Kim Jong-un un pazzo? Ma ne siete proprio sicuri? Avete mai pensato che l’atomica gli serve per non fare la fine di Gheddafi…?

 

Kim Jong-un

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Kim Jong-un un pazzo? Ma ne siete proprio sicuri? Avete mai pensato che l’atomica gli serve per non fare la fine di Gheddafi…?

Il dittatore nord coreano Kim Jong Un non è un pazzo come ci farebbe comodo credere. Allora, perché un Paese così piccolo, così lontano dalle rotte e dai luoghi più strategici del mondo dovrebbe ambire a dotarsi di una bomba atomica? Chi lo minaccia?

A un comune cittadino europeo (o americano) sembra veramente una cosa senza senso che la Corea del Nord abbia fatto esplodere la quinta bomba atomica in 10 anni con l’ultima di esse addirittura tanto potente da assomigliare a quella di Hiroshima.

Il primo esperimento fu realizzato nel 2006, un secondo e un terzo rispettivamente nel 2009 e nel 2013. Quest’anno il primo scoppio si ebbe a gennaio e causò un terremoto di 5.1 gradi nella scala Richter. I coreani dichiararono si trattava di una bomba all’idrogeno ma gli osservatori internazionali, calcolate le conseguenze, ne dubitarono. Non c’è invece dubbio sulla forza di quella attuale che ha sviluppato un terremoto di 5.3 gradi.

Un comunicato ufficiale del governo nord coreano afferma di essere, ora, in grado di produrre “a volontà” quante testate nucleari voglia, anche di “più piccole, più leggere e diversificate” e di possedere la tecnologia per produrre e usare diversi materiali fissili. Lo stesso comunicato aggiunge: “(Questo) test è una dimostrazione della più determinata volontà del Partito dei Lavoratori di Corea e del popolo coreano di tenersi sempre pronti a rispondere contro i nemici se fanno provocazioni, poiché’ fa parte delle contromisure reali al racket di minacce e sanzioni contro la Corea scatenate da forze ostili a guida americana…mentre negano categoricamente la posizione strategica della Repubblica Popolare di Corea come potenza nucleare armata…. La RPDC prenderà ulteriori misure per incrementare la forza nucleare dello Stato in qualità e quantità per salvaguardare la propria dignità, il diritto all’esistenza e una pace genuina contro le minacce americane di una guerra nucleare”.

Con questo comunicato si capisce quale sia stato l’obiettivo che ha spinto PyongYang a condurre i due ultimi test: la volontà di essere accettata tra le potenze nucleari mondiali.

Fino a pochi anni fa, la strada verso la bomba era rimasta solo uno strumento negoziale per ottenere rassicurazioni che il regime non sarebbe stato oggetto di attacchi nemici. Ciò che la famiglia Kim temeva, in realtà, non era la perdita di indipendenza del Paese, quanto la fine del suo dominio sul Paese a causa di nemici esterni.

Essere stati inseriti nella lista degli “Stati canaglia” da parte dell’amministrazione americana non fu certo rassicurante e, per un certo periodo di tempo, i Kim nonno e padre dell’attuale dittatore, cercarono di scambiare la minaccia di sviluppare armi atomiche con un riconoscimento ufficiale da parte delle potenze mondiali. Ciò sarebbe stato convalidato dall’arrivo di aiuti energetici ed economici dagli USA e dalla firma di quel Trattato di Pace che ancora si aspetta dopo la fine della guerra degli anni cinquanta (attualmente esiste solo un semplice armistizio e nessun Trattato formale). Nonostante apparenti passi avanti in quella direzione, con l’aggiunta di promesse americane per materiale energetico in alternativa a quello derivabile dal nucleare, nulla accadde e i negoziati a sei (oltre alla Corea del Nord e agli USA, vi partecipavano anche Corea del Sud, Cina, Giappone e Russia) furono interrotti e ripresi più volte.

Nel 2011 però successe qualcosa che convinse i coreani a cambiare strategia. Anche la Libia era stata definita, fin dalla Presidenza Reagan nel 1980, uno “Stato canaglia” e, in seguito, Bush figlio aggiunse l’Iraq, l’Iran e la Corea del Nord. Dell’Iraq sappiamo come finì e dell’Iran vedremo, ma della Libia va ricordato che nel 2003, proprio per non correre il rischio di finire come Saddam Hussein, Gheddafi dichiarò di rinunciare totalmente a ogni programma nucleare dimostrando di essere disposto a ogni collaborazione con l’Occidente. Evidentemente non bastò perché’, nonostante avesse smesso di rappresentare un pericolo per il mondo da diversi anni, l’Europa e gli Usa non gli furono riconoscenti e nel 2011 fu, comunque, destituito e ucciso. Se avesse sviluppato una difesa nucleare, pensano a Pyongyang, nessuno avrebbe avuto il coraggio di attaccarlo. Kim Jong Un non vuole fare la stessa fine e ha abbandonato la tattica di negoziare l’uscita dai programmi nucleari puntando, al contrario, ad andare fino in fondo. Da lì i test e la loro voluta pubblicizzazione sottolineando la possibilità di ritorsione immediata in caso di attacco: il regime dichiara, infatti, di essere in grado di lanciare testate atomiche tramite missili balistici anche sul territorio degli Stati Uniti. Anche se tale capacità è considerata dubbia dagli esperti, si ritiene, invece, che missili nord coreani possano arrivare facilmente sia in Corea del Sud che in Giappone. Che poi questi possano essere dotati o meno di testate nucleari è un’incognita che nessuno vorrebbe verificare.

Le reazioni del mondo intero sono state di condanna e perfino il maggior alleato dei Coreani, la Cina, ha fortemente criticato l’esperimento. In realtà, Pechino è in grande imbarazzo: l’atteggiamento aggressivo di Pyongyang ha già dato agli americani la giustificazione per nuove manovre militari congiunte con la Corea del Sud e il test nucleare del gennaio scorso li aveva spinti a dare ulteriori garanzie ai propri alleati nella zona inviando nella penisola bombardieri B-52 a lungo raggio, capaci, potenzialmente, di portare testate atomiche. In più, gli ultimi tre missili “test” lanciati verso fine luglio in direzione del Giappone avevano spinto Washington a promettere anche l’installazione, entro il 2017, del sistema di difesa antimissile THAAD. Tale spiegamento di forze ai propri confini non fa certo piacere a Pechino che ha già protestato denunciando che il THAAD serva piuttosto per spiare la Cina stessa.

La recente esplosione nucleare nord coreana porta acqua a chi reclama la necessità di nuovi strumenti di difesa in zona e diventa sempre più difficile giudicarli una pura e inutile provocazione. Non si può nemmeno escludere che il pericolo atomico possa spingere Giappone e Corea a ripensare tutto il proprio sistema di difesa chiedendo, anch’essi, di potersi dotare di uguali armamenti a titolo di deterrenza. La rabbia cinese contro Kim è quindi sincera ma, nonostante le dichiarazioni altisonanti, è difficile immaginare una reazione che arrivi a sanzioni molto più pesanti di quelle già in vigore.

Se la Cina, che rappresenta il punto di arrivo o di passaggio di più dell’80 per cento degli scambi nord coreani, lo volesse veramente, il regime sarebbe messo in ginocchio in poche settimane. Tuttavia, ciò significherebbe il crollo del Paese, un flusso incontenibile di profughi affamati e un fattore di locale instabilità di cui potrebbero approfittare Seul e Washington. L’unica vera alternativa per i cinesi sarebbe il favorire un colpo di stato interno che porti al potere uomini più controllabili da Pechino. Si eviterebbe così un vuoto di potere impedendo contemporaneamente ai coreani del Sud di entrare al Nord in nome dell’unificazione della penisola.

Anche Kim Jong Un sa che questa sarebbe qualcosa a cui i cinesi stanno pensando ed è per scongiurare questa ipotesi che, da mesi, sta attuando purghe di stampo staliniano tra i notabili del Partito più sospetti di un’intesa con Pechino che non passi attraverso di lui. Chi può, tra i notabili, fugge all’estero e un recente esempio sono l’Ambasciatore nord coreano a Londra che vi ha chiesto asilo politico e il tesoriere personale di Kim che è fuggito a Seul.

Per l’Occidente poche sono le scelte: insistere con le sanzioni è una mossa obbligata ma senza la totale partecipazione della Cina servirà a poco. L’alternativa è di prendere ufficialmente atto che la Corea del Nord è oramai uno Stato nucleare, esattamente come si era fatto con l’India e il Pakistan (e Israele?). Anche questi Stati avevano trasgredito agli accordi di non proliferazione ma nulla di concreto fu fatto contro di loro. Probabilmente a quella stessa condizione punta Kim Jong Un che, come volevasi dimostrare, è sì un sanguinario dittatore, ma per nulla pazzo.

Fonte sputniknews