Gli stipendi in Italia sono fermi a vent’anni fa. Così ci hanno rubato il futuro!

 

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Gli stipendi in Italia sono fermi a vent’anni fa. Così ci hanno rubato il futuro!

La classe politica italiana che ha governato negli ultimi trent’anni ha fallito. Non lo dice un esponente del governo del cambiamento, lo dicono i numeri. Dal 2000 al 2017 gli stipendi dei dipendenti italiani sono aumentati in media soltanto di 400 euro all’anno, mentre nello stesso periodo in Germania si è registrata una crescita media di 5mila euro annui e in Francia la crescita media dei salari ha raggiunto i 6mila euro. Mentre i lavoratori nel resto del continente europeo hanno guadagnato potere di acquisto, la nostra classe media è praticamente scomparsa dai radar, scatenando nel Paese quello che il Censis ha definito “sovranismo psichico” e generando una prevedibile ondata di rancore.

L’Italia ha smesso di crescere da decenni, alternando gravi fasi di recessione a momenti di debole ripresa. Oltre al danno per le finanze pubbliche, l’economia che arranca ha un effetto diretto anche sullo stipendio che arriva nelle tasche degli italiani ogni mese. Così, negli ultimi anni, la forbice salariale si è ulteriormente ampliata a favore di Paesi come la Spagna che all’inizio del nuovo millennio aveva un livello medio salariale molto simile a quello italiano, mentre adesso c’è una distanza reale di circa 2mila euro. D’altronde, se alla mancata crescita aggiungiamo l’assenza di una seria politica industriale in grado di favorire lo sviluppo tecnologico e delle competenze la stagnazione dei salari diventa quasi ineluttabile.

In Italia c’è un evidente problema di produttività: non riusciamo a produrre valore aggiunto e ci accontentiamo di quello che abbiamo, cercando di recuperare quanto abbiamo perso attraverso la svalutazione del lavoro. Il risultato è che i nostri salari si stanno pericolosamente avvicinando a quelli dell’Europa dell’Est, non compensati però dai ritmi di crescita elevati. L’Italia dovrebbe essere in prima linea nelle produzioni ad alto valore aggiunto e nell’erogazione di servizi di eccellenza. Dovremmo puntare sulle competenze specialistiche e operai altamente specializzati. Dovremmo, appunto.

A partire dal secondo dopoguerra, una buona parte della forza lavoro è stata vincolata a contratti collettivi nazionali, con il sindacato che negoziava il compenso minimo per una larga fetta di lavoratori. Negli ultimi trent’anni, la precarietà introdotta nel mercato del lavoro ha ridotto il potere contrattuale esercitato dai sindacati con le imprese e di conseguenza quello, dei loro iscritti. Nel frattempo i dati negativi sulla crescita retributiva e l’aumento del lavoro precario hanno portato al centro del dibattito l’idea di stabilire un salario minimo legale – idea tutt’altro che peregrina. Le decine di migliaia di lavoratori della Gig Economy riceverebbero così il giusto compenso per l’attività svolta, così come i giovani professionisti, che rappresentano la fascia meno tutelata nell’attuale mondo del lavoro.

Se il contratto a tempo indeterminato è diventato una chimera, sono i contratti a tempo determinato e stage a conoscere un vero boom. Tra il 2012 e il 2017 il numero degli stage è cresciuto del 100%, arrivando a 368mila attivazioni in un anno. La precarietà dei tirocini non conosce crisi: più del 10% di quelli attivati riguarda persone di età compresa tra i 35 e i 54 anni e sono in aumento anche gli over 55. La formazione professionale, motivo dell’introduzione degli stage nel mondo del lavoro, viene ignorata dalla maggior parte delle aziende che hanno come unico obiettivo quello di risparmiare sul costo della forza lavoro.

Dietro l’insopportabile strumentalizzazione che è in atto sulla questione dell’immigrazione si nasconde un altro dramma diametralmente opposto, e ignorato, l’emigrazione. I cittadini italiani vanno all’estero per cercare un’occupazione ben pagata e in linea con le loro competenze professionali. Soltanto nel 2017 hanno lasciato il Paese circa 130mila cittadini italiani, confermando un dato che cresce anno dopo anno. Addirittura secondo i dati elaborati dal centro studi Idos, il numero di italiani che sono emigrati nello stesso periodo raggiungerebbe addirittura 285mila. Secondo l’Istat, il 64% dei 244mila i giovani che negli ultimi 5 anni sono andati a cercare un futuro all’estero possiede un diploma o una laurea. Tanto per capirci, negli anni Cinquanta lasciavano l’Italia circa 290 mila persone ogni anno. Stiamo raggiungendo livelli di emigrazione vicini a quelli del secondo dopoguerra ma ci appassioniamo alle vicende di 47 migranti che scappano dalle torture libiche.

In un contesto simile, l’idea che il solo reddito di cittadinanza possa migliorare la qualità del lavoro in Italia e il livello dei salari è un’illusione che non ha nessuna conferma nella realtà, soprattutto se si paragona il livello dei salari medi del Sud Italia con le cifre promesse dal governo con il reddito di cittadinanza. Nell’analisi depositata al Senato dal presidente dell’Inps Tito Boeri viene messo nero su bianco che circa il 45% dei lavoratori subordinati privati del Meridione guadagna meno dei 780 euro che verranno percepiti da alcuni dei beneficiari della misura simbolo del M5S. Chi riceve un reddito da lavoro dipendente potrebbe rimanere spiazzato da questo intervento, arrivando a pensare che mettersi nelle mani dello Stato sia un’alternativa migliore allo sfruttamento da parte di un privato per uno stipendio troppo basso. Se i partiti all’opposizione, centrosinistra in testa, denunciano l’eccessiva generosità delle cifre previste dal reddito di cittadinanza, nessuno riporta l’attenzione sul fatto che l’Italia è diventata un’economia basata sul precariato con milioni di italiani e stranieri sottopagati.

Vent’anni di pessima politica ci hanno portato fino a qui. Schiavi del nostro debito pubblico, innamorati del clientelismo, incapaci di innovare e, soprattutto, diffidenti verso ogni sforzo volto al miglioramento. L’Italia ha ancora le risorse sociali e tecnologiche per rimettere al centro del suo sistema produttivo i lavoratori, le loro competenze e la creatività. Sì, di strada da fare ce n’è parecchia, ma iniziare riconoscendo il giusto compenso a chi lavora è un ottimo punto di partenza.

 

fonte: https://thevision.com/attualita/stipendi-italia-futuro/

Come trent’anni di Maastricht hanno distrutto l’Italia – Uno spartiacque: prima decenni di forte crescita che ha portato la nostra economia ai livelli di Francia e Germania. Dopo il costante, inesorabile declino che ha letteralmente cancellato tutti i successi conseguiti fino a quel momento.

 

 

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Come trent’anni di Maastricht hanno distrutto l’Italia – Uno spartiacque: prima decenni di forte crescita che ha portato la nostra economia ai livelli di Francia e Germania. Dopo il costante, inesorabile declino che ha letteralmente cancellato tutti i successi conseguiti fino a quel momento.

In un paper appena pubblicato, il noto economista olandese Servaas Storm, tutt’altro che radicale, si occupa delle cause della “lunga crisi” italiana. La sua conclusione è lapidaria: «Nello studio, dimostro empiricamente come la recessione italiana debba considerarsi una conseguenza del nuovo regime economico post-Maastricht adottato dall’Italia a partire dai primi anni Novanta».

Storm nota come fino ai primi anni Novanta l’Italia abbia goduto di trent’anni di robusta crescita economica, durante i quali è riuscita a raggiungere il Pil pro capite delle altre nazioni principali della futura zona euro (soprattutto Francia e Germania).

Da allora, però, «è iniziato un costante declino che ha letteralmente cancellato trent’anni di convergenza». Al punto che oggi il divario tra il Pil pro capite italiano e quello degli altri paesi europei è pari se non addirittura inferiore a quello che era negli anni Sessanta.

Tutti gli altri principali indicatori economici hanno registrato lo stesso crollo: reddito pro capite, produttività, investimenti, quote del mercato mondiale, ecc.

«Non è un caso – scrive Servaas Storm – che la repentina inversione delle fortune economiche dell’Italia si sia verificata in seguito all’adozione della “sovrastruttura politica e giuridica” imposta dal Trattato di Maastricht, che ha spianato la strada alla creazione dell’UME nel 1999 e all’introduzione della moneta unica nel 2002. Come mostro nel paper, l’Italia è stata l’allievo modello della zona euro, impegnandosi nell’implementazione dell’austerità fiscale e delle riforme strutturali che rappresentano l’essenza delle regole macroeconomiche dell’UME con maggiore veemenza e solerzia di qualunque altro paese dell’eurozona – molto più di Francia e Germania. E ha pagato un prezzo molto alto: il consolidamento fiscale permanente, la persistente moderazione salariale e il tasso di cambio sopravvalutato hanno distrutto la domanda interna italiana, e la carenza di domanda, a sua volta, ha asfissiato la crescita della produzione, della produttività, dell’occupazione e dei redditi. L’operazione è stata un successo, ma purtroppo il paziente è morto».

Per mostrare quanto sia stata radicale «l’austerità fiscale permanente» perseguita dall’Italia negli ultimi decenni, Storm traccia un confronto tra Italia e Francia: tra il 1995 e il 2008, l’Italia ha registrato un avanzo di bilancio primario del 3 per cento circa in media, rispetto ad un deficit primario dello 0,1 per cento della Francia nello stesso periodo.

In pratica, nel periodo in questione, «lo Stato francese ha fornito all’economia uno stimolo fiscale pari a 461 miliardi di euro, mentre lo Stato italiano ha drenato dall’economia 227 miliardi. … Non oso immaginare che forma avrebbero assunto le proteste dei gilet gialli se la Francia avesse praticato un consolidamento fiscale pari a quello dell’Italia».

Storm mostra come il regime post-Maastricht abbia anche comportato anche una moderazione salariale (leggasi: guerra di classe) senza pari. L’economista mostra come tra gli anni Sessanta e i primi anni Novanta il divario tra i salari reali italiani e quelli degli altri principali paesi europei si sia progressivamente ridotto fino a scomparire del tutto. Da quel momento in poi la forbice ha cominciato ad allargarsi nuovamente e – incredibilmente – oggi è più grande di quanto non fosse negli anni Sessanta. Come nel caso del PIL pro capite, trent’anni di convergenza spazzati via da trent’anni di Maastricht.

Storm pone anche l’accento sulla natura di classe di questo processo (cioè su come il “vincolo esterno” di Maastricht sia stato lo strumento col quale i capitalisti nostrani hanno spezzato le reni dei lavoratori italiani, come spiego in Sovranità o barbarie): tra il 1991 e il 2008 la quota profitti dell’Italia – già superiore alla media europea – è passata dal 36 al 40 per cento. Un dato che sarebbe il caso di ricordare ai sindacati che firmano appelli – per l’Europa! – insieme a Confindustria perché “siamo tutti sulla stessa barca”.

Come spiega Storm, la guerra condotta ai lavoratori negli ultimi decenni è stata così feroce che i capitalisti hanno finito per segare il ramo su cui sedevano. Come scrive Storm, «seguendo pedissequamente le regole macroeconomiche europee, l’Italia ha determinato una carenza cronica di domanda interna. Questa è il risultato dell’austerità fiscale permanente, del persistente contenimento dei salari e della mancanza di competitività tecnologica delle imprese italiane [acuita dal crollo degli investimenti, a sua volta determinato dalla domanda carente], che, in combinazione con un tasso di cambio sopravvalutato, riduce la capacità delle imprese italiane di mantenere le loro quote di mercato a fronte della concorrenza dei paesi a basso reddito. Questi tre fattori stanno deprimendo la domanda; riducendo l’utilizzazione degli impianti e danneggiando gli investimenti, l’innovazione e la crescita della produttività, bloccando dunque il paese in uno stato di declino permanente, caratterizzato dall’impoverimento costante della matrice produttiva dell’economia italiana e della qualità dei suoi flussi commerciali».

La soluzione per Storm sarebbe ovvia: grandi investimenti pubblici e politiche industriali per promuovere l’innovazione, l’imprenditorialità e una maggiore competitività tecnologica. Peccato, scrive l’economista, che questo approccio sia del tutto «incompatibile con il rispetto delle regole macroeconomiche dell’UME» e più in generale con l’architettura economico-politica europea.

Alla luce di tutto ciò, cosa fanno i sindacati e le sinistre? Continuano a invocare “più Europa”. Ormai la cosa non fa più neanche ridere; fa solo incazzare.

 * dal profilo Fb

Link all’articolo e al paper: https://www.ineteconomics.org/perspectives/blog/how-to-ruin-a-country-in-three-decades.

tratto da: http://contropiano.org/interventi/2019/04/13/come-trentanni-di-maastricht-hanno-distrutto-litalia-0114450?fbclid=IwAR0kdF73MBuWGB6WeSMqE5iVmBGcIMod8DiZYVAc416veIIN7Ev0xeM6_LU

Il post fascista del presidente di un municipio di Genova: “Grazie a Mussolini per la 13esima” …La risposta di un nostro lettore: “E quindi per regalare la tredicesima a questo str…., Mussolini ha fatto crepare i miei tre dei miei nonni e altri 500.000 Italiani?”

 

Mussolini

 

 

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Il post fascista del presidente di un municipio di Genova: “Grazie a Mussolini per la 13esima” …La risposta di un nostro lettore: “E quindi per regalare la tredicesima a questo str…., Mussolini ha fatto crepare i miei tre dei miei nonni e altri 500.000 Italiani?”

 

Da Globalist:

Il post fascista del presidente di un municipio di Genova: “Grazie a Mussolini per la 13esima”

Come già aveva fatto in passato, sulla sua pagina Facebook è tornato a omaggiare Benito Mussolini.

Francesco Carleo, presidente del Municipio levante (Nervi) per Fratelli d’Italia, non è riuscito a trattenersi. Come già aveva fatto in passato, sulla sua pagina Facebook è tornato a omaggiare Benito Mussolini. Lo racconta su Repubblica.it Marco Preve.
Il dittatore che ha sulle spalle il peso della Storia, con le leggi razziali, gli omicidi, le stragi l’alleanza con il nazismo, per Carleo, fiero sostenitore della giunta Bucci, il duce è colui che ha “istituito al tanto attesa tredicesima come regalo di natale per i lavoratori. Da mussolini precisa il post di Carleo non dai sindacati.
Questo ritorno di fiamma nei confronti di un massacratore Carleo ha pensato bene di farselo venire a ridosso del 25 Aprile che è la festa della Liberazione proprio da Mussolini.
Pochi giorni fa un consigliere del Medio levante, Igor D’Onofrio, aveva scatenato reazioni polemiche e indignate per un suo post fascista. Si era dimesso dal gruppo della Lega in consiglio e tutto è finito lì. Carleo già durante la campagna elettorale del 2017 aveva postato su Facebook commenti e immagini nostalgiche del ventennio, il candidato Bucci non aveva avuto nulla da ridire anche perché, proprio in quei gironi c’era chi contestava il suo avversario Gianni Crivello facendo il saluto romano mentre parlava.
Di recente il sindaco Bucci ha riconosciuto finalmente i valori della Resistenza e ha spiegato che il Comune quest’anno non omaggerà ufficialmente i caduti di Salò. Resta da capire che Carleo sarà perdonato anche questa volta, come un ragazzino birbante.

……………………..

Fin qui la notizia – Ci scrive un nostro lettore lamentando a modo suo la squallida uscita di Francesco Carleo: “Grazie a Mussolini per la 13esima”

Riportiamo testuale:

Ho letto da squallida uscita del sig. Francesco Carleo “Grazie a Mussolini per la 13esima”…

Vorrei solo far presente a questo str**** che mio nonno paterno è morto al fronte nel 1944 e i miei nonni materni sono entrambi morti sotto un bombardamento, mentre mia madre si è salvata solo per miracolo.

Vorrei ancora far presente che oltre ai miei nonni, quel pezzo di m**** di Mussolini ha fatto crepare per la sua guerra fascista altri 500.000 Italiani.

Vorrei ancora ricordare allo str***one degli avversari politici soppressi, dei diritti negati, dell’atroce complicità con il nazismo nello sterminio di ebrei, omosessuali, rom etc…

Tutto questo e tanto altro ancora per regalare la tredicesima a questo str****?

Va vaffanculo tu e quella merda che cosa buona l’ha fatta, una sola e neanche di sua volontà: crepare!

L.P.

 

Nota: gli asterischi li abbiamo aggiunti noi…

Per la serie “figure di m..da storiche”: la Meloni lancia “La sfida dell’anno” un sondaggio per stabilire “chi rappresenta l’anti-italiano” – Il risultato? Per la Gente chi rappresenta gli anti-taliani sono la stessa Meloni e Mussolini…!

 

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Per la serie “figure di m..da storiche”: la Meloni lancia “La sfida dell’anno” un sondaggio per stabilire “chi rappresenta l’anti-italiano” – Il risultato? Per la Gente chi rappresenta gli anti-taliani sono la stessa Meloni e Mussolini…!

Meloni lancia il sondaggio “chi è anti-italiano”: vincono lei e Mussolini

Autogol social per la leader di Fratelli d’Italia che viene massacrata sul suo stesso sondaggio

“La sfida è iniziata”, scrive la pagina ufficiale Facebook e Twitter di Fratelli d’Italia. Di che mai parlerà? Ma del sondaggio “cosa pensi che sia anti-italiano”, lanciato sui social con spregio della ormai arcinota regola che su Internet non esiste rispetto per niente e per nessuno: né per chi lo merita davvero, figuriamoci per i neofascisti.
E infatti, come era ampiamente prevedibile tranne, a quanto pare, dai geniali social media manager di Giorgia Meloni, il popolo di twitter si è sbizzarrito: dal canonico “li mortacci tua” ai più elaborati “Per me antitaliano è chi candida un tizio chiamato Mussolini che ha sempre vissuto all’estero, tra l’Argentina e Dubai” con riferimento a Caio Giulio Cesare Mussolini, ultimo acquisto di FdI.

Alcune delle risposte ricevute…

  • Il fascismo!
  • Chi non ha mai lavorato un giorno in vita sua e perde tempo lanciando ‘sti sondaggi per imbecilli…
  • Tu!
  • Chi cerca di mettere gli italiani l’uno contro l’altro per ottenere un miserevole tornaconto personale.
  • Mussolini!
  • Salvini Meloni Berlusconi

Niente da dire, un’altra figura di m..da nel curriculum…!

Per rinfrescarVi la memoria – La proposta di Draghi: abbassare gli stipendi per salvare l’Euro! La nostra proposta: Perchè non vi togliete dalle palle tu e l’Euro così ci salviamo noi??

 

Draghi

 

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La proposta di Draghi: abbassare gli stipendi per salvare l’Euro! La nostra proposta: Perchè non vi togliete dalle palle tu e l’Euro così ci salviamo noi??

 

La proposta di Draghi: abbassare gli stipendi per salvare l’Euro! La nostra proposta: Perchè non vi togliete dalle palle tu e l’Euro così ci salviamo noi??

Per rinfrescarVi la memoria:

L’ultima di Draghi: abbassare gli stipendi per salvare l’euro

Svalutazione non monetaria ma salariale. Bce vuole abbassare remunerazioni mantenendo l’obiettivo di una inflazione vicina alla soglia del 2%.

La Bce vuole abbassare le remunerazioni degli europei pur mantenendo l’obiettivo di una inflazione vicina alla soglia del 2% prestabilita. Draghi ha lanciato un appello nemmeno troppo velato in cui chiede di poter aggiustare gli stipendi per aiutare l’euro. Si tratta in pratica di una svalutazione non monetaria bensì salariale nel blocco a 18. Abbandonare così come salvare la moneta unica ha un prezo. “Il prezzo da pagare per voler mantenere a tutti i costi l’euro comporta dei costi economici, ma anche dei costi in termina di perdita di crescita e dei costi sociali”, dice Charles Sannat, giornalista e analista ‘contrarian’, professore di economia in diverse università di business parigine. Ricapitolando, nelle sue ultime uscite ufficiali in pubblico, Draghi ha detto che “ogni economia deve essere abbastanza flessibile da trovare e sfruttare i suoi vantaggi concorrenziali, per poter beneficiare del mercato unico”. Aggiungendo anche ogni paese deve essere abbastanza flessibile da “rispondere agli shock di breve termine, inclusi gliaggiustamenti al ribasso degli stipendi o il ribilanciamento delle risorse tra i settori“.

Il banchiere centrale ha spiegato che l’unione monteraria, sebbene irrevocabile rimane ancora incompleta senza il trasferimento del budget permanente tra i paesi e senza una forte mobilità di disoccupati tra i confini dell’Europa.

“La mancanza di riforme strutturali ha creato lo spettro di una divergenza economica permamente tra i membri del blocco a 18″, ha osservato Draghi.

Interrogato sui rischi di ritornare al sistema del XIX secolo, in cui i salari e i prezzi potevano abbassarsi e aumentare fortemente, Draghi ha difeso la necessità di adottare una “svalutazione interna” (ovvero abbassare i costi di un paese se non è possibile abbassare i tassi di cambio). La principale lezione, secondo Draghi, che ci ha fornito la crisi è che “in seno all’Ue dobbiamo stare attenti a non lasciare che i salari e i prezzi deviino”. “Dobbiamo stare molto attenti a mantenere i paesi competitivi“. Ma senza aggiustamenti monetari, non restano che aggiustamenti dei salari. La sola maniera relativamente rapida per ritrovare la competitività è abbassare gli stipendi, come è successo in Grecia e in Spagna.

In media gli spagnoli sono pagati 675 euro al mese e un greco 480 euro. Ma il vero problema è che la riduzione delle buste paga non è accompagnata da un calo dei prezzi necessari per poter veramente ritrovare la crescita economica o piuttosto dell’attività economica. In pratica anche in caso di salario dimezzato, se l’affitto passasse da 600 euro al mese a 100 ovviamente il contraente ne uscirebbe vincitore. Ma non è il caso nel Sud d’Europa. Parlando di “aberrazione economica” di proporzioni “storiche”, Sannat scrive che se la Bce ci chiede di abbassare i salari, lo stesso Draghi vuole mantenere l’inflazione vicina al 2%, ovvero un rincaro dei prezzi al consumo rispetto ai valori bassi attuali. Il board della Bce dovrebbe decidere a maggioranza sulle nuove misure non convenzionali anti-deflazione, tra cui l’acquisto di titoli di Stato. Lo ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, secondo cui nella riunione della Banca centrale europea giovedì “mi sembra di aver capito chiaramente” che si va verso una “decisione a maggioranza”. “Mi aspetto ragionevolmente delle scelte che non siano penalizzate da qualcuno che deve essere contrario per forza”.

La scrittrice Michela Murgia stronca Salvini che l’aveva etichettata “intellettuale radical chic e snob”: “Io ho lavorato. E tu?”

 

Michela Murgia

 

 

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La scrittrice Michela Murgia stronca Salvini che l’aveva etichettata “intellettuale radical chic e snob”: “Io ho lavorato. E tu?”

Michela Murgia zittisce Salvini dopo l’ennesimo insulto: standing ovation dal web

“Ieri il ministro degli interni Matteo Salvini ha pensato bene di fare l’ennesimo tweet contro di me virgolettandomi come intellettuale radical chic e snob”.

Dopo l’ennesimo insulto del ministro dell’Interno alla scrittrice, Murgia risponde con un post su Facebook che anno per anno confronta la sua vita con quella del leader leghista che si scopre non ha mai lavorato un giorno.
Ve lo riproponiamo.

Ieri il ministro degli interni Matteo Salvini ha pensato bene di fare l’ennesimo tweet contro di me virgolettandomi come intellettuale radical chic e snob. È il suo giochetto preferito quello di far passare chiunque lo critichi per un ricco altolocato che non ha contatto con la gente e con la realtà, che non conosce i problemi veri e che non sa cosa sia la fatica del lavoro, ambiti in cui lui invece si presenta come vero esperto. Le propongo un gioco, signor Ministro: si chiama “sinossi dei curriculum”.

Nel 91, anno in cui mi diplomavo come perito aziendale, mi pagavo l’ultimo anno di studi lavorando come cameriera stagionale in una pizzeria. Purtroppo feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo per prendere l’autobus alle 6:30 per andare a scuola. A causa di quelle assenze, alla maturità presi 58/60esimi.

Nel 92, mentre lavoravo in una società di assicurazioni per sostenermi gli studi all’istituto di scienze religiose, lei prendeva 48/60 alla maturità classica in uno dei licei di Milano frequentati dai figli della buona borghesia. Sono contenta che non abbia dovuto lavorare per finire il liceo. Nessuno dovrebbe.

Nel 93 iniziavo a insegnare nelle scuole da precaria, lavoro che ho fatto per sei anni. Nel frattempo lei veniva eletto consigliere comunale a Milano e iniziava la carriera di dirigente nella Lega Nord, diventando segretario cittadino e poi segretario provinciale. Non avendo mai svolto altra attività lavorativa, è lecito supporre che la pagasse il partito. Chissà se prendeva quanto me, che allora guadagnavo 900 mila lire al mese.

Nel 1999 per vivere consegnavo cartelle esattoriali a domicilio con un contratto co.co.pro. Ero pagata 4mila lire a cartella e solo se il contribuente moroso accettava di firmarla. Lei invece prendeva la tessera giornalistica facendo pratica alla Padania e a radio Padania, testate di partito che si reggevano sui finanziamenti pubblici, ai quali io non ho nulla in contrario, ma contro i quali lei ha invece costruito la sua retorica.

Nel 2000 ho iniziato a lavorare in una centrale termoelettrica, dove sono rimasta fino al 2004. Mi sono licenziata perché ho scelto di testimoniare in tribunale contro il mio datore di lavoro per un grave caso di inquinamento ambientale. Mentre lasciavo per coscienza l’unico lavoro stabile che avessi trovato vicino a casa, lei era segretario provinciale della lega Nord, suppongo sempre pagato dal partito, dato che anche allora non faceva mestieri.

Nel 2004 ho lasciato la Sardegna per lavorare come cameriera in un albergo al passo dello Stelvio, in mezzo alla neve, con un contratto stagionale a poco più di mille euro. Mentre io da precaria rifacevo letti lei si faceva eleggere al parlamento europeo a 19.000 euro al mese.

Nel 2005 ho lavorato un mese e mezzo in un call center vendendo aspirapolveri al telefono ed ero pagata 230 euro lordi al mese più 8 euro per ogni appuntamento che riuscivo a fissare. Durante quella esperienza ho scritto un blog che ha attirato l’attenzione di un editore. Nello stesso periodo lei a Bruxelles bruciava un quarto delle sedute del parlamento ed era già lo zimbello dei parlamentari stranieri, che nelle legislature successive le avrebbero poi detto in faccia quanto era fannullone. Io sono a favore della retribuzione dei politici, purché facciano quello per cui li paghiamo.

Nel 2006, mentre usciva il mio primo libro, io facevo la portiera notturna in un hotel, passando le notti in bianco per lavorare e riuscire anche a scrivere. Lei invece decadeva da deputato, ma atterrava in piedi come vicesegretario della lega nord e teneva comizi contro i terroni e roma ladrona. Non facendo ancora altro mestiere che la politica, immagino che la politica le passasse uno stipendio. Chissà se somigliava al mio, che per stare sveglia mentre gli altri dormivano prendevo appena più di mille euro al mese.

Dal 2007 in poi ho vissuto delle mie parole, della fiducia degli editori e di quella dei lettori e delle lettrici. Negli stessi anni lei ha campato esclusivamente di rappresentanza politica e da dirigente in un partito da dove – tra il 2011 e il 2017 – sono spariti 49 milioni di soldi pubblici senza lasciare traccia.

Se adesso le è chiaro con chi è che sta parlando quando virgoletta il mio nome nei suoi tweet, forse le sarà altrettanto chiaro che è lei, signor Ministro, quello distaccato dalla realtà. Tra noi due è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre. Io lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni di realtà da un uomo che è salito su una ruspa in vita sua solo quando ha avuto davanti una telecamera.

 

 

tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/04/18/michela-murgia-zittisce-salvini-dopo-l-ennesimo-insulto-standing-ovation-dal-web-2040290.html

Libero colpisce ancora: insulta Greta Thunberg in prima pagina (come fa con tutte le donne)… Ora la domanda è questa: quanto si può essere idioti per comprare una porcheria come questa specie di giornaletto?

 

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Libero colpisce ancora: insulta Greta Thunberg in prima pagina (come fa con tutte le donne)… Ora la domanda è questa: quanto si può essere idioti per comprare una porcheria come questa specie di giornaletto?

Da Globalist:

Anche questa volta Libero se la prende con una donna in prima pagina. Si tratta di Greta Thunberg, la leader ambientalista svedese, 16 anni, coraggiosa e determinata, in questi giorni è in Italia per tenere alcune conferenze. Ieri ha incontrato il Papa. Sul ruolo che possono avere i giovani a difesa dell’ambiente, Greta ha detto: “Ci sono molte cose che i giovani possono fare per migliorare la situazione: soprattutto fare pressione sulle persone al potere e sugli adulti, perché sono coloro che possono avere più influenza. Ma ci sono anche cose che si possono fare a livello individuale per cambiare le proprie abitudini, cercando di vivere nel modo più neutro possibile dal punto di vista delle emissioni di carbonio”. “La cosa più importante che possono fare è cercare di capire la portata della situazione, che cosa sta succedendo e il motivo per cui devono lottare per fermare ciò che sta avvenendo – ha aggiunto la 16enne – Non mi dispiace fare quello che faccio. Sul piano personale sono contenta di fare qualcosa che è importante, per cui mi sento necessaria”.
Oggi la ragazza parlerà al Senato Italiano.
Libero stamane le ha dato il buon giorno definendola “rompiballe”. Che gran giornalismo!

…La domanda che ci facciamo è: quanto si può essere idioti per comprare una porcheria del genere?

 

 

Da “precario” a “primario”? Si può, basta scappare dall’Italia – La storia di Simone Speggiorin, uno di quelli che Poletti preferisce non avere tra i piedi. Da precario in Italia a più giovane Primario d’Inghilterra!

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Da “precario” a “primario”? Si può, basta scappare dall’Italia – La storia di Simone Speggiorin, uno di quelli che Poletti preferisce non avere tra i piedi. Da precario in Italia a più giovane Primario d’Inghilterra!

La storia che vi stiamo per raccontare è la testimonianza dell’ormai consolidato fenomeno dell’emigrazione dei cervelli, o dei cervelli in fuga. Prendiamo in esame una sola esperienza, ma di simili ne esistono a migliaia: esperienze di giovani talenti, volenterosi di dare il proprio contributo alla scienza, all’arte o a qualsiasi altra professione, bloccati però dagli arrugginiti meccanismi tipicamente italiani, che non sembrano voler creare spazio vitale per le nuove menti: e così, senza pensarci due volte, i giovani si dirigono all’estero con la certezza di poter finalmente esprimere le proprie capacità.

Simone Speggiorin, 36 anni, si è lasciato alle spalle un posto da precario in Italia ed è diventato il primario più giovane di tutta l’Inghilterra.

Nato in un paese in provincia di Venezia, si è specializzato a Padova nel 2009: ansioso di poter mettere in atto la sua vocazione, quella per la cardiochirurgia, non ha esitato molto nel fare le valigie e abbandonare un posto da precario e scambiarlo con quello di primario di unità.

Di mezzo non c’è nessuna raccomandazione: non serve quando basta il sorriso e la vitalità negli occhi per comunicare la propria passione. È bastato questo al professor Martin Elliott per proporre al giovane Simone un’esperienza inglese.

Nonostante Padova sia un polo eccellente nella cardiochirurgia, Simone non vedeva davanti a sé altro che la precarietà ad oltranza.

La sua certezza era basata sui racconti dei suoi colleghi forse troppo affezionati all’Italia che dopo anni si sono ritrovati nello stesso Paese nelle stesse condizioni di incertezza lavorativa.

Sicuro di come (non) doveva essere il suo futuro, il dottor Speggiorin è atterrato a Londra e qui in pochissimo tempo ha fatto valere i suoi precedenti anni di studio: l’Inghilterra lo ha premiato promuovendolo a primario, il più giovane in tutta la nazione.

Un orgoglio per l’Italia che però, ingenuamente, ha perso allo stesso tempo un grande cervello (e non solo il suo).

19 aprile 1937 – Per la serie “ha fatto anche cose buone” – L’Italia fascista vara la prima legge razziale, vietato matrimonio e concubinato con donne di colore…

 

19 aprile

 

 

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19 aprile 1937 – Per la serie “ha fatto anche cose buone” – L’Italia fascista vara la prima legge razziale, vietato matrimonio e  concubinato con donne di colore…

19 aprile 1967, l’Italia fascista vara la prima legge razziale, vietando i matrimoni con donne africane

Era il 19 aprile del 1937 quando con il regio decreto legge 880/37 si vietò il madamato, ovvero il concubinato, e il matrimonio con le donne di colore delle colonie africane.

L’obiettivo della legge era quello di stabilire l’esistenza e la superiorità della razza italiana e la sua appartenenza al gruppo di quelle che erano orma definite razze ariane, anche attraverso presunte basi scientifiche, in realtà del tutto di parte e fuorvianti.

Il governo fascista, a questa legge razziale, ne fece seguire altre, introdotte con provvedimenti legislativi e amministrativi tra il 1938 e il 1945, andando così a completare quelle che furono chiamate “leggi razziali fasciste“.

Incendio Notre Dame de Paris – Loro ridono dei nostri morti e noi dovremmo piangere per la loro chiesa? Permettetemi di infischiarmene!

 

Notre Dame de Paris

 

 

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Incendio Notre Dame de Paris – Loro ridono dei nostri morti e noi dovremmo piangere per la loro chiesa? Permettetemi di infischiarmene!

La ricordate la vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto del Centro Italia? (“Sisma all’italiana, penne in salsa tomato, penne gratinate e lasagne”), nient’altro che una disgustosa, squallida, schifosa ironia sui morti…

A qualcuno di voi ha fatto ridere? Forse porcate del genere fanno ridere solo ai francesi…

Perdonare sì, tanto sono coglioni (i francesi), ma dimenticare mai!

Ed io, visto che non ho dimenticato, chiedo il permesso di infischiarmene altamente della loro chiesa.

Nb. se fossi francese, ci potrei fare qualche battuta di cattivo gusto…

By Eles