Reddito minimo: il problema non è quanto costa, ma quanto costa non averlo!

 

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Reddito minimo: il problema non è quanto costa, ma quanto costa non averlo!

 

Reddito minimo garantito, quanto costa non averlo?

 

Il reddito minimo garantito (Rmg) è una misura presente in molti Stati europei, volta a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti, così come l’Europa chiede fin dal 1992. Tanto per capirci anche il Portogallo e la Spagna hanno seguito la direttiva, mentre inadempienti sono rimaste l’Italia e la Grecia.

Spesso il dibattito si focalizza sul “quanto ci costa?”. Il reddito minimo garantito costa più o meno quanto gli 80 euro. Pochi hanno cercato di capovolgere la domanda: “quanto ci è costato e ci costa non averlo?”.

La risposta la possiamo trovare nei dati sulla povertà e disoccupazione delle famiglie italiane, nelle statistiche che delineano un welfare incapace di ridurre il rischio di povertà attraverso i trasferimenti assistenziali, nelle politiche di contrasto alla povertà indirizzate solo a determinate categorie di soggetti, che spesso non versano in condizioni di povertà.

A causa di ciò c’è una fascia di ceto medio che scivola pericolosamente verso la soglia della povertà, mentre c’è un pezzo di paese che continua a cavarsela piuttosto bene. Tristemente ci sono sempre più giovani tra chi si impoverisce e sempre più anziani tra chi se la cava. Tradotto in cifre: la disoccupazione è al 12%, quella giovanile lambisce il 35% e sono 8 milioni gli italiani poveri e 4,5 milioni quelli in povertà assoluta.

Il reddito minimo garantito è fattibile, ma soprattutto urgente per tutto ciò a cui stiamo assistendo oggi: crisi dell’economia reale, impoverimento del lavoro, fragilità economico-sociale delle famiglie, lacune spaventose del sistema di welfare, disuguaglianze crescenti e redistribuzione inadeguata, fino alla crisi di consenso della politica e della democrazia. Ecco perché non possiamo più farne a meno.

Il reddito minimo renderebbe gli individui meno dipendenti e più liberi: più liberi anche dai condizionamenti prodotti dalle nostre élite autoreferenziali a caccia di clientele e collusioni.

 

 

fonte: http://uomoqualunque.net/2017/05/reddito-minimo-quanto-costa-non-averlo/#more-8078

Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

Padoan

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Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

La legge di Padoan svelata da Bechis: così le banche ci derubano anche da morti

 

Finora le vittime del salva-banche che azzerò nel 2015 420 milioni di euro di risparmi in obbligazioni Banca Etruria, Carife, Carichieti e Banca delle Marche, avevano provato davvero di tutto. Non ancora però il furto dell’ eredità. Eppure è quel che è avvenuto a una famiglia emiliana, vecchia correntista di Carife. La nonna della famiglia – Lucia – aveva investito 15 mila euro in obbligazioni subordinate che sono diventate carta straccia nel novembre 2015 grazie al decreto del governo di Matteo Renzi (quello sulla famosa Banca Etruria).
Dopo lunghe contestazioni e polemiche politiche, si è deciso con un decreto mesi dopo di rimborsare quei titoli azzerati all’ 80% del loro valore. La nonna fiduciosa ha fatto la prova: una mattina ha preso una obbligazione ogni 4 che aveva e ha provato a farsela rimborsare (3.750 euro). Le hanno detto sì, che poteva avere i soldi, e lei è tornata felicissima a casa.
La buona novella era così clamorosa che la poveretta non ha retto all’ emozione: è morta il mattino successivo. Lasciando in eredità a due figli (Massimo e Raffaele) e una nipotina (Valentina, restata orfana di papà Giancarlo) tutto quel che aveva, e lì dentro anche il 75% di quelle obbligazioni Carife che le erano restate a casa. Gli eredi allora hanno fatto come la nonna: prese le obbligazioni, sono andati da chi le doveva loro rimborsare. E con gran sorpresa si sono sentiti rispondere: «No, mi spiace, ora che le avete voi il rimborso non si può più fare». Perché? Perché quel gran furbacchione del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, cercando di risparmiare qualcosina anche in mezzo a questa brutta e tragica vicenda dei risparmiatori truffati, ha scritto tutta una serie di norme e cavilli dove i poveretti potessero restare impigliati perdendo ogni speranza di essere rimborsati. Fra questi cavilli c’ era scritto che ai risparmiatori sarebbero stati rimborsati anche titoli comprati da uno ma poi trasferiti a un familiare stretto, al coniuge e perfino al «convivente more uxorio», sia che fossero stati regalati o venduti a titolo oneroso negli anni. Ma a una condizione: che quei passaggi fossero avvenuti fra vivi «inter vivos».
Non c’ è dubbio che nonna Lucia quei titoli li avesse lasciati a figli e nipotina perché era morta. Così quando Massimo, Raffaele e Valentina fidandosi di promesse e annunci del governo, vanno a chiedere il rimborso sia pure parziale all’ 80% di quei titoli lasciati si sentono rispondere dal funzionario del fondo interbancario di garanzia che dovrebbe pagare il dovuto: «Nel caso rappresentato, gli eredi della Sig.ra Lucia Brancaleoni non possono accedere alla procedura di indennizzo forfettario per le quote trasferite per atto tra vivi a quest’ ultima, in quanto gli stessi sono successori mortis causa di un nuovo soggetto legittimato e, quindi, non rientrano tra le categorie di soggetti legittimati dalla legge 15/2017 alla presentazione dell’ istanza di indennizzo».
Capito? Quelle obbligazioni dovrebbero valere ancora 336 milioni di euro, avendo deciso di rimborsarle all’ 80%. Ma guai a riceverle in eredità, perché diventano subito carta straccia: non valgono più nulla, e di fatto quella eredità se la porta via il governo.
La famiglia di nonna Lucia può ancora consolarsi con il più classico dei «mal comune mezzo gaudio», perché se in caso di morte del titolare gli eredi restano senza nulla in mano, non è che per chi ha la fortuna di avere tutti in salute e vivi il risultato sia poi tanto diverso.
In 18 mesi di grandi promesse, proclami, speranze e delusioni ricevute dai risparmiatori truffati di Banca Etruria & C non è che sia accaduto un granché.
Ha riavuto in mano l’ 80% di quello che gli aveva portato via maldestramente il governo in quello sciagurato novembre 2015 solo un risparmiatore su 4. All’ 8 maggio scorso sono state rimborsati 99,6 milioni di euro sui 336 milioni che teoricamente dovranno essere restituiti (l’ 80% di 420 milioni realmente investiti dai poveretti). Ma secondo le scelte fatte sul rimborso forfettario diretto fin qui dal Fondo interbancario al massimo in questa fase si arriverà alla fine a 185 milioni di euro circa. Gli altri 153 milioni di euro secondo le norme del governo non saranno né perduti né riconquistati: devono essere vagliati dai collegi arbitrali previsti dalla legge di bilancio.
Due mesi fa abbiamo raccontato il testo dei decreti di regolamento che secondo Renzi sarebbero arrivati massimo a marzo 2016. Sono stati approvati in via definitiva del Parlamento, ma il governo si è dimenticato poi di fare pubblicare tutto in Gazzetta ufficiale. Così gli arbitrati non possono partire. E il calvario dei risparmiatori truffati continua.

di Franco Bechis

 

Lavoro, UN ALTRO GRANDE SUCCESSO DEL GOVERNO RENZI, nel primo trimestre -92% di nuovi contratti stabili rispetto allo stesso periodo del 2015!

 

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Lavoro, UN ALTRO GRANDE SUCCESSO DEL GOVERNO RENZI, nel primo trimestre -92% di nuovi contratti stabili rispetto allo stesso periodo del 2015!

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Lavoro, nel primo trimestre -92% di nuovi contratti stabili rispetto allo stesso periodo del 2015 (con gli sgravi)

Attivazioni e trasformazioni sono state 398.866, ma sottraendo le cessazioni restano 17.500 rapporti di lavoro aggiuntivi. Contro i 214.765 nuovi contratti “netti” attivati nel primo anno di decontribuzione totale voluta dal governo Renzi. Salgono poi del 14,4%, a oltre 18mila, i licenziamenti per giusta causa. A marzo +12% le domande di disoccupazione

Finiti gli sgravi contributivi, crollano i nuovi contratti a tempo indeterminato. La tendenza, emersa già lo scorso anno, è conclamata nei dati dell’Osservatorio Inps sul precariato relativi ai primi tre mesi del 2017, anno in cui gli incentivi alle assunzioni voluti da Matteo Renzi si sono azzerati. Nel primo trimestre i nuovi contratti stabili, incluse le trasformazioni da apprendistato o da contratti a termine, sono stati 398.866, ma il saldo tra i nuovi posti e le cessazioni di contratti stabili è stato di 17.537 contro i 41.731 dello stesso periodo dello scorso anno, quando gli sgravi c’erano ancora pur se in forma ridotta, e i 214.765 nuovi contratti “netti” (612.158 attivazioni meno 397.393 cessazioni) attivati nel primo trimestre 2015. Un crollo del 91,8 per cento. Finiti gli incentivi, insomma, le imprese hanno invertito la rotta tornando ad orientarsi sui contratti a termine, esattamente come prima del Jobs Act e della legge di Stabilità per il 2016.

Nel periodo preso in esame le assunzioni fatte dai datori di lavoro privati sono risultate 1.439.000, in aumento del 9,6% rispetto a gennaio-marzo 2016. Ma il maggior contributo è dovuto alle assunzioni di apprendisti (+29,5%) e a quelle a tempo determinato (+16,5%), mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-7,6%). Significativa anche la crescita dei contratti di somministrazione (+14,4%). Le cessazioni nel complesso sono state 1.117.000, in aumento rispetto all’anno precedente (+6,6%). A crescere sono le cessazioni di rapporti a termine (+12,5%), mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono leggermente in diminuzione (-2,1%).

L’osservatorio rileva anche che nei primi tre mesi dell’anno le aziende italiane hanno intimato 143.225 licenziamenti, con un aumento del 2,8% sullo stesso periodo del 2016. Ma se si guarda ai licenziamenti per giusta causa, quelli sui quali è intervenuto il Jobs Act di fatto cancellando il reintegro in azienda in caso di allontanamento illegittimo nelle aziende oltre i 15 dipendenti, l’aumento è stato del 14,4%, da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015, quando i licenziamenti disciplinari furono 12.705, l’aumento è stato del 44,39%. Nelle aziende con oltre 15 dipendenti i licenziamenti per motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) tra gennaio e marzo 2017 sono stati 8.758 a fronte dei 6.545 dello stesso periodo 2016 (+29,3%) e dei 5.027 dei primi tre mesi 2015 (+68,45%).

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, a marzo sono state presentate 111.334 domande di disoccupazione, in crescita del 12% rispetto alle 99.435 domande dello stesso mese dello scorso anno. Sono state presentate 15 domande di Aspi, 4 di mini Aspi e 109.823 domande di Naspi. Nello stesso mese sono state inoltrate 353 domande di disoccupazione e 1.139 domande di mobilità.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/18/lavoro-nel-primo-trimestre-92-di-nuovi-contratti-stabili-rispetto-allo-stesso-periodo-del-2015-quando-cerano-gli-sgravi/3594713/

 

Il toccante appello degli ex consiglieri regionali: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo, mica siamo come quelle merdacce della Gente comune”

 

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Il toccante appello degli ex consiglieri regionali: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo, mica siamo come quelle merdacce della Gente comune”

 

Vitalizi, gli ex consiglieri regionali scrivono alla Camera: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo”

 

Il prossimo 31 maggio comincerà l’esame della proposta di legge che riforma l’accesso agli assegni per gli ex politici. Un ddl che per il Coordinamento nazionale di consiglieri ed ex consiglieri regionali ha “un’unica finalità: sanzionare un’intera classe politica “. Gli ex amministratori locali invitano dunque i deputati a colpire “la Presidenza della Repubblica e la sua Struttura, la Corte Costituzionale e la sua struttura, la Magistratura di ogni ordine e grado, l’Avvocatura dello Stato”. Persino i giornalisti

Una diffida bella e buona, a metà strada tra l’ingiunzione e un volantino propagandistico, è stata inviata dagli ex consiglieri regionali italiani alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati e ai capigruppo della Camera. Una lunga lettera per dire che i vitalizi non si toccano, che i diritti acquisiti sono intangibili, che nessuno si sogni di cambiare con una legge il trattamento economico a favore di chi ha svolto funzioni pubbliche nelle Regioni italiane. Insomma una difesa a tutto tondo, inviata perché il prossimo 31 maggio comincerà l’esame della proposta di legge – il primo firmatario è il deputato del Pd Matteo Richetti – che vuole riformare il regime degli assegni che spettano ai politici dopo la fine del mandato.

La levata di scudi parte dal Veneto, ma coinvolge tutti gli ex amministratori italiani che si riconoscono nel Coordinamento Nazionale della Associazioni di consiglieri ed ex consiglieri regionali e di ex deputati delle Assemblee Regionali. Questo esercito di politici ha come presidente il padovano Aldo Bottin, democristiano che fu a capo della giunta regionale del Veneto nel biennio 1994-95, prima dell’avvento di Giancarlo Galan.

NIMBY, “Not in My Back Yard” (“Non nel mio cortile”). L’acronimo si addice perfettamente a questa protesta perché nella parte cosiddetta “propositiva” a favore dei risparmi di finanza pubblica, c’è scritto che se la bomba atomica anti-vitalizi deve essere sganciata, essa deve interessare anche tutti i politici, i magistrati, i boiardi di Stato, gli amministratori e funzionari pubblici. Leggere per credere: “Certo anche noi vogliamo partecipare al riequilibrio delle finanze nazionali e regionali ‘per dimostrate esigenze inderogabili’, ma come cittadini e in proporzione ai nostri redditi, non perché ‘ex consiglieri regionali‘ e comunque nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e temporaneità”.

Ecco allora che vanno colpiti, nell’ordine citato, “la Presidenza della Repubblica e la sua Struttura, la Corte Costituzionale e la sua struttura, la Magistratura di ogni ordine e grado, l’Avvocatura dello Stato, la macchina del Parlamento, i manager pubblici, i dirigenti pubblici, la Diplomazia, i gradi medio alti della Difesa, le strutture delle aziende pubbliche statali e municipalizzate”. Ma come dimenticare i giornalisti, fautori di campagne anti-vitalizi? Ecco che nel mucchio finisce anche “l’ordine dei Giornalisti, con particolare attenzione a quelli occupati nel servizio pubblico, specie radiotelevisivo, che molto si sono impegnati per sparare sulle istituzioni, non sempre con quella obiettività necessaria per non cadere nel facile moralismo e, inavvertitamente, creare le condizioni di “invidia sociale”. Proprio così viene definita la ribellione contro i privilegi, verso chi ha buonuscite da un milione di euro lordi (si veda il Trentino Alto Adige) o vitalizi da 4-5 mila euro al mese. Bottin chiede una “vera solidarietà sociale” e una vera “giustizia sociale”, non una “aggressione contro persone titolari di diritti legittimi”.

Ma quali sono le motivazioni contrarie all’abolizione dei vitalizi nella lettera inviata al Parlamento? Non vi possono essere norme retroattive. I vitalizi regionali sono già congelati al 2006 e 14 Regioni su 20 hanno abolito i vecchi vitalizi o li hanno “trasformati con il metodo contributivo”. Inoltre: “Il vitalizio fa parte della voce indennità e comprende l’indennità di carica, di funzione, di fine mandato e vitalizio. Con queste proposte di legge tutto viene meno: per gli ex consiglieri il programma di vita cambia senza avere la possibilità, ora, per attrezzarsi a recuperare sul grave pregiudizio da cui verrebbero colpiti”. Bottin legge in queste proposte “un’unica finalità: colpire chi si è impegnato nelle istituzioni, sanzionare un’intera classe politica arbitrariamente individuata negli ex parlamentari e nei consiglieri regionali titolari di assegno vitalizio”. Conclusione: “Questo è giuridicamente, moralmente ed eticamente inammissibile”.

Dal Veneto viene un commento al veleno di Jacopo Berti, capogruppo M5S in consiglio regionale: “La misura è colma, questo è l’ennesimo sputo in faccia alle persone che lavorano e ai cittadini onesti. Non si può perdere un minuto: in Veneto Zaia ci dica se vuole davvero abolire i vitalizi, come a volte dice. E lo stesso faccia il Pd a livello nazionale. Con gli annunci stanno tutti tessendo la tela di Penelope. Ma ogni notte la disfano regolarmente”.

 

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/19/vitalizi-gli-ex-consiglieri-regionali-scrivono-alla-camera-non-toccate-il-privilegio-e-un-diritto-legittimo/3595059/

I Tg sono troppo impegnati a raccontarvi, in tono trionfalistico, della pagliacciata delle magliette gialle per dirVi che l’Ue ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia per 44 discariche irregolari TUTTE IN REGIONI AMMINISTRATE DAL PD, dopo che avevamo già pagato multe per 141 mln per lo stesso motivo…!!

 

magliette gialle

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I Tg sono troppo impegnati a raccontarvi, in tono trionfalistico, della pagliacciata delle magliette gialle per dirVi che l’Ue ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia per 44 discariche irregolari TUTTE IN REGIONI AMMINISTRATE DAL PD, dopo che avevamo già pagato multe per 141 mln per lo stesso motivo…!!

 

Rifiuti, l’Italia finisce davanti alla Corte Ue per le discariche e rischia multe salate

 

La Commissione europea contesta il mancato risanamento di 44 siti in cinque regioni. Ultimatum, sulle acque reflue: due mesi per sanare o sarà nuovo deferimento

Bruxelles – L’Italia viene deferita alla Corte di giustizia dell’Ue per il problema dei rifiuti e la sua gestione. Una notizia attesa e per certi aspetti non nuova, considerato che l’immondizia è ormai un problema strutturale della Penisola. Proprio per l’incapacità di far fronte al problema, la Commissione europea ha optato per la linea dura che vuol dire multe. All’Italia si contesta di “non aver bonificato o chiuso 44 discariche che rappresentano un grave rischio per la salute umana e per l’ambiente”. Alle autorità sono stati concessi quasi dieci anni di tempo, ma senza risultati. Entro il 16 luglio 2009 si dovevano mettere a norma siti di stoccaggio, ma malgrado il tempo concesso e gli avvertimenti di Bruxelles, “l’Italia ha omesso di adottare misure per bonificare o chiudere” le 44 discariche non conformi, dislocate tra Abruzzo (11), Basilicata (23), Campania (2), Puglia (5) e Friuli Venezia Giulia (3).

L’ultimo avvertimento la Commissione Ue l’aveva inviato a giugno 2015, praticamente due anni fa. Nel frattempo poco o niente è cambiato, e allora si ricorre alla Corte, ultima fase della procedura d’infrazione. Se l’organismo di Lussemburgo dovesse riconoscere le ragioni dell’esecutivo comunitario, per il Belpaese saranno multe salate. Attualmente l’Italia sta pagando sanzioni da 120mila euro al giorno per la crisi dei rifiuti in Campania, a cui si aggiungono le multe per la condanna inflitta a dicembre 2014 sempre per le discariche: l’Italia in questo caso paga multe semestrali da 200 mila euro per ogni sito con rifiuti non pericolosi ancora aperto e 400mila euro per ogni sito con rifiuti pericolosi. Ci contestavano oltre 200 discariche non a norma, ne restano da bonificare 102 e per quelle si continuano a pagare le multe.

Chiarimenti su Roma e alla sindaca Raggi

Virignia Raggi, sindaca di Roma, ha sostenuto che l’Unione europea proibisce di aprire nuove discariche. La Commissione europea non entra nel merito della questione, ma nell’assumere la decisione di oggi ricorda che a livello comunitario esistono molti modi di smaltire i rifiuti: di questi l’interramento nel suolo, ossia nella discarica, “è il modo meno sostenibile dal punto di vista ambientale e dovrebbe essere limitato al minimo assoluto”. Non solo. Si ricorda che discariche e inceneritori “non sono la priorità numero uno” di Bruxelles in quando le direttive in materia prevedono altri metodi di gestione dei rifiuti, quali prevenzione e riciclo.

Acque reflue, altre multe in arrivo?

Non solo rifiuti solidi, ma anche liquidi. Nel giorno del deferimento alla Corte di giustizia Ue, la Commissione ha deciso di inviare un altro, ultimo avvertimento all’Italia: o si creano reti di scarico delle acque reflue urbane o sarà un altro deferimento. C’è un intero Paese che viola le direttive sul trattamente delle acque di scarico: ben 758 agglomerati urbani in 18 diverse regioni o province autonome con più di 18 milioni di abitanti (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trento, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto). “L’Italia non è conforme da ormai oltre 10 anni”, accusa la Commissione europea, che dà due mesi di tempo per produrre risultati e dimostrare che si sta ponendo rimedio.

il Governo italiano ha intenzione di nominare un commissario unico per risolvere la questione delle acque reflue: Enrico Rolle, professore di ingegneria ambientale alla Sapienza. Per questo motivo, spiegano fonti diplomatiche, la Commissione europea ha optato per un parere motivato complementare, “riconoscendo l’impegno dell’Italia” – che nel frattempo ha ridotto da 1000 a 758 gli agglomerati urbani interessati dalla procedura – dilazionando in questo modo le scadenze ed evitando le sanzioni del più oneroso secondo richiamo dinnanzi alla Corte. Nello specifico, il commissario unico avrà competenza solo sulle questioni sollevate da altre due procedure di infrazione per acque reflue, una relativa a circa 80 agglomerati urbani di 15mila abitanti equivalenti – e da cui l’Italia si aspetta un deferimento alla Corte – e un’altra relativa su circa 20 agglomerati urbani di 10mila abitanti equivalenti, da cui invece ci si aspetta la chiusura della procedura dalla Commissione.

Inoltre, con il parere motivato complementare di oggi, la Commissione Ue punti, di fatto, il dito contro quelle regioni italiane che non hanno ancora adempiuto a rispettare la direttiva: Calabria, Campania e Sicilia, ma anche le aree metropolitane urbane di Roma e Firenze.

Facendo un rapido calcolo sulle procedure aperte dalle istituzioni di Bruxelles per la questione dei rifiuti di Napoli e per le discariche abusive, emerge che per napoli il Governo italiano da luglio 2015 ha sborsato poco più di 86 milioni di euro (di cui 20 milioni forfettari e 120mila al giorno), mentre per le discariche abusive ha già sborsato una cifra pari a 162,4 milioni di euro dal dicembre 2014 (di cui 40 milioni forfettari e 42,8 milioni ogni sei mesi).

fonte: http://www.eunews.it/2017/05/17/rifiuti-italia-finisce-davanti-alla-corte-ue-per-le-discariche-e-rischia-multe-salate/85627

Incredibile ma vero – Piano Juncker: 280 milioni per gli aeroporti di Atene …che la Grecia è stata costretta a privatizzare perché l’Unione Europea non aveva soldi per aiutarli…!

 

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Incredibile ma vero – Piano Juncker: 280 milioni per gli aeroporti di Atene …che la Grecia è stata costretta a privatizzare perché l’Unione Europea non aveva soldi per aiutarli…!

 

280 milioni dal Piano Juncker per gli aeroporti che Atene è stata costretta a privatizzare

 

La Grecia ha ceduto la gestione delle strutture all’impresa tedesca Fraport nell’agosto del 2015 come richiesto dal Terzo Memorandum

Bruxelles – La Commissione europea ha destinato 280 milioni a 14 aeroporti greci, gli stessi che Atene era stata costretta a privatizzare nell’estate del 2015 in seguito al Terzo Memorandum stipulato con i creditori. La Commissione europea ha spiegato che il Piano Juncker, il programma di investimenti europei che porta il nome dell’attuale presidente della Commissione, supporterà un prestito da parte della Banca europea per gli investimenti (Bei) per finanziare la modernizzazione degli aeroporti regionali in questione.

La Grecia potrà beneficiare di un investimento di quasi 300 milioni di euro per mettere a nuovo i suoi principali aeroporti. Peccato che tali impianti non siano più suoi da diverso tempo. Nell’agosto del 2015 il governo guidato da Alexis Tsipras privatizzò i 14 aeroporti regionali che ora beneficeranno dell’aiuto del Piano Juncker, dandoli in concessione per 40 anni ad una joint venture formata da una compagnia tedesca la Fraport e dai greci del gruppo Copelouzos. La nuova società, denominata Fraport Greece aveva acquistato gli aeroporti versando ad Atene la somma di 1,23 miliardi di euro, la più grande concessione mai registrata nella storia del Paese ellenico.

“Le infrastrutture moderne giocheranno un ruolo cruciale nel supportare il recupero economico della Grecia. Questo richiede che l’investimento sostenuto realizzi il suo pieno potenziale nel creare impieghi e crescita”, ha commentato Pierre Moscovici, commissario europei per gli affari economici. La Commissione però è accorsa in sostegno degli aeroporti greci soltanto dopo che questi erano stati privatizzati – peraltro a beneficio di una compagnia di un altro Stato Ue come la Germania. Il portavoce della Commissione Margaritis Schinas ha confermato che gli investimenti riguarderanno i famosi 14 aeroporti ceduti alla Fraport, aggiungendo che “si tratta di un atto particolarmente importante per la Grecia, un Paese che ospita più di un milione di turisti ogni anno”.

Il prestito della Bei verrà usato per finanziare gli immediati lavori di sviluppo dei 14 aeroporti, tra cui la ristrutturazione e l’ammodernamento dei terminal, il miglioramento della sicurezza e delle piste di atterraggio. Gli aeroporti in questione sono localizzati ad Aktion, Creta, Kavala, Kefalonia, Corfù, Kos, Mitilini, Mykonos, Rodi, Samos, Santorini, Skiathos, Thessaloniki e Zacinto. In totale queste strutture hanno servito circa 25,2 milioni di passeggeri nel 2016.

fonte: http://www.eunews.it/2017/03/28/grecia-280-milioni-piano-juncker-aeroporti-privatizzati/81585

Scandaloso – Sanità, ecco come la Lega Nord riesce a far felice in un colpo solo mafia e CL, il tutto, ovviamente, sulla pelle della Gente!

 

Sanità

 

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Scandaloso – Sanità, ecco come la Lega Nord riesce a far felice in un colpo solo mafia e CL, il tutto, ovviamente, sulla pelle della Gente!

 

Regione Lombardia: sei malato? Non chiamare il medico, ora c’è il gestore

 

Il titolo, purtroppo, non è uno scherzo, ma è quello che sta avvenendo in Regione Lombardia.

Per ora riguarda una sola Regione ma, se dovesse realizzarsi, è probabile che in pochi anni troverà estimatori anche in molte altre parti d’Italia. E’ una vicenda (volutamente) complicata ma proverò a spiegarla nel modo più semplice possibile, convinto che ognuno abbia diritto di essere pienamente informato su quello che riguarda il presente e il futuro della sua salute.

Con due delibere, la n. 6164 del 3 gennaio e la n. 6551 del 4 maggio 2017, la giunta regionale lombarda, senza nemmeno una discussione in Consiglio regionale, sta modificando totalmente l’assistenza sanitaria in Lombardia e cancellando alcuni dei pilastri fondativi della legge di riforma sanitaria la n. 833 del ’78.

La non costituzionalità di tali delibere è stata sollevata attraverso un ricorso al Tar dall’Unione Medici Italiani ed un altro ricorso è in arrivo da Medicina Democratica. Gli Ordini dei medici di Milano e della Lombardia sono insorti: la giunta regionale si è limitata ad inserire qualche modifica di facciata proseguendo a vele spiegate verso una terza delibera attuativa attesa in questi giorni.

La vicenda riguarda, secondo le stime della Regione, circa 3.350.000 cittadini “pazienti cronici e fragili” che sono stati suddivisi in tre livelli a seconda della gravità della loro condizione clinica. Costoro riceveranno in autunno una lettera attraverso la quale la Regione li inviterà a scegliersi un gestore (la delibera usa proprio questo termine) al quale affidare, attraverso un “Patto di Cura”, un atto formale con validità giuridica, la gestione della propria salute. Il gestore potrà essere loro consigliato dal medico di base o scelto autonomamente da uno specifico elenco.

Il gestore, seguendo gli indirizzi dettati dalla Regione, predisporrà il Piano di Assistenza Individuale (Pai) prevedendo le visite, gli esami e gli interventi ritenuti da lui necessari; “il medico di medicina generale (Mmg) può eventualmente integrare il Pai, provvedendo a darne informativa al Gestore, ma non modificarlo essendo il Pai in capo al Gestore”.

La Regione ha individuato 65 malattie, per le quali ha stabilito un corrispettivo economico da attribuire al gestore a secondo della patologia presentata da ogni persona da lui gestita. Se il gestore riuscirà a spendere meno della cifra attribuitagli dalla Regione potrà mantenere per sé una quota dell’avanzo, eventualmente da condividere con il Mmg che ha creato il contatto. Il gestore non deve per forza essere un medico, può essere un ente anche privato e deve avere una precisa conformazione giuridica e societaria e può gestire fino a… 200.000 persone.

E’ facile immaginare che nelle scelte dei gestori conterà maggiormente il possibile guadagno piuttosto che la piena tutela della salute del paziente, il quale potrà cambiare gestore ma solo dopo un anno. Scomparirà ogni personalizzazione del percorso terapeutico e ogni rapporto personale tipico della relazione con il medico curante. Per una società che gestirà 100/200.000 Pai (Piani di Assistenza) ogni cittadino è un numero asettico potenziale produttore di guadagno.

Il Mmg viene quindi privato di qualunque ruolo, sostituito da un manager e da una società; ed è questa una delle ragioni che ha fatto scendere sul piede di guerra i camici bianchi. Se avesse potuto la Lombardia avrebbe cancellato la figura dei Mmg, ma per ora una Regione non può modificare i pilastri di una legge nazionale come la legge 833. Ma all’orizzonte c’è il referendum sull’autonomia regionale voluto dal presidente leghista, un referendum consultivo ma che verrà fortemente enfatizzato. Ci sentiremo dire che l’autonomia da Roma permetterà di rendere pienamente operativa questa “eccellente riforma regionale”. Di bufale sulla sanità ne abbiamo già sentite molte, da Renzi alla Lorenzin e questa non sarà l’ultima.

Una “legge eccezionale”, sosterrà la Regione, perché eviterà che cittadini malati, in maggioranza anziani, debbano impazzire con le ricette, le telefonate interminabili ai centralini regionali per fissare le visite, le code agli sportelli, le liste di attesa ecc. ecc.

La Regione Lombardia non dirà che tutti questi disagi sono stati costruiti ad arte, prima da Roberto Formigoni e poi da Roberto Maroni, per spingere i cittadini verso la sanità privata che li aspetta con gioia per lucrare ulteriormente sulla loro pelle. Se il Tar non cancellerà queste delibere e se le organizzazione della società civile non si ribelleranno è forte il rischio che molti nostri concittadini accetteranno quasi con riconoscenza il piano della Regione; salvo poi accorgersi che ad essere trascurata sarà proprio la loro salute. Ma allora sarà troppo tardi.

Scritto in collaborazione con Albarosa Rai

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/15/regione-lombardia-sei-malato-non-chiamare-il-medico-ora-ce-il-gestore/3586471/

Emendamento del Pd alla manovra: raddoppiare fondi alle Province! …scusate, ma Renzi non le aveva abolite? …Purtroppo gli Italiani si dividono in 2 categorie: chi si informa (sempre meno) e si sente preso per il culo e chi guarda Grande Fratello e la D’Urso e poi, per dimostrare quanto è coglione, va in giro con la maglietta gialla!

Province

 

 

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Emendamento del Pd alla manovra: raddoppiare fondi alle Province! …scusate, ma Renzi non le aveva abolite? …Purtroppo gli Italiani si dividono in 2 categorie: chi si informa (sempre meno) e si sente preso per il culo e chi guarda Grande Fratello e la D’Urso e poi, per dimostrare quanto è coglione, va in giro con la maglietta gialla!

 

 

Ansa:

Deputati Pd, raddoppiare fondi Province

Da 110 a 220 mln in 2017, da 80 a 480 mln a partire da 2018

 

Raddoppiare gli stanziamenti a favore delle Province previsti per quest’anno dalla manovra correttiva, moltiplicandoli poi ulteriormente a partire dal 2018. E’ quanto chiedono 33 deputati Pd in un emendamento alla manovra-bis che compare tra i segnalati alla Commissione Bilancio della Camera.
La proposta di modifica propone di portare il contributo previsto per il finanziamento delle funzioni fondamentali delle province da 110 milioni a 220 milioni nel 2017 e da 80 milioni a 480 milioni “a decorrere dal 2018”.

fonte: http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2017/05/17/deputati-pd-raddoppiare-fondi-province_98e605e8-362a-4c90-8af4-39108183ffa0.html

…Ma quelli sono così contenti di mettersi le magliette gialle. Non gli dite niente. Soprattutto non gli dite che sono i primi che il nostro buon Matteo sta prendendo per il culo…

Per 3 giorni i Tg hanno mostrato come le magliette gialle di Renzi raccattavano 3 o 4 cartacce dalle vie di Roma. Intanto l’Ue deferiva l’Italia alla Corte di Giustizia per 44 DISCARICHE IRREGOLARI. Ennesima prova di inefficienza del ministro Galletti e del Governo, MA I TG MUTI…!!

 

magliette gialle

 

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Per 3 giorni i Tg hanno mostrato come le magliette gialle di Renzi raccattavano 3 o 4 cartacce dalle vie di Roma. Intanto l’Ue deferiva l’Italia alla Corte di Giustizia per 44 DISCARICHE IRREGOLARI. Ennesima prova di inefficienza del ministro Galletti e del Governo, MA I TG MUTI…!!

 

Discariche fuori legge, Italia deferita a Corte UE. L’ennesimo fallimento del Governo

La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per la mancata bonifica o chiusura di 44 discariche che costituiscono un grave rischio per la salute umana e l’ambiente. Questo Governo sta collezionando figuracce internazionali una dietro l’altra. Il MoVimento 5 Stelle sapeva da tempo che l’Italia era in infrazione per via delle molte discariche abusive sparse sul territorio. Nonostante innumerevoli avvertimenti, il nostro è stato pescato in infrazione su 198 discariche, è dal 2014 che paghiamo 42,8 milioni di Euro all’anno.

Nel frattempo il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti non ha fatto nulla, anzi. Qualche discarica è stata chiusa, altre sono venute alla luce. Mentre il Bel Paese deve ancora bonificare almeno 133 discariche.

Piernicola Pedicini, portavoce M5S al Parlamento europeo: “Tutto questo è gravissimo e mette in luce l’inefficienza dei governi del PD e del ministro Galletti e il successivo danno economico che l’Italia subisce per l’incapacità delle nostre istituzioni. Purtroppo, anche in questo caso a pagare saranno i cittadini e non i responsabili degli abusi commessi. Oltre a ciò dobbiamo evidenziare le gravi bugie e i dati falsi forniti il 2 dicembre 2014 dal Ministro all’Ambiente. In quell’occasione, giorno in cui la Corte europea emise la prima sentenza di condanna contro l’Italia, il ministro diffuse un pomposo comunicato stampa ufficiale in cui disse che si stava risolvendo l’emergenza. Com’è chiaro, era una palese menzogna, tenuto conto dell’intervento annunciato oggi dalla Commissione europea. Il ministro Galletti, invece di fare falsi annunci, acceleri al massimo le procedure per mettere a norma le discariche abusive e faccia tutto quello che gli compete per evitare altre sanzioni da parte della UE. Bene ha fatto il gruppo del M5S alla Camera dei deputati a denunciare come responsabili del danno erariale i presidenti del Consiglio ed i ministri dell’Ambiente facenti funzione all’epoca dei fatti ed i sindaci e presidenti delle regioni pro tempore che hanno amministrato i territori dove sono ubicate le discariche oggetto della sentenza europea e che dal 2007 al 2014 nulla hanno fatto per evitarla“.

fonte: http://www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo/2017/05/discariche-fuori-leg.html

 

LA UE DEFERISCE L’ITALIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA PER ALTRE 44 DISCARICHE IRREGOLARI.
ECCO L’ELENCO: 23 DISCARICHE IN #BASILICATA; 11 IN #ABRUZZO; 5 IN #PUGLIA; 2 IN #CAMPANIA.
ENNESIMA PROVA DI INEFFICIENZA DEL MINISTRO GALLETTI E DEI GOVERNI #PD.

La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per la mancata bonifica o chiusura di altre 44 discariche che costituiscono un grave rischio per la salute umana e l’ambiente.
Le discariche non a norma si trovano 23 in Basilicata, 11 in Abruzzo, 5 in Puglia, 2 in Campania e 3 in Friuli Venezia-Giulia.
Secondo le informazioni ufficiali fornite dalla Commissione europea, i comuni e le località dove sono state individuate le discariche irregolari sono le seguenti.
Basilicata: Atella (Loc. Cafaro); Avigliano (Loc. Serre Le Brecce); Corleto Perticara (Loc. Tempa Masone); Ferrandina (Loc. Venita); Genzano di Lucania (Loc. Matinella); Latronico (Loc. Torre); Lauria (Loc. Carpineto); Maratea (Loc. Montescuro); Marsico Nuovo (Loc. Galaino); Matera (Loc. La Martella); Moliterno (Loc. Tempa La Guarella); Pescopagano (Loc. Domacchia); Potenza (Loc. Montegrosso-Pallareta); Rapolla (Loc. Albero in Piano); Rionero in Vulture (Loc. Ventaruolo); Roccanova (Loc. Serre); Salandra (Loc. Piano del Governo); San Mauro Forte (Loc. Priati); Sant’Angelo Le Fratte (Loc. Farisi); Senise (Loc. Palomabara); Tito (Loc. Aia dei Monaci); Tito (Loc. Valle del Forno).
Abruzzo: Campotosto (Loc. Reperduso); Capestrano (Loc. Tirassegno); Capistrello (Loc. Trasolero); Castellalto (Loc. Colle Coccu); Castelvecchio Calvisio (Loc. Termine); Corfinio (Loc. Cannucce); Corfinio (Loc. Case querceto); Francavilla (Valle Anzuca); L’Aquila (Loc. Ponte delle Grotte); Mosciano S. Angelo (Loc. Santa Assunta); S. Omero (Loc. Ficcadenti).
Puglia: Andria (D’Oria G.& C. s.n.c); Canosa (CO.BE.MA); Bisceglie (CO.GE.SER); Andria (F.lli Acquaviva); Trani (BAT-Igea s.r.l.).
Campania: Montecorvino Pugliano (Loc. Parapoti); San Bartolomeo in Galdo (Loc. Serra Pastore).
Friuli Venezia Giulia: Trivigano (ex Cava Zof); Torviscosa (Loc. La Valletta); Torviscosa (Società Caffaro).
Questo nuovo procedimento si aggiunge a due condanne già inflitte all’Italia dalla Corte di Giustizia nel 2007 per circa 300 discariche irregolari e nel dicembre 2014 per 198 discariche.
La Corte di Giustizia ha quindi già condannato il nostro Paese al pagamento di una multa complessiva di 42 milioni di euro all’anno. In più, secondo la sentenza di condanna, si sarebbe dovuto versare una penalità semestrale per i ritardi nelle mancate bonifiche, a partire da un importo iniziale di 42 milioni e 800mila euro.
Delle 198 discariche del dicembre 2014 a giugno 2016 ne restavano da sanare 155, ora sono circa 100. Di questo passo ci vorranno ancora anni per mettersi in regola. Va considerato, inoltre, che ogni giorno se ne scoprono altre.
Rispetto alle sanzioni già pagate dall’Italia, va detto che il sottosegretario per le Politiche e gli Affari europei, Sandro Gozi, alcune settimane fa, ha dichiarato che, al 21 marzo 2017, il nostro Paese ha versato alla Ue ben 329 milioni di euro. Di questi, ben 141 milioni di euro per la sentenza “discariche abusive” e circa 270 milioni per sanzioni relative ad altri danni ambientali.
Tutto questo è gravissimo e mette in luce l’inefficienza dei governi del PD e del ministro Galletti e il successivo danno economico che l’Italia subisce per l’incapacità delle nostre istituzioni. Purtroppo, anche in questo caso a pagare saranno i cittadini e non i responsabili degli abusi commessi. Oltre a ciò, dobbiamo evidenziare le gravi bugie e i dati falsi forniti il 2 dicembre 2014 dal Ministro all’Ambiente. In quell’occasione, giorno in cui la Corte europea emise la prima sentenza di condanna contro l’Italia, il ministro diffuse un pomposo comunicato stampa ufficiale in cui disse che si stava risolvendo l’emergenza. Com’è chiaro, era una palese menzogna, tenuto conto dell’intervento annunciato oggi dalla Commissione europea. Il ministro Galletti, invece di fare falsi annunci, acceleri al massimo le procedure per mettere a norma le discariche abusive e faccia tutto quello che gli compete per evitare altre sanzioni da parte della Ue.

dal Facebook Piernicola Pedicini – Portavoce M5S al Parlamento Europeo

Procedura d’infrazione contro l’Italia per le emissioni truccate della 500X. Ricapitoliamo: FCA ha sede in Olanda, paga le tasse in Inghilterra, ma a prenderlo a quel posto siamo sempre noi!

 

Procedura d’infrazione

 

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Procedura d’infrazione contro l’Italia per le emissioni truccate della 500X. Ricapitoliamo: FCA ha sede in Olanda, paga le tasse in Inghilterra, ma a prenderlo a quel posto siamo sempre noi!

Titola Repubblica:

Fca, la Ue apre una procedura sull’Italia per le emissioni della 500x. Giù il titolo in Borsa

A vuoto la richiesta di Delrio, che si era detto “deluso” per la mossa di Bruxelles, nonostante tutti i dati comunicati dalle Autorità italiane e i miglioramenti prodotti autonomamente da Fiat. Intanto il numero uno di Vw finisce sotto inchiesta per il Dieselgate…

Insomma noi pagheremo per l’infrazione commessa dalla ex Fiat, quella che ha sede in Olanda e paga le tasse in Inghilterra!

Ma, come di consueto, a prenderlo a quel posto siamo sempre noi!