Dal Consiglio di Stato ancora un calcio nel sedere a Salvini: non c’era alcun motivo di chiudere i progetti di accoglienza di Riace – Un’altra sconfitta politica per Salvini, un altro riconoscimento per Mimmo Lucano.

 

Mimmo Lucano

 

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Dal Consiglio di Stato ancora un calcio nel sedere a Salvini: non c’era alcun motivo di chiudere i progetti di accoglienza di Riace – Un’altra sconfitta politica per Salvini, un altro riconoscimento per Mimmo Lucano.

Modello Riace, Salvini di nuovo sconfitto: il Consiglio di Stato dà ragione a Mimmo Lucano

Per il Consiglio di Stato non c’era alcun motivo di chiudere i progetti di accoglienza di Riace. Fratoianni: “Ora si riconoscano a Mimmo Lucano i torti subiti”

Il Consiglio di Stato ha stabilito che non c’era alcuna ragione per cui Salvini, all’epoca Ministro dell’Interno, dovesse chiudere i progetti di accoglienza a Riace. Nicola Fratoianni, portavoce di Sinistra Italiana, scrive: “Un’altra sconfitta politica per Salvini, un altro riconoscimento per Mimmo Lucano. Il Consiglio di Stato, dopo il Tar di Reggio Calabria, ha stabilito che il Ministero dell’Interno non aveva alcuna ragione per chiudere i progetti di accoglienza di Riace. Lo scrive a chiare lettere: ‘he il “modello Riace” fosse assolutamente encomiabile negli intenti ed anche negli esiti del processo di integrazione è circostanza che traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti’. È evidente, quindi, che in quell’occasione il ministero dell’Interno ha agito su basi esclusivamente politiche, con l’obiettivo di demolire un’esperienza virtuosa e screditare il principale attore”.

“Riace è rimasta vuota, si deve però sapere che l’esperienza e la solidarietà proseguono comunque, in forma autorganizzata e sulle spalle di pochi. E questo non è giusto. Adesso è tempo che la politica faccia la sua parte – conclude Fratoianni – riconoscendo a Mimmo, alle associazioni e ai volontari, e anche alla comunità di Riace, i torti subiti e i meriti dovuti. Non è mai troppo tardi.”

tratto da: https://www.globalist.it/news/2020/06/08/modello-riace-salvini-di-nuovo-sconfitto-il-consiglio-di-stato-da-ragione-a-mimmo-lucano-2059729.html

L’assessore leghista Alessandro Coco: “Gli antifascisti sono delle m…., bisogna sparare ad altezza d’uomo contro chi protesta per l’uccisione di George Floyd”. Senza commenti!

 

 

Alessandro Coco

 

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L’assessore leghista Alessandro Coco: “Gli antifascisti sono delle m…., bisogna sparare ad altezza d’uomo contro chi protesta per l’uccisione di George Floyd”. Senza commenti!

Bufera sul leader leghista nel Catanese: “Gli antifascisti? Bisogna sparare”

L’affondo su Facebook del commissario del Carroccio ad Acireale. Pd all’attacco: “Si dimetta”

“Gli antifa sono mer…, negli Usa come Italia. Spero che Trump abbia il coraggio di trattarli come meritano, facendo sparare”. Ad Acireale, un grosso centro in provincia di Catania, è bufera sul consigliere comunale e commissario cittadino della Lega Alessandro Coco: in un commento pubblicato su Facebook, l’esponente del Carroccio ha scritto duri insulti contro gli antifascisti, augurandosi una repressione nel sangue delle proteste contro l’uccisione di George Floyd.

Il caso è stato sollevato dalla sezione locale del Partito democratico: “Commentando le proteste che in questi giorni stanno investendo gli Stati Uniti a seguito dell’omicidio di George Perry Floyd, brutalmente assassinato da un agente di polizia – scrivono il segretario Francesco Licciardello e alcuni esponenti della sua segreteria – si lascia andare al suo peggiore repertorio, mostrando la vera natura illiberale del suo pensiero quando auspica che le proteste dei movimenti americani vengano soffocate nel sangue. Sentire un qualsiasi cittadino esprimersi con questo gergo sarebbe inaccettabile, pensare che a tenere toni ed atteggiamenti simili sia un esponente delle istituzioni risulta insopportabile”. Il Partito democratico chiede dunque all’esponente leghista – eletto due anni fa con una lista civica dopo un passato nel Fronte della Gioventù e nel frattempo transitato sotto le insegne lumbard – di “ritirare quanto scritto, scusarsi con la città e magari, in un sussulto di dignità, rassegnare le dimissioni preservando il prestigio dell’istituzione e della città che rappresenta”. Poi Coco ha pubblicato, ancora su Facebook, una precisazione: “Chiedo scusa a tutti per le mie parole, assolutamente eccessive e inopportune – ha scritto – ero particolarmente scosso dalle notizie che arrivano dai miei amici e parenti negli Usa”. Con una postilla che peggiora la situazione: “Mia cugina – si spinge ad affermare il leader leghista – è terrorizzata in casa a Houston, non può uscire per paura di essere stuprata”.

fonte: https://palermo.repubblica.it/politica/2020/06/06/news/bufera_sul_leader_leghista_nel_catanese_gli_antifascisti_bisogna_sparare_-258576779/?fbclid=IwAR2KhZt-nUFfK4HLe5MHV1GZeoq_IG1-9OeXCpLK_MnYKxvdnrSBJXvDo_A

Partono le denunce dei familiari delle vittime di Bergamo: “Il sistema della sanità lombarda è completamente saltato. Siamo stati lasciati soli, ci hanno abbandonato a casa con polmoniti. Ci hanno riempito di bugie. Vogliamo giustizia ma prima ancora vogliamo verità”

 

vittime

 

 

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Partono le denunce dei familiari delle vittime di Bergamo: “Il sistema della sanità lombarda è completamente saltato. Siamo stati lasciati soli, ci hanno abbandonato a casa con polmoniti. Ci hanno riempito di bugie. Vogliamo giustizia ma prima ancora vogliamo verità”

Familiari delle vittime di Bergamo annunciano le prime denunce: “Solo bugie”

Arrivano le prime denunce dei familiari delle vittime del coronavirus a Bergamo. Ad annunciarlo il presidente del Comitato “Noi denunceremo” spiegando che mercoledì saranno consegnate alla procura le prime cinquanta denunce. “Siamo stanchi di non avere risposte, vogliamo giustizia ma prima ancora vogliamo verità”, ha dichiarato Luca Fusco su Rai3, aggiungendo: “Il sistema della sanità lombardo è completamente saltato e noi siamo stati lasciati soli, il sistema non era pronto ad affrontare l’emergenza, ci siamo trovati con una montagna di persone lasciate a casa con polmoniti perché il sistema sanitario non aveva la possibilità di ricoverarle”. “Ci hanno riempito di bugie e non ci fermeremo finché non avremo accertato perché è successo tutto questo” ha concluso

fonte: https://www.fanpage.it/live/coronavirus-ultime-notizie-7-giugno/23/

Grande lezione del consigliere leghista al Governo che non ha fatto altro che cazzeggiare pensando a chi stava in difficoltà: “Tutti pensano ai poveri, ma ai ricchi chi ci pensa?” – Carlo Pavan mette in luce il dramma di chi rischia di non poter più mettere a tavola caviale e champagne tutti i giorni!

 

Carlo Pavan

 

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Grande lezione del consigliere leghista al Governo che non ha fatto altro che cazzeggiare pensando a chi stava in difficoltà: “Tutti pensano ai poveri, ma ai ricchi chi ci pensa?” – Carlo Pavan mette in luce il dramma di chi rischia di non poter più mettere a tavola caviale e champagne tutti i giorni!

Attenzione, abbiamo il video politico dell’anno. In questo 2020 funestato dal coronavirus, ci è toccato ascoltare anche l’intervento del consigliere lega Udine Carlo Pavan, nella seduta consiliare che si è svolta nella città friulana lo scorso 18 maggio. Il video del suo intervento è stato diffuso solo in questi giorni ed è subito diventato virale.

Il consigliere è intervenuto per sottolineare alcuni punti relativi al modo di affrontare l’emergenza coronavirus dei suoi concittadini. La prima cosa che salta all’occhio è che i suoi guanti sono di due colori diversi, ma il punto non è questo.

Consigliere Lega Udine, Carlo Pavan e i fondi che vengono distribuiti solo ai poveri

Carlo Pavan, infatti, si lascia andare a un intervento surreale, in cui si lamenta della distribuzione dei fondi che dovrebbero dare sollievo nell’emergenza. «Quando si parla di supporto non c’è equità sociale e ve lo dimostro. Parlano tutti di dare fondi ai poveri – dice serissimo Pavan – e ai ricchi che pagano l’Imu chi ci pensa? Ci sono anche i ricchi a Udine, non soltanto i poveri. Ma mi sembra che i democratici nei loro interventi non prendano in considerazione questa mancanza di equità».

Consigliere Lega Udine e i poveri in fila a comprare l’iPhone con la tuta

Ma il consigliere della Lega non ha ancora dato il meglio di sé. Il suo deve essere stato vero e proprio risentimento nei confronti dei poveri, o dei presunti tali: «L’altro giorno mi hanno detto che da Mediaworld c’erano 200 persone in fila per l’iPhone nuovo a 600 euro. Mi chiedo: ma questi sono davvero poveri o finti poveri?». Vi state chiedendo come il consigliere leghista abbia stabilito con certezza che si trattasse di persone povere? Ha un metodo infallibile: «Erano tutti con la tuta. Io non ho niente contro quelli che stanno in tuta, ma non erano certo in giacca e cravatta».

Consigliere Lega Udine e il 2020 che è un anno bisestile

Insomma, questi fondi di supporto ai poveri proprio non gli scendono giù. Tant’è che alla fine si lascia andare a una previsione che, oltre ai cori di dissenso, ha anche scatenato qualche gesto di scongiuri. «Il 2020 è un anno bisestile. C’è stata l’acqua alta a Venezia, doveva arrivare il meteorite e poi c’è stato il coronavirus. Se dovesse arrivare qualche altra catastrofe e finiamo tutti i soldi, poi dove li prendiamo?».

«Se c’è una cosa che questa pandemia ci ha insegnato, è che il virus non fa distinzioni. Ricco, povero, bianco, giallo, nord, sud. Invece questo intervento del consigliere della Lega ci fa capire che neppure una pandemia è servita a renderci più umani, a scrollarci di dosso stereotipi da quattro soldi» – le parole, amare, sono della consigliera di minoranza Cinzia Pavan che ha reso virale il video del consigliere comunale della Lega di Udine sui social network.

Sipario.

Nota: se questa gente sta dove sta è perché qualche idiota, magari povero, la vota…!

 

 

Aggiornamento sull’eccellenza sanitaria lombarda – Mentre la gente moriva, rubavano materiale per intubare i pazienti dai reparti intensivi per venderli sul mercato, e si inventavano acquisti ingigantiti per approfittare dell’emergenza Coronavirus…

 

Coronavirus

 

 

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Aggiornamento sull’eccellenza sanitaria lombarda – Mentre la gente moriva, rubavano materiale per intubare i pazienti dai reparti intensivi per venderli sul mercato, e si inventavano acquisti ingigantiti per approfittare dell’emergenza Coronavirus…

Da Ansa:

Materiale ospedaliero finiva sul mercato, 2 arresti – Farmacista dell’ospedale di Saronno e imprenditore brianzolo.

Materiale per intubare i pazienti sottratto deliberatamente ai reparti intensivi per essere rivenduto sul mercato, e ordini di acquisto ingigantiti approfittando dell’emergeza Coronavirus. E’ questo quanto scoperto dai Carabinieri di Varese e dalla Gdf di Saronno (Varese) che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Busto Arsizio (Varese) nei confronti di una farmacista 59enne, dirigente presso l’ospedale di Saronno, e un 49enne di Barlassina (Monza Brianza), amministratore di una società specializzata in dispositivi medici.

Per entrambi gli arrestati il reato contestato è peculato in concorso. L’uomo dovrà rispondere anche di autoriciclaggio. Il materiale indebitamente sottratto, o con acquisti non necessari o portando via quello presente in ospedale, secondo le indagini, veniva poi consegnato in scatoloni anonimi all’imprenditore di prodotti medicali, che li rivendeva “con regolare fattura” ad altri clienti tra cui anche ignari ospedali.

L’indagine congiunta scaturisce da una segnalazione di un dirigente sanitario “responsabile delle farmacie ospedaliere dell’Asst Valle Olona – precisano gli investigatori – L’Azienda sanitaria, lo scorso mese di novembre, aveva rilevato una serie di ordinativi anomali partiti dalla farmacia ospedaliera di Saronno a firma della dirigente indagata

Il medico, dirigente dell’ospedale, arrestato, Sara Veneziano, di 59 anni, nelle telefonate intercorse con il presunto complice, l’imprenditore Andrea Arnaboldi, di 49, con cui secondo le indagini ha una relazione, chiede insistentemente di far pagare le pile per laringoscopi sottratte “250 euro l’una” vista la carenza. “Sì, sì dai – dice – una bella mangiata un bel regalo, ci compriamo la borsa di Prada”. Tanto che il gip di Busto Arsizio (Varese) che ha coordinato l’inchiesta non esita a definire i due “avidi e dotati di sconcertante cinismo”.

fonte: https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2020/06/05/materiale-ospedaliero-finiva-sul-mercato-2-arresti_671eed38-cd68-4433-baf6-5e4f8941c4ec.html?fbclid=IwAR2Z6h3pJAztJiU6QKL_G7uQ-fGu41jbtQ2YaUl9rbiASuMMwA2brDzy3TE

“Non riesco a respirare”, piangono i manifestanti statunitensi. Ma il mondo intero è stufo del ginocchio americano al collo

 

Non riesco a respirare

 

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“Non riesco a respirare”, piangono i manifestanti statunitensi. Ma il mondo intero è stufo del ginocchio americano al collo

L’omicidio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis ha costretto il popolo americano a guardare a lungo e duramente il loro paese e ciò che rappresenta. Anche il resto del mondo sta guardando. Non è una bella immagine.

L’immagine dell’ex ufficiale di polizia di Minneapolis, Derek Chauvin, inginocchiato sul collo di George Floyd, che ha spinto a chiedere aiuto (” Non riesco a respirare “) prima di morire, ha catturato l’attenzione di tutto il mondo.

Da più di una settimana, americani di ogni credo, razza e condizione socio-economica si sono uniti per affrontare la brutta realtà della brutalità sistemica della polizia. Molti hanno etichettato gli atti di dimostrazione, disobbedienza civile e rivolte distruttive risultanti come un’insurrezione degna di repressione. In effetti, la maggior parte dei leader civici ha ceduto alle pressioni esercitate da un radicato sentimento americano che personifica la cultura della brutalità della polizia e il suo razzismo endemico antecedente, scatenando le loro rispettive forze di polizia su una popolazione dissenziente.

Il risultato finale è stato un flusso apparentemente infinito di atti di violenza criminale inflitti alla gente da agenti di polizia indifferenti alla realtà che le loro azioni confermano ulteriormente il caso contro la loro continua esistenza e ignorano il fatto che ciò che sta accadendo oggi in America non è un’insurrezione condotta dai sedizionisti, ma una rivoluzione attuata dai patrioti. “Non riesco a respirare ” è diventato un grido di battaglia per questi patrioti che, attraverso le loro azioni, cercano di rimuovere il ginocchio della brutalità sistemica della polizia dal collo di una cittadinanza americana stufa che la loro Costituzione sia poco più che una decorazione murale per politici e polizia allo stesso modo.

Mentre è ancora incompleta, la rivoluzione sta vedendo risultati: la polizia ha cessato il proprio impiego, arrestata e perseguita, mentre la società ripensa collettivamente la sua relazione con i poteri di polizia mentre sono attualmente stabiliti. In quello che potrebbe diventare un modello per altri comuni americani, la città di Minneapolis – dove George Floyd è stato assassinato – sta attivamente prendendo in considerazione la possibilità di sciogliere il suo dipartimento di polizia e di sostituirlo con una nuova organizzazione di pubblica sicurezza che riflette i bisogni e le esigenze della cittadinanza.

Il crescente rifiuto americano di una polizia eccessiva e sempre più brutale ha costretto i collegi elettorali che in precedenza avevano posto la sua polizia su un piedistallo culturale riservato agli eroi, mentre chiudevano un occhio sulla sempre più militarizzazione delle forze dell’ordine americane per riesaminare questa relazione.

Quando il senatore Tom Cotton, un repubblicano dell’Arkansas, scrisse un articolo sul New York Times chiedendo l’uso di truppe federali per reprimere i disordini civili dilaganti che si scatenarono in tutti gli Stati Uniti in seguito all’omicidio di George Floyd, le persone sono state costrette non solo a considerare le conseguenze di tale azione, ma anche il fatto che i loro dipartimenti di polizia il più delle volte hanno agito come un potere occupante rispetto all’agenzia di servizio pubblico.

Patrick Skinner, un ex agente della CIA diventato poliziotto locale che è emerso come una rara voce della ragione quando si tratta di polizia americana, ha risposto alla chiamata alle armi di Cotton. “Sono un poliziotto locale “, ha twittato Skinner . “ Non un soldato. Questo senatore era un soldato. Non un poliziotto locale. Non ho paura dei miei vicini. Questo senatore è spaventato a morte dai suoi vicini. Rifiuta le sue richieste di guerra .”

Skinner, in un altro tweet, ha ulteriormente approfondito l’incongruenza di una nazione in guerra con se stessa. ” Quando vedo presunti leader apprezzare l’idea delle nostre forze armate che combattono i nostri vicini “, Skinner, un veterano della guerra globale al terrorismo, ha twittato , ” sbavando per” dominare “lo” spazio di battaglia “, mi rende ancora più dedito a questo: come poliziotto non sono un guerriero perché non sono in guerra con i miei vicini. Tutti contiamo o nessuno di noi lo fa . ”

Dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sono stati una forza di polizia globale auto-nominata, combattendo contro le minacce derivate da un punto di vista unilateralista intriso del concetto di eccezionalismo americano.

Le Nazioni Unite furono create alla fine di quel conflitto, fondato nel precetto che la guerra non era la risposta e che il collettivo di nazioni che chiamavano la Terra la loro casa – i vicini, per una migliore scelta delle parole – avrebbero cercato soluzioni diverse da quelle armate conflitto come mezzo per risolvere le controversie. La mentalità del ” vicino “, tuttavia, non si adattava bene alla leadership americana del dopoguerra. Attraverso una serie infinita di guerre, fredde e calde, gli Stati Uniti definirono il loro rapporto con il resto del mondo dal punto di vista di un guerriero, in cui ogni nazione era un potenziale nemico da affrontare con la brutalità del conflitto armato.

L’elenco delle vittime di questo approccio da ” poliziotto mondiale “, sia diretto che indiretto, è lungo e i costi umani inflitti sono orribili. Per troppo tempo, il popolo americano è stato indifferente alla sofferenza di coloro che si sono scontrati con il poliziotto del mondo. Il resto del mondo, tuttavia, conosce la verità.

Questo è il motivo per cui la morte di George Floyd ha risuonato così profondamente in tutto il mondo – specialmente tra quelle nazioni che l’America considera alleate – con massicce manifestazioni che si diffondono in Francia, Germania, Inghilterra, Nuova Zelanda e altrove. ” Non riesco a respirare ” è diventato un grido di battaglia che trascende le disuguaglianze razziali d’America con la sua comunità afroamericana e ora incorpora un quartiere globale stufo del ginocchio americano sul collo collettivo.

La ” dimora splendente su una collina ” di cui una volta aveva parlato il presidente Reagan nel definire le relazioni dell’America con il mondo non esiste più. L’omicidio di George Floyd ha messo in luce i difetti fondamentali della relazione americana con i suoi vicini globali, che sono collettivamente sfiniti dalla brutalità del poliziotto americano. Gli Stati Uniti, all’indomani dell’omicidio di Floyd, non hanno credibilità. Questa realtà è stata portata a casa in un commento fatto da Hua Chunying, un portavoce del ministero degli Esteri cinese, quando ha risposto alle critiche del Dipartimento di Stato USA sulle politiche cinesi di Hong Kong: “ Non riesco a respirare. ”

Mentre il popolo americano riconsidera il suo approccio alla sorveglianza dei propri quartieri, dovrebbe anche riesaminare le proprie relazioni con il resto del mondo. È tempo che l’America riconsideri il suo approccio militarizzato alle relazioni internazionali. È tempo che l’America diventi un buon vicino.

*Ex ufficiale dell’intelligence del Corpo dei Marines degli Stati Uniti. Ha prestato servizio in Unione Sovietica come ispettore per l’attuazione del Trattato INF, nello staff del generale Schwarzkopf durante la guerra del Golfo, e dal 1991-1998 come ispettore  delle Nazioni Unite.

 

fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-_non_Riesco_A_Respirare__Piangono_I_Manifestanti_Statunitensi_Ma_Il_Mondo_Intero_%C3%A8_Stufo_Del_Ginocchio_Americano_Al_Collo/82_35435/

La risposta di Vujadln Boskov a Meloni e Salvini – “se raccattapalle chiede di andare a tirare rigore in finale di champions, nessuno comunica ufficialmente che lui detto fesseria, lui dovrebbe capire da solo” …Chissà se così capiscono!

 

Vujadln Boskov

 

 

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La risposta di Vujadln Boskov a Meloni e Salvini – “se raccattapalle chiede di andare a tirare rigore in finale di champions, nessuno comunica ufficialmente che lui detto fesseria, lui dovrebbe capire da solo” …Chissà se così capiscono!

 

La risposta dell’account satirico “Vujadln Boskov” a Meloni e Salvini è esemplare.

La deposizione di onori all’altare della Patria spetta alle alte cariche dello Stato.

Una deputata che è stata Ministra e vice Presidente della Camera e uno che è stato vicepremier lo dovrebbero sapere.

E forse lo sanno. Ma continuano il loro sporco, schifoso gioco di aizzare i fessi che li seguono…

Un omaggio che qualcuno, evidentemente, ha letto come provocazione. Del resto, perché i tre esponenti dei partiti di minoranza avrebbero dovuto deporre una corona milite ignoto all’Altare della Patria due ore dopo rispetto al tradizionale gesto compiuto dalla più alta carica dello Stato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella? Eppure, era questa la richiesta di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, che avevano inoltrato la loro richiesta al ministero della Difesa e, per conoscenza, al comando militare di Roma, in data 28 maggio. In concomitanza con la manifestazione del centrodestra a Roma il 2 giugno, i leader della minoranza avrebbero voluto imitare il gesto che, nella sua sacralità, spetta soltanto al presidente della Repubblica.

Corona milite ignoto, la richiesta di Meloni e Salvini

Insomma, un po’ come se alcuni chierichetti volessero celebrare messa al posto del sacerdote, un paio d’ore dopo la benedizione finale. E non poteva andare diversamente da come è andata: il ministero della Difesa ha girato la richiesta a Palazzo Chigi che l’ha respinta per motivi di carattere tecnico-istituzionale e non certo politico. Perché accettare questa richiesta sarebbe stato contrario allo spirito unitario che caratterizza la ricorrenza del 2 giugno.

Corona milite ignoto, la versione di Meloni e Salvini sul no di Palazzo Chigi

Salvini e Meloni non hanno risparmiato le polemiche. La leader di Fratelli d’Italia contesta il metodo, sostenendo che Palazzo Chigi abbia avvisato prima i giornalisti in merito alla sua intenzione di non concedere l’autorizzazione e poi coloro che avevano somministrato la richiesta. Mette in evidenza l’orario della risposta (le ore 20.05 della giornata del 30 maggio) e risponde polemica: «Se in quel giorno non era possibile, o non era istituzionalmente rispettoso, bastava dirlo – ha scritto la leader di Fratelli d’Italia -. Invece si è pensato che anche questo nostro gesto fosse un’occasione per fare propaganda contro di noi. Perciò lo staff del premier ha passato il pomeriggio a chiamare tutti i giornali per raccontare una versione che serviva a screditarci, senza che nessuno avesse mai parlato della questione con noi».

Molto meno articolato, invece, è il messaggio di Matteo Salvini che punta genericamente sul concetto di ‘divieto di deporre una corona di fiori’, senza scendere nel dettaglio delle motivazioni e senza spiegare che questa richiesta, proprio nella giornata del 2 giugno, non ha alcun precedente nella storia repubblicana. «Ci vietano di deporre una semplice corona all’Altare della Patria – ha spiegato – ma non potranno vietarci di raccogliere beni alimentari per famiglie in difficoltà». La grammatica istituzionale andrà senz’altro rivista.

…E per la Festa della Repubblica in piazza ci vanno i nemici della Repubblica

 

Festa della Repubblica

 

 

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Per la Festa della Repubblica in piazza ci vanno i nemici della Repubblica

Strana Festa della Repubblica questa, con i nemici della Repubblica in piazza (a festeggiare? Protestare? Provare a dimostrare di esistere?) a Roma, mentre il Presidente della Repubblica, dopo il tradizionale omaggio all’Altare della Patria, sarà giustamente, doverosamente, a Codogno nel ricordo delle tante, troppe, vittime della pandemia. E i cittadini beneducati rimasti spontaneamente alla larga da assembramenti e occasioni di contagio come detta una sobria etica repubblicana di rispetto di sé e degli altri. Vedere Salvini e Meloni in Piazza del Popolo è un’immagine distonica, non c’è dubbio. Un po’ come se il 14 luglio in Francia gli unici in piazza fossero i vandeani. O negli Stati Uniti, il 4 luglio, per l’Independence day, si ritrovassero i nostalgici di King George…

Il 2 giugno – è bene ricordarlo – non è una generica “festa della patria”. La data è stata scelta perché in quel giorno, nel 1946, si tenne il cosiddetto “referendum istituzionale”, il più politicamente “divisivo” di tutti i referendum, in cui il popolo italiano si trovò a scegliere tra Monarchia e Repubblica – tra una monarchia responsabile della dittatura fascista e della rovina del paese e una nuova forma di stato finalmente democratica – e lo fece con un risultato di misura: 10.718.502 voti per il Re contro 12.718.641 voti per la nuova Italia. Il 46 per cento degli italiani schierato per la continuità della dinastia responsabile della vergogna delle leggi razziali e della infame alleanza con la Germania nazista, contro il 56 per cento desideroso di una diversa patria. Il 2 giugno, dunque, si celebra quella vittoria, di un’idea di patria (quella che si sostanzia in leggi giuste e principii universalistici, quali quelli scritti nella nostra Costituzione) su un’altra idea di patria (quella della retorica nazionalistica, da “Dio, Patria e Famiglia, del culto della forza e del militarismo, il cui esito è stato, lo si è visto, la “morte della patria”).

La stessa cerimonia all’Altare della Patria, non ha certo il carattere di un “onore alle armi” ma al contrario del pietoso riconoscimento alle tante, troppe vittime, delle “inutili stragi” che costellano il nostro passato “nazionale”. Ai “militi ignoti” disseminati da governanti dissennati su fronti insanguinati, a cominciare da quelli delle ignobili guerre fasciste, mandati a crepare a migliaia di chilometri da casa, male armati, male equipaggiati e peggio comandati, in nome di una patria che alle loro spalle ingrassava gli speculatori. Per questo, quella cerimonia non vuol essere affatto – non deve essere! – un colpo di spugna su una memoria dolorosa. E quel “tutti i morti” delle guerre non può significare una notte della memoria in cui tutte le camicie siano nere, ma al contrario un monito, a che quel sacrificio non debba mai più ripetersi. Mai più giovani mandati a morire in nome di una patria contrapposta in armi ad altre patrie.

Per queste ragioni, non ha alcun senso contrapporre il 2 giugno al 25 aprile. La Festa della Repubblica a quella della Liberazione. Eppure è stato fatto. C’è chi ha detto che mentre la festa d’aprile è “divisiva”, quella di giungo “è di tutti”, ignorando il nesso stretto di sequenzialità tra le due. Che la Festa della Repubblica è, per sua natura, la Festa della Costituzione che sancisce il suo essere “democratica”. E che senza Liberazione niente Costituzione, niente Repubblica. E’ un’idiozia, che tuttavia una radice ce l’ha. Ed è nella coreografia militare che spesso (ma non sempre) il 2 giugno ha messo in scena. L’immagine della “nazione in armi” che ha presentato, con la sfilata nel cuore di Roma, i reparti inquadrati in marcia lungo i Fori imperiali, bombe missili e cannoni, tute mimetiche e truppe speciali. So bene che c’è chi prova un brivido d’eccitazione al brillare di una canna di fucile. Alla vista di un carro armato sferragliante. Al rombo delle frecce tricolori “nei cieli di Roma”. Il “fascismo eterno”, come l’ha chiamato Umberto Eco, che sonnecchia nel bassofondo dell’autobiografia della nazione risponde preciso a quell’appello. E non sono pochi quelli che non resistono all’immagine di potenza offerta dalla Patria come surrogato alle sue assenti virtù.

Ma, bisogna dirlo, la sfilata militare è più un optional della Festa della repubblica che non un elemento costitutivo. Più un pezzo di coreografia ma non certo la sceneggiatura. Anzi, ne è la parte più caduca ancorché costosa. Non sempre vi fu: non vi fu il 2 giugno del 1947, la prima volta che, ancora in modo informale, si celebrò la Festa. E neppure nel 1962, per rispetto dell’agonia di Papa Giovanni XXIII, e nel 1976 per il terremoto del Friuli. Dal 1977, la festa fu spostata alla prima domenica di giugno senza esibizioni militaresche, per risparmiare sui costi. Ritornò nell’84 ma sparì di nuovo nell’89. E anche dopo che nel 2000, per iniziativa del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, la festa fu restaurata il 2 giugno con tutti gli onori, l’esibizione militare subì costanti amputazioni (a volte senza mezzi, a volte senza cavalli, con i corazzieri appiedati, a volte in forma solo simbolica) finché nel 2013 il Presidente Napolitano ne ridusse notevolmente il cerimoniale “per motivi di austerità e di solidarietà verso i poveri e i meno abbienti”.

E’ così che si è giunti a oggi, in una Roma dalle strade e piazze svuotate dal Coronavirus, in cui probabilmente l’unico generale schierato sarà un ex carabiniere col fascino del torbido e dell’eversione (ancora un ossimoro!), mentre un’opposizione sgangherata e senza proposte reali proverà a mostrare di esistere nascondendo il proprio vuoto sotto un tricolore di 500 metri quadri. Il resto del Paese, la stragrande maggioranza, la parte migliore, quella che in questi mesi ha resistito e si è regolata secondo il principio della reciprocità nella responsabilità, si unisce nel ricordo delle vittime del virus e nel bisogno di un nuovo inizio. Niente, meglio del concerto dedicato a “chi è morto solo” può sostituire, restituendoci la dignità del momento, sfilate e cerimonie fuori luogo, nello spirito originario del 2 giugno.

Di Marco Revelli per Tpi.it

fonte: https://www.tpi.it/opinioni/festa-repubblica-manifestazione-centrodestra-nemici-commento-20200602613005/?fbclid=IwAR2lfuTarxYWPQ9v_br-vDVcWSoSv0jlStCy1yK7-572FsnkjR7uE6AMeg4

 

“2 giugno non c’è un ca**o da festeggiare” – Indovinate un po’ chi è il grande patriota che lo ha detto…

 

2 giugno

 

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“2 giugno non c’è un ca**o da festeggiare” – Indovinate un po’ chi è il grande patriota che lo ha detto…

Matteo Salvini di patriottico non ha nulla. Il suo ‘Prima gli italiani’ va trattato esclusivamente per quello che è, uno slogan elettorale.

2 giugno, Festa della Repubblica nata dall’antifascismo. Matteo Salvini, dopo averlo annunciato a lungo, domani sarà in Piazza insieme a Fratelli d’Italia per una manifestazione “virtuale” e “patriottica”

Ma Salvini di patriottico non ha nulla. Il suo ‘Prima gli italiani’ va trattato esclusivamente per quello che è, uno slogan elettorale, e per capire chi è davvero Salvini e cosa è davvero la Lega basta fare un salto al 2 giugno del 2013.

“Notte serena amici. Oggi non c’è un cazzo da festeggiare” twittava il futuro Capitano degli italiani.

Questo è Matteo Salvini, e una cosa è rimasta identica, oltre la sua immancabile volgarità: l’incoerenza e l’ipocrisia sono ancora tutte lì.

E non dimenticate che Salvini, il Capitano Patriota, era quello che durante i mondiali organizzava dirette per gufare contro l’Italia…