“L’Uragano Raggi” travolge anche l’Acea. Rottamata tutta la vecchia amministrazione…

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“L’Uragano Raggi” travolge anche l’Acea. Rottamata tutta la vecchia amministrazione…

Acea, Raggi prepara il ribaltone
Via l’ad Irace, in pole Donnarumma

La sindaca nell’assemblea di aprile intende azzerare l’attuale vertice aziendale. In uscita anche la presidente Tomasetti. Per la carica di amministratore delegato il candidato favorito è l’attuale direttore Reti della milanese A2A

L’onda pentastellata arriva anche in Acea. Virginia Raggi, che in campagna elettorale aveva annunciato l’azzeramento dei vertici, ha aspettato la scadenza dei mandati. La fretta di Ignazio Marino, che diede il benservito ai manager nominati senza molta eleganza da Gianni Alemanno subito prima del voto, è costata cara alla municipalizzata, condannata dal Tribunale a versare 840 mila euro all’ex presidente Giancarlo Cremonesi, spedito a casa prima del tempo. L’attuale board però è in scadenza e il 27 aprile, all’assemblea degli azionisti, secondo quanto trapela dal Campidoglio la sindaca darà il via al turn over: non sarà confermato l’amministratore delegato Alberto Irace, renziano Doc e ex sindaco del Pd a Castellammare (al quale è stato riconosciuto da più parti un ottimo lavoro): per prendere il suo posto in pole position c’è Stefano Donnarumma, già presidente di Acea Distribuzione e oggi direttore Reti della milanese A2a. La scelta ancora non è definitiva. Dopo i tutti i pasticci nelle nomine dei mesi scorsi, Virginia Raggi non vuole commettere altri passi falsi e sta valutando con grande attenzione tutti gli aspetti. Ancora in alto mare invece la selezione per la presidenza. In un primo momento era stata anche ventilata la conferma di Catia Tomasetti, ma ormai il divorzio sembra inevitabile, dopo l’incidente dei giorni scorsi, quando l’assessore alle Politiche Andrea Mazzillo si è presentato chiedendo di partecipare, ma è stato messo alla porta. La supervisione del dossier nomine Acea, riferiscono in Campidoglio, è stata affidata a Massimo Colomban, assessore alle Partecipate che gode di piena fiducia dalla Casaleggio. E intanto proprio la settimana scorsa – come risulta dai report sull’Internal Dealing (cioè sulle operazioni sui titoli da parte degli amministratori) – Catia Tomasetti ha ceduto le 19.500 azioni Acea che deteneva (incassando 228.500 euro).

La strategia grillina

La partita sui vertici di piazzale Ostiense è particolarmente delicata. Da un lato l’azienda, controllata al 50,1 per cento dal Comune, è una piccola cassaforte che genera utili importanti per le disastrate casse capitoline. Al tempo stesso però opera in settori sensibili per i romani (elettricità e acqua oltre a gas e parzialmente rifiuti), e scelte sbagliate rischiano di avere ripercussioni molto negative dal punto di vista politico. Per la Raggi in realtà l’occasione per cambiare è quanto mai favorevole: i precedenti sindaci hanno dovuto fronteggiare negli ultimi anni la presenza ingombrante come primo socio privato di Francesco Gaetano Caltagirone. L’imprenditore e editore però da pochi mesi è sceso dal 15,8 al 5%, avendo ceduto un parte della propria quota al colosso francese Engie-Suez (che è invece salito dal 12,5 al 23%), in cambio del 3,6% del gruppo transalpino. Una scelta che focalizza gli interessi di Caltagirone su una dimensione finanziaria sempre più internazionale. In questo quadro, il Campidoglio – pur dovendo garantire la redditività degli investimenti ai francesi (ma anche a Caltagirone e a tutti gli altri azionisti) – può rivedere alcune scelte strategiche, a cominciare dall’impegno nel settore dei rifiuti, adesso marginale: il know how e i mezzi finanziari di Acea potrebbero infatti tornare utili per studiare nuove sinergie per fronteggiare l’eterna emergenza della Capitale in questo settore. Inoltre, il Campidoglio potrà ampliare la funzione «sociale» nella gestione dei sistemi idrici (che riguarda 8,5 milioni di persone in tutto il centro Italia), con un’attenzione maggiore alla qualità del servizio. La giunta grillina, secondo quanto trapela, punta a dimostrare ai romani che l’azienda, pur quotata in Borsa, può essere amministrata nell’interesse prima dei cittadini, rispetto a quello degli azionisti.