Casini, aprile 2017: “Commissione banche inutile, farla è solo demagogia, propaganda e pressappochismo” …Ma ha accettato la POLTRONA D’ORO da Presidente. Perchè le puttane hanno molta, ma molta più dignità di certi politici. E i veri coglioni sono quelli che li votano!

 

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Casini, aprile 2017: “Commissione banche inutile, farla è solo demagogia, propaganda e pressappochismo” …Ma ha accettato la POLTRONA D’ORO da Presidente. Perchè le puttane hanno molta, ma molta più dignità di certi politici. E i veri coglioni sono quelli che li votano!

Chiediamo scusa alle puttane per questo accostamento, ma è il meno “irriverente” che ci è venuto.

In effetti le prostitute hanno molta, ma molta più dignità di certi politici.

Gente che è capace di sbandierare ai 4 venti di abbandonare la politica nel caso perdessero il Referendum, e poi te li trovi ancora tra i coglioni.

Gente a cui la Commissione Banche fa schifo, ma quando glie ne offrono la poltrona d’oro da presidente, sbavano schifosamente.

Siamo un popolo di merda e questa gente ne è il simbolo!

E lasciamo perdere la parola dignità, che questi non sanno manco cosa vuol dire!

By Eles

Succede solo in Italia: a capo della commissione d’inchiesta sulle banche hanno messo Casini, socio della Carisbo e azionista di Intesa San Paolo. Insomma come se a capo di una commissione d’inchiesta sulla malavita organizzata avessero messo Totò Riina!

 

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Succede solo in Italia: a capo della commissione d’inchiesta sulle banche hanno messo Casini, socio della Carisbo e azionista di Intesa San Paolo. Insomma come se a capo di una commissione d’inchiesta sulla malavita organizzata avessero messo Totò Riina!

Come ci prendono per i fondelli – Casini (socio di Carisbo e azionista di Intesa San Paolo): NO alla Commissione d’inchiesta sulle banche “Farla è demagogia, rischiosa propaganda” …E allora indovinate chi hanno messo a capo della Commissione d’inchiesta?

Da Il Fatto Quotidiano:

Banche, Casini eletto presidente della commissione d’inchiesta. Disse: “Farla è demagogia, rischiosa propaganda”

Il senatore centrista e già guida della commissione Esteri a Palazzo Madama (da cui si è dimesso) è stato eletto con la maggioranza assoluta. Ma ad aprile criticò la scelta di istituire l’organo che fa “da cassa di risonanza di polemiche dentro i partiti”. Vice Marino e Brunetta. Grillo: “Atto di guerra del Pd al Paese reale”

Ad aprile diceva che la commissione d’inchiesta sulle Banche è “demagogia e propaganda”, oggi annuncia che la guiderà “senza timidezza”. Il primo atto dell’organo già contestato, poi ritardato il più possibile e ora convocato a ridosso della fine della legislatura, è stato eleggere Pier Ferdinando Casini come presidente. Il senatore centrista, che ha quindi dovuto lasciare la poltrona di presidente della commissione Esteri, ha ottenuto 21 preferenze su 40 votanti. Dietro di lui Enrico Zanetti (9 voti), il grillino Carlo Martelli (5) e Bruno Tabacci (3). Le schede nulle sono state 2. I vice presidenti sono il senatore Pd Mauro Maria Marino e il capogruppo alla Camera di Fi Renato Brunetta.

“E’ un atto di guerra che il Pd e la maggioranza del Parlamento pronunciano nei confronti del Paese reale”, è l’attacco dei 5 stelle sul blog di Beppe Grillo. “Casini, il simbolo della vecchia politica legata a doppio filo con le banche è il becchino dei risparmiatori truffati”. Per i grillini significa “mettere una pietra tombale sui lavori della commissione”. E poi annunciano che chiederanno “l’audizione di Ghizzoni e di Boschi ma anche di Visco, di Draghi, di Vegas: vogliamo sentire tutti e avere delle risposte su tutti gli scandali creati. Oltre alla vicenda Ghizzoni-Boschi vogliamo indagare anche sulla vicenda Monte dei Paschi dove c’è un morto e 50 miliardi spariti e nessun colpevole”.

Nei mesi scorsi si è discusso molto proprio sulla composizione della commissione d’inchiesta. Dopo il via libera del presidente della Repubblica a luglio infatti, ci sono voluti quasi due mesi per arrivare alla prima riunione di insediamento. I nomi più contestati sono naturalmente i 16 esponenti del Partito democratico, tra fedelissimi e volti in conflitto d’interessi, che dovranno tra le prime cose affrontare il caso Etruria.

Casini diceva “è propaganda”, oggi invece: “Guiderò la commissione senza timidezza”
Solo quando era stato il momento di votare in Aula per il ddl che istituiva la commissione, il senatore aveva scelto di non esprimersi lamentando che “dall’inizio della legislatura si sono istituite commissioni d’inchiesta per quasi ogni argomento”: “E’ un cedere continuo alla demagogia e alla propaganda“, aveva detto, che “non mi trova d’accordo”. Casini aveva anche dichiarato che, a suo parere, “il più delle volte” questi organi sono istituiti “solo per interessi dei singoli o per affrontare in modo puramente scenografico quello che il legislatore dovrebbe risolvere con gli strumenti normativi a disposizione”. Il senatore poi andava oltre: “Le commissioni d’inchiesta vanno maneggiate con cura istituzionale, evitando che siano solo cassa di risonanza di polemiche tra i partiti o all’interno di essi. La Commissione sulle banche sarebbe questo. Strumentalizzare questioni tanto delicate, che riguardano i risparmi degli italiani e che sono già all’attenzione della magistratura, significa prepararsi a una campagna elettorale irresponsabile. Lasciamo le inchieste alla magistratura, senza ingerenze del Parlamento”. Oggi, a quanto pare, Casini la pensa diversamente: “Guiderò la commissione senza timidezza per indagare le responsabilità personali o istituzionali, ma chi è un cerca di palcoscenico per una lunga campagna elettorale non troverà sostegno nel presidente. Abbiamo poco tempo a disposizione”. L’onorevole ha anche detto che, visto i tempi molto limitati da qui alla fine della legislatura, sarà chiesto uno sforzo di lavoro extra: “Avremo il problema di conciliare lavoro della commissione con quello delle aule, per cui è evidente che questa commissione dovrà lavorare anche in giornate inusuali per i lavori parlamentari come il lunedì o il venerdì mattina. È un patto tra gentiluomini, o abbiamo un accordo questo oppure in tre, quattro mesi che abbiamo a disposizione faremo ben poco”.

M5s: “Il messaggio del Pd ai risparmiatori è chiaro: non avranno giustizia”
In prima fila contro la scelta, il senatore M5s Enrico Cappelletti: “Oggi”, ha dichiarato, “diventa chiaro a tutti perché il Pd bocciò il mio emendamento che impediva ai parlamentari in conflitto di interesse con le banche di partecipare ai lavori della commissione d’inchiesta sul sistema bancario. Il Pd e la maggioranza hanno eletto Pier Ferdinando Casini, un conflitto di interessi vivente amico di diversi banchieri e suocero di quel Caltagirone che oltre ad essere il principale finanziatore del Udc è stato vicepresidente e azionista di Mps. Lo stesso Casini, poi, è diventato da pochi mesi socio di Carisbo, fondazione azionista di Intesa San Paolo. Una commissione d’inchiesta nata in grave ritardo e sotto i peggiori auspici viene oggi di fatto dichiarata morta. Il messaggio lanciato dal Pd ai risparmiatori truffati è chiaro: non avranno giustizia”. Il collega deputato Alessio Villarosa va oltre e chiede subito un intervento perché venga convocato Mario Draghi: “Sicuramente dovremo sentire anche il presidente della Bce”. Il parlamentare uscendo dalla prima riunione ha spiegato che Draghi dovrà essere audito “poiché ha firmato l’acquisizione di Antonveneta (da parte di Mps ndr) senza due diligence” quando era governatore di Banca d’Italia nel 2008.
Fdi: “Il presidente avrebbe dovuto essere espressione dell’opposizione”
Fratelli d’Italia
 invece ha scelto di astenersi. “Il presidente”, ha spiegato la presidente Giorgia Meloni, “avrebbe dovuto essere espressione dell’opposizione ma non c’è stata disponibilità della maggioranza. E’ un’altro segnale che il Pd con l’istituzione tardiva di questa commissione vuole mettere solo a tacere quello che è successo. Vuol dire che perderanno tempo senza arrivare a nulla, noi avevamo chiesto che i lavori andassero avanti oltre la scadenza della legislatura ma ci hanno votato contro. Noi continueremo a dare battaglia all’interno della commissione per fare in modo che nei pochi mesi a disposizione la commissione arrivi a qualche risultato”.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/27/banche-casini-eletto-presidente-della-commissione-dinchiesta/3881101/

Giusto per farVi capire. Perchè l’Islanda vola e noi stiamo nella cacca? Semplice, lì quando volevano far pagare alla Gente il debito delle banche è esplosa la rabbia popolare: 14 settimane di assedio al Parlamento, cacciati i politici compiacenti ed in galera i banchieri responsabili! Mica fessi come noi!

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Giusto per farVi capire. Perchè l’Islanda vola e noi stiamo nella cacca? Semplice, lì quando volevano far pagare alla Gente il debito delle banche è esplosa la rabbia popolare: 14 settimane di assedio al Parlamento, cacciati i politici compiacenti ed in galera i banchieri responsabili! Mica fessi come noi!

ARRIVA DALL’ ISLANDA LA RICETTA PER USCIRE DALLA CRISI.

STORIA DELLA RIVOLUZIONE SILENZIOSA ISLANDESE

Tutto inizia nel 2001. Il governo islandese inizia a privatizzare il settore bancario. La mossa avrà la sua conclusione due anni dopo, nel 2003. Le tre banche principali –Landbanki, Kapthing e Glitnir – offrono alti interessi attraverso un programma chiamato IceSave. I soldi iniziano ad arrivare, specie da Inghilterra e Olanda. Fino al 2008 la Borsa islandese sale costantemente, fino a raggiungere il 900 per cento. Il prodotto interno lordo cresce del 5.5 per cento l’anno. Ma crescono anche i debiti delle banche: nel 2007 arrivano al 900% del PIL islandese. Nel 2008, esplode la crisi economica: i cittadini si trovano a dover saldare di tasca propria lo spropositato debito che le banche private hanno contratto con gli investitori stranieri. Un debito non loro.

Olandesi e Inglesi rivogliono i loro soldi, Il governo non ha risorse per aiutare la scellerata insolvenza delle banche, gli istituti di credito falliscono. Per gli islandesi si tratta di un danno enorme: il loro conti corrente si vaporizzano, il valore degli investimenti dei risparmiatori crolla vertiginosamente. una buona parte dei risparmi di una vita degli incolpevoli cittadini svanisce nel nulla. Alla fine del 2008, anche il governo islandese si dichiara insolvente e va in fallimento.

Il governo d’Islanda fa quello che tutti i governi fanno in casi simili: bussa alle porte del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea. Sembra l’unico modo per ripagare i debiti nei confronti degli investitori inglesi e olandesi, che ammontano a 3,5 miliardi di euro. È il gennaio 2009. Per trovare i soldi necessari, il governo studia un prelievo straordinario: ogni cittadino islandese avrebbe dovuto pagare 100 euro al mese per 15 anni, a un tasso di interesse del 5,5% annuo. Il tutto per pagare danni creati da altri: un debito contratto da banche private nei confronti di altri soggetti privati. È a quel punto che la rabbia popolare esplode, i cittadini islandesi scendono in piazza. Non per una breve e sporadica manifestazioncina indolore: ma per ben 14 settimane. Il Parlamento vieneassediato. Il governo senza palle di Geir Haarde viene soverchiato. Chi non ha saputo gestire la crisi e che é stato soltanto capace di prostituirsi agli avidi organismi internazionali, buoni solo a chiedere agli islandesi di pagare per le colpe di altri, é stato deposto. Più che giustamente. In modo pacifico e democratico. Il solo presentarsi in massa alle porte del parlamento per 14 giorni consecutivi  é una intimidazione così forte, é una rappresentazione così gagliarda del volere popolare, che nessuno governo avrebbe potuto sopportare.

Il culmine della protesta si raggiunge il 20 gennaio 2009. La polizia inizia a caricare, lo scontro si fa vivace. Il condottiero morale della rivolta é un cantautore indigeno, dichiaratamente gay, che diventa il simbolo della rivolta. É Hordur Torfason che con il suo carisma aiuta la gente a trovare la forza per non andarsene dalle piazze. Tra freddo polare e manganellate sulle nocche ghiacciate non deve essere stato affatto facile.

Le preoccupanti differenze con l’Italia:

Le nostre manifestazioni durano un giorno e servono solo a mettere a ferro e fuoco la città di turno, la loro é una protesta coordinata, non violenta e duratura. Altra fastidiosa differenza, loro hanno il cantautore gay illuminato, dal carisma di chi sa cosa é una minoranza, uno capace di smuovere un intero popolo con i suoi discorsi, noi invece come cantautori gay abbiamo solo Malgioglio e Tiziano Ferro.

Un Paese freddo ma gaio:

‘ 1 febbraio l’Islanda ha un nuovo governo, guidato da Johanna Sigurdardottir, la prima premier omosessuale nella storia dell’umanità. Il suo primo passo è di indire le elezioni: le vince. Il secondo è di confermare la volontà dell’Islanda di pagare i debiti a Olanda e Inghilterra. Il parlamento dà vita a una norma che contiene una supertassa. È il febbraio 2010 quando il presidente Grimssonsi rifiuta di ratificarla, ascolta la voce della piazza e indice un referendum. La pressione sull’Islanda è alle stelle. Olanda e Inghilterra minacciano di isolare l’Islanda, se sceglierà di non ripagare i debiti. Ma che curiosa minaccia quella di voler isolare un’isola. Il Fondo Monetario Internazionale tuona: “Diventerete la Cuba Del Nord, non avrete più nessun aiuto, sarete isolati”. Grimsson replica pubblicamente “Se avessimo accettato il volere del FMI saremmo diventati la Haiti del Nord,altro che Cuba!”.

La Cuba del Nord:

Il referendum si tiene nel marzo 2010: il 93%dei votanti decide di rischiare di diventare la Cuba del Nord. Il Fondo Monetario congela immediatamente gli aiuti. Il governo risponde mettendo sotto inchiesta i banchieri e i top manager responsabili della crisi finanziaria. L’Interpol emette un mandato di arresto internazionale per l’ex presidente della banca Kaupthing, Einarsson, mentre altri banchieri implicati nel crack fuggono dal paese. É iniziata una nuova era in Islanda. Il popolo coraggioso che si é ribellato a chi si crede padrone del Mondo. É una storia non lontana nello spazio e nel tempo. É una storia più vicina a noi di quanto si pensi. É una storia che i poteri forti hanno insabbiato. Temono che il modello islandese prenda piede in Europa. Grecia e Italia in primis, dato che siamo quelli messi peggio, quelli più esposti agli attacchi speculativi, quelli che, proprio come in Islanda, stanno torchiando con sempre più insostenibili imposte.

Fonte Il corsivo quotidiano

Vi siete mai chiesti che fine hanno fatto i superbanchieri dei crac? State senza pensieri. Stanno tutti bene e se la passano molto, ma molto meglio di Voi!

 

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Vi siete mai chiesti che fine hanno fatto i superbanchieri dei crac? State senza pensieri. Stanno tutti bene e se la passano molto, ma molto meglio di Voi!

Ecco che fine hanno fatto i super banchieri dei crac

Da Mussari a Zonin, dove sono e cosa rischiano i responsabili della grande crisi che hanno tradito i risparmiatori

Giuseppe Mussari va a cavallo con l’amico Aceto e cucina per gli amici nella villa di proprietà della moglie Luisa a due passi da Siena; il suo braccio destro Antonio Vigni fa il coltivatore diretto nella sua tenuta a Castelnuovo Berardenga, sempre sulle colline del Chianti, e la sua ultima apparizione pubblica risale a qualche mese fa a San Gusmè, in occasione della festa del delizioso paesino, nello staff della festa a grigliare bistecche.

Meno ruspanti i pomeriggi del patron – per quasi vent’anni – di Pop Vicenza, Gianni Zonin che proprio nei giorni scorsi è stato fotografato con la moglie in via Montenapoleone a Milano mentre faceva shopping con un tempismo perfetto, ovvero a poche ore dal decreto salva-venete.

Che fine hanno fatto i responsabili dei fallimenti e delle grandi crisi? In generale non se la passano male. Certo, per i «signori del crac» la reputazione è ormai bruciata e per molti di loro non è semplice farsi vedere in giro con il rischio di incrociare i risparmiatori traditi. Alcuni sono stati soltanto pessimi manager, altri hanno anche commesso reati. Hanno distrutto o contribuito a bruciare centinaia di miliardi. Ma nessuno è in prigione. Cause, richieste di danni e processi sono però solo all’inizio e alla fine il conto qualcuno lo dovrà pagare

LA BANCA DELL’ORO

La prossima udienza per la bancarotta di Banca Etruria al tribunale di Arezzo è fissata per il 12 ottobre 2017 e sarà interamente dedicata alle parti civili. Il processo vede tra gli imputati gli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi e i nomi di ex componenti dei cda sotto inchiesta, di cui non faceva parte Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena. Il procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi contesta loro finanziamenti facili, mai rientrati, che avrebbero portato a bilanci fallimentari provocando il crack della banca.

Ma tra le tre banche oggi finite dentro Ubi c’è anche Banca Marche. Sotto la direzione dell’ex ad Massimo Bianconi l’istituto faceva credito a tutti, soprattutto agli amici. Il consiglio approvava fino a 83 pratiche di affido in meno di cinque minuti netti (è successo davvero, il 23 luglio del 2008). Secondo gli avvocati dello studio Bonelli Erede, quello di Banca Marche è il più grave scandalo bancario dai tempi del crac Sindona. Tra i tanti primati, Bianconi detiene anche quello di essersi fatto pagare la buonuscita due volte, facendosi licenziare e assumere lo stesso giorno poco prima che Bankitalia vietasse i «paracaduti d’oro» per i banchieri.

A NORDEST

Quando non fa spese con la moglie nel quadrilatero milanese, Gianni Zonin può restarsene al fresco della villa in provincia di Udine, a Ca’ Vescovo, a due passi dalla laguna di Grado e dal campanile romanico di Aquileia. Una tenuta trasformata in fortezza, con siepi alte tre metri, telecamere, vetri anti sfondamento. Dal 20 gennaio 2016 aziende e vigne della Zonin 1821 appartengono ai tre figli. Nove tenute in Italia, per 2mila ettari coltivati a vite, una in Virginia, negli Usa. Tutto intestato agli eredi con un passaggio generazionale che sicuramente era stato già previsto in tempi non sospetti, ma di certo ha messo al riparo il patrimonio di famiglia dalle tempeste giudiziarie. Zonin è infatti indagato a Vicenza per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. La stessa banca ha chiesto a lui e ad altri 31 ex dirigenti di risarcire 2,3 miliardi. Ed è stato multato dalla Consob (370mila euro) per illeciti nella vendita di azioni alla clientela. Ma finora l’inchiesta della procura di Vicenza ha procurato al Doge vicentino solo la «seccatura» di un interrogatorio di 5 ore in due anni.

Per il suo «vicino» Vincenzo Consoli, ex ad di Veneto Banca, la richiesta di rinvio a giudizio è arrivata a poche ore dal via libera italiano ed europeo al passaggio delle banche venete a Intesa. A muoversi è stata la procura di Roma, che ha chiesto il processo anche per l’ex presidente Flavio Trinca e altri nove tra amministratori e manager: le ipotesi sono presunte irregolarità nella gestione dell’istituto tra il 2012 ed il 2014 e ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità pubbliche di vigilanza. Consoli si è chiuso in un rigoroso silenzio per due anni poi, lo scorso 3 giugno, ha rilasciato una lunghissima intervista con la sua verità al Gazzettino: «Il dispiacere e il dolore sono per me immensi, verso tutti i soci che hanno perso soldi. Si deve sapere che tra i soci che hanno perso i soldi c’è anche la mia famiglia, c’è mia sorella che faceva l’operaia e aveva investito in banca tutti i suoi risparmi e non li ha più, ci sono i miei figli», ha detto Consoli. Il suo jet Bombardier Learjet 60XR, acquistato nel 2012 da Veneto Banca per assicurare rapidità, comfort e prestigio agli spostamenti dell’allora consigliere delegato, se ne è volato via da Montebelluna lo scorso 23 dicembre per 4,3 milioni di dollari.

SOTTO LA LANTERNA

«Mi aspettavo l’ergastolo. Ci mancava solo mi sparassero». Lo scorso 22 febbraio non ha rinunciato al suo sarcasmo l’ex presidente di Carige, Giovanni Berneschi, nemmeno con una condanna a 8 anni e 2 mesi di reclusione per la maxitruffa al ramo assicurativo dell’istituto bancario sulle spalle. Eppure per lui è stata uno choc, quella sentenza, anche perche’ il pubblico ministero Silvio Franz aveva chiesto 6 anni di reclusione. C’è chi dice che l’ex presidente, uomo libero fino alla pronuncia della Cassazione, se ne stia chiuso nel suo attico genovese e chi invece propende per un ritiro nella sua amata campagna spezzina. Ha una ricca pensione (200 mila euro solo di Inps, più il fondo integrativo della banca) e conta sull’appello, anche perché non è tipo da golf o bridge.

L’AFFAIRE ITALEASE

Il 20 maggio 2015 è stato ribaltato il verdetto per gli ex vertici di Banca Italease, tra cui l’ex ad Massimo Faenza (che comunque in carcere è rimasto per sette mesi, imputati a Milano per false comunicazioni sociali in relazione ad un bilancio del 2008. Condannati in primo grado, sono stati assolti in appello dai giudici che hanno anche prosciolto l’istituto di leasing, che rispondeva in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, e hanno revocato la confisca da oltre 58 milioni che era stata disposta dal Tribunale più di tre anni fa. Il processo – uno dei tanti filoni dell’inchiesta su Italease che aveva portato, tra l’altro, al patteggiamento a 4 anni per truffa e altri reati per Faenza – vedeva al centro l’accusa di false comunicazioni sociali. Il 27 febbraio del 2014, il Tribunale, oltre a condannare i cinque imputati ad un anno, aveva disposto anche la confisca di 58,9 milioni a carico di Banca Italease, poi finita nel gruppo Banco Popolare. Confisca che poi è stata revocata. Che fine ha fatto, invece, l’ex presidente della Bpm, Massimo Ponzellini? Con l’allora sua braccio destro Antonio Cannalire e altre 12 persone è imputato per la vicenda dei presunti finanziamenti illeciti concessi dall’istituto (oggi fuso con il Banco Popolare) tra il 2009 e il 2010. La gran parte dei reati contestati, tra infedeltà patrimoniale e corruzione privata, cadrà in prescrizione entro il 2017, mentre l’associazione per delinquere a metà del 2018. Si ritorna in aula il 10 luglio.

 

 

fonte: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ecco-che-fine-hanno-fatto-i-super-banchieri-dei-crac-1415593.html

Islanda: Come un popolo rivoluzionario ha sconfitto la finanza internazionale

 

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Islanda: Come un popolo rivoluzionario ha sconfitto la finanza internazionale

Nazionalizzazione delle banche e democrazia diretta e partecipata: la “rivoluzione silenziosa” dell’ Islanda che ha permesso agli islandesi di riappropriarsi dei propri diritti.

Di Andrea Degl’Innocenti per ilcambiamento.it :

L’hanno definita una ‘rivoluzione silenziosa’ quella che ha portato l’Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell’intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

Una nazione ricca

L’Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un’eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un’esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L’Islanda è un’isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell’intera Italia, situato un poco a sud dell’immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell’Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di ‘neoliberismo puro’ applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente.

L’ inizio della disfatta

Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.
Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall’altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008.

Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull’euro – che perse in breve l’85 per cento – non fece altro che decuplicare l’entità del loro debito insoluto. Alla fine dell’anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

L’aiuto del FMI (fondo monetario internazionale)

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all’Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo.

Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l’unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il governo servo delle banche

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d’Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos’altro invece si riaggiustò. Si ruppe l’idea che il debito fosse un’entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un’intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d’un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

Le minacce

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l’isolamento dell’Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare.

Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l’Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell’intervista – ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

La “rivoluzione silenziosa” dell’ Islanda

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò.

Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L’Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l’Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l’indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola ‘presidente’ al posto di ‘re’).

La nuova costituzione

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un’assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l’appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. “Io credo – ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente – che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet”.

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte.

Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

La ripresa

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l’Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l’unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?

Di Andrea Degl’Innocenti

Fonte: ilcambiamento.it

Le vergogne che i media Vi nascondono – Banche Killer? Si sapeva tutto già 17 anni fa, ma alla Giudice che provò a fermare Zonin e il crac di Popolare Vicenza fu stroncata la carriera!

 

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Le vergogne che i media Vi nascondono – Banche Killer? Si sapeva tutto già 17 anni fa, ma alla Giudice che provò a fermare Zonin e il crac di Popolare Vicenza fu stroncata la carriera!

Chi ha permesso tutto questo e soprattutto chi pagherà?

BANCHE KILLER – La giudice rovinata per aver provato a fermare Zonin e il crac di Popolare Vicenza

Rovinata per aver provato a fermare i disastri di Gianni Zonin e salvare gli azionisti della Banca Popolare di Vicenza dal crac. È la storia di ordinaria giustizia italiana di cui è stata protagonista Cecilia Carreri, giudice e autrice del libro-denuncia Non c’è spazio per quel Giudice (edizioni Mare Verticale, 2017), di cui parla anche il Fatto quotidiano.

La Carreri a inizio anni Duemila indagò sull’istituto prima di finire vittima di procedimenti disciplinari per congedo di malattia richiesto per un mal di schiena, con l’accusa di “aver messo sotto sforzo la schiena, affetta da discopatie con attività sportive ritenute estreme”. Da allora è fuori dalla magistratura, ma 17 anni fa da Giudice per le indagini preliminari rigettò la richiesta di archiviazione di un’inchiesta della Procura di Vicenza sull’allora presidente Zonin e sulla gestione della banca. Pesantissime le accuse: falso in bilancio, false comunicazioni sociali, appropriazione indebita, truffa e altri reati: “Si capiva perfettamente, leggendo gli atti – scrive Carreri – che il Procuratore non aveva voluto andare avanti, approfondire”. Secondo la Carreri l’allora suo capo le fece pressioni per archiviare la pratica, fermandola addirittura in strada. Lo stesso capo andò poi a lavorare per una società controllata al 100% dalla banca di Zonin.

Conflitto d’interessi? Probabile, come quello di Zonin che secondo la Carreri (e le accuse del tempo di Bankitalia) era sospettato di “usare la Banca come cassaforte personale. Balzava evidente l’assoluta mancanza di controlli istituzionali su quella gestione: un collegio sindacale completamente asservito, un Cda che non faceva che recepire le decisioni di quell’imprenditore, padrone incontrastato della banca. Nessuno si opponeva a Zonin, nessuno osava avanzare critiche, contestazioni”.  La Carreri dispose con un’ordinanza l’imputazione coatta di Zonin e gli altri vertici della banca, ma l’indagine finì a un altro gip e venne archiviata. Lì inizia il calvario professionale e umano della Carreri, tra procedimenti davanti al Csm, ricorsi e richieste di risarcimento. A “fregarla” una regata transoceanica da Le Havre a Salvador Bahia, affrontata in ferie. Il sospetto della giudice è che quello fu solo il pretesto per il suo allontanamento dalla toga.

fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12425286/giudice-carreri-fallmento-zonin-popolare-vicenza-indagine-archiviata-carriera-rovinata-.html

Banche, l’inchiesta Parlamentare? Ma tu guarda un po’, per “loro” non è una priorità! Il Pd boccia la proposta di discuterne subito alla Camera…!

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Banche, l’inchiesta Parlamentare? Ma tu guarda un po’, per “loro” non è una priorità! Il Pd boccia la proposta di discuterne subito alla Camera…!

Come al solito Renzi spara la sua menzogna “Non vediamo l’ora che parta” amplificata dai media di regime. Poi a telecamere spente ecco che che fa il contrario. Alla Camera la maggioranza boccia la proposta di discuterne subito…!!

E mi fanno morire quelli del Pd che sul caso De Bortoli dicono tronfi “Ma la Boschi ha dato la sua parola che non è vero”…

La parola della Boschi? Quella di Renzi? Ma se da quando sono in politica non hanno mai detto la verità?

La prova? Siamo qui a parlare di due che la politica, secondo quanto hanno giurato agli Italiani, dovrebbero vederla solo in Tv…!

Ci raccontano quei disgraziati de Il Fatto Quotidiano:

Banche, l’inchiesta parlamentare? Non è una priorità

Renzi: “Non vediamo l’ora che parta”. Poi la maggioranza boccia la proposta di discuterne subito alla Camera: di questo passo partirà solo dopo le ferie e non farà nulla

C’è Renzi 1, l’annunciatore. Quello che ieri pomeriggio ha inviato la consueta enews ai suoi lettori, regalando parole definitive riguardo la Commissione d’inchiesta sulle banche: “Non vediamo l’ora di iniziare per fare chiarezza fino in fondo. Il capogruppo del Pd sarà Matteo Orfini”. Poi c’è Renzi 2, il segretario del Pd. Il partito che alla Camera – a un paio d’ore dall’annuncio di Renzi 1 – ha votato per ritardare l’avvio della stessa commissione parlamentare che il leader non vede l’ora di iniziare.

È successo ieri a Montecitorio: a inizio seduta il Movimento 5 Stelle ha chiesto di invertire l’ordine del giorno per iniziare subito l’esame della legge che istituisce la bicamerale. Una proposta appoggiata anche da Forza Italia. Il Pd però ha votato contro: resta tutto com’è. Si parte dalla riforma dei parchi e delle aree verdi, peraltro osteggiata dalle associazioni ambientaliste. L’approvazione della commissione sulle banche rimane al sesto posto in calendario. Di questo passo, con la pausa estiva dietro l’angolo e la minaccia di elezioni tra fine settembre e inizio ottobre, sarebbe già tanto riuscire ad approvarla, figurarsi a sceglierne i componenti e iniziarne i lavori.

Per capire di cosa parliamo serve un passo indietro. La commissione bicamerale d’inchiesta, scomparsa a lungo dai radar parlamentari, è tornata d’attualità grazie alle rivelazioni del libro di Ferruccio de Bortoli, Poteri forti (o quasi): Maria Elena Boschi, allora ministra, avrebbe chiesto all’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni di valutare l’acquisto dell’ormai decotta Banca Etruria, di cui il papà Pier Luigi Boschi era vicepresidente.

Com’è noto, Maria Elena ha smentito e promesso di portare in tribunale l’ex direttore del Corriere della Sera. Come svelato ieri dal Fatto, invece, della querela dell’ex ministra non c’è ancora traccia.

La commissione potrebbe fugare ogni dubbio: basterebbe convocare Ghizzoni, che peraltro ha già dato la sua disponibilità (“se mi convocheranno parlerò in Parlamento, non sui giornali, risponderò ovviamente a tutte le domande che mi faranno”). A parole, poi, tutti si dicono ansiosi di ascoltare questa benedetta commissione parlamentare. Compreso Renzi, l’unico che ha davvero qualcosa da perdere – oltre alla sottosegretario Boschi – visto l’imbarazzante conflitto d’interessi che potrebbe riguardare la ministra più importante del suo governo.

Il Senato ha approvato la legge che istituisce la bicamerale solo il 4 aprile(dopo anni di melina), ora toccherebbe alla Camera dire sì alla legge istitutiva senza modifiche. Bisognerà però aspettare ancora un po’, visto il voto di ieri pomeriggio. Chissà cosa ne pensa Renzi 1.

I Cinque Stelle intanto hanno gioco facile: “Sarebbero bastati 15 minuti per chiudere l’iter della legge e far partire la Commissione – si legge in una nota dei deputati grillini – ma è evidente il doppio binario: si parla bene e si razzola male. Le chiacchiere stanno a zero e quelle dell’ex premier, in particolare, valgono meno di niente”.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/banche-linchiesta-parlamentare-non-e-una-priorita/

Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

Padoan

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Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

La legge di Padoan svelata da Bechis: così le banche ci derubano anche da morti

 

Finora le vittime del salva-banche che azzerò nel 2015 420 milioni di euro di risparmi in obbligazioni Banca Etruria, Carife, Carichieti e Banca delle Marche, avevano provato davvero di tutto. Non ancora però il furto dell’ eredità. Eppure è quel che è avvenuto a una famiglia emiliana, vecchia correntista di Carife. La nonna della famiglia – Lucia – aveva investito 15 mila euro in obbligazioni subordinate che sono diventate carta straccia nel novembre 2015 grazie al decreto del governo di Matteo Renzi (quello sulla famosa Banca Etruria).
Dopo lunghe contestazioni e polemiche politiche, si è deciso con un decreto mesi dopo di rimborsare quei titoli azzerati all’ 80% del loro valore. La nonna fiduciosa ha fatto la prova: una mattina ha preso una obbligazione ogni 4 che aveva e ha provato a farsela rimborsare (3.750 euro). Le hanno detto sì, che poteva avere i soldi, e lei è tornata felicissima a casa.
La buona novella era così clamorosa che la poveretta non ha retto all’ emozione: è morta il mattino successivo. Lasciando in eredità a due figli (Massimo e Raffaele) e una nipotina (Valentina, restata orfana di papà Giancarlo) tutto quel che aveva, e lì dentro anche il 75% di quelle obbligazioni Carife che le erano restate a casa. Gli eredi allora hanno fatto come la nonna: prese le obbligazioni, sono andati da chi le doveva loro rimborsare. E con gran sorpresa si sono sentiti rispondere: «No, mi spiace, ora che le avete voi il rimborso non si può più fare». Perché? Perché quel gran furbacchione del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, cercando di risparmiare qualcosina anche in mezzo a questa brutta e tragica vicenda dei risparmiatori truffati, ha scritto tutta una serie di norme e cavilli dove i poveretti potessero restare impigliati perdendo ogni speranza di essere rimborsati. Fra questi cavilli c’ era scritto che ai risparmiatori sarebbero stati rimborsati anche titoli comprati da uno ma poi trasferiti a un familiare stretto, al coniuge e perfino al «convivente more uxorio», sia che fossero stati regalati o venduti a titolo oneroso negli anni. Ma a una condizione: che quei passaggi fossero avvenuti fra vivi «inter vivos».
Non c’ è dubbio che nonna Lucia quei titoli li avesse lasciati a figli e nipotina perché era morta. Così quando Massimo, Raffaele e Valentina fidandosi di promesse e annunci del governo, vanno a chiedere il rimborso sia pure parziale all’ 80% di quei titoli lasciati si sentono rispondere dal funzionario del fondo interbancario di garanzia che dovrebbe pagare il dovuto: «Nel caso rappresentato, gli eredi della Sig.ra Lucia Brancaleoni non possono accedere alla procedura di indennizzo forfettario per le quote trasferite per atto tra vivi a quest’ ultima, in quanto gli stessi sono successori mortis causa di un nuovo soggetto legittimato e, quindi, non rientrano tra le categorie di soggetti legittimati dalla legge 15/2017 alla presentazione dell’ istanza di indennizzo».
Capito? Quelle obbligazioni dovrebbero valere ancora 336 milioni di euro, avendo deciso di rimborsarle all’ 80%. Ma guai a riceverle in eredità, perché diventano subito carta straccia: non valgono più nulla, e di fatto quella eredità se la porta via il governo.
La famiglia di nonna Lucia può ancora consolarsi con il più classico dei «mal comune mezzo gaudio», perché se in caso di morte del titolare gli eredi restano senza nulla in mano, non è che per chi ha la fortuna di avere tutti in salute e vivi il risultato sia poi tanto diverso.
In 18 mesi di grandi promesse, proclami, speranze e delusioni ricevute dai risparmiatori truffati di Banca Etruria & C non è che sia accaduto un granché.
Ha riavuto in mano l’ 80% di quello che gli aveva portato via maldestramente il governo in quello sciagurato novembre 2015 solo un risparmiatore su 4. All’ 8 maggio scorso sono state rimborsati 99,6 milioni di euro sui 336 milioni che teoricamente dovranno essere restituiti (l’ 80% di 420 milioni realmente investiti dai poveretti). Ma secondo le scelte fatte sul rimborso forfettario diretto fin qui dal Fondo interbancario al massimo in questa fase si arriverà alla fine a 185 milioni di euro circa. Gli altri 153 milioni di euro secondo le norme del governo non saranno né perduti né riconquistati: devono essere vagliati dai collegi arbitrali previsti dalla legge di bilancio.
Due mesi fa abbiamo raccontato il testo dei decreti di regolamento che secondo Renzi sarebbero arrivati massimo a marzo 2016. Sono stati approvati in via definitiva del Parlamento, ma il governo si è dimenticato poi di fare pubblicare tutto in Gazzetta ufficiale. Così gli arbitrati non possono partire. E il calvario dei risparmiatori truffati continua.

di Franco Bechis

 

Tutti i regali del Pd alle Banche. Fanno 57 miliardi di Euro, circa 2.370 Euro a famiglia …per il momento!

 

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Tutti i regali del Pd alle Banche. Fanno 57 miliardi di Euro, circa 2.370 Euro a famiglia …per il momento!

 

I 16 regali dei governi PD alle banche

I governi non eletti (Gentiloni, Renzi, Letta), facendo felici gli istituti di credito, alla ricerca di nuove terre vergini da esplorare- come profetizzava Zigmunt Bauman- hanno offerto numerosi regali ai banchieri, i cui interessi non coincidono mai con quelli di famiglie e Pmi, con l’evidente finalità di consegnare il destino degli italiani, già ipotecati da vite a rate per la perdita del potere di acquisto, dalla culla alla tomba e chiavi in mano nelle grinfie di banche e compagnie di assicurazioni.
Adusbef, che celebra a Roma (Hotel Forum) 30 anni dalla sua fondazione (13 maggio 1987), non ricorda a memoria una spudorata decretazione (spesso d’urgenza), come nell’attuale legislatura iniziata nel febbraio 2013 (ben 16 provvedimenti), ad esclusivo vantaggio di banche ed assicurazioni, con conseguenti oneri e stangate sui cittadini, costretti ad allungare l’esercito di debitori cronici, se non a fare la fila alle mense della Caritas, solo per sfamarsi.
I 16 provvedimenti a favore delle banche, i primi 4 di Letta; ben 9 del Governo Renzi, gli ultimi 3 di Gentiloni, gravano sulle spalle dei cittadini, famiglie, PMI e della fiscalità, generale, anche con l’aumento del debito pubblico, arrivato a 2.240,1 mld di euro, sono stimati da Adusbef in 56,88 mld di euro, con un costo di 2.370 euro per ogni famiglia (24 milioni). Dalla fiscalità di vantaggio sulle perdite, 23,5 mld di euro (19,8 + 3,7); alla rivalutazione delle quote di Bankitalia (7,5 mld + 1,060 mld di cedole pagate alle banche socie); all’anatocismo resuscitato (3,4 mld); al salvataggio delle banche (20 mld di aumento del debito pubblico); agli ulteriori sconti fiscali per le banche decotte, camuffati nei parametri di Aiuto alla crescita economica Ace, (1,3 mld di euro), alla Gacs (120 milioni). Poi ci sono quelli difficilmente quantificabili, come l’Ape, che costringe chi vuole anticipare la pensione a contrarre un oneroso mutuo ventennale con annessa polizza assicurativa; il mercato dei lavori appaltati alla banche, con la possibilità di aprirsi le loro società di ingegneria e monopolizzare l’intero mercato delle abitazioni private in unico pacchetto, mutuo, assicurazione, agenzia immobiliare e ristrutturazione della casa. Ecco in dettaglio i 16 provvedimenti di favore:

1) Nel 2013 il primo provvedimento a favore delle banche dal Governo di Enrico Letta, la fiscalità di vantaggio sulla deducibilità delle perdite, passate da 18 anni a 5 anni, valutato da Mediobanca 19,8 miliardi di euro; (portato da Renzi ad 1 anno, con ulteriori 3,7 mld di euro);
2) Le garanzie sulle obbligazioni tossiche appioppate dalle banche allo Stato per un valore di 161 miliardi di euro, che hanno generato esborsi alle banche di affari (Fonte Eurostat) di 24 miliardi di euro dal 2013 al 2016;
3) La pubblica malleva sulla Cassa Depositi e Prestiti per consentire alle banche di pagare i dividendi alle Fondazioni bancarie;
4) La rivalutazione delle quote di Banca d’Italia, da 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro per offrire dividendi pari a 1,060 mld di euro alle banche socie, con la durissima battaglia in Parlamento dei portavoce del M5S, espulsi dall’aula perché gridavano ‘onestà’;
5) Il recepimento della direttiva BRRD (bail-in) per l’esproprio criminale del risparmio approvato in Europa all’insaputa del Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, del Ministro Pier Carlo Padoan, infine di Vegas (Consob), che ne hanno chiesto la successiva revisione;
6) Il decreto salva-banche del 22 novembre 2015, che ha azzerato i risparmi di una vita a 130.000 famiglie, truffate e prese in giro da Governo e ministri ostili, che provano odio feroce verso le vittime che reclamano i propri diritti, con manifestazioni, presidi e sit-in;
7) L’esproprio delle case in assenza di 7 rate (portate a 18 dopo le proteste) di mutuo non pagate direttamente dalla banca, senza passare per la legittimità di un giudice terzo;
8) Lo sconto per i trasferimenti immobiliari nell’ambito di vendite giudiziarie con l’imposta di registro, ipotecaria e catastale, non più assoggettata da un’aliquota del 9%, ma nella misura fissa di 200 euro;
9) La riforma delle banche popolari (bocciata dal Consiglio di Stato), varata dal governo Renzi nel 2015, in ossequio ai desideri di banche di affari, grandi fondi e finanza internazionale, per mettere le mani sul risparmio degli italiani, rimuovendo gli ostacoli rappresentati dal voto capitario, che intralciava il far west dei mercati senza regole, che si nutrono di denaro dal nulla, di swap e derivati tossici, per alimentare l’avidità della finanza speculativa;
10) Il prestito vitalizio ipotecario a tassi esagerati e ricapitalizzati per sottrarre agli eredi i risparmi immobiliari, costati sacrifici, sudori ad intere generazioni e dure vite di lavoro;
11) La Bad Bank con la garanzia statale sulle cartolarizzazioni dei crediti morosi (la Gacs), concessa alle banche ed altri intermediari, con dotazione iniziale del Tesoro di 120 milioni;
12) La ricapitalizzazione degli interessi, che genera 3,4 miliardi di euro l’anno a favore delle banche, disposto dal nuovo art.120 del Tub (Testo Unico Bancario) entrato con legge dello Stato nella prassi bancaria, trionfalmente figurata dalla stampa di regime, come norma che ha determinato “la fine dell’anatocismo”, prima vietato nel 2014 e poi resuscitato a cadenza annuale, in pieno spregio della Giurisprudenza unanime;
13) L’anticipo pensionistico (Ape), la cui concessione di forme creditizie per 43 mesi di anticipo, nasconde l’ennesimo regalo a banche ed assicurazioni, con onerosi costi assicurativi per i richiedenti e ricchi introiti per le banche che non rischiano alcunché. Ipotizzando un tasso del 3%, per una pensione da 1.000 euro al mese (con 3 anni e 7 mesi di anticipo), si paga una rata di circa 200 euro al mese per 20 anni; per una pensione di 2.500 euro al mese, l’utilizzo dell’APE porta la decurtazione del 20% della pensione, con rata di 500 al mese;
14) Il Governo Gentiloni, arrivato a Palazzo Chigi il 12 dicembre 2016 col governo ‘fotocopia’ dopo le dimissioni di Renzi per la dura batosta al referendum JPMorgan del 4 dicembre, non poteva sfatare la tradizione di fedele maggiordomo dei banchieri, infilando ulteriori regali, il primo da 20 miliardi nel Cdm de 19 dicembre 2016, spacciato per decreto “salvarisparmio” per salvare le banche e l’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob;
15) Nella ‘manovrina’, per completare l’opera, il secondo ulteriore regalo di sconti fiscali per gli istituti di credito che navigano in cattive acque, camuffate nei parametri di Aiuto alla crescita economica (Ace), meccanismo fiscale nato nel 2012 per premiare gli imprenditori che fanno investimenti attraverso sgravi sugli apporti di capitale effettuati. Ulteriori soldi pubblici (stimati in circa 1,3 mld di euro), per favorire banche decotte, che per evitare la bancarotta hanno bisogno di soldi pubblici, come MPS che ha già appostato 891 milioni di euro di minori tasse nel prossimo trimestre. Con le Banche Venete che potrebbero usufruire di oltre 400 milioni di euro di sconti fiscali, come premialità di vantaggio per i crac addossati a 210 mila famiglie truffate da una gestione criminale del credito e del risparmio.
16) Ultimo regalo, il DDL Concorrenza (oltre al Telemarketing selvaggio ed alla fine del mercato tutelato, per offrire sotto le mentite spoglie della competizione ai predoni elettrici e del gas la minore concorrenza ed un aumento delle bollette sulla luce, circa 42 euro l’anno, ben 68 euro per il gas, con l’intento di aggiustare i conti delle aziende energetiche a spese dei consumatori domestici e delle piccolissime imprese), apre il mercato dei lavori privati alle società di ingegneria, costituite in forma di società di capitali o cooperative (finora potevano lavorare solo nel pubblico), offrendo alle banche la possibilità di aprirsi le loro società di ingegneria e monopolizzare l’intero mercato delle abitazioni private, in un unico pacchetto (mutuo, assicurazione, agenzia immobiliare, ristrutturazione della casa).

Questi 16 bei ‘regali’, concessi dal 2013 e nell’attuale legislatura alle banche da governi e maggioranza, per premiare i banchieri e distratti vigilanti come Bankitalia e Consob, che non pagano mai il conto per i disastri provocati, mentre vittime ed espropriati del ‘salva banche’ attendono gli arbitrati, rappresentano generosi cadeaux che devono essere divulgati e resi pubblici, rompendo la cappa di omertà e la censura dei mass media di regime, per offrire ai cittadini vessati, strangolati, usurati e saccheggiati dal sistema bancario, materia di conoscenza e attenta riflessione sul ruolo svolto da governi ‘prediletti camerieri dei banchieri’.

 

di Elio Lannutti (presidente Adusbef)

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/m/2017/05/i_16_regali_dei_governi_pd_alle_banche.html

Ci hanno tolto dalle tasche 31 miliardi per salvare Mps & C. ed altri 17 per le banche venete… E siamo nella merda fino al collo. In Islanda, invece, dove hanno politici onesti e capaci, prima hanno sbattuto in galera i banchieri che hanno provocato la crisi, poi hanno rimborsano i cittadini con i soldi ricavati vendendo una banca !!

 

Islanda

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Ci hanno tolto dalle tasche 31 miliardi per salvare Mps & C. ed altri 17 per le banche venete… E siamo nella merda fino al collo. In Islanda, invece, dove hanno politici onesti e capaci, prima hanno sbattuto in galera i banchieri che hanno provocato la crisi, poi hanno rimborsano i cittadini con i soldi ricavati vendendo una banca !!

 

Il conto del salvataggio “31 miliardi alle banche”

Il costo del salvatggio delle banche in crisi arriva a 31 miliardi di euro. E adesso anche quelle venete sono sull’orlo del fallimento

Come ricostruisce su LaStampa Stefano Caselli, docente di economia in Bocconi, sarebbe questo il conto monstre da pagare per eviatre un vero e proprio collasso. I numeri per il momento restano provvisori. Di fatto la valanga è cominciata nel 2015 con un intervento mirato per salvare 4 piccoli istituti del Centro Italia. Il primo caso riguarda però Mps. Il salvataggio è costato 8,8 miliardi, soldi questi pagati dai contribuenti e da alcuni investitori. Poi i 5,3 miliardi per salvare Banca Marche, Etruira, CariFerrara e CariChieti, poi acquistate da Ubi Banca e Bper. A questo caso si aggiunge anche la grande crisi delle banche venete. E anche lì il fondo statale ha aperto i rubinetti con 3,5 miliardi di euro. Fondo che però non è bastato e adesso gli istituti di fatto si trovano sull’orlo del fallimento. Adesso è facile da dire – dice Caselli a LaStampa-. Di certo il tema della vendita dei crediti non performanti è stato sottostimato. Forse la nostra presenza a Bruxelles non è stata così decisiva. Ma che si dovesse intervenire con soldi pubblici io come altri osservatori lo sosteniamo da anni”.

tratto da: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/conto-salvataggio-31-miliardi-banche-1412782.html

A questi si sono poi aggiunti 17 e forse più miliardi per salvare le banche venete….

E in Islanda, invece, come hanno fatto…?

DI CLAIRE BERNISH – theantimedia.org

Per cominciare l’Islanda ha sbattuto in galera i banchieri corrotti per il loro diretto coinvolgimento nella crisi finanziaria del 2008.

Ora tutti gli Islandesi riceveranno una rendita dalla vendita di una delle tre più grandi banche d’Islanda, Islandbanki.

Se il Ministro delle Finanze Bjarni Benediktsson riuscirà nel suo intento – e probabilmente ce la farà – gli Islandesi riceveranno 30.000 corone dopo che il governo prenderà possesso della banca. Islandbanki diventerà la seconda delle tre più grandi banche sotto il controllo dello stato.

“Sto semplicemente dicendo che il governo prenderà una data porzione, il 5%, e semplicemente la distribuirà alla gente di questa nazione”, ha affermato.

Dato che gli Islandesi hanno preso il controllo del loro Governo, effettivamente controllano le banche. Benediktsson crede che ciò porterà capitale straniero nella nazione e infine spingerà l’economia – la quale, tra l’altro, è l’unica ad essersi totalmente ripresa dalla crisi del 2008. L’Islanda è persino riuscita a ripagare in toto il suo enorme debito al FMI – in anticipo rispetto alla data prevista.

Guðlaugur Þór Þórðarson, vicecapo della Commissione sul Budget, ha spiegato che questa manovra faciliterà l’alleggerimento del controllo dei capitali, benché non fosse convinto che il controllo statale fosse la soluzione più ideale. L’ex Ministro delle Finanze Steingrìmur J. Sigfùsson è dalla parte di Þórðarson, sostenendo in uno show radio “non dovremmo lasciare le banche nelle mani di folli” e che l’Islanda beneficerà da un cambio di vedute separando “le banche commerciali da quelle d’investimento”.

I piani non sono ancora stati preparati con precisione per quando avverranno la presa di possesso e il conseguente pagamento a tutti i cittadini, ma l’approccio rivoluzionario dell’Islanda al crollo finanziario mondiale del 2008 di certo merita tutta l’attenzione che si è guadagnato.

L’Islanda ha di recente sbattuto in galera il suo ventiseiesimo banchiere – 74 anni di detenzione sommando tutte le pene comminate – per aver causato il caos finanziario. I banchieri criminali statunitensi sono stati ricompensati per le loro frodi e le manipolazioni del mercato con un enorme salvataggio a spese dei contribuenti.

Claire Bernish

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Fonte: http://theantimedia.org/