, ma questa è una provocazione che nessuno ha recepito)”. E ancora: “N.B. sono stato costretto a modificare il mio post, per farlo recepire ai tanti ciechi della situazione che stiamo attraversando”.
Gaypost.it ha raggiunto la senatrice Monica Cirinnà (Pd) nella sua azienda agricola di Capalbio dov’è impegnata con la preparazione della conserva di pomodoro. Come le altre donne dem, infatti, è stata direttamente chiamata in causa da quello che ha definito “un personaggio abietto e con un livello culturale basso”.

zzz

fonte: http://www.gaypost.it/leghista-stupro-rimini-accadra-boldrini-alle-donne-pd-cirinna

La lega deve restituire 48 milioni TRUFFATI allo Stato Italiano – Sì la lega. La lega di quelli che si pulivano il culo con il Tricolore e schifavano l’Italia e Roma Ladrona. Ma non sempre sempre… Quando si trattava di riempirsi le tasche, un po’ Italiani si sentivano…

 

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La lega deve restituire 48 milioni TRUFFATI allo Stato Italiano – Sì la lega. La lega di quelli che si pulivano il culo con il Tricolore e schifavano l’Italia e Roma Ladrona. Ma non sempre sempre… Quando si trattava di riempirsi le tasche, un po’ Italiani si sentivano…

Da: Marpicoll
Lega: Procura Vuole Subito Confisca dei 48 Milioni

Problemi con la giustizia e casse vuote. La Lega sta per subire gli effetti della sentenza di luglio, e i PM non attendono.

Adesso però, i PM dichiarano di volere eseguire la sentenza immediatamente, senza attendere il riscontro della Corte di Cassazione, quindi del terzo grado di giudizio. Se non dovessero essere risarcite le istituzioni, la procura procederebbe con il blocco dei conti bancari del partito secessionista. A confermare la mossa è il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi.

La sentenza risale al 24 luglio e riguarda la condanna dell’ex segretario di partito Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito. Il reato confermato dai magistrati è truffa ai danni dello Stato. Per Bossi, gli anni di carcere confermati sono 2 e mezzo, mentre per Belsito si arriva fino a 4 anni e mezzo accompagnati dall’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. I giudici hanno confermato, nella loro sentenza, che se il partito deve risarcire i danni è perché  lo stesso ha chiaramente beneficiato della truffa.

I PM hanno chiarito che il reato di truffa ha avuto luogo dal 2008 al 2012, quando il denaro che Camera e Senato destinavano al partito per le sue attività istituzionali finiva invece direttamente nelle tasche del fondatore. Ma a quel punto era Belsito che trafficava con il maltolto, tra conti offshore a Cipro e Tanzania e investimenti in diamanti.

da: https://marpicoll.com/2017/08/29/lega-procura-vuole-subito-confisca-dei-48-milioni/

 

Dalla condanna di “rimborsopoli” di fine luglio, secondo la quale la Lega deve risarcire 48 milioni di euro a Camera e Senato, il rischio di bancarotta è sempre stato vicino.

Salvini ancora una volta contro il Cara di Mineo: “Centro commerciale di carne umana che ci costa oltre 100mila euro al giorno” …Bravo, ora però ricordati di dire alla Gente che il Cara di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !

Salvini

 

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Salvini ancora una volta contro il Cara di Mineo: “Centro commerciale di carne umana che ci costa oltre 100mila euro al giorno” …Bravo, ora però ricordati di dire alla Gente che il Cara di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !

 

Il leader della Lega Nord ha trascorso la notte nel centro per richiedenti asilo in provincia di Catania. E subito dopo è partito per il suo show: “Stanotte 3.300 ospiti più uno, che ha dormito in branda e si è appena fatto la doccia” leggiamo dalla sua pagina Facebook.

“Ho osservato abusi di vario tipo. Si vendono televisori a schermo piatto, stereo, telefonini, scarpe nuove, pantaloni”…

Perchè per lui avere un paio di scarpe o un televisore è un abuso! Sperava di vedere gabbie e giacigli di paglia come in uno zoo o un canile.

E si scandalizza perchè queste bestie hanno nientedimeno che una moschea gonfiabile! Uno shock per lui che li ha sempre immaginati girare in tondo intorno ad un totem di legno…

Ora qualcuno gli spieghi con calma, con molta calma, che il CARA di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !!

Una creatura della Lega, insomma…

Ti preghiamo, Matteo, evita di fare le tue passerelle elettorali sulle tragedie e sulla pelle della Gente. E soprattutto qui al Sud che tu hai sempre così tanto schifato. Perchè, invece, non ti vai a fare una bella passeggiata Bruxelles, dove sentono tanto la tua mancanza visto che ti si vede così poco?

Oppure, se proprio non vuoi allontanarti troppo, torna a cantare i tuoi cori da alcolizzato contro i terroni insieme agli altri sorci versi di Pontida…

Fa quello che vuoi, ma ti prego, evita di romperci ancora i coglioni.

By Eles

Lega e Pd votano per vendita armi al Gabon, paese sull’orlo della guerra civile – Perché l’Italia ripudia la guerra …ma col cazzo che questi rinunciano ai soldi che ricavano nel vendere armi !!

 

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Lega e Pd votano per vendita armi al Gabon, paese sull’orlo della guerra civile – Perché l’Italia ripudia la guerra …ma col cazzo che questi rinunciano ai soldi che ricavano nel vendere armi !!

 

Lega e Pd votano per vendita armi al Gabon, paese sull’orlo della guerra civile

Lega Nord e Pd a braccetto nel votare a favore il trattato per la vendita di armi e cooperazione in materia di difesa al Gabon (paese sull’orlo della guerra civile) e Mozambico. E’ proprio così, continuando ad alimentare il mercato delle armi in Africa che si creano le basi per guerre, miseria e migrazioni incontrollate verso l’Europa. E guarda caso, gli speculatori politici di tale fenomeno quando si tratta di autorizzare il commercio internazionale di armi vanno a braccetto. Il Gabon da settembre è sull’orlo di una guerra civile e il paese potrebbe essere processato per “crimini contro l’umanità”, con quale raziocinio si può approvare un accordo internazionale che prevede collaborazione in materia di difesa e forniture di armi ?

Fino a che l’Occidente alimenterà il mercato della morte (armi) verso i paesi africani, si getteranno le basi per guerre, miseria e migrazioni di massa.

Il Movimento 5 Stelle tra i primi punti votati dagli iscritti in materia di politica estera ha il ripudio della guerra e il disarmo come premessa di pace.

 

QUI il video

 

fonte: http://www.movimento5stelle.it/parlamento/2017/05/lega-e-pd-votano-per-vendita-armi-al-gabon-paese-sullorlo-della-guerra-civile.html