Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

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Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

Trasporti, così dopo 30 anni e 1 miliardo il Veneto affossa il Sistema ferroviario metropolitano di collegamento

Non ci sono soldi per dar corso al progetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, con buona pace del denaro speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili

Scusate, ci siamo sbagliati. Il Veneto non avrà nessun sistema metropolitano di superficie in grado di collegare città economicamente di primo piano nel sistema produttivo italiano come Mestre, Padova, Vicenza e Treviso. Il trasporto pubblico targato Regione alza bandiera bianca. Non ci sarà nessun orario cadenzato con treni ogni quarto d’ora. E neppure l’integrazione tra i convogli su rotaia, gli autobus e i parcheggi. I pendolari continueranno a prediligere l’auto e questo lembo iper-produttivo della pianura Padana continuerà ad avere gli stessi tassi di inquinamento.

Il de profundis di un progetto che è nato trent’anni fa e che da allora è stato accompagnato da innumerevoli dichiarazioni dei politici di turno, è stato cantato in consiglio regionale dall’assessore ai trasporti Elisa De Berti. Non ci sono soldi per dar corso alprogetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, bisogna accontentarsi del miliardo speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili. E così il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, contraddistinto dall’acronimo Sfmr, finisce su un binario morto. Ciò che ne rimane, passa alla società Rfi, delle Ferrovie dello Stato, che (anche con un finanziamento della Regione) raddoppierà la Maerne-Castelfranco, costruirà un ponte sul Brenta e realizzerà altri interventi. Ma l’autonomia trasportistica veneta si è rivelata un libro dei sogni che ora viene chiuso.

 L’avevano aperto nel 1988 il presidente veneto Carlo Bernini, democristiano doroteo (la cui carriera politica fu spazzata via da Tangentopoli), le Ferrovie dello Stato e il ministero dei Trasporti. Aveva cominciato a sfogliarlo il successore di Bernini nel frattempo diventato ministro, quel Gianfranco Cremonesearrestato per mazzette nel ’92, che aveva inserito Sfmr nel piano regionale dei trasporti. Il progetto esecutivo fu approvato nel 1999, quando governatore era diventato Giancarlo Galan (vittima illustre dello scandalo Mose), che nel 2009, quasi alla fine del suo regno in laguna, aveva benedetto l’acquisto di 24 treni Stadler Rail. A causa di un ricorso al Tar il contratto fu poi siglato nel 2010, quando a Palazzo Balbi si era insediato il governatore leghista Luca Zaia. Da allora sono trascorsi altri otto anni, ma del servizio di metropolitana di superficie neanche l’ombra.

Il costo preventivato era di 5,9 miliardi di euro. Ma come è stato speso il miliardo? Per realizzare sottopassi ferroviari, per eliminare passaggi a livello (66 sui 407 previsti), per realizzare nuovi parcheggi e nuove stazioni (9 su un totale di 37 indicate nel progetto), per acquistare i treni (solo 24 su un parco convogli preventivato di 120) e per adeguare le fermate (22 su 162). In questo lungo arco di tempo le tratte ferroviarie vere e proprie sono state pochine. La principale è costituita dal raddoppio della pur strategica Mestre-Padova. C’è poi il doppio binario su un tratto della Padova-Castelfranco, oltre all’elettrificazione della linea Mira Buse-Mestre. Un quadro desolante.

L’assessore De Berti ha spiegato che servono 300 milioni per fare il nuovo piano della mobilità regionale. Che la fase 1 e 2 di Sfmr restano incomplete, mentre restano sulla carta (e lo resteranno per sempre) le fasi 3 e 4. In una parola, “procederemo con la politica del buonsenso”, il che significa accantonamento del progetto e politica dei piccoli passi. “Il metrò del Veneto è stato ideato 30 anni fa, quando le risorse pubbliche erano illimitate, i 6 miliardi sono figli della Prima Repubblica. Se arriviamo con 28 anni di ritardo la colpa non è mia, né di Zaia, ma dei tagli della finanza pubblica. Ora è giusto voltare pagina”.

Ha avuto buon gioco il capogruppo Pd, Stefano Fracasso, a girare il coltello nella piaga: “Qual è la strategia? Siamo una regione con tre aeroporti e un porto, ma senza un progetto per collegarli alla rete ferroviaria. De Berti certifica il fallimento di una visione, la Lega non ha mai creduto nell’Sfmr e non le è mai interessato il progetto di integrazione metropolitana”. Anzi, in questi anni un contenzioso con la società di progettazione Net Engeneering è rimasto a languire, finché è stato raggiunto il compromesso di concedere alla società una fetta di progetti futuri per quasi 33 milioni di euro (Iva compresa), per sanare il debito passato. E se Zaia ha sottoscritto un accordo con Trenitalia per nuovi convogli, i 619 milioni di investimenti verranno spalmati da qui al 2032. Tre lustri.

“Serviva spendere 1 miliardo di euro per non mettere sui binari neppure un treno? E’ un altro fallimento della Regione”, ha chiesto il segretario regionale del Pd, Alessandro Bisato. La maggioranza di centro-destra a trazione leghista non ha risposto. O meglio, il presidente della commissione Trasporti, Francesco Calzavara, della Lista Zaia, ha detto: “Il progetto Sfmr aveva visione ed è ancora attuale. Ma dove li troviamo questi sei miliardi? È stato avventato far credere che in pochi anni sarebbe stato realizzato”.

Ma chi l’ha fatto credere e chi ha marciato su un progetto che non sarà mai realizzato? Se lo sta chiedendo anche la Procura veneziana della Corte dei Conti che ha aperto un’inchiesta. Quando la notizia è finita sui giornali, l’assessore De Biasi si è affrettata a dichiarare: “Abbiamo inviato gli atti alla Corte dei conti, come è consuetudine e prassi della Regione, nelle more dell’accordo con Engineering”. La ricerca di responsabilità per i giudici contabili sarà molto ardua. Perché i trent’anni del progetto Sfmr raccolgono la storia della politica veneta, nella sua evoluzione dal potere democristiano a quello di Forza Italia e, infine, a quello della Lega Nord-Liga Veneta.

Giusto per farvelo capire: Salvini ha tolto “Nord” dal nome del partito solo per prendervi in giro. L’art 1 dello statuto recita ancora perentorio: “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”

 

Salvini

 

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Giusto per farvelo capire: Salvini ha tolto “Nord” dal nome del partito solo per prendervi in giro. L’art 1 dello statuto recita ancora perentorio: “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”

 

Salvini, nel suo Statuto, quello della Lega, all’articolo 1, lascia che sia scritto:

“Lega Nord per l’Indipendenza della Padania” (di seguito indicato come “Lega ”) è un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”

Mattarella come può dare l’incarico della gestione dell’Italia ad un Partito che va contro la stessa costituzione o comunque contro l’interessa dell’Italia intera?
(commento preso dal web)

Qui potete leggere con tutta tranquillità lo statuto della lega:
http://www.leganord.org/phocadownload/ilmovimento/statuto/Statuto.pdf

 

Tratto da:

https://www.facebook.com/150928878308556/photos/a.565882620146511.1073741825.150928878308556/1625408440860585/?type=3&theater

E poi…

Per quelli del sud che pensano di votare Lega: hanno tolto il “Nord” dal simbolo non perché sono meno razzisti ma perché al vecchio partito sequestrano tutto visto che Bossi, candidato al Senato, e company hanno fatto sparire 48 milioni di euro di rimborsi elettorali.

E se Salvini ha candidato Bossi, pluripregiudicato, non è per riconoscenza o affetto ma solo per parargli e pararsi il culo grazie all’immunità parlamentare

Tratto da:

https://twitter.com/sempreciro/status/967696412711575552

Siamo arrivati a questo – Lo sfogo di una madre su Facebook: “I miei figli adottivi vivono nel terrore grazie a Salvini”…!

 

Salvini

 

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Siamo arrivati a questo – Lo sfogo di una madre su Facebook: “I miei figli adottivi vivono nel terrore grazie a Salvini”…!

 

Vi consigliamo vivamente di leggere anche questo:

L’ennesima cazzata razzista di Salvini. E la fantastica risposta di un utente Facebook. La miseria di un politico contro la grandezza della gente comune!!

Lo sfogo di una madre su Facebook: “I miei figli adottivi vivono nel terrore grazie a Salvini”

In una lettera aperta una mamma di due bimbi africani attacca il leader della Lega su Facebook: “Volevo ringraziarla perché sta regalando ai miei figli dei momenti di terrore davvero fuori dal comune”.

 

Una mamma adottiva su Facebook, la signora Gabriella Nobile, imprenditrice 49enne di Taranto trasferita a Milano, si è rivolta direttamente al leader della Lega Salvini, per accusarlo di alimentare la paura e un senso di insicurezza nei suoi bambini. La donna ha adottato i suoi figli quando avevano 2 anni il maschietto e pochi mesi l’altra: “Parlano un accento smaccatamente milanese entrambi. Sono super-integrati, più di me che vengo dalla Puglia”, ha raccontato al Corriere.

Il post sul social network, datato 25 febbraio, è un lungo sfogo della signora, preoccupata per i toni di questa campagna elettorale: “Caro Salvini, sono una mamma adottiva di due splendidi bambini africani, volevo ringraziarla perché sta regalando ai miei figli dei momenti di terrore davvero fuori dal comune. Mia figlia di 7 anni prima di andare a letto mi chiede “ma se vince quello che parla male di noi mi rimandano in Africa?” E piange disperata. Mio figlio invece, prende l’autobus per andare agli allenamenti di calcio quasi tutti i giorni e da circa un paio di mesi mi racconta di insulti che è costretto a subire da suoi gentili simpatizzanti”.

La lettera aperta è stata scritta dopo il “giuramento” che il leader della Lega ha fatto in pubblico nella piazza di Milano, esibendo la Costituzione e il Vangelo, e pronunciando queste solenni parole: “Mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, a 60 milioni di italiani, di servirlo con onestà e coraggio”. Una summa della sua campagna elettorale, imperniata su messaggi di esclusione e odio, con continui riferimenti al concetto cardine del suo programma “Prima gli italiani”.

“Dire ad un bambino di 12 anni, che oltretutto veste una divisa sportiva : sporco n…, n… di mer…, torna a casa tua, venite qui rubare e ammazzare le nostre donne…credo che sia la palese dimostrazione di come questo paese, grazie a persone come lei, stia lentamente scivolando nel baratro. Nei suoi ipocriti slogan “prima gli italiani” c’è tutta l’ignoranza di colui che non ha ancora capito che l’italiano è colui che ama l’Italia non che ci è nato! Come io sono mamma perché amo i miei figli e non perché li ho partoriti. Faccia la guerra a coloro che ci hanno ridotto al collasso. Benpensanti italici che hanno impoverito di cultura e di valori questo bellissimo Paese facendo guerre contro i poveri, gli immigrati, i gay, i rifugiati…tutto per una sola bieca motivazione. Distogliere l’attenzione dalle malefatte (e non uso termini peggiori perché sono una Signora) che imperterriti continuate a perpetuare a chi in questo paese ci crede davvero”.

Il post ha ricevuto quarantamila like e 30mila condivisioni, diventando virale su Facebook. Dopo la sua denuncia la signora ha precisato di non aver voluto fornire “indicazioni di voto o fare politica. Mi sono rivolta a lui perché ritengo che certe posizioni della Lega non aiutino in termini di integrazione. Prima Bossi ce l’aveva con i “terroni”. Ora hanno tolto “Nord” dal nome del partito e se la prendono con gli extracomunitari”.

La risposta di Salvini
Salvini prova a rassicurare la signora Nobile, rispondendo con un altro post su Facebook: “Una mamma che ha adottato due bimbi africani dice che i suoi figli hanno paura di me? Sbaglia, lo dico con affetto, da papà. Basterebbe che la mamma spiegasse ai suoi figli che io allontanerò dall’Italia delinquenti, clandestini e spacciatori, non certo i bambini! Voglio un Paese più sicuro per tutti, soprattutto per i nostri figli. Questo mi chiedono non solo gli italiani ma anche tanti immigrati, regolari e perbene, che vivono in questo Paese. Anzi, al governo lavorerò per rendere più veloci e meno costose le adozioni per le migliaia di coppie che attendono questa gioia da anni, non avendo 30.000 euro da spendere o anni per aspettare” – e conclude con un invito – “Visto che viviamo entrambi a Milano, sarei ben felice di offrirle un caffè al parco, mentre i nostri bimbi giocano insieme”.

 

fonte: https://www.fanpage.it/lo-sfogo-di-una-madre-su-facebook-i-miei-figli-adottivi-vivono-nel-terrore-grazie-a-salvini/p1/

La storia di Maurizio Agostini che i Tg hanno dimenticato di raccontarci: il “bravo e onesto” consigliere leghista arrestato alla frontiera con tre etti di cocaina purissima insieme al complice albanese “clandestino”…

 

Maurizio Agostini

 

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La storia di Maurizio Agostini che i Tg hanno dimenticato di raccontarci: il “bravo e onesto” consigliere leghista arrestato alla frontiera con tre etti di cocaina purissima insieme al complice albanese “clandestino”…

Quello a sinistra nella foto è Maurizio Agostini, il consigliere leghista del comune di Matterello in provincia di Trento, arrestato qualche giorno fa, mentre cercava di passare la frontiera con tre etti di cocaina purissima.

Il paradosso è che il “bravo e onesto” leghista era in compagnia di un complice albanese “clandestino” e senza fissa dimora, arrivato in Italia con un permesso turistico di tre mesi.

Tutta la vicenda sembra “coerente” con le battaglie del Carroccio ed i proclami del tizio a destra – di cui si attendono commenti – per la sicurezza della città e per la «pulizia» da traffici illeciti e da persone “irregolari”. 

Da L’Adige.it:

Cocaina, in cella consigliere leghista di Mattarello

La cocaina era avvolta in involucri coperti da talco al profumo di mentolo, nascosta dietro il vano portaoggetti dell’auto. Temendo il fiuto dei cani antidroga, i «corrieri» hanno tentato questo escamotage per nascondere l’odore persistente della sostanza.

Non hanno però tenuto conto dell’occhio esperto dei carabinieri: è così che da un controllo del territorio è scattato l’arresto di due uomini, con il sequestro di 330 grammi di stupefacente puro all’80% che sulla piazza, dunque dopo «il taglio», avrebbe potuto vale dai 60 ai 70mila euro.

In cella è finito un 51enne noto a Mattarello, sia per la sua professione che per l’impegno per la comunità: si tratta del consigliere circoscrizionale leghista Maurizio Agostini, che fino a qualche mese fa ha gestito un bar nel sobborgo.

Arrestato anche l’uomo che era con lui in auto, Stefan Dushku, 38enne albanese, in Italia senza fissa dimora. Al suo legale l’uomo ha spiegato di essere arrivato nel nostro Paese in cerca di lavoro, con un permesso turistico di tre mesi.

L’operazione è avvenuta sabato scorso, ma è stata resa nota dai carabinieri solo nella giornata di ieri. In azione i militari del nucleo investigativo provinciale, con la collaborazione del nucleo operativo della compagnia di Trento.

I due «corrieri della droga» erano a bordo di una vecchia Hyundai Atos, condotta da Agostini e fermata al casello di Trento sud. «L’agitazione dei due ha fatto immediatamente insospettire i carabinieri – evidenziano i vertici dell’Arma provinciale – che hanno da subito perquisito il mezzo, trovando a bordo più di tre etti di cocaina purissima divisa in tre confezioni».

Gli involucri esterni erano cosparsi di parecchia polvere di talco mentolato, per ingannare eventuali controlli con i cani antidroga. Ma l’intervento della squadra cinofila non è stato necessario, perché gli investigatori sono riusciti a trovare la droga dopo aver rovistato per bene nell’auto: le confezioni di cocaina erano nel vano del cruscotto, nascoste nel retro; i due grossi cacciaviti trovati nell’auto nel corso della perquisizione sarebbero serviti, secondo gli investigatori, proprio per smontare il portaoggetti e per occultare lo stupefacente.

Per i due è stato disposto l’accompagnamento in carcere. Nell’interrogatorio di convalida, davanti al giudice Francesco Forlenza, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Le indagini non sono finite. I carabinieri vogliono accertare la provenienza dello stupefacente e la destinazione del «carico». Nell’auto è stato trovato uno scontrino dell’autostrada che indicherebbe il passaggio della Hyundai al casello di Bergamo, ma si tratta di un’indicazione che deve essere confermata da altri elementi.
Il controllo di sabato rientra nell’abito delle verifiche sui «flussi di transito», ossia su persone e mezzi che si spostano sul territorio.

«Per rispondere alla sempre maggiore richiesta di sicurezza dei cittadini – evidenziano i carabinieri – su disposizione del comando provinciale, l’Arma non interrompe la propria opera ma anzi la intensifica, orientando il proprio agire anche sul traffico di stupefacenti che alimenta la piazza».


FUGATTI: «CADO DALLE NUVOLE, CONSIGLIERE ESPULSO»

Per la Lega è una doccia non fredda, ma ghiacciata. L’arresto di un militante per spaccio di sostanze stupefacenti è, per dirla con Maurizio Fugatti, «in totale controtendenza con ciò che è la Lega».

D’altronde sono prerogativa del Carroccio le battaglie per la sicurezza della città e per la «pulizia» da traffici illeciti e da persone irregolari. Ad alcune manifestazioni, in passato, aveva partecipato lo stesso Maurizio Agostini, che ora si trova in cella come il 38enne albanese che viaggiava in auto con lui.

«È una notizia che non mi sarei mai aspettato. Spero che la cosa venga chiarita, augurandomi che la persona sia del tutto estranea alla vicenda – evidenzia il consigliere provinciale e segretario della Lega Nord del Trentino Fugatti – È chiaro che, come Lega, ci dissociamo da discorsi di questo tipo. Diciamo che, personalmente, casco dalle nuvole».

Non era da tantissimi anni, ricorda Fugatti, che Agostini era entrato nel Carroccio. «Ultimamente – aggiunge – lo abbiamo visto poco. Ma fino
ad un anno fa partecipava con una certa frequenza alle riunioni di sezione ed alle nostre attività. Mi ricordo di averlo visto l’ultima volta in una conferenza stampa. A parte gli ultimi mesi, in passato era abbastanza attivo, insomma per la Lega c’era».

E Agostini c’era anche per la comunità: in consiglio circoscrizionale non si ricordano una sua assenza e numerosi sono stati anche i documenti presentati in un anno e mezzo di attività. Lunedì scorso in molti si sono stupiti nel non vederlo in aula.

Agostini, che in consiglio circoscrizionale aveva preso il posto di Vittorio Bridi (entrato in consiglio comunale), riceverà nelle prossime ore la visita in carcere del suo legale di fiducia, l’avvocato Zeno Perinelli: verrà analizzata la documentazione per poi valutare come procedere nella difesa.

L’Adige.it

Per non dimenticare – Lega ladrona ridacci i nostri 49 milioni!

Lega

 

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Per non dimenticare – Lega ladrona ridacci i nostri 49 milioni!

Lega Ladrona ridacci i 49 milioni di euro, tutti soldi nostri

Quarantanove milioni di euro confiscati alla Lega Nord. È la truffa del secolo. La sentenza del Tribunale di Genova di ieri, come previsto, non lascia scampo alla Lega Nord che rischia la bancarotta.

Condannati per “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” l’ex segretario politico Umberto Bossi (2 anni e mezzo) e l’ex segretario amministrativo Francesco Belsito (4 anni e 10 mesi), nonché i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo).

Il Tribunale di Genova ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico: cioè di quei rimborsi elettorali che nel 2008-2010 rimpinguarono le casse della Lega Ladrona sulla scorta di rendiconti ingannatori perché o senza giustificativi o con spese per finalità estranee al partito.

La confisca, ovviamente, essendo in primo grado, non è immediatamente esecutiva. Ma prima o poi il conto arriverà, indipendentemente dal fatto (assai possibile) che nelle more dei futuri processi d’Appello e di Cassazione maturi la prescrizione del reato.

Mi viene da ridere“, ha detto al Corriere della Sera l’attuale segretario Matteo Salvini. “Al massimo possiamo pagare 49 euro”. Noi italiani non ridiamo Salvini.

Cari Bossi e Salvini ridateci tutti i soldi. Restituiteci i 48 milioni e 969.000 di euro di rimborsi elettorali che vi siete fregati ed avete usato per pagarvi le spese personali più varie. Sono soldi dei cittadini, non vostri.

Secondo l’ultimo bilancio del partito, chiuso pochi giorni fa, la Lega Nord ha a disposizione liquidità per appena 165 mila euro, beni patrimoniali per 5 milioni e 671 mila euro, soprattutto sotto forma di immobili come le sedi di partito, mentre i debiti sono pari a 1 milione e 569 mila euro. Salvini che fine hanno fatto tutti i soldi?

Comunque, incominciate a darci questi, prendiamo pure le mutande verdi usate e  la “laurea albanese” del Trota che useremo per pulirci il culo.

Prima gli italiani! Mi dispiace ma la legge è uguale per tutti. Lega Ladrona!

Buona mazzetta a tutti, avanti un altro c’è sempre posto. Intanto a pagare sono solo i cittadini.

 

fonte: http://uomoqualunque.net/2017/07/lega-ladrona-ridacci-49-milioni-di-euro/

Lettera di un cittadino di Como al sindaco che ha VIETATO di distribuire latte caldo ai senza dimora che sono SOPRAVVISSUTI ad una gelida notte d’inverno.

 

Como

 

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Lettera di un cittadino di Como al sindaco che ha VIETATO di distribuire latte caldo ai senza dimora che sono SOPRAVVISSUTI ad una gelida notte d’inverno.

L’avete guardatela bene? Questa bella faccia sorridente è quella del sindaco di Como, Mario Landriscina, sostenuto da Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia, che ha VIETATO di DISTRIBUIRE LATTE CALDO ai SENZA DIMORA che SONO SOPRAVVISSUTI ad una GELIDA NOTTE D’INVERNO.

Loro dignità non ne hanno. Abbiatene voi quando andrete a votare!

Da Fanpage.it:

Lettera al sindaco di Como che ha vietato di distribuire latte caldo ai senza dimora

Caro sindaco, le ordinanze che vietano il latte caldo la mattina, a chi è sopravvissuto a una notte d’inverno, mi tolgono la voglia di comprare e un po’ anche quella di vivere. La sua ordinanza è la più grande mancanza di decoro per chi voglia, ancora oggi, provare a specchiarsi nell’umanità.

Caro sindaco di Como Mario Landriscina,
ho letto la sua ordinanza, con la quale ha multato chi chiedeva l’elemosina e sequestrato i ferri della loro disturbante attività: cappelli e cartoni. Me la immagino, la polizia municipale a redigere il verbale per il sequestro di un barattolo di latta, vuoto.

Pasolini ci avrebbe fatto un film, io le scrivo una lettera.

Ho saputo che con la sua ordinanza è stato impedito a un gruppo di volontari, il “Gruppo colazione” – che il pericolo si evince già dal nome – di distribuire latte caldo ai clochard. Ho saputo anche che i sovversivi del latte non si limitavano a quello, ma ogni tanto distribuivano ai barboni pure dei dolcetti.

L’ordinanza, lei ha detto, resterà in vigore solo durante il Natale e serve per la “tutela della vivibilità e il decoro del centro urbano”, che favorirebbe il commercio.

Onestamente, io non so se senza poveri in giro la gente compri più volentieri.
Io non so, ad esempio, se senza poveri aumenterebbe la mia voglia di pizza, oppure se i poveri mi tolgono la fame.
Io non so se senza poveri a giro mi convincerei più facilmente a cambiare auto, comprare una borsa nuova, investire in un paio di scarpe di marca.
Io non lo so, e onestamente non mi interessa.

Però di una cosa sono sicuro: le ordinanze che colpiscono i poveri, invece della povertà, mi aggrovigliano lo stomaco e rendono la digestione difficoltosa.
Io so che le ordinanze che vietano il latte caldo la mattina, a chi è sopravvissuto a una notte d’inverno, mi tolgono la voglia di comprare, e un po’ anche quella di vivere.
Io so che chi gioca con il potere, per compiacere altri poteri, è una mancanza di decoro peggiore di qualsiasi coperta di lana tirata sopra le gambe fredde, nel cuore della notte.

Io non so, caro sindaco, se la storia di Gesù bambino, della capannuccia e della stella cometa sia del tutto vera, se sia andata proprio in quella maniera. Ogni tanto me lo chiedo. Però sono abbastanza certo che famiglie di disperati costretti ai margini ci siano sempre state, e che la colpa sia sempre stata di qualche Erode, che continuava la persecuzione degli ultimi della fila anche una volta ricacciati sotto i ponti ed esiliati dentro le capannucce.

Caro sindaco, le auguro un pranzo di Natale sovversivo, fatto di latte caldo e occhi che le consentano di inciampare nella bellezza del mondo, riconoscendo innanzitutto la distinzione fra condizione e persona.

tratto da: https://www.fanpage.it/lettera-al-sindaco-di-como-che-ha-vietato-di-distribuire-latte-caldo-ai-senza-dimora/

“Noi non dimentichiamo gli insulti contro la Sicilia” – No, cari Siciliani, pare proprio che ve ne state dimenticando. Vi rinfreschiamo la memoria: 25 anni di insulti leghisti contro il Sud.

Sicilia

 

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“Noi non dimentichiamo gli insulti contro la Sicilia” – No, cari Siciliani, pare proprio che ve ne state dimenticando. Vi rinfreschiamo la memoria: 25 anni di insulti leghisti contro il Sud.

Premesso che la Lega non ha insultato solo il Sud. Anzi forse la prima vettima del carroccio è stato proprio il Nord. Un grande, prolungato insulto all’intelligenza. Una presa per i fondelli continua.

Ma 25 anni di Lega quale concreto vantaggio ha portato al Nord? Gli unici a trarne vantaggio sono stati i politici leghisti che non hanno mai disdegnato i faraonici stipendi provenienti da “Roma ladrona” né i vitalizi d’oro né tantomeno gli “arrotondamenti” più o meno legali (ma molto meno).

E vogliamo parlare della secessione? 25 anni di presa per il culo e poi? …scusate tanto, abbiamo scherzato (anzi lo hanno fatto senza manco chiedere scusa. Anzi senza proprio dire niente) fino all’ultima beffa del popolo “Padano”: via il “nord” dalla “lega”

Ormai lo sappiamo, obiettivo primario della “politica” è prendere per i fondelli la Gente. E su questo, tanto di cappello ai politici leghisti!

by Eles

25 anni di insulti leghisti contro il Mezzogiorno. Che il Sud non dimentica
Il Mezzogiorno non dimentica 25 anni di insulti leghisti. Ecco i peggiori.
Di Mauro Orrico – 11 MARZO 2017

Una delle ultime campagne elettorali di Matteo Salvini, quella delle elezioni regionali del 31 maggio 2015, è stata tra le più costose che la “casta” ricordi: oltre 8 mila agenti hanno scortato il leader leghista nelle sue tappe in giro per lo Stivale. Agenti – hanno accusato Pd e M5S – sottratti al controllo delle nostre città per difendere il capitano – così lo chiamano i suoi seguaci – dalle decine di contestazioni che lo hanno accolto, soprattutto al sud. La storia si ripete e, oggi come ieri, Napoli “caccia” il leader leghista. Contro la manifestazione che ha visto la partecipazione di Matteo Salvini alla Mostra d’Oltremare, hanno sfilato in centinaia. Al corteo anti leghista ha aderito anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. In queste ore sono in corso scontri, lacrimogeni e tafferugli tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Mentre si consuma lo scontro a distanza tra il sindaco e il prefetto che ha autorizzato il comizio del leader del Carroccio, nonostante la contrarietà del primo cittadino. Alla base delle contestazioni non vi sono soltanto le posizioni di Salvini su migranti e sicurezza. Ma anni di insulti, allusioni, offese leghiste contro i meridionali.

Recentemente Matteo Salvini ha chiesto scusa per i suoi attacchi. Una svolta improvvisa che più di un cambiamento culturale ha il sapore di una metamorfosi di facciata, per espandere il consenso oltre i confini padani. La conversione leghista non trova però riscontri nell’attività parlamentare. Un anno fa, ilfattoquotidiano.it ha monitorato le proposte di legge del Carrocciodepositate in Parlamento dall’inizio di questa legislatura. Tra tutti i testi, sono pochissimi quelli rivolti al Sud. Tra questi, uno riguarda il tema immigrazione a Lampedusa e Linosa. E poco altro.

I peggiori epiteti leghisti contro il Mezzogiorno
Roma ladrona è ormai celeberrima, ma decisamente superata dagli scandali di ogni genere che in questi anni hanno macchiato i curricula padani. Noi abbiamo fatto una selezione dei peggiori insulti – tra i tanti – rivolti verso il Centro Sud, in 25 anni di storia leghista, da Salvini a Borghezio, da Comencini a Bossi.

2009. Festa di Pontida. Salvini intona questo coro:
“Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”

In seguito ha precisato:
“Sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”.

2011. In merito al terremoto a L’Aquila, l’europarlamentare Mario Borghezio dichiara:
“Questa parte del Paese non cambia mai, l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud. Il comportamento di molte zone terremotate dell’Abruzzo è stato singolare, abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate”.

Agosto 2012. Salvini su Facebook:
“Una sciura sicialiana grida e dice “vogliamo l’indipendenza, stiamo stanchi degli attacchi del Nord”. Evvaiiiiiiii”

Settembre 2012. Vito Comencini, segretario di sezione e vice coordinatore provinciale dei Giovani padani, su Radio Padania, dice:
«Carta igienica al Sud, che devono ancora capire a cosa serve».

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Novembre 2012. Donatella Galli, consigliera leghista della provincia di Monza e Brianza, invoca l’aiuto dei vulcani per pulire il sud:
“Forza Etna, Forza Vesuvio, Forza Marsili!!!”

2013. Al Congresso Giovani Padani, Matteo Salvini esclama:
“Ho letto sul Sole 24 Ore che, ancora una volta, verranno aiutati i giovani del Mezzogiorno. Ci siamo rotti i coglioni dei giovani del Mezzogiorno, che vadano a fanculo i giovani del Mezzogiorno! Al Sud non fanno un emerito cazzo dalla mattina alla sera. Al di là di tutto, sono bellissimi paesaggi al Sud, il problema è la gente che ci abita. Sono così, loro ce l’hanno proprio dentro il culto di non fare un cazzo dalla mattina alla sera, mentre noi siamo abituati a lavorare dalla mattina alla sera e ci tira un po’ il culo”.

Se oggi Salvini si dichiara acerrimo nemico dell’euro, poco tempo fa non la pensava nello stesso modo. E il Sud, a suo dire, l’euro non lo meritava.

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2014. Riguardo ad una possibile riforma della Scuola, il solito Salvini dichiara:
“Bloccare l’esodo degli insegnanti precari meridionali al Nord”.

Dicembre 2014. Il leader del Carroccio scrive su facebook:
“Chi scappa non merita di stare qui, lo considero un fannullone. E non è un caso che siano AFRICANI o MERIDIONALI ad andarsene, gente senza cultura del lavoro”.

Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso:
“E’ proprio per questo che invito ad assumere trevigiani: i meridionali vengono qua come sanguisughe”.

E, ancora, un’altra storica “perla” salviniana:
“Carrozze metro solo per milanesi”.

25 anni di insulti, non solo contro il Centro Sud
Ma non solo i meridionali sono stati al centro di anni di insulti leghisti. Anche i migranti, gli omosessuali, i disabili e tutte le minoranze. Ecco alcuni dei più raccapriccianti.

“Nella vita penso si debba provare tutto tranne due cose: i culattoni e la droga”.
(Renzo Bossi, ex consigliere regionale della Lombardia)

“I disabili nella scuola? Ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici, più utile metterli su percorsi differenziati”.
(Pietro Fontanini, presidente della provincia di Udine)

“Meglio noi del centrodestra che andiamo con le donne, che quelli del centrosinistra che vanno con i culattoni”.
(Umberto Bossi, ex ministro delle Riforme per il Federalismo)

tratto da: http://www.facemagazine.it/25-anni-di-insulti-leghisti-che-il-sud-non-dimentica/

Si fa tanta ironia sulla Salerno-Reggio Calabria, ma si tace Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia e simbolo dei fiaschi della Lega. Un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti per il quale è stato chiesto il fallimento!

 

Pedemontana

 

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Si fa tanta ironia sulla Salerno-Reggio Calabria, ma si tace Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia e simbolo dei fiaschi della Lega. Un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti per il quale è stato chiesto il fallimento!

 

L’infrastruttura è un capriccio politico costato 5 miliardi ai contribuenti e ora ne è stato chiesto il fallimento. Nel tratto già aperto il traffico è metà del previsto. Mentre i finanziatori privati sono svaniti nel nulla

DI GIANFRANCESCO TURANO

28 luglio 2017

Le infrastrutture sono un sottogenere della commedia all’italiana. Si ride con l’amaro in bocca da nord a sud. Non si è ancora conclusa la saga ventennale della Salerno-Reggio Calabria che la scena si sposta verso le brume padane con un micidiale trittico di fallimenti: Brebemi, Teem e Pedemontana lombarda, l’autostrada pubblica più cara della storia d’Italia al costo, per ora, di 57,8 milioni di euro al chilometro in un territorio molto urbanizzato ma non particolarmente complesso sotto il profilo ingegneristico.

Per la Pedemontana la parola fallimento va intesa in ogni senso, incluso quello giuridico. La Procura di Milano ha chiesto all’azionista di maggioranza, la Regione, di staccare la spina su un’iniziativa che doveva vedere i privati in prima fila e che è arrivata a un conto da 5 miliardi di euro, tutti a carico del contribuente. Da lunedì 24 luglio, i pedemontani presenteranno le loro controdeduzioni e, s’intende, respingeranno ogni addebito a differenza del contribuente citato sopra che sarà tosato nel più puro stile Roma ladrona dalle addizionali del governatore leghista Roberto Maroni.

Dietro il processo c’è molto di più di una questione contabile. Da Varese alla bergamasca, da Como alla bassa Brianza, la Pedemontana attraversa il cuore e la pancia della Padania. Il varesino Maroni, avviato verso il referendum sull’autonomia del 22 ottobre, ha detto di volersi ricandidare in febbraio per potere inaugurare il tracciato completo nel 2021. Non è colpa sua se i soldi sono finiti, i finanziatori privati sono svaniti nel nulla e l’autostrada non ha aperto per Expo 2015. Non è colpa sua se la gente preferisce ingorgare le vecchie strade pur di non pagare.

In realtà, anche se le previsioni di traffico fossero state corrette, un investitore privato non si sarebbe mai infilato in un tunnel di costi infiniti. Per la Pedemontana si sono fatte le cose in grande. Non solo gallerie, ma anche trincee per fare scorrere il traffico al di sotto del livello della campagna in modo ecocompatibile, 22 mila espropri a prezzi di mercato e tante opere compensative a beneficio dei sindaci nei luoghi di interferenza del tracciato con i centri urbani.

Fin qui c’è poco da ridere, si dirà. Giusto. Allora incominciamo con lo spettacolo. La Pedemontana lombarda è la prima autostrada italiana che applica il sistema free-flow. Niente caselli. Basta il telepass, il conto targa o l’app. Sulle tangenziali di Varese e di Como non si sarebbe dovuto pagare pedaggio. Non è stato possibile mantenere l’impegno se non nell’anno semigiubilare dell’Expo. Con le elezioni in arrivo a febbraio dell’anno prossimo, Maroni si è impegnato a ripristinare i passaggi gratuiti sulle due tangenziali, non si capisce in base a quale piano di sostenibilità finanziaria.

La cosa certa, per il momento, è che chiunque prenda i 30 chilometri della Pedemontana paga la tariffa più alta del territorio nazionale: 21 centesimi di euro al chilometro per le automobili. La costosissima e desertificata Brebemi ne costa 18, la Teem (tangenziale esterna est Milano) ne chiede 19. Sulla Milano-Roma si paga un terzo (7 centesimi al chilometro).

Questo ha comportato un livello di traffico giornaliero pari a metà del previsto (31 mila veicoli invece di 62 mila). Circa il 25 per cento non paga. Le targhe svizzere guidano la lista degli evasori (2 milioni di veicoli complessivi). Ma niente paura. La Pedemontana ha concluso un accordo con il Touring club del Canton Ticino e, a beneficio di chi scansa la dogana di Ponte Chiasso e preferisce il valico di Gaggiolo, ha piazzato una serie di cartelli per suscitare negli elvetici il desiderio di mettersi in regola. Altrimenti? Altrimenti ci arrabbiamo, avrebbe detto il compianto Bud Spencer. La Pedemontana ha annunciato un’azione di recupero pedaggi con la spedizione di 2 milioni di lettere ai furbetti che hanno tradotto l’espressione free-flow con “scorro gratis”. Un quarto circa delle lettere è stato già inviato. Il che non significa che sia arrivato.

Lo scorso inverno poco dopo le ferie natalizie negli acquitrini intorno ad Albairate e a Rosate, paesi della cintura ovest milanese ancora verdi e ricchi di boschi, sono stati trovati 40 chilogrammi di solleciti che la Pedemontana aveva affidato alla società di spedizioni palermitana Smmart post. A 10 grammi a lettera fanno 4000 buste. La Pedemontana ha immediatamente rescisso il contratto con Smmart post e ha annunciato un’azione di risarcimento. Resta il fatto che il recupero crediti appare problematico. La concessionaria ha chiuso il 2016 con 24 milioni di incassi dal free-flow contro 16,4 milioni di costi di gestione, metà dei quali vengono dal costo dei 117 dipendenti (5 per chilometro aperto al traffico), più 10 milioni di oneri finanziari dovuti ai prestiti dei soci di minoranza Intesa e Ubi, per un risultato di bilancio negativo per 7,8 milioni (-22,6 milioni nel 2015).

Se Maroni manterrà la promessa di rendere gratuite le due tangenziali di Varese e Como, dove passano 17 mila veicoli al giorno, rimarranno solo i 14 mila dell’A36, che porta da Lomazzo a Cassano Magnago, il paese di Umberto Bossi. Questi dati sono la pietra tombale per ogni ipotesi di ingresso da parte di quei capitali privati che, nello schema di project financing iniziale, dovevano farsi carico dei due terzi dell’opera.

La Caporetto di Beniamino Gavio sulla Brebemi è un dissuasore potente ma va detto che nella Pedemontana non ci ha mai creduto nessun imprenditore, salvo le banche garantite dai 450 milioni di euro di fondo di garanzia regionale. L’aumento di capitale da 267 milioni di euro deciso nel 2013, all’inizio della legislatura di Maroni, è stato sottoscritto soltanto dalla Regione (32 milioni). Per i rimanenti 235 milioni di euro si è passati da una proroga all’altra, per un totale di sei.

L’ultimo closing ha come limite il 31 gennaio 2018, a ridosso delle regionali dove Maroni potrebbe affrontare il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Al di là degli usi elettorali della nuova autostrada, un tempo concepita proprio per unire l’aeroporto varesotto di Malpensa con quello bergamasco di Orio, la Pedemontana è una coproduzione dell’intero schieramento politico. Fra le poche eccezioni figurano i grillini e Giuliano Pisapia, che, da sindaco di Milano, nel 2014 ebbe il suo momento di rivolta in stile fantozziano («la Pedemontana lombarda è una cagata pazzesca») prima di essere crocifisso in sala mensa dai leghisti, dai formigoniani al crepuscolo e dal segretario regionale democrat, il varesino Alessandro Alfieri, che oggi si concede qualche pacata forma di antagonismo («la Pedemontana è il simbolo del fallimento di Maroni»).

Anche Antonio Di Pietro si è lasciato andare a qualche critica. Il fondatore dell’Idv è presente nella sceneggiatura del cinepanettone pedemontano con un doppio ruolo. Venti anni fa era ministro delle Infrastrutture, entusiasta alla presentazione del progetto a fianco del plenipotenziario formigoniano Raffaele Cattaneo. Più di recente è stato presidente di Pedemontana benché per un solo anno, dal 2016 al 2017 dopo l’ex Poste Massimo Sarmi. Dallo scorso giugno l’ex pm di Mani Pulite ha ceduto il volante definendo l’opera “faraonica” ma ormai inevitabile. Il suo posto è stato preso da un altro presidente che alla Procura di Milano si muove come a casa sua. È Federico Maurizio D’Andrea, ex ufficiale della Guardia di Finanza a fianco di Saverio Borrelli e Gherardo Colombo, riconvertitosi in manager (Telecom, Olivetti, Sogei, organo di vigilanza del Sole 24 ore) e proprietario di una piccola quota nella Banca Galileo, istituto di credito a diffusione locale finanziato da imprenditori mantovani e bergamaschi.

Di Pietro e D’Andrea sono uniti nel contestare la linea dei magistrati Paolo Filippini, Giovanni Polizzi e Roberto Pellicano (da luglio capo a Cremona), gli stessi che hanno in mano l’inchiesta Infront. Secondo il management della Pedemontana, la continuità aziendale della società concessionaria non si è mai interrotta. Bisogna solo trovare i 3 miliardi circa che servono a completare l’opera. L’eutanasia suggerita dalla Procura sarebbe ad alto rischio. Nelle valutazioni di Di Pietro, uno stop costerebbe 1 miliardo di euro in contenziosi. È un po’ quello che si sente dire periodicamente del ponte sullo Stretto.

Come per il ponte fra Sicilia e continente, anche la catastrofe pedemontana è bipartisan. A destra c’è stato un tempo in cui ci si disputava il merito di avere portato a casa l’opera fra la coppia forzista-ciellina Formigoni-Cattaneo e il binomio leghista formato dall’ex viceministro alle Infrastrutture, il lecchese Roberto Castelli, e dallo stesso Maroni.

Ma hanno tifato per l’infrastruttura Antonio Bargone, sottosegretario dalemiano nel 1999 con Nerio Nesi ministro, il bersaniano Filippo Penati e il suo successore berlusconiano Guido Podestà, quando la Provincia di Milano controllava la società prima di cedere alla Regione la Milano-Serravalle. Né bisogna scordare il ruolo giocato dal ministero delle Infrastrutture con Pietro Lunardi e Altero Matteoli. Il ministro in carica, Graziano Delrio, all’inizio di luglio ha perso la pazienza. «Lo Stato non può essere un bancomat», ha detto davanti ai sindaci della provincia di Monza e Brianza. «Se l’opera è stata pensata con dimensioni di traffico sbagliate, noi o i cittadini non possiamo metterci i soldi. Ne abbiamo già stanziati tanti: 1,2 miliardi più 800 milioni di defiscalizzazione. Cerchiamo di andare avanti con quello che c’è».

«È la Lombardia a essere stanca di fare da bancomat allo Stato» ha replicato l’assessore regionale ai trasporti Alessandro Sorte, lo stesso che voleva collegare l’aeroporto di Orio al Serio e il centro di Bergamo con una funivia. La verità è che la Pedemontana è una delle puntate dell’epopea del general contractor e riproduce, in piccolo ma non troppo, lo schema dell’alta velocità ferroviaria con un tocco di federalismo lumbard in più.

Per Delrio, nemico dichiarato del sistema del general contractor, è una nemesi gestire un’opera che non condivide nello schema e che ha all’origine il pasticcio chiamato Cal, l’ente concedente formato 50/50 da Anas e dalla Ilspa durante il regno di Antonio Rognoni, arrestato per gli appalti dell’Expo a marzo del 2014 e condannato in primo grado due anni dopo.

Nemico di arbitrati e transazioni, Delrio deve accettare che l’impresa appaltatrice del lotto 2, austriaca Strabag, abbia ottenuto una revisione prezzi da 61 milioni di euro grazie a un accordo bonario fra gli avvocati Paolo Clarizia, Luigi Strano e Domenico Aiello, il legale di fiducia di Maroni. Proprio il professionista calabrese è tornato alle cronache per la parcella da 188 mila euro ottenuta nel processo della Regione contro l’ex governatore Formigoni e per la lombosciatalgia che ha causato una serie di rinvii al processo milanese contro Maroni per le nomine negli organismi dell’Expo. Da questo verdetto dipende il futuro politico del governatore. Il futuro della Pedemontana, invece, sembra già segnato. Un’incompiuta in più.

fonte: http://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2017/07/28/news/pedemontana-l-autostrada-voragine-simbolo-dei-fallimenti-della-lega-1.306680?ncid=fcbklnkithpmg00000001

Il consigliere leghista Fabio Tuiach: “Il femminicidio non esiste, è un’invenzione della sinistra” – Capito femmine? Ora con la complicità della sinistra vi siete inventate anche il “femminicidio” …Per favore, cercate di crepare senza dare fastidio al povero Tuiach

 

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Il consigliere leghista Fabio Tuiach: “Il femminicidio non esiste, è un’invenzione della sinistra” – Capito femmine? Ora con la complicità della sinistra vi siete inventate anche il “femminicidio” …Per favore, cercate di crepare senza dare fastidio al povero Tuiach

…Ma il problema non sono le cazzate che sparano Tuiach ed i suoi compari leghisti. Il problema è che c’è gente che invece di lanciargli noccioline e banane, li vota!

Non mancano precedenti a testimoniare l’assoluta carenza di neuroni nella testa del leghista Fabio Tuiach, dal “Maometto pedofilo” alla bufala dei migranti che frequentano a titolo gratuito le palestre triestine, al “mi piace” al fotomontaggio filo-nazista del centro sociale sovrastato dal motto nazista Arbeit Macht Frei.

Ma questo supera il limite. A testimonianza di quali siano i requisiti necessari per votare Lega.

Scrive Fanpage:

“Il femminicidio è un’invenzione della sinistra”: la frase choc del consigliere leghista

Il consigliere comunale leghista Fabio Tuiach sostiene che “il femminicidio è un’invenzione della sinistra” prima durante una commissione e poi su Facebook. Pd e Si chiedono le dimissioni del consigliere.

Una frase choc detta durante i lavori di una commissione e poi ripetuta attraverso Facebook: “Il femminicidio è un’invenzione della sinistra”, secondo quanto dichiarato da Fabio Tuiach, consigliere comunale della Lega Nord a Trieste. Tuiach commenta sul social network un post pubblicato sul sito Movimento Libertario e scrive: “Questa mattina in commissione mi è scappata una verità scomoda che ha fatto infuriare la sinistra che fa battaglie per garantire a due uomini innamorati di potersi comprare un bimbo con l’utero in affitto!”.

“I grillini – continua – si sono scatenati quando ho ricordato che il femminicidio è un’invenzione della sinistra ma questi dati lo confermano”, spiega con riferimento al pezzo pubblicato su questo sito in cui si sostiene che l’Italia è uno dei paesi con uno tra i più bassi tassi al mondo di omicidi di donne. “Intanto – scrive ancora il consigliere leghista – in Italia gli unici che continuano a creare problemi sono i nuovi arrivati islamici che hanno una cultura completamente diversa dalla nostra. Ci sono anche italiani a volte, come i due rom che hanno picchiato la mia amica Hellen quando ha difeso con coraggio una collega picchiata a sua volta da un altro rom. Di oggi la notizia che sono tranquilli ai domiciliari a rilassarsi”.

Fabio Tuiach, ex pugile, aveva già fatto parlare di sé in passato per frasi di cattivo gusto. Una volta aveva sostenuto che “Maometto era un pedofilo”: affermazione che gli era costata il posto da vicecapogruppo. In passato aveva anche proposto di chiamare ‘culimoni’ la sala matrimoni del comune dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Pd e Si chiedono le dimissioni del consigliere leghista
Nicola Fratoianni, di Sinistra Italiana, chiede a Salvini di far dimettere il consigliere comunale di Trieste: “Si potrebbe definire un’uscita da osteria ma il femminicidio è un dramma talmente serio che l’unico sentimento è l’indignazione. Questo signore lo vada a dire ai familiari delle tante donne e ragazze uccise con una frequenza impressionante in questo Paese. Spero che ci ripensi e chieda scusa. Già che c’è faccia un gesto di dignità e si dimetta. E se non lo fa glielo imponga il suo capo Salvini”.

Stessa richiesta anche dalla senatrice del Pd Francesca Puglisi: “Le aberrazioni di Fabio Tuiach meritano una severa sanzione. Mi auguro che il segretario Salvini prenda provvedimenti. Dire che il femminicidio è un’invenzione della sinistra è troppo anche per la Lega. La violenza contro le donne ed i femminicidi sono una drammatica realtà tutti i giorni”.

 

Ricapitoliamo: Maroni, quello della Lega, quello che ha sperperato 23 milioni di euro di soldi pubblici per acquistare 24mila tablet (un affare, no?) per il voto elettronico su autonomia lombarda (una cazzata), TAGLIA L’ASSEGNO AI DISABILI GRAVISSIMI perchè non ha soldi…

 

Maroni

 

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Ricapitoliamo: Maroni, quello della Lega, quello che ha sperperato 23 milioni di euro di soldi pubblici per acquistare 24mila tablet (un affare, no?) per il voto elettronico su autonomia lombarda (una cazzata), TAGLIA L’ASSEGNO AI DISABILI GRAVISSIMI perchè non ha soldi…

Da Il Fatto Quotidiano:
Lombardia, Maroni taglia l’assegno ai disabili gravissimi: “Colpa del governo”. Le associazioni: “Famiglie al collasso”

Gli affetti da patologie gravi potevano contare su un assegno di cura regionale da mille euro mensili più un bonus assistenziale del comune che poteva raggiungere gli 800 euro. Dall’inizio dell’anno, però, la giunta lombarda ha tagliato la cumulabilità dei due contributi: “I criteri ministeriali – spiega il governatore – hanno allargato la platea dei beneficiari senza tuttavia aumentare le risorse”. Ma le associazioni non ci stanno

L’articolo continua QUI

Per rinfrescarVi la memoria, ecco chi è Maroni…

Da La Repubblica

LE SPESE DI MARONI

FATTI i conti, anche senza calcolatrice, 23 milioni di euro per 24mila tablet fanno circa mille euro per ogni apparecchio. Non esattamente un affarone, considerato che il governatore della Lombardia Roberto Maroni, a quel prezzo, sembrerebbe non aver ottenuto neppure lo sconto che generalmente il venditore accorda a chi acquista grandi quantità di merce. Anche peggio se si considera che quei 24mila tablet serviranno ai cittadini lombardi per esprimere il proprio voto in un referendum sostanzialmente inutile sull’autonomia della Lombardia. Inutile perché, contrariamente a ciò che la propaganda leghista ha già cominciato a sventolare, neppure un plebiscito di “sì” servirà a trattenere entro i confini della Regione una percentuale più alta delle tasse versate dai cittadini: nella campagna elettorale di cinque anni fa, Maroni aveva proclamato solennemente l’obiettivo di riportare sul territorio almeno il 75% delle tasse versate dai lombardi. Obiettivo riposto nel libro dei sogni da cui veniva all’indomani del successo elettorale del 2013.

Il referendum leghista serve — come recita testualmente il quesito — a chiedere che la Regione «intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Nulla più di questo. Autorizza cioè il governatore a intavolare una trattativa con Roma. Lo stesso risultato si sarebbe potuto ottenere, assai più facilmente e senza spese milionarie per le casse pubbliche, semplicemente seguendo le procedure introdotte con il “federalismo differenziato”, inserito in Costituzione nel 2011. Certo, si sarebbe dovuto redigere un progetto di autonomia rafforzata, lo si sarebbe dovuto costruire e motivare, discutere con gli enti locali e approvare in Consiglio regionale. Tutti atti che richiedono un piglio amministrativo che il governo della Lombardia, con tutta evidenza, non ha.

L’operazione referendum, dunque, si svela per quello che è. Un’operazione politica per segnare il terreno nel campo sismico del centrodestra, dove ancora non si capisce se esista e quale sia l’epicentro. E soprattutto un’operazione per rinfrescare, a pochi mesi dalle Regionali, l’immagine politica del governatore, appannata da quattro anni e mezzo di amministrazione grigia e punteggiata (non tanto quanto quella precedente di Formigoni, ma quasi) di scandali e inchieste giudiziarie. Per giunta, un’operazione a spese dei cittadini lombardi: ai 23 milioni di euro per l’acquisto dei tablet — che dopo il voto saranno ceduti in comodato d’uso alle scuole — si devono aggiungere i 3 milioni abbondanti messi in preventivo per la promozione del referendum (Milano e le altre città della Lombardia, da settimane, sono tappezzate dai manifesti che annunciano la data del referendum, il 22 ottobre) più ovviamente le spese per l’approntamento e la vigilanza dei seggi.

Per una volta però non sarà il Movimento Cinque Stelle a denunciare lo spreco di denaro pubblico: sono stati proprio i grillini, in Consiglio regionale, a condizionare il loro ok al referendum, necessario a Maroni per raggiungere la maggioranza qualificata, all’adozione del voto elettronico.

fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/07/27/le-spese-di-maroni29.html