L’Italia deve ridurre le pensioni… Ce lo impone l’Europarlamento, i cui membri vanno in pensione a 63 anni, senza versare contributi e mettendo in tasca 1.500 Euro al mese per ogni mandato… Vi sentite un pochino presi per i fondelli?

Europarlamento

 

 

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L’Italia deve ridurre le pensioni… Ce lo impone l’Europarlamento, i cui membri vanno in pensione a 63 anni, senza versare contributi e mettendo in tasca 1.500 Euro al mese per ogni mandato… Vi sentite un pochino presi per i fondelli?

Commissione sgrida l’Italia sul sistema pensionistico, ma i funzionari UE hanno pensioni privilegio

di Marco Valli, EFDD – M5S Europa

Ieri la Commissione Europea ha presentato, nel suo bilancio 2019, la richiesta di un aumento del 6% alla voce pensioni. Il trattamento pensionistico di chi lavora nelle istituzioni europee prevede contributi ed è basato su un sistema retributivo. Quello dei deputati del Parlamento europeo, addirittura, non prevede nemmeno contributi (qui la nostra battaglia).

La cosa paradossale è che oggi la stessa Commissione Europea ha pubblicato le raccomandazioni specifiche per Paese. E per l’Italia, tra le tante richieste, c’è il capitolo pensioni al punto 11.

Ebbene, il burocrate di turno sottolinea l’insostenibilità del nostro sistema previdenziale esaltando la riforma Fornero, ammonendo eventuali dietrofront e suggerendo anche giusti tagli a chi è andato in pensione senza il regime contributivo. Peccato che il funzionario che ha redatto tale raccomandazione si sia dimenticato di ammonire il suo trattamento privilegiato e pagato dai cittadini, ai quali raccomanda la riforma Fornero e ulteriori sforzi.

M5S –  PROPOSTA PER TAGLIARE LE PENSIONI

 

fonte: http://www.efdd-m5seuropa.com/2018/05/commissione-ammonisc.html

 

Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!!

 

Giorgio Napolitano

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Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!

16 maggio 2016 – L’inizio del mandato di Giorgio Napolitano come 11° Presidente della Repubblica Italiana. Tra moniti e firme di leggi improbabili, ha fatto la storia del Paese… In negativo.

Da Il Fatto Quotidiano:

Napolitano, pensione dorata: chauffeur, maggiordomo. E ufficio da 100 mq

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”

Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, proprio l’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.

BENTORNATO, PRESIDENTE – Lasciato il Quirinale, Napolitano assumerà infatti le vesti di senatore a vita, carica che ha già ricoperto per pochi mesi dal 23 settembre 2005, quando fu nominato dal suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, fino alla sua elezione al Colle il 15 maggio 2006. Al Senato, dove insieme allo stesso Ciampi formerà la gloriosa coppia degli ex capi di Stato, Napolitano si sistemerà in una location diversa da quella che lo aveva ospitato per poco più di sette mesi prima di trasferirsi al Quirinale. Il suo vecchio ufficio, infatti, è stato nel frattempo assegnato ad un altro senatore a vita: quel Mario Monti da lui stesso nominato poco tempo prima di diventare presidente del Consiglio. Così, per Napolitano si sono dovuti tirare a lucido gli oltre cento metri quadrati degli uffici di Palazzo Giustiniani con vista su San Ivo a suo tempo occupati da un altro ex illustre inquilino del Colle, il defunto Oscar Luigi Scalfaro.

BENEFIT A VITA – Un “buen retiro” dorato che, allo stipendio dovuto ai comuni senatori eletti, circa 15mila euro mensili netti, tra indennità, rimborsi e ammennicoli vari, sommerà anche una lunga serie di benefit a carico del bilancio della presidenza della Repubblica. Documenti alla mano, si scopre infatti che in forza di un vecchio decreto del 1998 a ciascun presidente emerito spetta innanzitutto il diritto ad utilizzare un dipendente della carriera di concetto o esecutiva del segretariato generale del Quirinale con funzioni di segretario distaccato nel suo nuovo staff. Altri due dipendenti del Colle possono invece essere trasferiti presso la sua abitazione privata romana di via dei Serpenti, con mansioni l’uno di guardarobiere e l’altro di addetto alla persona. Poi ci sono le cosidette “risorse strumentali”: un telefono cellulare o satellitare, un fax e un’altra connessione urbana ultraprotetta, una linea dedicata per il collegamento con il centralino del Quirinale, un’altra per quello con la batteria del Viminale e un allacciamento diretto con gli uffici dei servizi di sicurezza del ministero degli Interni, predisposti in duplicato presso lo studio e l’appartamento privato dell’ex presidente; quindi, collegamenti telematici (anche in questo caso doppi), consultazione delle agenzie di stampa e banche dati, oltre a connessioni televisive a bassa frequenza per la trasmissione dei lavori di Camera e Senato; per ultima, non poteva mancare, ecco l’auto con telefono e chauffeur riservata, vai a capire perché, pure alla vedova o al primogenito dell’ex capo di Stato. E non è finita.

PAGA IL SENATO – Una volta traslocato dal colle del Quirinale agli uffici del Senato, a Napolitano, come a tutti i presidenti emeriti della Repubblica, spettano altre cospicue dotazioni. Ci sono quelle della presidenza del Consiglio, mobilitata per l’utilizzo di treni, navi e aerei; ma ci sono soprattutto le altre poste a carico di Palazzo Madama. Si tratta di una munitissima segreteria composta da una decina di unità: un capo ufficio, tre funzionari, due addetti ai lavori esecutivi, altri due a quelle ausiliari e, a scelta, addirittura un consigliere diplomatico o militare. Una pletora di persone alla quale obbligatoriamente si aggiungono gli agenti di pubblica sicurezza e i carabinieri addetti alla scorta e alle postazioni previste presso le abitazioni private del presidente. A conti fatti, una trentina di persone che forniranno i loro servizi nell’arco delle 24 ore. Non spetta, invece, agli ex inquilini del Colle alcuna liquidazione, assimilabile al Tfr dei comuni lavoratori o all’assegno previsto per i parlamentari non rieletti. Interpellato dal ilFattoquotidiano.it, l’ufficio stampa del Quirinale spiega che «al momento della cessazione dell’incarico di presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano non riceverà alcuna indennità di fine mandato». L’attuale capo dello Stato, aggiungono dal Colle, «ha maturato 38 anni di contributi ma non ha mai beneficiato né beneficerà del vitalizio previsto per gli ex parlamentari in quanto incompatibile dapprima con l’assegno percepito in qualità di eurodeputato (Napolitano lo è stato dal 1999 al 2004, ndr), poi con quello di presidente della Repubblica e, infine, anche con quello di senatore a vita, carica che tornerà a rivestire una volta lasciato il Quirinale».

CHI SPENDING DI PIU’ – Quanto ai tagli ai privilegi degli ex capi di Stato annunciati qualche anno fa, i comunicatori del Colle spiegano a ilfattoquotidiano.it che «il mandato di Napolitano è stato finora caratterizzato da impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia, ma qualora dovesse decidere di farlo prima della cessazione del suo incarico non intende fare della sua determinazione oggetto di campagna promozionale». Anche per ragioni di opportunità rispetto all’operato dei suoi predecessori. E, in ogni caso, «non è detto che, una volta esaurito il mandato, Napolitano si avvarrà indiscriminatamente delle prerogative previste per gli ex presidenti della Repubblica».
Insomma, prerogative rinunciabili ma solo se l’avente diritto vorrà.

 

M5s attacca la Casellati che ha insabbiato l’istruttoria per l’abolizione dei vitalizi al Senato… È scandaloso! …Scusate, ma cosa vi aspettavate dalla pupilla di Berlusconi…?

Casellati

 

 

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M5s attacca la Casellati che ha insabbiato l’istruttoria per l’abolizione dei vitalizi al Senato… È scandaloso! …Scusate, ma cosa vi aspettavate dalla pupilla di Berlusconi…?

 

M5s chiede abolizione dei vitalizi a Casellati: “Al Senato istruttoria ferma, è scandaloso”

Danilo Toninelli, capogruppo M5s al Senato, ha inviato una lettera alla presidente di Palazzo Madama Maria Elisabetta Casellati per chiederle che fine abbia fatto l’istruttoria per abolire i vitalizi. E poi attacca: “Sembra che l’istruttoria dei questori stia concludendosi in maniera scandalosa”.

Il MoVimento 5 Stelle torna a parlare dell’abolizione dei vitalizi e, dopo aver annunciato l’istruttoria presentata alla Camera dei deputati per dare il via all’iter, si rivolge alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il capogruppo pentastellato a Palazzo Madama, Danilo Toninelli, ha inviato una lettera alla presidente del Senato per sollecitarla a dare vita all’istruttoria anche a Palazzo Madama. E poco dopo Toninelli attacca esplicitamente gli uffici di presidenza del Senato, dove l’istruttoria sarebbe ferma: “Sembra che l’istruttoria dei questori stia concludendosi in maniera scandalosa, sembra che ci siano profili di incostituzionalità sull’abolizione dei vitalizi. In Parlamento vige l’autodichia e loro stanno dicendo che è costituzionale un privilegio e incostituzionale abolirlo”.

“Le scrivo per chiederle lumi sull’istruttoria che il gruppo del M5s vorrebbe vedere il prima possibile all’esame del consiglio di presidenza”, scrive Toninelli nella lettera facendo esplicito riferimento a quello che definisce il “solerte lavoro compiuto” dai questori della Camera dei deputati. I questori di Montecitorio hanno “completato l’istruttoria per la revisione dei vitalizi, compresi i trattati di reversibilità”, ricorda Toninelli nella missiva inviata a Casellati, nella quella parla anche del “suo dichiarato impegno a favorire un percorso parallelo e coordinato tra i due rami del Parlamento” in tema di abolizione dei vitalizi.

Nella lettera inviata dal rappresentante M5s a Casellati si ribadisce che l’auspicio è quello che “si possa lavorare a partire dai criteri metodologici assunti dall’Ufficio di Presidenza di Montecitorio, vista anche la proficua collaborazione avviata tra il presidente Roberto Fico e il presidente dell’Inps Tito Boeri, in modo da recuperare il tanto invocato allineamento tra le due Camere e dare una pronta risposta ai cittadini su un tema molto sentito dall’opinione pubblica”.

Negli scorsi giorni era stato Riccardo Fraccaro, questore anziano di Montecitorio, a far sapere che era stata presentata l’istruttoria sui vitalizi, considerata come “il primo passo per la loro cancellazione”. Il M5s aveva promesso di dare il via all’iter per l’abolizione dei vitalizi entro 15 giorni seguendo un percorso che avrebbe portato all’approvazione di questa misura nell’Ufficio di presidenza della Camera. In attesa di novità da Montecitorio, dove per ora non si hanno notizie certe sulle tempistiche per l’abolizione dei vitalizi, il M5s chiede quindi che si proceda sin da subito con la stessa misura anche al Senato.

Alla richiesta di Toninelli ha risposto in serata Antonio De Poli, questore anziano di Palazzo Madama: “L’impegno del Senato ad un percorso con la Camera sul tema dei vitalizi non può essere messo in discussione. Gli uffici legislativi e amministrativi dei due rami del Parlamento si sono incontrati ieri per valutare in maniera coordinata gli aspetti di diritto e di metodo. Una riunione che fa seguito a quella che come questori del Senato abbiamo avuto una settimana fa con i colleghi della Camera. Vanno valutati rapidamente ma con attenzione tutti gli aspetti che attengono al piano costituzionale, tecnico e fiscale. Per evitare di fare un lavoro che rischierebbe di essere inutile e demagogico, in contrasto con quelli che sono i reali interessi dei cittadini”.

 

fonte: https://www.fanpage.it/m5s-chiede-abolizione-dei-vitalizi-a-casellati-al-senato-istruttoria-ferma-e-scandaloso/

Tutto come previsto: mentre alla Camera si accelera per l’abolizione dei vitalizi, al Senato, dove regna la nuova “Regina della Casta”, la “fedelissima” Casellati, non se ne parla proprio!!

 

Casellati

 

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Tutto come previsto: mentre alla Camera si accelera per l’abolizione dei vitalizi, al Senato, dove regna la nuova “Regina della Casta”, la “fedelissima” Casellati, non se ne parla proprio!!

 

‘Dov’è l’istruttoria sui vitalizi?’ Toninelli scrive a Casellati

L’istruttoria sui vitalizi prosegue, anzi l’iter accelera, alla Camera ma rimane al palo al Senato.

Perciò il capogruppo del M5S Danilo Toninelli ha scritto alla presidente del Senato Elisabetta Casellati “per chiederle lumi sull’istruttoria che il gruppo del Movimento 5 Stelle vorrebbe vedere il prima possibile all’esame del Consiglio di Presidenza”.

“Il Collegio dei Questori della Camera dei deputati – si legge nella lettera di Toninelli – ha completato l’istruttoria per la revisione dei vitalizi, compresi i trattamenti di reversibilità”. E ora i 5 Stelle vorrebbero che, in relazione al “dichiarato impegno” di Casellati “in favore di un percorso parallelo e coordinato tra i due rami del Parlamento”, si faccia partire l’iter anche al Senato.

Toninelli ha proseguito chiedendo che l’operazine Taglia-Privilegi iniziata alla Camera possa iniziare anche al Senato, “vista anche la proficua collaborazione avviata tra il Presidente Roberto Fico e il Presidente dell’Inps Tito Boeri”.

Fico ha incontrato Boeri lo scorso 18 aprile. In quell’occasione il presidente della Camera aveva fatto sapere su Instagram che era stato un colloquio “cordiale e costruttivo” e che nel mentre proseguiva l’istruttoria sul tema dei vitalizi, per cui aveva dato mandato al collegio dei questori.

I due si sono incontrati nuovamente e hanno parlato per 40 minuti della questione della delibera sull’abolizione dei vitalizi.

Nel frattempo Di Maio ha detto ai suoi che intende “portare a casa” il risultato dell’abolizione del privilegio degli ex parlamentari prima che si torni al voto.

Parlando a Rete 4, il leader 5 Stelle ha dichiarato: “Noi ce la stiamo mettendo tutta per tagliare i vitalizi prima che si vada a votare. Cerchiamo di tagliarne più possibile, poi vediamo cosa diranno i calcoli”.

E in una lettera inviata ai parlamentari 5 Stelle ha scritto di prepararsi alla battaglia sui vitalizi.

 

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/05/05/dove-l-istruttoria-sui-vitalizi-toninelli-scrive-a-casellati/

Come nacquero i Vitalizi: con una riunione segreta gli “onorevoli” per il Natale del 1954 decisero di farsi un bel regalo a spese della Gente.

Vitalizi

 

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Come nacquero i Vitalizi: con una riunione segreta gli “onorevoli” per il Natale del 1954 decisero di farsi un bel regalo a spese della Gente.

È la sera del 21 dicembre 1954 e, a Montecitorio, si svolge una misteriosa seduta segreta, modello carbonari, alla quale partecipano i parlamentari di tutti gli schieramenti politici. La consegna, per tutti gli onorevoli, è quella del più assoluto riserbo, soprattutto al termine dell’incontro. Tuttavia, come sempre accade, e considerato che siamo a Natale e bisogna essere più buoni, c’è qualcuno che si fa prendere dallo scrupolo di coscienza. Due giorni dopo, il 23 dicembre mentre in Aula si discute della ratifica degli Accordi di Parigi, il presidente della Camera, Giovanni Gronchi legge una lettera pervenuta al suo ufficio il giorno prima.

“Onorevole signor Presidente, ieri sera la Camera, riunita in comitato segreto, ha discusso ed approvato il bilancio consuntivo 1952-53 ed il bilancio preventivo 1954-55. Nel bilancio preventivo è stata approvata la somma di lire 452 milioni per il fondo di previdenza per gli onorevoli deputati. Ritengo corretto che l’opinione pubblica sia ufficialmente informata delle cose che riguardano i parlamentari, specie di quelle così delicate circa le indennità ed altri compensi, e ritengo disdicevole a1 prestigio ed al buon nome del Parlamento che i1 pubblico venga a conoscere queste cose attraverso rivelazioni, indiscrezioni o articoli scandalistici come è successo in passato. In questo modo si continua su una strada che io non mi sento di approvare. Infatti, la nostra gente, e specie la povera gente, ha bisogno certamente di buone leggi ma anche di buoni esempi. A me sembra che questo buon esempio con le procedure segrete non si dia e perciò presento le mie dimissioni da deputato intendendo portare con esse, in discussione presso l’opinione pubblica, la questione che ci ha, purtroppo, divisi. Con deferenti saluti, Ing. Giuseppe Veronesi”.

Il gesto dell’onorevole Veronesi, piuttosto che suscitare, come avrebbe dovuto essere, un sussulto d’orgoglio da parte dei colleghi, provoca l’effetto contrario destando una reazione sdegnata, a cominciare dallo stesso presidente Gronchi che, conclusa la lettura della missiva, espone il suo pensiero: Non credo che io debba commentare, per quanto riguarda la Presidenza della Camera, il merito di questa lettera, della quale però non posso tacere che il suo tenore, oltre ad essere inopportuno, è, in parte inesatto e, in parte, assolutamente ingiusto. Non intendo entrare in polemica, ma mi limiterò, come il regolamento me ne fa obbligo, a porre in votazione l’accettazione delle dimissioni”.

Per la cronaca, le dimissioni dell’onorevole Giuseppe Veronesi verranno respinte dall’Assemblea, a larghissima maggioranza. Cosa prevedeva in termini tecnici l’onorevole regalo del Natale del 1954? Dal primo gennaio dell’anno successivo, i parlamentari avrebbero depositato, a un fondo pensioni, 9.000 lire al mese mentre, la Camera, avrebbe versato per ciascuno di loro 12.500 lire mensili. L’onere complessivo del nuovo fondo da far ricadere sul bilancio della Camera e, quindi, dei contribuenti, era di 98 milioni di lire l’anno. Poi c’erano i requisiti, necessari a ogni singolo deputato, per poter usufruire di questo vitalizio e cioè: il deputato una volta raggiunti i 55 anni di età e i dieci anni di mandato parlamentare, quindi due legislature, oppure 60 anni e cinque di mandato (una legislatura), avrebbe usufruito di una pensione mensile di 50.000 lire.

Questo, però, era soltanto il minimo di quello a cui i rappresentanti del popolo avrebbero potuto aspirare nella loro onorevole carriera. Per ogni anno di mandato parlamentare, il deputato o il senatore avrebbe avuto diritto ad un aumento di pensione di 5.000 lire, fino a un massimo di 150.000 lire al mese. Se, invece, un deputato avesse avuto la sfortuna di non essere rieletto e, addirittura sfortuna della sfortuna, avesse raggiunto meno di cinque anni di anzianità parlamentare, avrebbe percepito un premio di 600.000 lire, una vera e propria buonuscita, una liquidazione. Se poi l’anzianità fosse stata maggiore, allora l’onorevole avrebbe potuto farsi dare un premio ragguagliato all’anzianità raggiunta, oppure come ultimissima ipotesi attendere il limite di età e usufruire della pensione.

La notizia riesce a passare quasi inosservata fra i grandi giornali d’informazione, in fondo era anche Natale. In più, ovviamente, e come sempre accade in queste situazioni, nessun partito si assume la paternità della proposta. Il 28 dicembre, il quotidiano economico 24 Ore pubblica un durissimo editoriale nei confronti della classe politica: “Finora ci eravamo illusi, e vogliamo ancora illuderci, che quella del deputato non fosse una professione, ma che invece fosse valido il concetto di rappresentanza degli elettori, o, per meglio dire, del Paese. Lo stabilito pensionamento costituisce invece un colpo assai duro alle nostre illusioni, anche se esso non fa che rispecchiare il processo involutivo della rappresentanza parlamentare con l’instaurazione di partiti solidamente formati e rigidamente controllati dall’alto. Scriviamo queste parole con molto rammarico, inquantoché, nonostante tutto, abbiamo sempre difeso il regime parlamentare attraverso le due Camere, le quali come ben disse Cavour, comunque siano formate sono sempre migliori dell’anticamera delle dittature. Nessuno li obbliga a fare il deputato; se lo fanno sappiano mostrarsi all’altezza del simbolo che essi impersonano”.

La questione del vitalizio, non era solo un semplice problema etico ma anche, se non soprattutto, un problema economico dal momento che, nonostante i tre miliardi di lire annui con cui lo Stato concorreva al bilancio della Camera dei Deputati, per l’esercizio 1954-55, a Montecitorio era previsto un passivo di un miliardo e 232 milioni. Queste cifre venivano comunicate dall’agenzia economica Interpress: “Lo stato di previsione della Camera è salito dai 2 miliardi e 900 milioni dell’esercizio precedente ai 4 miliardi e 132 milioni di quello in corso…”Fra le cause del deficit, per colmare il quale la presidenza dell’Assemblea avrebbe fatto ricorso al Ministero del Tesoro, sempre l’agenzia Interpress, citava in primo luogo “l’istituzione della cassa di previdenza a favore dei deputati”approvata formalmente dalla Camera dei Deputati il 21 dicembre 1954 in Comitato segreto.

Dopo due anni di silenzio, il vitalizio verrà ufficialmente istituito nell’estate del 1956.

ATTENZIONE, È UN CASO UMANO – Roberto Fico vuole tagliare i vitalizi? Ricordiamo l’appello di qualche anni fa di Alessandra Mussolini: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio”…

 

Mussolini

 

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ATTENZIONE, È UN CASO UMANO – Roberto Fico vuole tagliare i vitalizi? Ricordiamo l’appello di qualche anni fa di Alessandra Mussolini: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio”…

Era il 2011 quando Alessandra Mussolini lanciava l’appello: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio… È come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…”

Leggiamo quando riportava la stampa dell’epoca:

«Nessun vitalizio ai politici? È un’istigazione al suicidio»

Mussolini (Pdl): la soglia dei 60 anni non ha senso, ma i cittadini vogliono vederci soffrire, non si accontentano

Togliere il vitalizio ai parlamentari o almeno renderlo non immediatamente fruibile? «È come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…». Alessandra Mussolini viene intervistata da Tommaso Labate sul settimanale «A». L’argomento è, naturalmente, i decreti che provano a toccare i privilegi della Casta. Domanda: «È “istigazione al suicidio” rendere i politici uguali ai cittadini?». La deputata Pdl: «Eh no, mi spiace, non è così. Facciamo le cose come si deve a questo punto. I cittadini vanno in pensione a 65 o 67 anni? Bene, allora noi della presunta “casta” andiamoci a 70. Questa soglia dei 60 non ha senso». Un’ipotesi che, ammette la nipote del Duce, getterebbe nella disperazione molti colleghi. «Per colpa di pochi, quelli che si sono arricchiti con la politica e i soldi sottobanco, paghiamo tutti». Poi aggiunge: «Per i cittadini soffriamo ancora poco. Vogliono vederci soffrire ancora di più. Se abbassassero i nostri stipendi a 1000 euro al mese, la gente ci vorrebbe veder prendere 500 euro».

Da: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2011/9-dicembre-2011/nessun-vitalizio-politici-istigazione-suicidio–1902476860262.shtml

09 dicembre 2011

7 lunghi anni, ma bisogna ammettere che non è cambiato niente, quando questa apre la bocca ti viene proprio, oggi come allora, una grande irrefrenabile voglia di mandarla a cagare…

By Eles

FA SUL SERIO! – Alla Camera Fico avvia l’istruttoria per abolire i vitalizi…!

 

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FA SUL SERIO! – Alla Camera Fico avvia l’istruttoria per abolire i vitalizi…!

Camera, Fico apre il dossier per superare i vitalizi

Il presidente della Camera ha dato mandato ai questori di Montecitorio di predisporre entro 15 giorni una proposta per il superamento del sistema dei vitalizi agli ex deputati. I vitalizi riguardano 2.600 ex parlamentari per una spesa annua di circa 207 milioni.

«Quanto fatto alla Camera da Roberto Fico e Riccardo Fraccaro per l’abolizione dei vitalizi è solo l’antipasto di quello che faremo…», annuncia in serata Luigi Di Maio nel suo comizio elettorale a Termoli. La mossa del presidente della Camera Fico — che ha chiesto ai questori di formulare entro 15 giorni una proposta per trasformare i vitalizi degli ex parlamentari eletti prima del 2012 in assegni pensionistici — è subito diventata per i grillini la carta da giocare per le prossime elezioni regionali in Molise e in Friuli Venezia Giulia.

Nel mirino 2.600 ex parlamentari

Alla Camera, dunque, è partito l’attacco frontale dei Cinque Stelle contro 2.600 ex senatori ed ex deputati di antica elezione (nel 2012 il governo Monti ha introdotto il computo contributivo per la pensione dei parlamentari) che percepiscono ancora il vitalizio basato sul calcolo retributivo. La spesa prevista per il 2018 è di 207 milioni e con il ricalcolo il risparmio potrebbe sfiorare anche alcune decine di milioni all’anno. Per il questore grillino Riccardo Fraccaro «si potrebbero risparmiare 76 milioni all’anno, cioè 350 a legislatura». Per fare in fretta, il presidente della Camera spera di poter varare la riforma con delibera dell’ufficio di presidenza della Camera (dove vige l’autodichia) senza il ricorso a una legge ordinaria: «La politica deve fare i sacrifici per prima», ha detto Fico. Ora però tocca ai tre questori — oltre a Fraccaro, Gregorio Fontana di FI ed Edmondo Cirielli di FdI — verificare quanto ampio sia il perimetro della condivisione di questa riforma. All’ufficio di presidenza nessun partito si è opposto all’avvio della trasformazione dei vitalizi ma ci sono diversità di vedute sul mezzo da usare (legge o delibera?) e sul metodo del ricalcolo dei trattamenti in corso. Si sta profilando poi anche la creazione di un fondo per far fronte agli inevitabili ricorsi di chi vedrà toccati i «diritti acquisiti».

I tentativi falliti

La strada della riforma dei vitalizi degli ex parlamentari è tracciata ma non ammette semplificazioni. Ne sa qualcosa il Pd che nella scorsa legislatura, per non farsi mettere nell’angolo dal M5S, ha provato a giocare la carta della legge Richetti: il testo fu varato dalla Camera ma poi affossato al Senato. Oggi i rapporti di forza sono decisamente cambiati e una proposta del M5S avrebbe buon gioco sia in ufficio di presidenza (delibera) sia in Aula (legge). Fico ha rivolto un appello agli altri partiti: «Occorre ragionare su una riforma dei vitalizi, partendo da un ricalcolo che riequilibri in modo sostenibile il rapporto tra quanto versato e le prestazioni erogate, così come sta avvenendo per tutti i cittadini». Ieri l’ufficio di presidenza ha autorizzato Leu a costituire un gruppo parlamentare anche se con soli 14 deputati.

fonte: http://www.corriere.it/politica/18_aprile_09/camera-fico-avvia-l-istruttoria-superare-vitalizi-f21b6144-3c12-11e8-b32d-1ffee392ceeb.shtml

Effetto M5s – Ora cominciano a farsela sotto – L’Associazione degli ex parlamentari in ansia per l’assegno: “Noi vittime dell’invidia”

 

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Effetto M5s – Ora cominciano a farsela sotto – L’Associazione degli ex parlamentari in ansia per l’assegno: “Noi vittime dell’invidia”

Ora sì che cominciano a farsela sotto…

L’Associazione dei vecchi parlamentari in ansia per l’assegno: “Noi vittime dell’invidia”

Scrive Il Giornale:

Loro le consultazioni al Quirinale le hanno già fatte. Parliamo degli ex parlamentari con vitalizio da difendere, riuniti nell’Associazione ex parlamentari, che poche settimane fa si è presentata dal capo dello Stato con una folta delegazione di canuti ex senatori ed ex deputati, molto preoccupati per gli annunci di tagli alle loro generose pensioni parlamentari, diverse migliaia di euro al mese per pochi anni (in certi casi, mesi) di «servizio» a Montecitorio e Palazzo Madama.

Conto totale: 206,9 milioni di euro solo per il 2018. L’associazione, presieduta da Antonello Falomi, ex parlamentare Ds poi rieletto con Rifondazione Comunista (4.852 euro netti al mese di vitalizio), è impegnata in una crociata «in difesa delle istituzioni democratiche rappresentative, a cominciare dal Parlamento». Tradotto: non azzardatevi a toccare il nostro assegno vitalizio, è un presidio democratico. A Sergio Mattarella gli ex parlamentari hanno espresso la viva preoccupazione per un taglio, o ricalcolo, della loro pensione, come minacciato soprattutto dal M5s, che l’ha messo nelle priorità del primo ufficio di presidenza guidato dal grillino Roberto Fico. Proprio a lui si è subito rivolto il presidente dell’Associazione ex parlamentari, a nome dei circa 1.500 ex eletti ad essa iscritti. Ricordando che mai e poi mai gli ex parlamentari potranno dare il loro assenso «a misure che definiscano come odiosi privilegi le garanzie, anche economiche, poste dalla Costituzione Italiana a tutela dei parlamentari», mentre l’auspicio è che i presidenti delle Camere «sappiano intervenire con fermezza per interrompere una campagna d’odio che delegittima la massima espressione della sovranità popolare».

Ma per comprendere al meglio il grido di dolore degli ex parlamentari minacciati nel portafoglio, occorre prender l’ultimo numero della loro rivista, Il Parlamento. Ventiquattro pagine in cui, oltre ai necrologi per gli ex parlamentari scomparsi e a quelli premiati con medaglia per aver compiuto i 90 anni, si parla quasi esclusivamente e ossessivamente dei vitalizi messi in pericolo dalla «retorica populista che rappresenta – si legge – gli ex parlamentari come una casta di privilegiati e quindi un obiettivo facile da colpire». Anche se trattasi di una microcategoria di cittadini che rappresenta lo 0,0002%», sui cui però vogliono «scaricare il problema di reperire risorse». L’analisi del vicepresidente dell’associazione, Paolo Caccia, ex deputato Dc per quattro legislature, spiega che è tutta una questione di invidia per i trattamenti economici conquistati dagli ex deputati e senatori, «una mina per la società, una deriva inquietante alimentata anche dalla crisi economica». In effetti, invidiabili lo sono veramente i vitalizi degli ex parlamentari. Calcolati con il metodo retributivo, quindi slegati dai contributi realmente versati, i vitalizi vanno dai 2mila euro agli oltre 10mila euro netti al mese per i veterani dei Palazzi. L’Associazione, comunque, è pronta alle barricate se proveranno a ricalcolare i vitalizi al ribasso, in nome della democrazia e pure delle «numerose vedove di ex parlamentari che hanno in quell’assegno l’unico mezzo di sostentamento». Eh sì, perché le vedove e in certi casi pure fratelli e figli lo ereditano.

via Il Giornale

Una storia molto squallida: quando la Casellati, oggi Seconda Carica dello Stato Italiano, perse la causa, ma – con la prepotenza che gli deriva dal suo status di membro della CASTA – costrinse la giornalista disoccupata a pagare le spese legali!

 

Casellati

 

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Una storia molto squallida: quando la Casellati, oggi Seconda Carica dello Stato Italiano, perse la causa, ma – con la prepotenza che gli deriva dal suo status di membro della CASTA – costrinse la giornalista disoccupata a pagare le spese legali!

 

La Casellati perse la causa: ma spinse la giornalista disoccupata a pagare le spese legali

Il M5s non ha voluto Paolo Romani, ma prima di votare la presidente del Senato poteva chiedere agli attivisti di Padova…

La storia l’ha raccontata nel 2016 il Mattino di Padova con l’articolo che riportiamo e prima, nel gennaio 2014, l’aveva denunciata anche Ossigeno, ossia l’associazione che da anni denuncia le minacce e le pressioni cui giornalisti che minacciano la libertà di stampa.

La copertina del libro non ha un grande appeal, ma l’interno è polvere da sparo. Si intitola «Io non taccio» e racconta otto storie di ordinaria fatica giornalistica. Di quel giornalismo cosiddetto d’inchiesta, che spesso è solo il tentativo onesto di descrivere la realtà quando ci si imbatte in potentati costruiti utilizzando le istituzioni. Incarichi pubblici sfruttati come proprietà privata, posizioni di rilievo sociale ottenute con il voto ma usate a beneficio di chi le occupa e di pochi ammanicati, a spese degli ignari elettori. I potenti non gradiscono mai che se ne parli. Di qualunque partito siano, qualunque formazione culturale abbiano, è l’unica pubblicità che odiano. Per stroncarla non esitano a intimidire, minacciare. Non querelano neanche più davanti al giudice penale. Pretendono direttamente i danni in sede civile, secondo l’impostazione teorizzata negli anni Novanta da Massimo D’Alema. Non certo l’unico.

Nel Veneto Lia Sartori amava ripetere: «I giornalisti bisogna denunciarli, anche perché non hanno i soldi per pagarsi l’avvocato». È vero. Per il giornalista paga l’azienda, sempre se non scompare prima del processo, come è accaduto a Padova in uno degli otto casi narrati nel libro, intitolato «Gli intoccabili della città del Santo».

La giornalista si chiama Roberta Polese, lavorava come cronista di giudiziaria per «Il Padova», quotidiano gratuito del gruppo Epolis che ha chiuso nel settembre 2010. 
Poche settimane prima, il 19 luglio 2010, Roberta scrive un articolo intitolato «Arpav, scoperto l’uomo ombra, boss dei computer con parenti vip». Questo signore è Marco Serpilli, lavora a San Servolo, alla Venice International University che ha ottenuto dall’Arpav, agenzia della Regione Veneto, una consulenza di 250.000 euro per cambiare il sistema informatico. Costo 715.000 euro. Più la consulenza fanno 965.000 euro, tutti a carico delle casse pubbliche. 
Il sospetto dei pm padovani Federica Baccaglini e Paolo Luca, che indagano sulla vicenda, è che il cambio del sistema informatico non fosse necessario all’Arpav, ma sia servito solo per affidare la consulenza. 
Capirete.

Si dà il caso che Serpilli sia il marito di Ludovica Casellati, figlia della senatrice di Forza Italia Elisabetta Alberti Casellati, già famosa perché da sottosegretario alla sanità nel 2005 aveva assunto la stessa Ludovica nella segreteria del ministero, con uno stipendio di 60.000 euro l’anno. «Quasi il doppio di quanto guadagna un funzionario ministeriale del 9° livello con 15 anni di anzianità», scrisse Gian Antonio Stella. Questi retroscena sono gossip o fanno parte della notizia?

Roberta Polese decide che trattandosi di soldi pubblici il collegamento Serpilli-Casellati non è faccenda privata e lo scrive. Le casca il mondo addosso. Elisabetta Casellati la cita per danni, pretende 250.000 euro per l’onore infangato. Serpilli sostiene di c’entrare meno ancora, in quanto non direttamente indagato e querela per diffamazione
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Il gruppo Epolis ha chiuso. La Polese è aggredita in civile e in penale e deve reggere da sola, pagandosi gli avvocati. E’ disoccupata, ha un bambino piccolo, si gioca la casa dei genitori. E’ disperata. L’aiuto le arriva da una categoria che non fa spesso regali ed è bello scriverlo: due penalisti padovani, Giovanni Lamonica e Giuseppe Pavan, si offrono di difenderla gratis. Davanti al giudice civile l’assiste Luisa Miazzi, l’avvocato del sindacato giornalisti. Il 29 maggio 2013 la prima vittoria in sede penale (gup Domenica Gambardella), il 3 ottobre 2013 la seconda in civile (giudice Gianluca Bordon). Citare Serpilli e il rapporto di affinità con la senatrice Casellati faceva parte del diritto di cronaca, nessun illecito.

Elisabetta Casellati è condannata a pagare 8.250 euro di spese legali. Ma può fare ricorso e usa la minaccia per costringere la Polese a sobbarcarsi metà delle spese. Roberta, che ha vinto e ha solo un lavoro precario, per evitare l’appello che è un rischio si trova a dover pagare 4.125 euro all’illustre senatrice che ha perso. Può rifiutare e affrontare il secondo giudizio, ma due anni di angoscia l’hanno provata, non se la sente. Risolve la situazione il sindacato giornalisti che nella gestione di Daniele Carlon e Massimo Zennaro si accolla i quattromila e rotti euro della Casellati.

Ma la senatrice non è sempre stata così esosa. Anche lei in altri momenti ha avuto slanci di altruismo: per esempio quando si trattò di fare una colletta per pagare la multa di 70.000 euro nella causa persa da Giancarlo Galan – allora capo indiscusso del suo partito – contro la Rai di Venezia, non esitò a mettere mano al portafoglio. In 19 amici si divisero la spesa, 3700 euro a testa. Generosità targata, direte. Ma ben riposta: oggi è entrata a far parte del Csm, indicata da quel partito che non ha ancora sospeso Galan.

Reatto da: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/03/24/la-casellati-perse-la-causa-ma-spinse-la-giornalista-disoccupata-a-pagare-le-spese-legali-2021547.html

Per rinfrescarVi la memoria – La parassita PD-Renziana da 20 mila euro al mese prende una multa? Va dal capo e gli dice: “Caro, ho preso questa multa. Vorrai mica che la paghi io? …Mettila tu nelle spese del gruppo”!! …E QUESTI FANNO LA MORALE AI CINQUESTELLE!

 

Renziana

 

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Per rinfrescarVi la memoria – La parassita PD-Renziana da 20 mila euro al mese prende una multa? Va dal capo e gli dice: “Caro, ho preso questa multa. Vorrai mica che la paghi io? …Mettila tu nelle spese del gruppo”!! …E QUESTI FANNO LA MORALE AI CINQUESTELLE!

 

La parassita PD da 20 mila euro prende una multa? Ecco cosa fa per farsela pagare. In una nazione civile sarebbe cacciata.
CARO, MI FAI RIMBORSARE LA MULTA? ECCO LA BRAGANTINI, RENZIANA DOC
“Caro, ho preso questa multa. Vorrai mica che la paghi io? Mettila tu nelle spese del gruppo alla Regione Piemonte e me la fai rimborsare”. E così il compagno dell’epoca, Andrea Stara, consigliere della Regione Piemonte del gruppo Insieme per Bresso, fece rimborsare con un trucco la multa a Paola Bragantini, attuale deputata del Pd e renziana di complemento visto che faceva parte della corrente di Dario Franceschini. L’episodio è venuto fuori in tribunale a Torino questa settimana, durante un’udienza del processo sulla rimborsopoli della Regione Piemonte. La Bragantini non risulta indagata per questo falso rimborso.Da quindici giorni circa però la parlamentare del Pd è indagata per truffa in un altro procedimento piemontese. La procura ha infatti scoperto che da presidente della V Circoscrizione di Torino (incarico ricoperto fino al 2013, quando divenne imputata) la Bragantini insieme ad altri del Pd si segnavano presenti a riunioni di giunta o di consiglio anche quando erano a centinaia o migliaia di km di distanza (alcuni addirittura in viaggio a Cuba). I verbali risultavano quindi falsificati, talvolta per prendere gettoni di presenza aggiuntivi, in altri casi per evitare decurtazioni dal fisso mensile. Ma la Bragantini naturalmente può fare quello che vuole nel Pd di Matteo Renzi inflessibile con tutti gli altri, ma tenerissimo con i suoi cari.
FONTE: 
http://bandabassotti.myblog.it/2017/04/16/per-rinfrescarvi-la-memoriax/
LEGGI QUI LA NOTIZIA:
http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/03/21/news/rimborsopoli_quando_stara_pago_la_multa_della_compagna_segretaria_pd-110112563/
http://www.liberoquotidiano.it/news/l-imbeccata/11769821/Caro–mi-fai-rimborsare-la.html