Uno degli stupratore di CasaPound aveva mandato al padre il video della violenza per vantarsi… Avete capito bene, al padre! Un padre che invece di sfracellare di botte un figlio così, ne va fiero… Ma c’è poco da stupirsi, i fascisti sono così…!

 

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Uno degli stupratore di CasaPound aveva mandato al padre il video della violenza per vantarsi… Avete capito bene, al padre! Un padre che invece di sfracellare di botte un figlio così, ne va fiero… Ma c’è poco da stupirsi, i fascisti sono così…!

Da Globalist:

Uno stupratore di CasaPound aveva mandato al padre il video della violenza per vantarsi

Nella lista c’era anche il padre di Licci, che consiglia al figlio di gettare via il telefono: «Riccardo, butta il cellulare subito».

Si tratta di quattro video e quattro foto raccapriccianti. I fotogrammi della sopraffazione violenta e bestiale, l’audio con i flebili lamenti della vittima e le bestemmie degli stupratori che cercano la luce migliore per fare le riprese. «Cancellare obbligatoriamente. Reset del telefono» come si legge su IlMessaggero.it.
Il comando in chat è chiaro: quei video devono sparire. Così come i filmati della telecamera di sorveglianza esterna del pub Old Manners, il circolo culturale di CasaPound dove la notte tra l’11 e il 12 aprile Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, due giovani militanti di vent’anni, hanno trascinato una donna con la scusa di bere gratis per poi stuprarla.
I video, descritti con dettagli raccapriccianti nell’ordinanza che ha portato all’arresto dei due indagati, sono state recuperati dagli investigatori il giorno successivo alla violenza. Dal telefono di Chiricozzi erano già stati rimossi. Amici e parenti glielo consigliavano nella chat di Blocco studentesco, l’organizzazione neofascista dove le immagini erano state condivise e nella quale c’era anche il padre di Licci, che consiglia al figlio di gettare via il telefono: «Riccardo, butta il cellulare subito», scrive. Un altro suggerisce: «Fai l’hard reset del telefono».

fonte: https://www.globalist.it/news/2019/05/01/uno-stupratore-di-casapound-aveva-mandato-al-padre-il-video-della-violenza-per-vantarsi-2040818.html

Salvini: “Battisti non deve uscire vivo di galera”… Ma sa che Mambro e Fioravanti sono liberi? Ma lo sa che Abbatangelo gode addirittura del vitalizio… Il tutto alla faccia delle vittime?

 

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Salvini: “Battisti non deve uscire vivo di galera”… Ma sa che Mambro e Fioravanti sono liberi? Ma lo sa che Abbatangelo gode addirittura del vitalizio… Il tutto alla faccia delle vittime?

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Costei nella foto è Francesca Mambro. Lei è in libertà nonostante sia stata condannata per 96 omicidi… E voi ancora pensate a Battisti…!

Salvini: «Battisti non deve uscire vivo di galera». Ma sa che Mambro e Fioravanti sono liberi?

Il ministro tenta di sfruttare l’onda forcaiola nel nome dell’anticomunismo. Dimentica che chi ha ucciso poliziotti, magistrati e fatto stragi gira libero da anni senza che lui abbia mai detto una parola

La «sparata», la solita: «Il mio impegno è che questo maledetto delinquente sconti la sua pena. Ovviamente dovrà marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni. Non deve uscire vivo dalla galera»: così il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini intervenendo alla scuola politica della Lega, a Milano, riferendosi all’arresto di Cesare Battisti.
«Dopodiché – ha aggiunto – andremo a chiedere conto, a nome dei morti e dei feriti, a tutti quei politici, intellettuali, registi e cantanti che hanno firmato gli appelli per un assassino comunista. Perché loro hanno la coscienza sporca come quell’assassino».
A parte che la ricerca su chi ha firmato gli appelli fallirà totalmente. Perché Battisti in Italia – alla pari dei fatti odierni – in quasi quarant’anni ha riscontrato la solidarietà di mezza dozzina di personaggi in cerca di un titolo di giornale. Tutto lì. Un atto che confermerà semmai l’ignoranza delle cose patrie del ministro degli Interni.
Così, risolto quello che per il vicepremier si direbbe un problema, si può passare ad altro.
Se la legge è uguale per tutti (stia tranquillo, i suoi amici di governo, chissà perché, hanno rinunciato a pretendere la restituzione dei 49 milioni della Lega spesi chissà come) il ministro può dire come mai, terroristi conclamati e giudicati, pluriergastolani, possono tranquillamente andare a spasso senza restrizioni?
Chi scrive, quel 4 gennaio 1979, era, come ogni giorno, in viale Castrense a Roma, sede del Corriere della sera. La molotov in faccia al portiere segnò l’inizio della storia dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari che annoveravano al loro interno Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (e Massimo Carminati): all’esordio fecero seguito 33 omicidi tra poliziotti, altri camerati, il giudice Amato, avversari politici, fino alla strage di Bologna. A carico della donna nove ergastoli.
Non perché si chiede l’equivalente trattamento che lui intende assegnare al membro del gruppo Proletari armati per il comunismo (se deve uscire o «marcire in galera» lo stabilirà un tribunale non certamente la Lega), ma per rendersi conto se in Italia l’applicazione di una legge deve sottostare alle mene del governo. Di un governo qualsiasi. Perché così si direbbe Salvini intenda «la legge è uguale per tutti».
Che si traduce nella formazione di «graduatorie»: quella dei fascioleghisti come appunto Matteo Salvini, e quella degli altri. I primi vengono esentati dal pagamento dei loro atti criminali, per gli altri c’è l’aggravante diciamo «ideologica», fine pena mai. Una versione del «doppiopesismo».
Senza neppure un ministro che scriva «Il mio impegno è che questi maledetti delinquenti scontino la pena»: e dire che sono meno di 140 battute, entrano in un tweet.

Gli ergastoli di Francesca Mambro
Ergastolo per l’omicidio di Franco Evangelista (28 maggio 1980)
Ergastolo per essere mandante dell’omicidio di Mario Amato (23 giugno 1980)
Ergastolo per la strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980)
Ergastolo per l’omicidio di Francesco Mangiameli (9 settembre 1980)
Ergastolo per l’omicidio di Enea Codotto e Luigi Maronese (5 febbraio 1981)
Ergastolo per l’omicidio di Giuseppe De Luca (31 luglio 1981)
Ergastolo per l’omicidio di Marco Pizzari (30 settembre 1981)
Ergastolo per l’omicidio di Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma (21 ottobre 1981)
Ergastolo per l’omicidio di Alessandro Caravillani (5 marzo 1982)

di Tommaso Verga

tratto da: https://www.globalist.it/attualita/2019/01/13/salvini-battisti-non-deve-uscire-vivo-di-galera-ma-sa-che-mambro-e-fioravanti-sono-liberi-2036052.html

 

Roma, anno Domini 2019: un fascista sputa in faccia a una donna perché pensa sia ebrea… Ma allora cosa cavolo stiamo commemorando?

 

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Roma, anno Domini 2019: un fascista sputa in faccia a una donna perché pensa sia ebrea… Ma allora cosa cavolo stiamo commemorando?

Roma, 2019: un fascista sputa in faccia a una donna perché pensa sia ebrea

La vicenda è raccontata da Alessandra Veronese, docente di storia medievale ed ebraica all’Università di Pisa: “prove di antisemitismo, che schifo”

Alessandra Veronese, professoressa di Storia medievale ed ebraica all’Università di Pisa, ha raccontato in un post su Facebook una storia sconcertante di antisemitismo, che sembra provenire direttamente dai bui anni ’40. La vicenda risale allo scorso 17 gennaio, ma solo in questi giorni ha acquisito una risonanza nazionale a causa della denuncia alla digos.
Scrive la docente su facebook: “Oggi a Roma: sono ferma davanti a Feltrinelli, aspettando una persona. Un tizio, con croce uncinata sul braccio, mi si avvicina e mi sputa in faccia. Io sono rimasta così allibita che non ho neppure reagito. Ho poi capito cha probabilmente lo ha fatto perché avevo una borsa di tela del corso di yiddish fatto a Tel Aviv. Prove di antisemitismo. Che schifo”.
Intervistata, la docente ha spiegato che ha raccontato quanto accaduto perché “volevo si sapesse, mi è sembrato un gesto grave, enorme.” Secondo i testimoni l’uomo aveva una svastica tatuata, è un fascista conosciuto nella zona non nuovo a simili aggressioni”.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/01/25/roma-2019-un-fascista-sputa-in-faccia-a-una-donna-perche-pensa-sia-ebrea-2036544.html

Sì, vabbe’ Battisti – E le stragi senza colpevoli dell’estremismo nero? Franco Freda fa l’editore ad Avellino. Fioravanti e Mambro hanno scontato due mesi per ogni persona uccisa. Abbatangelo gode addirittura del vitalizio… Il tutto alla faccia delle vittime…!

 

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Sì, vabbe’ Battisti – E le stragi senza colpevoli dell’estremismo nero? Franco Freda fa l’editore ad Avellino. Fioravanti e Mambro hanno scontato due mesi per ogni persona uccisa. Abbatangelo gode addirittura del vitalizio… Il tutto alla faccia delle vittime…!

Da L’Espresso dell’agosto 2017:

Le stragi senza colpevoli dell’estremismo nero

Franco Freda fa l’editore ad Avellino. Fioravanti e Mambro hanno scontato due mesi per ogni persona uccisa. Abbatangelo gode addirittura del vitalizio

DI PAOLO BIONDANI   

Sono rimasti quasi tutti impuniti. E oggi non si sentono vinti, ma vincitori. Sono i precursori e gli ispiratori dei movimenti neonazisti e neorazzisti di oggi.

Se le Brigate rosse erano contro lo Stato, che le ha sgominate con centinaia di arresti e condanne, il terrorismo di destra era dentro lo Stato. Gli stragisti hanno trovato complicità e protezioni nei servizi e negli apparati di polizia e di giustizia. Così troppe bombe nere sono rimaste senza colpevoli. E i teorici della violenza hanno potuto riproporsi come cattivi maestri.

Il più famoso dei terroristi neri, Franco Giorgio Freda, è libero da anni. Vive ad Avellino con una giovane scrittrice e fa ancora l’editore di ultradestra, con un sito che lo celebra come «un pensatore» da riscoprire: il padre «preveggente» di un «razzismo morfologico» da opporre «alla mostruosità del disegno di una società multietnica». Freda è stato condannato in tutti i gradi di giudizio per 16 attentati con decine di feriti che nel 1969 aprirono la strategia della tensione: bombe contemporanee sui treni delle vacanze, all’università di Padova, in stazione, in fiera e in tribunale a Milano.

La sua casa editrice però parla solo dell’assoluzione in appello per piazza Fontana (17 morti, 88 feriti), per insufficienza di prove (e abbondanza di depistaggi). Liberato nel 1986, Freda si è rimesso a indottrinare neonazisti fondando un movimento chiamato Fronte Nazionale: riarrestato, è stato difeso dall’avvocato Carlo Taormina e nel 2000 la Cassazione gli ha ridotto la condanna a tre anni per istigazione all’odio razziale. Dopo di che è tornato libero.

Il suo braccio destro, Giovanni Ventura, che aveva confessato gli attentati del 1969 che prepararono piazza Fontana, non ha mai scontato la condanna: è evaso nel 1978 e ha trovato rifugio sotto la dittatura in Argentina, che ha rifiutato di estradarlo. A Buenos Aires è diventato ricco con un ristorante per vip, fino alla morte per malattia nel 2010. Nell’ultimo processo su piazza Fontana, la sentenza conclude che Freda e Ventura erano colpevoli, ma le nuove prove sono state scoperte troppo tardi, dopo l’assoluzione definitiva.

Per la catena di bombe nere che hanno insanguinato l’Italia fino agli anni Ottanta, oggi in carcere si contano solo due condannati. A Opera è detenuto Vincenzo Vinciguerra, esecutore della strage di Peteano, un irriducibile che rifiuta la scarcerazione e oggi accusa i servizi. Il secondo è Maurizio Tramonte, condannato solo ora per la strage di Brescia, commessa nel 1974 mentre collaborava con il Sid del generale Maletti (che è libero in Sudafrica).

Tramonte è stato arrestato 
in giugno dopo l’ultima fuga in Portogallo. Il suo capo, Carlo Maria Maggi, leader stragista di Ordine Nuovo nel Triveneto, condannato per la strage Brescia (8 morti, 102 feriti), sconta la pena a casa sua, perché ha più di 80 anni ed è malato.

Sconti e benefici di legge hanno cancellato il carcere anche per Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, i fondatori dei Nar (con Massimo Carminati), che dopo l’arresto hanno confessato più di dieci omicidi e sono stati condannati anche per la strage di Bologna (85 vittime), nonostante le loro proteste. E nonostante i depistaggi: due ufficiali del Sismi fecero trovare armi ed esplosivi su un treno, nel 1981, per salvare i neri incolpando inesistenti terroristi esteri.

Fioravanti e Mambro hanno ottenuto la semilibertà nel 1999. Paolo Bolognesi, presidente dei familiari delle vittime, notò «hanno scontato solo due mesi di carcere per ogni morte causata». Anni dopo Bolognesi, mentre parlava in una scuola di Verona, si vide attaccare da uno studente di destra poi arrestato come uno dei picchiatori che nel 2008 hanno ucciso a botte un ragazzo di sinistra.

Per le carneficine nere le condanne si limitano a pochi esecutori. I mandanti e tutti gli altri complici sono sconosciuti. E per molte stragi, da piazza Fontana a Gioia Tauro all’Italicus, l’impunità è totale.

A fare eccezione è la strage del treno di Natale (23 dicembre 1984, sedici morti, 267 feriti), che è costata l’ergastolo, tra gli altri, a Pippo Calò, il boss della cupola di Cosa Nostra trapiantato a Roma. Il procuratore Pierluigi Vigna parlò di «terrorismo mafioso»: un attacco allo Stato ripetuto 
nel 1992-93. Come custode dell’esplosivo usato dai mafiosi, è stato condannato un politico di destra: Massimo Abbatangelo, ex parlamentare del Msi. Scontati sei anni, ha poi beneficiato della cosiddetta riabilitazione, che cancella la sentenza dal certificato penale. E il 4 luglio scorso l’ex deputato con la nitroglicerina ha perfino riottenuto il vitalizio della Camera.

fonte: http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2017/07/27/news/le-stragi-senza-colpevoli-dell-estremismo-nero-di-p-biondani-1.306984?fbclid=IwAR22nHNDUecvCpMqRFp19e5m6ebK1LM14QfLflsWD5_8-ZWjPsd_RXFgbxk

Salvini con il giubbetto dei fascisti di CasaPound: crediamo proprio che non ci sia proprio nient’altro da dire…!

 

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Salvini con il giubbetto dei fascisti di CasaPound: crediamo proprio che non ci sia proprio nient’altro da dire…!

Salvini con il giubbetto dei fascisti di CasaPound: segnale forte e chiaro

Il brand si chiama Pivert e titolare dell’azienda è un picchiatore di Blocco Studentesco. Il leader della Lega strizza l’occhio all’estrema destra…!

“L’uomo Pivert non è un uomo elitario, non si ritira nei piani alti di un grattacielo per osservare dall’alto verso il basso. Si sporca le mani ma non sopporta la massa, gli standard, le cose di tutti e per tutti…. L’uomo Pivert combatte, sul ring o sulla vita non fa differenza. Lui combatte: per le proprie idee, per opporsi a ciò che non gli sta bene”. Ricordiamo la visione dell’uomo Pivert – azienda di abbigliamento sportivo di cui andremo a parlare – perchè mercoledì sera alla finale di Coppa Italia tra Juventus e Milan, Matteo Salvini era in tribuna d’onore allo stadio Olimpico di Roma con cappellino del suo Milan in testa e indosso una giacca impermeabile della Pivert. L’azienda, caratterizzata dal logo di un picchio bianco, è quasi una divisa tra i neofascisti, quelli di CasaPound, ma non solo. Per mettere a posto tutti i tasselli, CasaPound è quella realtà neofascista le cui gesta si possono ripassare scorrendo la cronaca nera, anzi nerissima, di Roma ma non solo. Suoi esponenti, come Iannone e Di Stefano, quando non erano politicamente  ingombranti , erano culo e camicia ( nera ) con Salvini.
E l’uomo che vorrebbe tanto divenire da qui a breve ministro dell’Interno mercoledì era in tribuna d’onore dell’Olimpico a far da testimonial alla linea d’abbigliamento più amata dai neofascisti. Non distante, la presidente del Senato, seconda carica dello Stato, espressione di quel parti
to di proprietà di Silvio Berlusconi che ha dato il lasciapassare alla possibile alleanza tra Lega di Salvini e 5Stelle di Di Maio.
Andiamo alla Pivert. Il titolare dell’azienda (il logo è, appunto, un picchio stilizzato) è Francesco Polacchi, già responsabile nazionale di Blocco Studentesco (la costola giovanile di CasaPound), condannato a un anno e quattro mesi per i violenti scontri in piazza Navona, a Roma, nel 2008  e ora indagato per gli scontri seguiti al blitz di CasaPound a Milano contro il sindaco Beppe Sala. Era il 29 giugno 2017. Secondo i magistrati, Polacchi avrebbe aggredito con calci e pugni due persone.
La Pivert  oggi ha una rete vendita con negozi sia in Italia che all’estero. Un successo, in pochi anni, considerando che nacqua nel vicino 2015. Il marchio di fatto è una costola commerciale di CasaPound- Pivert sul nascere pounta immediatamente ai giovani della destra estrema, pur non avendo riferimenti espliciti all’iconografia fascista. Pivert è un  segno di riconoscimento. Protagonisti delle campagne pubblicitarie sono ragazzi coi capelli rasati ritratti davanti al Vittoriale o all’Altare della Patria. Per essere chiari e diretti.  E mercoledì sera all’Olimpico di Roma Salvini a far bella mostra del suo Pivert. Che non gli ha portato bene.

tratto da: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/05/10/salvini-con-il-giubbetto-dei-fascisti-di-casapound-segnale-forte-e-chiaro-2024052.html

L’assessora lombarda Lara Magoni ci riprova con la solita cazzata: “il fascismo ha fatto anche cose buone” …tutte balle – Rinfrescatevi la memoria: “Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

 

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L’assessora lombarda Lara Magoni ci riprova con la solita cazzata: “il fascismo ha fatto anche cose buone” …tutte balle – Rinfrescatevi la memoria: “Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

Laggi anche:

Ci risiamo, l’assessora lombarda Lara Magoni la spara grossa: “Ci fu un fascismo buono” …Glie la rinfreschiamo noi la memoria a questa cretina, con una semplice ricordo storico: “Nessuno dei duecento bambini è mai tornato”…

“Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

 Alcuni articoli mettono in dubbio i “miti del fascismo” che spesso vengono rilanciati sul web; ve li proponiamo di seguito. Cosa ne pensate?
QUANDO C’ERA LUI I TRENI ARRIVAVANO IN ORARIO… qualche mito da sfatare.

Mito: Devi ringraziare il Duce se esiste la pensione.

Realtà: In Italia la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”, un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori. Mussolini aveva in quella data l’età 15 anni. L’iscrizione a tale istituto diventa obbligatoria solo nel 1919, durante il Governo Orlando, anno in cui l’istituto cambia nome in “Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali”. Mussolini fondava in quella data i Fasci Italiani e non era al governo.
Tutta la storia della nostra previdenza sociale è peraltro verificabile sul sito dell’Inps. La pensione sociale viene introdotta solo nel 1969. Mussolini in quella data è morto da 24 anni.

Mito: Il Duce garantì l’assistenza sanitaria a tutti lavoratori.

Realtà: Con la legge dell’11 gennaio 1943, n. 138, con il nome di Ente mutualità fascista – Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori, venne istituita la prima Cassa Mutua di Assistenza di Malattia che offriva tutele solo ai lavoratori del pubblico impiego. Tutti gli altri non ne avevano diritto.
Il diritto alla tutela della salute per tutti nasce il 13 maggio 1947, data in cui viene istituita l’INAM, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro le malattie, riformato nel 1968, con la legge n. 132 (cosiddetta “legge Mariotti”), che assisteva tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private.
Nel 1978, con la legge n. 833 del 27 dicembre, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale, con decorrenza del 1º luglio 1980 (la cosiddetta “riforma sanitaria”). La norma era chiaramente ispirata al National Health Service (NHS) britannico.

Mito: La cassa integrazione guadagni è stata pensata e creata dal Duce.

Realtà: La cassa integrazione guadagni (CIG) è un ammortizzatore sociale per sostenere i lavoratori delle aziende in difficoltà economica. Nasce nell’immediato dopoguerra per sostenere i lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra furono colpite dalla crisi e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività. Quindi la cassa integrazione nasce per rimediare ai danni causati dal fascismo e della guerra che hanno causato milioni di disoccupati.

Mito: Il Duce ha avviato il progetto della bonifica pontina.

Realtà: I primi lavori di bonifica cominciarono nel 1924 con l’istituzione del Consorzio di Bonifica di Piscinara che avviò la canalizzazione delle acque del bacino del fiume Astura, riprendendo un progetto di Leonardo Da Vinci, interessato anche lui su una ipotesi di bonifica. Addirittura i primi lavori furono eseguiti da i Volsci (intorno al VI secolo a.c.) che, con un sistema di drenaggio a base di cunicoli rimasti celebri e forse insuperati, riuscirono ad assicurare la disciplina delle acque per cui la zona divenne prosperosa e fertile. Mussolini, quindi, non ha avviato un bel niente.

Mito: Ai tempi del Duce eravamo tutti più ricchi.

Realtà: Mussolini permise agli industriali e agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profitti, a scapito degli operai. Infatti fece approvare il loro contenimento dei salari.
Nel 1938, dopo 15 anni di suo operato, la situazione economica dell’italiano medio era pessima, il suo reddito era circa un terzo di quello di un omologo francese.

Mito: Il Duce ha fatto costruire grandi strade in Italia.

Realtà: Il programma infrastrutturale che prevedeva la costruzione delle strade completate durante il ventennio cominciò già durante il quinto governo di Giovanni Giolitti, avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture.

Mito: Il Duce è stato l’unico uomo di governo che abbia veramente amato questa nazione.

Realtà:  “Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative”
Già…proprio amore.
Mussolini amava talmente l’Italia che:
– ha instaurato una dittatura
– ha abbassato tutti i salari
– ha firmato i Patti Lateranensi
– ha portato il paese al collasso economico
– ha tolto la libertà ai cittadini italiani
– instaurando le leggi razziali ha scritto una delle pagine più infami e vili della storia italiana.
Voleva così bene al suo popolo da farlo sprofondare in una guerra civile quando fu esautorato dal potere creando la Repubblica Sociale Italiana. Un paese già allo sbando a causa dell’armistizio dell’8 settembre e provato dalla guerra (condotta da lui con esiti a dir poco disastrosi) venne dilaniato ancora di più tra cosiddetta” Repubblica di Salò” e Italia liberata.

Tra l’altro, non è vero neppure che che “quando c’era lui i treni arrivavano in orario”.
Come spiega questo articolo dell’Indipendent si tratterebbe infatti di un mito derivante dalla propaganda durante il Ventennio.
La puntualità dei treni era infatti per la propaganda fascista il simbolo del ritorno all’ordine nel paese ma, in realtà, è solo grazie alla censura sistematica delle notizie riguardanti incidenti e disservizi ferroviari che questa immagine si è potuta formare.

Cari nostalgici del fascismo, il mascellone è finito appeso a testa in giù con le persone che prendevano a calci il suo cadavere. Chiedetevi il perchè.

 

La “ducetta” al Sindaco di Macerata: “Chieda scusa alla famiglia Mussolini”. Ci vuole una bella faccia di bronzo. Non mi risulta che la “famiglia Mussolini” abbia mai chiesto scusa al mondo per 500.000 Italiani crepati in guerra, 80.000 libici e 700.000 abissini trucidati, per le leggi razziali per….

 

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La “ducetta” al Sindaco di Macerata: “Chieda scusa alla famiglia Mussolini”. Ci vuole una bella faccia di bronzo. Non mi risulta che la “famiglia Mussolini” abbia mai chiesto scusa al mondo per 500.000 Italiani crepati in guerra, 80.000 libici e 700.000 abissini trucidati, per le leggi razziali per….

Chieda scusa alla famiglia Mussolini: tra la ‘ducetta’ e il sindaco di Macerata sfiorata la rissa

Alessandra Mussolini, arrivata in città dopo la “pignatta antifascista”, con il fantoccio del duce a testa in giù preso a bastonate dai bambini. Chieda scusa lei per i crimini del nonno

Lei è già fascista del nonno. Ma il guaio è che la signora gira tranquillamente con il suo tono arrogante ed è parte integrante della decadenza della politica italiana.
Si è rischiato lo scontro fisico nell’incontro tra il sindaco di Macerata Romano Carancini e l’europarlamentare Alessandra Mussolini, arrivata in città dopo la “pignatta antifascista”, con il fantoccio del duce a testa in giù preso a bastonate dai bambini in piazza Cesare Battisti il 25 aprile.
“Uno scempio, un atto osceno” secondo l’eurodeputata, che ha invitato il sindaco a chiedere scusa alla città e a ritirare le deleghe ad un assessore. “Lei si deve vergognare” ha replicato Carancini.
Un battibecco andato avanti per un po’ tra la ‘ducetta’ che pretendeva che Carancini chiedesse scusa alla famiglia Mussolini e il sindaco che aveva ribadito di aver condannato senza esitazioni il gesto.
Chiedere scusa alla famiglia Mussolini? Ma chiedesse scusa lei per quello che la famiglia Mussolini ha fatto in Italia e tornasse a Roma in ginocchio fino al Ghetto ebraico e alla Fosse Ardeatine a chiedere scusa per i crimini del nonno e dei suoi alleati nazisti.

QUI il video

Giosto per rinfrescarVi la memoria, ecco alcune delle cose di cui la famiglia Mussolini dovrebbe chiedere scusa… e non parliamo di un pupazzo appeso a testa in giù…

I 42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale.

Coloro che subirono 28.000 anni di carcere e confino politico.

Gli 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani.

I 700.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive “operazioni di polizia”. I combattenti antifascisti caduti nella guerra di Spagna.

I 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale.

I combattenti degli eserciti avversari ed i civili che soffrirono e morirono per le aggressioni fasciste.

I 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno.

I 640.000 internati militari nei lager tedeschi di cui 40.000 deceduti ed i 600.000 e più prigionieri di guerra italiani che languirono per anni rinchiusi tra i reticolati, in tutte le parti del mondo.

I 110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all’estero.

Le migliaia di civili sepolti vivi tra le macerie dei bombardamenti delle città.

Quei giovani che, o perché privi di alternative, o perché ingannati da falsi ideali, senza commettere alcun crimine, traditi dai camerati tedeschi e dai capi fascisti, caddero combattendo dall’altra parte della barricata.

 

fonti:

http://www.globalist.it/news/articolo/2018/04/27/chieda-scusa-alla-famiglia-mussolini-tra-la-ducetta-e-il-sindaco-di-macerata-sfiorata-la-rissa-2023396.html

http://anpi-lissone.over-blog.com/article-11803768.html

Michela Murgia: «I fascisti li riconosci dal modo con cui banalizzano la realtà»

 

Michela Murgia

 

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Michela Murgia: «I fascisti li riconosci dal modo con cui banalizzano la realtà»

La scrittrice: «I fascisti li riconosci dal modo con cui banalizzano la realtà»

La scrittrice Michela Murgia giovedì 23 a Lucca spiegherà il suo decalogo per riconoscere l’ultradestra e smascherare il populismodi Flavia Piccinni

Michela Murgia non è solo una scrittrice di successo e una conduttrice televisiva. Non è solo in giro per i teatri italiani con lo spettacolo sold out “Quasi Grazia” scritto da Marcello Fois, che racconta la storia di Grazia Deledda («il teatro mi attrae solo per la misura di mettere in scena i miei testi, ma in questo caso salire sul palcoscenico aveva un senso profondo»). È anche, forse soprattutto, un’attivista e un’intellettuale che si interroga sul tempo. Per questo giovedì sarà a Lucca, al Teatro San Girolamo, per l’incontro (alle 17,30) “Sempre fascismo è”, cui seguirà (alle 21) il monologo teatrale dell’attore Marco Brinzi “Autobiografia di un picchiatore fascista”. Il tema del suo incontro è di straordinaria attualità. Come dimostra anche la vittoria del movimento di estrema destra Casaggì alle elezioni studentesche della provincia di Firenze, dopo quelle di Prato e Pistoia.

È forse un segnale?

«In politica non esiste il vuoto: se c’è un varco, questo viene riempito. Da quando i soggetti politici strutturati sono assenti, nelle scuole e nella società, a prendere il loro posto sono forze alternative. Questi ragazzi spesso non sono fascisti, ma vengono strumentalizzati. Non hanno un’alternativa. Sono vittime della mancanza di contro-narrazioni. Il fascismo da storytelling diventa propaganda».

E conquista consenso. Anche in Toscana.

«Nella mia testa la Toscana è rossa, anche se la Lega qui ha preso molti voti. In questo caso però non si tratta di essere rossi, bianchi o neri. Il discorso è la predisposizione al populismo, che è la fase prima del fascismo. Il populismo agisce direttamente sui sentimenti delle persone. Se in una stanza hai venti individui, non potranno pensarla nello stesso modo. Il populismo però trova il modo di metterli d’accordo sfruttando il loro minimo comune denominatore che spesso parla alla pancia. Per questo nessuno è al sicuro».

Da cosa?

«Dai meccanismi propri di questo fascismo dilagante. Dentro un vuoto di valori è possibile qualunque radicalizzazione. Il neofascismo per un italiano, l’Isis per un ragazzo di etnia diversa. Le ultime elezioni comunali a Lucca hanno rivelato il crescente consenso di CasaPound. Lucca è un prodromo. La spia di una situazione che sta degenerando. Il problema però non è il fascismo, ma il fascismo nel momento in cui inizia a organizzarsi. Per anni si è creduto che il fascismo fosse un’idea, invece è un metodo. Un metodo che si deve imparare a interpretare».

E lo racconterà proprio a Lucca.

«Non è stata una scelta casuale. L’indifferenza di tante persone mi fa pensare che in troppi abbiano perso le competenze civili necessarie per interpretare il presente. Ma se il fascismo tornasse, e sta tornando, come lo riconosceremmo?».

Lei ha stilato dieci fattori indicativi su cui riflettere.

«Dieci marcatori in grado di evidenziare come il fascismo si manifesti anche in luoghi, e in momenti, inaspettati. La verticizzazione della figura del capo è uno degli elementi principali. Ma ha il suo rilievo anche la costruzione di un nemico che non è mai l’avversario politico, e non ha un nome specifico. Anzi viene riconosciuto in una categoria generica. E poi c’è la banalizzazione della complessità».

Che cosa significa?

«Partendo dal fatto che il linguaggio dei politici strutturati è incomprensibile, e sembra voler allontanare le persone, il populista parla come mangia o, almeno, si presenta così. In questo modo intercetta gli umori del popolo. Storicamente la semplificazione è necessaria, ma la banalizzazione è dannosissima perché tradisce la complessità, e la traduce in slogan. E così si arriva ai paradossi: siccome quello che dice Salvini si capisce, si pensa che sia il cuore delle cose. Ma Salvini non è un semplificatore, è un banalizzatore che a una domanda giusta, dà una risposta semplice ma sbagliata. Si appropria di una categoria del linguaggio fascista. Ciascuna voce, dunque anche questa, se considerata in modo singolo non è fascismo. Ma quando uno comincia a contare cinque indicatori di allarme, qualche domanda dovrebbe cominciare a farsela».

In politica chi fa suonare più campanelli?

«Il populismo è una strada facile. La complessità aiuta a costruire il consenso nel lungo periodo, ma è più semplice agire su una paura istintiva per prendere il voto sul momento. Per un politico che non ha una visione da statista, non conta nient’altro. Nelle sezioni storicamente si costruiscono i consensi della base. Bisognerebbe forse domandarsi per quale motivo Forza Italia non ne avesse bisogno».

Oggi qual è la cosa che la spaventa di più?

«Siamo diventati un popolo di razzisti. Ma la cosa più spaventosa è la facilità con cui le persone cedono la responsabilità di se stessi a un altro. Questo spesso produce una rinuncia alla partecipazione politica e al coinvolgimento. Basta una sola generazione per perdere i valori democratici. La manutenzione della democrazia, soprattutto per un Paese dove questa è giovane come in Italia, è la

cosa più complicata».

Chi dovrebbe farla questa manutenzione?

«Le istituzioni nel senso civile. La scuola. Noi. La resistenza non si fa sui monti, ma comincia per le strade, nei teatri, nelle scuole, nelle case e nelle teste».

tratto da: http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2017/11/19/news/i-fascisti-li-riconosci-dal-modo-con-cui-banalizzano-la-realta-1.16139993

Neofascisti nelle urne: solo uno zerovirgola – Per la serie: tanto rumore per nulla

 

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Neofascisti nelle urne: solo uno zerovirgola – Per la serie: tanto rumore per nulla

Neofascisti nelle urne: solo uno zerovirgola, tanto rumore per nulla

Nonostante la sovraesposizione mediatica i movimenti neofascisti in Italia non raccolgono consensi nelle urne: il centrodestra a trazione Lega non lascia spazio all’estrema destra di crescere in termini di voti, ma ne rendo possibile l’azione nella società, ma soprattutto la normalizzazione nei salotti dei talk show.

Percentuali da prefisso telefonico per la destra neofascista italiana. Vale la pena dire tanto rumore per nulla. Questo non per sminuire la pericolosità di piccoli gruppi organizzati estremisti, o la loro propaganda xenofoba, ma per sottolineare come il risultato di Casa Pound Italia e Forza Nuova sia stato molto al di sotto di molte profezie dei media, che hanno raccontato in questi mesi quella che sembrava una crescita esponenziale di questi gruppi. La realtà invece è che partiti e movimenti neofascisti sono aumentati soltanto nella rappresentazione mediatica e non in termini di consenso elettorale. Una sovraesposizione che non ha portato però ha più voti nell’urna. Qualche giorno fa diversi telegiornali nazionali hanno aperto l’edizione della sera riportando la notizia che Casa Pound si diceva disponibile ad un appoggio esterno ad un ipotetico governo “sovranista” guidato da Matteo Salvini. Fantascienza, a cui però i media hanno dato fin troppo spazio. E se il vento che soffia a destra in tutta Europa ha favorito la coalizione di Salvini, Meloni e Berlusconi, non sembra però aver gonfiato le vele dei partiti esplicitamente neofascisti.

La destra neofascista è riuscita negli scorsi mesi a presentare la sua stessa esistenza come una notizia, a imporsi nello spazio pubblico e mediatico come grande novità. La verità però è che un centrodestra a trazione Lega, che al momento è il primo partito del centrodestra, ne limita lo spazio di consenso elettorale. Al momento in Italia non sembra esserci spazio per l’esplosione la crescita in termini elettorali delle forze neofasciste, anche se cresce la tolleranza per l’azione dei gruppi di estrema destra nel sociale. Chi cerca un voto radicale e di destra ha alternative che appaiono meno ideologiche e molto più efficaci, a cominciare da Matteo Salvini. Ma anche il Movimento 5 stelle, con la possibilità concreta di vincere e con il candidato premier Luigi Di Maio sulle barricate contro le Ong dei “taxi del mare”, ha tolto acqua all’estrema destra che puntava su un bacino di elettori arrabbiati, che magari intercetta nelle fiaccolate contro i centri di accoglienza ma non nei seggi.

Non sono bastate pagine e pagine di giornali, interviste, decine di servizi (per lo più acritici) in televisione per portare Casa Pound in parlamento. Un risultato a cui il movimento rappresentato da Simone Di Stefano sembrava credere davvero, o almeno sperava che la profezia ripetuta come un mantra finisse per avverarsi. “Io già oggi vi posso dire che sì, noi entreremo in Parlamento. Lo faremo in questa legislatura. O magari nella prossima. Ma io so già che Casa Pound è destinata a essere un movimento determinante per la storia della Nazione”: così lo stesso Di Stefano metteva le mani avanti nell’ultimo giorno di campagna elettorale. Nel corso della notte elettorale poi il leader di Cp se l’è presa paradossalmente proprio con le tv colpevoli, a suo dire, di non dedicare abbastanza spazio al movimento che rappresenta. Ma anche se non entreranno in parlamento i movimenti neofascisti italiani un primo importante risultato già lo hanno ottenuto: normalizzare la loro presenza nei salotti dei talk show e nelle trasmissioni del pomeriggio. Chissà che da oggi i media italiani non prendano in considerazione di dare a queste forze e alle loro istanze lo spazio che meritano, senza cercare titoli gridati, senza ingigantirne la forza e mettendone in luce le ombre. Sarebbe già un buon inizio.

 

tratto da: https://www.fanpage.it/neofascisti-nelle-urne-solo-uno-zerovirgola-tanto-rumore-per-nulla/

La partigiana Lidia Menapace a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò” – “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.

 

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La partigiana  a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò” –  “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.

 

Macerata, la partigiana Lidia Menapace a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò”

Staffetta partigiana, storica esponente del movimento femminista, tra i fondatori del Manifesto, saggista, già parlamentare di Rifondazione. A 93 anni  è venuta da Bolzano per partecipare alla manifestazione antifascista e antirazzista a Macerata: “Avrei potuto dormire questa mattina ma ho preferito venire qui. Finché avrò voce e forza io manifesterò in mezzo alle persone che capiscono il tempo in cui siamo”, ha detto. “Per le prossime elezioni mi auguro che questo movimento influenzi la politica e le generazioni successive. Mi auguro che la politica torni alle basi, torni al popolo”.

QUI il video

 

Rivoluzionaria con il sorriso

Lidia Menapace, di ritorno dalla manifestazione di Macerata, commenta la sua candidatura al Senato con Potere al Popolo: “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.
L’inossidabile Lidia Menapace – 93 anni, staffetta partigiana, militante femminista e pacifista, già assessora provinciale della DC in Sudtirolo e senatrice di Rifondazione Comunista dal 2006 al 2008, ora candidata al Senato per “Potere al Popolo” nel collegio Bolzano-Bassa Atesina – è di ritorno dalla manifestazione antifascista e antirazzista di Macerata cui hanno preso parte decine di migliaia di persone. Dorme poco, Menapace, e come è sua abitudine viaggia di notte o alle prime luci dell’alba in lungo e in largo per l’Italia: alle 5 del mattino è salita sul bus con i compagni bolzanini diretti nella cittadina delle Marche. “Mi dispiace non averla salutata, Lidia mi ricorda Alexander Langer” ha scritto Adriano Sofri, anche lui presente a Macerata, in un bellissimo resoconto della giornata maceratese.

Lidia Menapace ai microfoni di Repubblica.it: “Avrei potuto dormire, preferisco dormire poco. Finché avrò voce, forza e voglia preferisco manifestare in mezzo alle persone che capiscono il tempo, il mondo in cui siamo. Questo è un luogo di sinistra perché pensa che il popolo sia il soggetto centrale della politica. Per le elezioni mi auguro una buona affermazione di questo movimento che si sta mettendo in moto, che la politica torni nelle mani del popolo”.

Salto.bz: Il corteo pacifico e festoso di Macerata ha smentito gli allarmismi della vigilia – in primis quelli del sindaco PD Romano Carancini, che ha disertato la piazza. Il Ministro dell’Interno voleva impedire la manifestazione, salvo poi fare un passo indietro. La condanna all’atto terroristico fascista da parte delle massime cariche dello Stato è stata debole e tardiva. Quali sono le sue impressioni?

Lidia Menapace: Le mie impressioni sono molto positive, dato che la risposta del popolo è stata grande, convinta, allegra e non aggressiva, molto ironica: non potrei volere niente di meglio. Che le “autorità” non l’abbiano capito è un segno della loro insufficienza, davvero da brutto voto scolastico.

A contendersi il seggio di Bolzano-Bassa Atesina ci saranno anche “i fascisti del terzo millennio” di Casa Pound, che nel capoluogo hanno eletto ben tre consiglieri comunali. Crede che l’antifascismo rischi di rimanere una “corteccia ideologica” e non sia perciò sufficiente a fronteggiare l’ascesa dei neofascismi in Italia?

L’antifascismo non è una pura affermazione verbale o corteccia ideologica, come la chiama elegantemente lei. L’antifascismo è una scelta di vita, un modo di essere quotidiano; non ci vuole di meno per respingere, contenere, cancellare il neofascismo.

Lei è già stata senatrice nella XV legislatura, la stessa in cui Franca Rame lasciò il Senato dichiarando che le «istituzioni sembrano impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato». Il senatore uscente Francesco Palermo ha spesso usato toni simili. Lei che fu espressione di un partito, Rifondazione Comunista, come visse l’esperienza senatoriale?

Ero stata candidata come indipendente nelle liste di Rifondazione nei collegi del Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo: fui eletta in ambedue e poi fu scelto che rimanessi nel collegio della regione a statuto speciale. La legislatura durò meno della metà e poi fu fatta cadere (si tratta del secondo governo Prodi, ndr); la mia esperienza senatoriale fu interessante, ma di breve durata e non molto influente, nemmeno economicamente nella mia vita.

Anche a questo appuntamento elettorale le sinistre si presenteranno divise. Da un lato, “Potere al Popolo”, dall’altro “Liberi e Uguali”, sostenuti in Sudtirolo dai Verdi che a Bolzano candidano Laura Polonioli. Una convergenza, sulla base della vicinanza dei programmi, non era proprio possibile?

Non si può usare il termine sinistra in modo generico, occorre partire da una analisi della situazione della crisi capitalistica e su questo terreno le differenze sono appunto strutturali e non conciliabili, il che non vieta di trattarsi con decoro rispettoso e ironia.

La lotta alla violenza di genere sta avendo un grande risalto internazionale, grazie al movimento “Non una di meno” e alle denunce del #metoo. Di recente, un appello-manifesto delle attrici italiane ha rilanciato il tema anche nel nostro paese – sebbene con cautela e senza suscitare particolare clamore mediatico. Il movimento femminista in Italia, già capace di ottenere importanti conquiste, sarà in grado anche questa volta di rompere il silenzio della politica?

Sono convinta che il movimento delle donne debba e possa ripartire dalla costatazione che le donne sono ormai la maggioranza stabile della popolazione del pianeta e di ogni paese che lo compone, come da dichiarazione delle Nazioni Unite di più di un anno fa. Finora sembra di poter affermare che la minoranza maschile della popolazione non ne tenga affatto conto, nemmeno nell’uso del linguaggio inclusivo dei generi: si tratta della più grande e possibile rivoluzione della storia umana.

Chi teme di più a queste elezioni? Renzi, Di Maio, Salvini – o il ritorno di Berlusconi?

Spero in una visibile affermazione di Potere al Popolo, è il primo punto, il punto di avvio per costruire una risposta, un’ipotesi di progetto della rivoluzione culturale necessaria.

Non essendo alla sua prima campagna elettorale, con quale spirito sta affrontando questa candidatura al Senato?

Sono lieta di essere stata richiesta di candidarmi per Potere al Popolo, l’unica candidatura che corrisponde al tipo di conoscenza pratica e politica che mi sento di rappresentare: cercherò di rispondere in coscienza al mio meglio. La politica mi ha sempre appassionato e quanto maggiore è la posta in gioco, tanto più mi appassiona: poche volte, dunque, come questa.

da: https://www.salto.bz/it/article/13022018/rivoluzionaria-con-il-sorriso