L’accusa di Di Battista: “I giornali hanno mangiato con Autostrade ed ora provano a delegittimare il Governo”

 

Di Battista

 

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L’accusa di Di Battista: “I giornali hanno mangiato con Autostrade ed ora provano a delegittimare il Governo”

 

Di Battista a Otto e Mezzo: ‘I giornali hanno mangiato con Autostrade e provano a delegittimare il governo’

Collegato con lo studio di “Otto e Mezzo” dal Guatemale, Alessandro Di Battista ha affrontato la questione del concorso universitario per il quale aveva fatto domanda Giuseppe Conte nel febbraio scorso, prima delle elezioni, quando ancora non sapeva che sarebbe diventato premier.

“Mi sembra risibile – ha commentato l’ex deputato 5Stelle – che tutti i giornaloni diano tutto questo spazio a questa vicenda”.

“Per me – ha aggiunto – non deve fare il concorso adesso, deve fare il presidente del Consiglio, ma così sarà. C’è un tentativo incredibile, per me… legato alla nazionalizzazione di Autostrade, perché con Autostrade, con le pubblicità ci hanno mangiato anche un sacco di giornali, per cui è evidente che provano a legittimare questo governo, per me su str**zate”.

Alla domanda se il governo durerà cinque anni, Di Battista ha risposto:

“Non so, mi auguro che faccia cose buone. E, onestamente, nei primi cento giorni si è fatto tanto. E per me, ahimè, con il Partito Democratico non si sarebbe cancellato il vitalizio alla Camera, non sarebbe stato approvato il Decreto Dignità, in particolare proibire le pubblicità sul gioco d’azzardo (e mi sembra qualcosa di particolarmente importante perché il gioco d’azzardo uccide la vita sociale, economica e fisica di tanti italiani), non si sarebbe intervenuti sull’aereo di Stato di Renzi e non si sarebbe parlato della nazionalizzazione di Autostrade”.

La Gruber ha fatto notare a Di Battista che dopo cento giorni non è stata ancora fatta la legge sul reddito di cittadinanza e che sul taglio dei vitalizi pendono ricorsi. L’esponente pentastellato ha ribattuto:

“Per me il fatto che ci siano 700 ex deputati che facciano ricorso per riottenere il vitalizio è già un segnale di cambiamento, non erano mai stati colpiti gli ex deputati, sempre i cittadini nei governi precedenti”.

Quanto al reddito di cittadinanza, Di Battista ha detto: “Per me è fondamentale, io sono stato in Silicon Valley a fare delle inchieste: la piena occupazione con l’automatismo non ci sarà mai, per cui o garantiamo un reddito o ci saranno delle guerre sociali da qui ai prossimi cinquant’anni. Vedremo nelle prossime settimane”.

fonte: https://www.silenziefalsita.it/2018/09/11/di-battista-a-otto-e-mezzo-i-giornali-hanno-mangiato-con-autostrade-e-provano-a-delegittimare-il-governo/

Il Governo Conte riapre i dossier sulle banche – Adesso a tremare sono i banchieri…!

 

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Il Governo Conte riapre i dossier sulle banche – Adesso a tremare sono i banchieri…!

Era nell’aria, ora è certezza. Partono le prime picconate alle riforme dei governi Pd, premier Matteo Renzi in primis. Il governo pentaleghista ha intenzione di rivedere due delle riforme più importanti e contestate degli ultimi anni sul fronte bancario. Quella del credito cooperativo e delle banche popolari. Due provvedimenti, il primo datato 2016, il secondo 2015, giova ricordarlo, imposti al mercato a mezzo decreto legge, strumento normalmente utilizzato per questioni di carattere urgente e anche per questo motivo mai veramente digerito dal mondo delle Bcc e da quello delle popolari.

Tutto in poche frasi, contenute in un passaggio stringato della replica con cui il premier ha preceduto il voto di fiducia alla Camera, dopo quella di ieri al Senato (171 sì e 117 no). Ma quanto basta per rimettere in discussione un assetto ormai quasi consolidato. Per quanto riguarda infatti il riassetto del credito cooperativo (di cui Formiche.net, unitamente alla questione delle popolari, si è sovente occupata, qui l’ultimo focus), i due poli principali Cassa centrale e Iccrea hanno presentato istanza a Bce e Bankitalia già lo scorso marzo e ora attendono il bollino verde per poter attuare la riforma. Sempre che nel frattempo non arrivi un altro decreto legge, ma di stop, stavolta targato governo Conte.

E anche sulle popolari tutto è compiuto o quasi. Mancano all’appello per la trasformazione in spa solo le popolari di Sondrio e Bari, che però hanno già messo in moto gli ingranaggi (qui l’articolo di Formiche.net sull’ultima assemblea della popolare pugliese). Facendo dui conti, non sarà facile per le banche cooperative ed ex popolari tornare alla propria natura originaria, fermano un meccanismo messosi in moto ormai tre anni fa, che per il mondo della finanza non sono pochi.

“Sicuramente ci sarà una revisione dei provvedimenti sulle banche di credito cooperativo e banche popolari, soprattutto per quelle più integrate sul territorio: per recuperare la loro funzione che aiuta molto il tessuto produttivo”, ha annunciato Conte in Aula a Montecitorio. “Stiamo già maturando consapevolezza, che è nel contratto, e la valutazione che sia opportuno distinguere fra banche che erogano credito e soprattutto caratterizzate a livello territoriale e banche di investimento votate più alla speculazione”.

Ora, è vero che non è dato sapere ancora se e quando il governo interverrà, ma il messaggio arrivato dal governo gialloverde è chiaro: qualcosa si farà, se non un vero e proprio ripristino, quasi. “Ho incontrato durante le consultazioni i risparmiatori, che sono in forte difficoltà. Ci interessa più il problema di sistema: stiamo maturando consapevolezza e la valutazione, che è nel contratto”.
Chi non può non sorridere dinnanzi alla potenziale retromarcia sulle banche è il presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, uno dei combattenti di prima linea contro la riforma Renzi. In un suo recente intervento su Formiche.net, il banchiere piacentino ha ribadito la sua totale avversità a questa riforma. Raggiunto dal cronista di questa testata, Sforza Fogliani ha fatto delle puntualizzazioni.
“Ancora non abbiamo capito come e quando vogliono intervenire, ma certo oggi è un bel giorno per le banche di territorio. Le riforma del governo Renzi si sono abbattute su entità profondamente legate all’economia locale, provando a cancellarle. A dirla tutta penso che le Bcc siano state letteralmente rovinate, molto più delle popolari, perché costrette ad aderire a questa o quella holding, che poi sono solo due, Iccrea e Cassa”, ha spiegato Sforza Fogliani. “Non potrei che vedere con favore un ritorno alle origini per queste banche, anche attraverso l’azzeramento totale della riforma. Certo, nel caso delle popolari, ad eccezione di Bari e Sondrio che non sono ancora spa, ci sarebbe una procedura complessa per tornare allo statuto originario. Ma vale la pena tentare”.
Un chiarimento tecnico è arrivato dal senatore pentastellato Elio Lannutti, che come presidente dell’Adusbef ha seguito con attenzione i dossier bancari “la nostra linea è quella di ridare vigore alle banche del territorio ed evitare che con i risparmi sudati si possa fare speculazione ed investire in derivati e correre il pericolo che ora caratterizza grandi banche come Deutsche Bank, con molti derivati tossici in pancia. “Si cambia paradigma, le banche devono tornare a fare le banche e quelle del territorio non possono essere più scalabili. Questa riforma fatta sulle popolari è stato un grave danno per il sistema bancario italiano, le ha indebolite e rese più fragili. E in più c’è la riforma del credito cooperativo che farà ancora più male alle banche italiane”.
Chi dorme sonni poco tranquilli, almeno da oggi, è sicuramente l’universo bancario delle Bcc. Che per bocca della sua federazione, Federcasse, fa sapere di “essere destano preoccupata” dalla dichiarazioni di Conte. “La riforma ha l’obiettivo di rafforzare le banche locali per assicurarne la capacità di sostenere le piccole e medie imprese e le famiglie nei territori. Il gruppo Iccrea ha già inviato l’istanza per la costituzione del gruppo bancario cooperativo agli organismi di vigilanza europei ed italiani, a valle di un lungo, complesso ed impegnativo percorso progettuale con l’impiego di importanti risorse economiche. In tal senso, chiediamo con urgenza un incontro con il presidente del consiglio affinché possa chiarirci meglio la posizione del governo, rappresentandogli al contempo i rischi per l’economia locale derivanti da uno slittamento dei tempi della riforma”.

 

fonte: http://www.politicamentescorretto.info/2018/07/30/governo-conte-riapre-i-dossier-sulle-banche-adesso-tremano-i-banchieri/

Gioco d’azzardo: Italia prima in Europa a vietare pubblicità

 

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Gioco d’azzardo: Italia prima in Europa a vietare pubblicità

 

di Isabella Adinolfi, Efdd – Movimento 5 Stelle Europa

Finalmente con il decreto dignità appena emanato dal Governo del Cambiamento si dà una risposta decisa alla piaga dell’azzardopatia. Ogni forma di pubblicità e sponsorizzazione relativa a giochi o scommesse sarà vietata.
Si tratta di un provvedimento che ci pone all’avanguardia in questo campo. Siamo il primo Paese in Europa che vieta totalmente la pubblicità sul gioco d’azzardo.
E´ una misura che si pone sulla scia di ciò che avevamo proposto nell’ottobre 2016 in commissione cultura qui al Parlamento europeo. In quell’occasione si approvava la posizione del Parlamento in merito alla nuova direttiva sui servizi dei media e audiovisivi. Direttiva che fissa le regole europee in materia di audiovisivo, quindi anche di pubblicità. I nostri emendamenti erano volti a vietare ogni tipo di comunicazione commerciale (inclusa pubblicità televisiva e sponsorizzazione) relativa al gioco d’azzardo e alle scommesse.
E’ una scelta forte, ma necessaria: stiamo parlando infatti di prodotti che possono creare dipendenza con effetti potenzialmente catastrofici sulla vita delle persone (si pensi alle buste paga sperperate in gioco d’azzardo o scommesse), soprattutto nei confronti delle categorie più vulnerabili (minori, anziani, disoccupati, ecc.).
Purtroppo le lobby a Bruxelles sono riuscite a impedire che tali misure venissero votate dal Parlamento europeo, ma fortunatamente la direttiva lascia liberi i singoli Stati membri di prevedere discipline più severe. Con il decreto dignità Il MoVimento 5 Stelle non ha atteso il recepimento della direttiva ed ha già provveduto a vietare ogni forma di pubblicità sul gioco d’azzardo! E questo e’ già un bel cambiamento.

 

 

tratto da: http://www.efdd-m5seuropa.com/2018/07/gioco-dazzardo-itali.html

Istat, oltre 5 milioni di italiani vivono in povertà assoluta: è il dato peggiore dal 2005 …Forse, caro Salvini, c’è qualcosa di più importante da fare che censire Rom e cacciare ambulanti dalle spiagge…

 

 

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Istat, oltre 5 milioni di italiani vivono in povertà assoluta: è il dato peggiore dal 2005 …Forse, caro Salvini, c’è qualcosa di più importante da fare che censire Rom e cacciare ambulanti dalle spiagge…

 

Istat, oltre 5 milioni di italiani vivono in povertà assoluta: è il dato peggiore dal 2005

I dati Istat certificano un aumento delle persone e delle famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta: nel 2017 sono quasi 2 milioni le famiglie e oltre 5 milioni gli individui in difficoltà economiche, è il dato più alto dal 2005. A influire sui valori ci sono vari fattori: età, area geografica, istruzione e occupazione.

Più di cinque milioni di italiani vivono in una condizione di povertà assoluta: è il peggior dato riguardante l’Italia da quando sono iniziate le rilevazioni su questi criteri nel 2005. Il rapporto dell’Istat si basa su due stime che misurano la povertà: quella assoluta e quella relativa. Per povertà assoluta si intende l’incidenza che viene calcolata sulla base di una soglia: la soglia corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquisire beni e servizi considerati essenziali per una vita minimamente accettabile. Tutte le famiglie che si trovano al di sotto di questo limite – che varia in base alle caratteristiche delle famiglie ma anche alla posizione geografica – sono considerate in condizioni di povertà assoluta. La povertà relativa, invece, si calcola sulla base dei consumi: è considerata povera una famiglia di due componenti che ha una spesa per consumi inferiore alla spesa media per consumi pro-capite.

Più di 5 milioni di italiani in povertà assoluta
Nel 2017 si trovano in condizioni di povertà assoluta 1 milione e 778mila famiglie che comprendono, in totale, 5 milioni e 58mila persone. Ad allarmare è il fatto che la povertà assoluta cresce rispetto al 2016 sia in termini di famiglie che di individui. L’incidenza arriva al 6,9% per le famiglie, contro il 6,3% del 2016, e all’8,4% per gli individui (l’anno prima era il 7,9%). In parte (per lo 0,2%) questo dato si registra anche a causa dell’inflazione che è stata registrata nel 2017. Si tratta dei valori più alti della seria storica Istat che è iniziata nel 2005.

La distribuzione geografica
L’incidenza della povertà assoluta aumenta soprattutto al Sud, sia per quanto riguarda le famiglie (dove cresce di due punti percentuali e arriva al 10,3%) sia per gli individui (arrivando all’11,4%). I dati più critici si registrano soprattutto nei comuni delle aree metropolitane, con numeri quasi raddoppiati in un anno. Ma anche in molti comuni sotto i 50mila abitanti il dato è in aumento. La povertà assoluta aumenta anche nelle aree metropolitane del Nord.

Età e lavoro
L’incidenza diminuisce con l’aumentare dell’età. Non a caso i valori minimi si registrano per gli over 64, mentre quelli massimi per gli under 35. Si registra un tasso di povertà assoluta più alta tra i non occupati e ovviamente minore tra lavoratori sia dipendenti che indipendenti. I valori sono più alti per famiglie che hanno come persona di riferimento un operaio, con valori più che doppi rispetto ai pensionati. Incide anche il tasso di istruzione: la povertà è più elevata per le famiglie con persona di riferimento che ha la licenza elementare, mentre è molto più bassa per chi ha almeno il diploma.

Cresce anche la povertà relativa
Anche i dati riguardanti la povertà relativa sono in crescita rispetto al 2016: nel 2017 il fenomeno riguarda 3 milioni e 171 famiglie (12,3% contro il 10,6% dell’anno precedente), per un totale di 9 milioni e 368 persone. Si tratta di un dato che colpisce soprattutto le famiglie con quattro, cinque o più componenti e formate da persone più giovani, con un picco per gli under 35. Più alto il tasso per operai e persone in cerca di occupazione, con un peggioramento rispetto al 2016. Molte difficoltà anche per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza è del 34,5% e si registra un forte dislivello tra le varie zone del territorio italiano, con al Sud un tasso che si avvicina al 60%.

Salvini: ‘Priorità agli italiani’
A commentare i dati resi noti dall’Istat è stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini: “I dati usciti oggi sugli oltre 5 milioni di persone che vivono in povertà assoluta – afferma il titolare del Viminale – mi confermano nella giustezza dell’obiettivo che ci siamo dati con tutto il governo, ovvero mettere al centro gli italiani e dare priorità assoluta alle loro necessità”. Intanto il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ribadisce l’importanza di realizzare al più presto il reddito di cittadinanza, definito come la “priorità più grande”. Dal Pd, invece, il capogruppo alla Camera Graziano Delrio chiede che proprio il tema della povertà sia “il cuore della prossima manovra di bilancio” con l’obiettivo di completare e rafforzare il reddito di inclusione, una proposta lanciata negli scorsi giorni dal Partito Democratico.

fonte: https://www.fanpage.it/istat-oltre-5-milioni-di-italiani-vivono-in-poverta-assoluta-e-il-dato-peggiore-dal-2005/

Dagli Usa: “con Craxi l’Italia era un paese rispettato e sovrano”

 

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Dagli Usa: “con Craxi l’Italia era un paese rispettato e sovrano”

A 18 anni dalla morte di Bettino Craxi, ricordare una delle più importanti figure politiche del dopoguerra può essere utile per cogliere la parabola di un paese un tempo protagonista della scena internazionale, e metterlo a confronto con la sua irrilevanza politica nel contesto attuale. Se prima era impensabile che l’Italia craxiana rimanesse fuori dalla porta dei consessi internazionali che contano, oggi purtroppo questo è una amara realtà. Per capire come veniva considerata l’Italia prima del suo declino sulla scena internazionale è interessante vedere cosa ne pensava il suo storico alleato, gli Usa, in un documento – analizzato in passato da ricercatori e storici di Craxi – del Dipartimento di Stato Usa intitolato “Il fattore Craxi nella politica estera italiana”, nel quale Washington si sofferma ad analizzare l’appiglio del tutto peculiare di Bettino Craxi nella conduzione delle relazioni internazionali dell’Italia. Sono i diplomatici americani stessi di stanza all’ambasciata Usa in Italia, a rendersi conto della personalità forte dell’ex segretario socialista. Un atteggiamento che dapprima sorprende gli americani, abituati più ai modi pacati e misurati dei predecessori di Craxi a Palazzo Chigi. Il suo stile, nel documento, viene definito «determinato e diretto», tanto da portarlo occasionalmente «fuori dai margini».

Washington guarda con curiosità ma anche con preoccupazione a questo nuovo interlocutore italiano, il quale non sembra temere lo scontro con lo storico alleato. L’amicizia e il rapporto con gli Usa non sono mai in discussione, ma non si respira affatto un’aria di sudditanza nei confronti degli americani. Al contrario Craxi durante la sua esperienza a Palazzo Chigi dal 1983 al 1987, ha delineato chiaramente i confini dei rapporti bilaterali tra i due paesi. In nessun momento, l’amicizia Italia-Usa andava nella direzione di piegare gli interessi nazionali ad esclusivo vantaggio di quelli del partner statunitense. Sigonella è solamente l’apogeo di uno tra i momenti più importanti di Craxi a Palazzo Chigi, e segna un chiaro trionfo geopolitico italiano che non mancò di suscitare un certo scalpore negli ambienti internazionali. Quando il segretario socialista arriva a schierare nella drammatica notte del 10 ottobre 1985 i carabinieri contro i Navy Seals che nella base di Sigonella volevano prendere in custodia i terroristi dell’Achille Lauro, nonostante la competenza giurisdizionale sui loro reati fosse chiaramente italiana, gli americani capiscono che il primo ministro italiano fa sul serio.

Lo stesso Dipartimento di Stato Usa nel documento non può fare a meno di riconoscere che in quella circostanza, Craxi uscì chiaramente come pieno «difensore della sovranità nazionale» da quella delicata crisi diplomatica tra i due paesi, tanto che Washington si sofferma a ripensare «l’attività militare nell’area». Gli Usa, più semplicemente, si rendono conto che l’Italia non è una dépendance dove possono prendersi la libertà di intervenire senza consultare i padroni di casa. Ma non è questo l’unico momento di una politica estera tesa, dal principio alla fine, alla difesa della sovranità nazionale. Sigonella non è un episodio estemporaneo frutto di un’esplosione di orgoglio nazionale poi sopito successivamente. Solamente l’anno dopo, l’Italia si trova nel bel mezzo di un’altra crisi diplomatica ancora una volta con il suo alleato di riferimento, gli Usa, e la Libia. Il  14 aprile 1986 gli Stati Uniti bombardano la residenza di Gheddafi, il quale risponde il giorno dopo con un fallito attacco missilistico contro l’isola di Lampedusa. Craxi è furente con il suo alleato per quella decisione unilaterale di attaccare la Libia e non manca di esternarlo pubblicamente agli americani. Anche in questa circostanza, si legge nell’analisi, Washington stessa non può fare altro che prendere atto che l’Italia sotto la conduzione craxiana rivendica il suo spazio di indipendenza e sovranità, e non è disposta a sacrificare i suoi rapporti con altre potenze in nome del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti.

Il “fattore Craxi” di cui parlano gli americani si può identificare proprio con il principio guida imprescindibile che ha accompagnato tutta l’originale esperienza di Bettino Craxi al governo, ovvero la protezione degli interessi italiani prima di ogni cosa. L’Italia non veniva umiliata dalle potenze estere proprio perché dotata di una classe dirigente che mai avrebbe permesso che il paese avesse subito affronti pari a quelli che sta subendo attualmente nei contesti europei ed internazionali. La rotta della sovranità nazionale è stata smarrita, sostituita da una volontà di asservimento di una mediocre classe dirigente genuflessa ai desiderata delle potenze estere pur di raggiungere i propri scopi personali. L’europeismo era la cifra politica di Craxi in politica estera, ma non era certamente una religione come quella attuale alla quale è impossibile opporsi “perché non c’è alternativa”. Fu proprio lui stesso dall’esilio di Hammamet negli ultimi anni della sua vita ad intuire la deriva che avrebbe portato il cieco rispetto di quei parametri di Maastricht, divenuti un tabù intoccabile che nessun premier osa rimettere in discussione. «L’Italia è un grande paese», disse Craxi, e deve far valere i suoi diritti in Europa. Quanti politici di oggi hanno il suo attaccamento alla patria? La riconquista della sovranità passa per la maturazione di una classe dirigente con una coscienza nazionale e un amor patrio. Bettino Craxi aveva tutto questo. Ecco perché va ricordato.

(Cesare Sacchetti, “Il fattore Craxi, Bettino visto dagli americani”, da “La Cruna dell’Ago” del 18 gennaio 2018).

tratto da: http://www.libreidee.org/2018/01/gli-usa-con-craxi-litalia-era-un-paese-rispettato-e-sovrano/

Un altro grande successo del Governo Renzi – Gentiloni di cui i Tg non hanno parlato: nel 2017 quasi 3 milioni di italiani senza cibo…!

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Un altro grande successo del Governo Renzi – Gentiloni di cui i Tg non hanno parlato: nel 2017 quasi 3 milioni di italiani senza cibo…!

 

2,7 milioni di italiani senza cibo

Nel 2017, 2,7 milioni di persone in Italia sono state costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare. E’ quanto emerge dal rapporto Coldiretti ‘La povertà alimentare e lo spreco in Italia’, presentato alla giornata conclusiva del Villaggio della Coldiretti ai Giardini Reali di Torino. Ad avere problemi per mangiare sono dunque – sottolinea la Coldiretti – oltre la metà dei 5 milioni di residenti che, secondo l’Istat, si trovano in una condizione di povertà assoluta.

Nel 2017 circa 2,7 milioni di persone hanno beneficiato degli aiuti alimentari – precisa la Coldiretti – attraverso l’accesso alle mense dei poveri o molto più frequentemente con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative dei nuovi poveri (pensionati, disoccupati, famiglie con bambini) che per vergogna prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti nelle strutture caritatevoli.

Sono appena 114mila quelli che si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea).

Tra le categorie più deboli degli indigenti si contano – continua la Coldiretti – 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi 200mila anziani sopra i 65 anni e circa 100mila senza fissa dimora. Contro la povertà – continua la Coldiretti – si attiva la solidarietà con molte organizzazioni attive nella distribuzione degli alimenti, dalla Caritas Italiana al Banco Alimentare, dalla Croce Rossa Italiana alla Comunità di Sant’Egidio. E si contano ben 10.607 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione) promosse da 197 enti caritativi impegnate nel coordinamento degli enti territoriali ufficialmente riconosciute dall’Agea che si occupa della distribuzione degli aiuti.

Di fronte a questa situazione di difficoltà sono molti gli italiani attivi nella solidarietà a partire da Coldiretti e Campagna Amica che dal Villaggio #stocoicontadini di Torino hanno lanciato per la prima volta l’iniziativa della ‘spesa sospesa‘ a favore della Caritas. Si tratta della possibilità di fare una donazione libera presso i 150 banchi del mercato per fare la spesa a favore dei più bisognosi. In pratica, si mutua l’usanza campana del “caffè sospeso”, quando al bar si lascia pagato un caffè per il cliente che verrà dopo. In questo caso – spiega la Coldiretti – frutta, verdura, formaggi, salumi e ogni tipo di genere alimentare raccolto vengono consegnati alla Caritas che si occupa della distribuzione alle famiglie in difficoltà.

“In un’occasione di incontro tra campagne e città come è il Villaggio Coldiretti non potevamo non pensare a chi in questo momento vive grandi sofferenze a causa della crisi economica che ha colpito duramente soprattutto le fasce più deboli della popolazione” ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che “è però necessario intervenire anche a livello strutturale per rompere questa spirale negativa aumentando il reddito disponibile di chi oggi vive sotto la soglia di povertà”.

fonte: http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2018/06/17/quasi-mln-italiani-chiedono-aiuto-per-mangiare_FFwDQJxs7nPJv35Ww64xRK.html?refresh_ce

Tolstoj: se paghi le tasse, finanzi il sistema che ti domina – era il 1908 ed aveva già capito tutto!

 

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Tolstoj: se paghi le tasse, finanzi il sistema che ti domina – era il 1908 ed aveva già capito tutto!

 

Tolstoj: se paghi le tasse, finanzi il sistema che ti domina

 

C’è un bel saggio di Tolstoj – il Tolstoj vecchio, quello più pericoloso – che in Italia è stato tradotto solo nel 1989, pensate: un terzo della produzione di Tolstoj non tradotta in Italia fino all’89 perché troppo pericolosa. Impressionante. Quindi, le biografie italiane di Tolstoj – compresa quella, famosa, di Citati, ancora nelle librerie – sono fatte su due terzi dell’opera di Tolstoj: manca un terzo, che sono i suoi saggi terribili, popolarissimi prima della Prima Guerra Mondiale, che hanno determinato un sacco di guai, per i regimi del tempo. C’era una vignetta interessante su “Le Figaro”, dove si vedeva lo Zar Nicola II piccolino così, spaventato, che scappava, e Tolstoj (enorme) che voleva dargli una pacca sulla testa, per punirlo – pensate che fama aveva. Ecco, è un saggio del 1908, che si intitola “Di chi è la colpa”. Era un periodo brutto, per la Russia: Nicola II era quasi impazzito, a quel tempo, e permetteva ai cosacchi di fare di tutto – dai pogrom alle sciabolate durante le manifestazioni, esecuzioni capitali ogni giorno. E Tolstoj fa un brevissimo elenco di 7-8 righe su quello che è terribile, in Russia, in quel periodo, e dice: quante pene di morte ci sono al giorno? Nove, dieci. Quanta gente viene deportata?

Proprio Nicola II aveva cominciato a fare le deportazioni forzate. Tutta la popolazione di una regione viene presa e viene messa in fondo alla Siberia, in un posto che ha sempre l’isobara di gennaio totalmente negativa. Capitava alle sètte religiose. C’era quella dei Molochany, quella dei Duchobory – Molochany vuol dire “bevitori di latte”, perché erano ultra-vegetariani, mentre i Duchobory aborrivano le armi: si rifiutavano di usare persino i coltelli. Gruppi ritenuti pericolosi per la società russa, quindi deportati in massa. E Tolstoj, arrabbiato contro questo, scrive un libro, “Resurrezione”. Gli fanno dei contratti pazzeschi, in tutto il mondo. Tutti i soldi che prende da “Resurrezione”, Tolstoj li usa per comprare una nave e un pezzo di Canada. Dopodiché manda i suoi figli a raccogliere tutti i Duchobory lungo la strada della deportazione, li carica sulla nave nel Mar Nero e li porta in Canada, dove vivono ancora adesso i loro discendenti, che tuttora parlano russo. Tutto ciò, con “Resurrezione”: una cosa grandiosa. Era un pericolo vivente, Tolstoj: non potevano ammazzarlo, né arrestarlo, perché troppo famoso. E in Italia di questo s’è saputo pochissimo, tra l’altro, fino agli anni ‘90.

Il saggio “Di chi è la colpa” dice: le cose in Russia vanno male. Di chi è la colpa? Tutti quanti dicono: dello Zar. Ma lo Zar – dice Tolstoj, che era un nobile russo dell’alta società – è un ometto piccolo così, che gioca a tennis e a cricket tutto il tempo. Lui scrive diari, la Zarina segue Rasputin. Come fa, uno così, a dominare 180 milioni di russi? Non può essere tutta colpa sua, la colpa sarà della corte. Ci sono tremila persone, a corte, che fanno i loro maneggi – allora non c’erano le multinazionali, c’erano le corti. Colpa loro, quindi? Ma io, dice Tolstoj, sono vissuto in mezzo a questi fin da bambino: è gente che si fa gli affari suoi, che cerca vantaggi personali anche piccoli; sono tutti indebitati, si sono rovinati con il gioco tutti quanti, bevono come spugne. Come volete che facciano, queste duemilacinquecento persone, a dominare 180 milioni di russi? Allora la colpa è del governo, della Duma, del Parlamento. Inclusi sottosegretari e uscieri, sono settemila persone. Può darsi che sia colpa loro, dice Tolstoj. Però, aggiunge, sono settemila, mentre i russi sono 180 milioni. Come fanno, ’sti settemila, a imporre il loro dominio su 180 milioni di persone?

Dicono che esiste il potere, ragiona Tolstoj, che ha sempre odiato questa parola. Cos’è il potere? Nessuno l’ha mai definito. Napoleone sposta cinquecentomila uomini, dalla Franciaalla Russia, e ne muoiono 480.000. Napoleone, si dice, aveva un grande potere. Ma era un turacciolo, spinto da una marea di francesi che – chissà perché – volevano andare in Russia e sono morti tutti lì. Il potere? Io non ci credo, dice Tolstoj. E poi questi parlamentari, fisicamente, cosa fanno? Vanno dal russo e gli dicono “tu mi obbedisci”? Se vanno dal Mugik, quello li uccide: li mangia, se non c’è nessuno che guarda. Quindi il problema non sono quei tremila. Chi può essere, allora? L’esercito. Qui ragioniamo, dice: sono quattro milioni di persone. E quello russo era l’esercito più potente del mondo. Ma cos’è un esercito? E’ un insieme di soldati. Va bene, e cos’è un soldato? Questa era il modo di ragionare di Tolstoj, affascinante: sembra un bambino, che fa domande su domande. Dunque, che differenza c’è tra un soldato e un normale cittadino? Le armi: il soldato ha le armi. Le ha comprate lui? No. Gliele ha pagate lo Zar? No. Il governo? No. La corte? Nemmeno. Le armi gliele hanno pagate le tasse. E quindi: chi ha pagato le armi, che fanno diventare un uomo un soldato? E’ chiaro che sei stato tu, perché le tasse le hai pagate tu. E allora: tu perché le paghi, le tasse?

E’ chiaro che questo libro qui non poteva uscire negli anni Trenta, non poteva uscire negli anni Settanta e non può uscire oggi. Io l’ho fatto nell’89, questo librone (“Perché la gente si droga”, sono 800 pagine di saggio di Tolstoj). Era un periodo buono, quello. L’Ottantanove, poco prima di Berlusconi. Lì è uscito, il libro. E’ andato molto bene, poi è sparito. E non lo ripubblicano più, perché è troppo pericoloso. Se tu metti una pagina di quel libro lì su Internet, su Facebook, il giorno dopo ricevi una comunicazione della questura, perché è un reato. Oggi, fare questo discorso è un reato: perché è un’esortazione a non rispettare una legge della nazione. Non pagare le tasse? Grave: ti trovi subito nei guai. Tolstoj poteva, a quel tempo. E l’idea è questa: se tu paghi le tasse, perché le paghi? Cosa ti spinge a pagarle? La psicologia del dominio, in realtà, è tutta qua. E’ vero: il dominio non è l’esercizio di un potente, è l’esercizio di un potente condizionato all’approvazione del suddito. Anche la multinazionale può manipolarti, ma si regge sugli acquisti: e tu puoi smettere, di comprare. Sartre diceva: l’uomo è condannato a essere libero; se è servo, è perché ha scelto lui di esserlo.

(Igor Sibaldi, estratto della conferenza nell’ambito del seminario “Psicologia del dominio”, svoltosi il 3 dicembre 2017 con Salvatore Brizzi, Giorgio Galli e Calogero Falcone, ripreso su YouTube).

Tratto da: http://www.libreidee.org/2018/01/tolstoj-se-paghi-le-tasse-finanzi-il-sistema-che-ti-domina/

Scalfari su La Repubblica: “Se l’attuale governo dovesse durare fino al 2022, sarà la maggioranza ancora in piedi a votare il prossimo capo dello Stato per 7 anni di mandato: a quel punto diventerebbe di fatto un regime” …Ora qualcuno, con calma, spiega a questo rincoglionito che questa cosa si chiama “Democrazia”…!

 

La Repubblica

 

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Scalfari su La Repubblica: “Se l’attuale governo dovesse durare fino al 2022, sarà la maggioranza ancora in piedi a votare il prossimo capo dello Stato per 7 anni di mandato: a quel punto diventerebbe di fatto un regime” …Ora qualcuno, con calma, spiega a questo rincoglionito che questa cosa si chiama “Democrazia”…!

In altre parole il rincoglionito di cui sopra va dicendo che se il presidente è eletto da un certo tipo di maggioranze va bene… mentre se da un altro tipo (non gradito al suo editore ed ai relativi padroni) no?

Alla faccia della democrazia!

E a questo nessuno lo caccia a calci in culo dalla redazione…

E c’è di peggio. Dei poverini che ancora oggi comprano questo giornale (ormai pochi, per fortuna)…

Signore e Signori, questa è l’Italia…

 

by Eles

 

Macron: “Vomitevole e immonda la linea del governo italiano”… Lo capite perché i francesi mi stanno proprio sulle palle?

 

Macron

 

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Macron: “Vomitevole e immonda la linea del governo italiano”… Lo capite perché i francesi mi stanno proprio sulle palle?

 

Migranti, il partito di Macron: “Vomitevole e immonda la linea del governo italiano”

Durissimo giudizio del partito di Macron sul governo italiano in merito alla vicenda Aquarius. “Considero vomitevole la linea del governo italiano – ha detto Gabriel Attal, portavoce di ‘En Marche’ – è inammissibile giocare alla politica con delle vite umane, lo trovo immondo”. Intervistato dall’emittente Public Senat, Attal ha aggiunto: “Un pensiero va prima di tutto alle 629 persone che sono sulla nave Aquarius”. Sabato scorso l’imbarcazione dell’Ong francese SOS aveva salvato i migranti al largo delle coste della Libia e da allora è in mare dopo che l’Italia ha negato i porti, chiedendo a Malta di accoglierli. A sbloccare la situazione è stato ieri il governo spagnolo del socialista Pedro Sanchez che ha aperto il porto di Valencia alla Aquarius.

Lo capite perché i francesi mi stanno proprio sulle palle

Ricapitoliamo: secondo Macron trascinare fuori da un treno una donna incinta, bloccare i migranti a Ventimiglia in mezzo alla neve o fare irruzione a Bardonecchia sono esempi di civiltà, ma se l’Italia chiude i porti è “immonda e vomitevole”

Leggete un po’ questi articoli e rinfrescatevi la memoria…

Migranti, Macron chiude i porti francesi
Migranti: stop di Francia e Spagna a sbarchi nei loro porti. Austria manderà l’esercito al confine italiano
Intesa migranti ko, Francia e Spagna chiudono i “porti in faccia” all’Italia

 

 

Davigo sul governo M5S-Lega: “È difficile far peggio di chi l’ha preceduto”

Davigo

 

 

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Davigo sul governo M5S-Lega: “È difficile far peggio di chi l’ha preceduto”

“Credo che sia difficile fare peggio di chi l’ha preceduto. Perlomeno, finora noi magistrati non siamo stati ancora insultati.”

Così il pm Piercamillo Davigo sul governo M5S-Lega a DiMartedì.

Alle parole di Giovanni Floris: “Silvio Berlusconi ha sostenuto che Lugi Di Maio è solo il front man dei 5 Stelle. Dietro il loro pensiero, che definisce livoroso e giustizialista, c’è lei, il Dottor Davigo”, il magistrato risponde: “ Io ho querelato Berlusconi per queste sue affermazioni”.

E di nuovo Floris sull’ex Cav: “Berlusconi pensa che dividere il mondo tra colpevoli e innocenti sia giustizialismo”.

Al che Davigo ribatte: “Il mio mestiere, quello di giudice, è esattamente quello di distinguere tra colpevoli e innocenti. Chi mette in dubbio queste distinzioni – continua il giudice – è come se spegnesse la luce così tute le pecore sono grigie. Ci sono le pecore bianche e le pecore nere: il mondo è fatto così. Poi ci sono infinite varietà. Però il mestiere dei giudici è quello di far rispettare la legge. Stupisce che chi ha ricoperto incarichi di governo ed è stato leader di una maggioranza, e come tale ha approvato leggi che poi i giudici sono chiamati a far rispettare, possa fare queste affermazioni”.

In seguito Floris sposta l’attenzione su Matteo Renzi, che aveva affermato che il Dottor Davigo è un khomeinista giudiziario. Ma il magistrato non si trova d’accordo con l’ex segretario del PD e risponde: ” ììHo sempre cercato di fare il mio lavoro applicando le leggi che il Parlamento approva. Se quelle leggi non vanno bene, le facciano in un altro modo”.

Dopo tutto questo parlare di giustizia, Floris chiede chiarezza, e domanda al magistrato cosa significhi ‘giustizialismo’. La sua risposta è sorprendente: “Questo bisogna chiederlo a chi usa questa parola, che non vuol dire niente. C’era stato un movimento giustizialista in Argentina, che voleva la giustizia sociale. In Italia parlare di giustizialismo in termini dispregiativi forse vuol dire che non si vuole la giustizia”.

E per rafforzare il concetto racconta questo aneddoto: “Sant’Agostino, riferendosi a un episodio raccontato da Cicerone del pirata di Alessandro Magno, era arrivato a dire: tolta la giustizia, che cosa sono i grandi imperi se non bande di briganti che hanno avuto successo? E che cosa sono le bande di briganti, se non imperi in embrione? Quindi, ciò che fa la differenza tra gli Stati e le bande di briganti è proprio la giustizia“.

Infine viene chiesto il suo parere sul Daspo, ovvero impedire ai corrotti di lavorare per la pubblica amministrazione.

Il dottor Davigo conclude così: “Io ho idee in larga misura diverse. Nel senso che sono dell’opinione che ci vorrebbe un diritto premiale molto forte, fino all’impunità. E per chi collabora realmente diventa impossibile commettere questi reati. Soprattutto bisogna cominciarli i processi, perché intanto uno può essere invogliato a collaborare in quanto rischia una condanna. Se non rischia una condanna perché dovrebbe collaborare?”

 

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/06/08/davigo-sul-governo-m5s-lega-e-difficile-far-peggio-di-chi-lha-preceduto/