Il colpo di genio di un’altro Giudice: se il marito picchia la moglie ogni tanto “non si può parlare di maltrattamenti in famiglia” …Capito donne? Prendetele e non rompete le scatole… Se è una volta ogni tanto è perchè Vi vuole bene… Lo dice il signor Giudice…!

 

maltrattamenti in famiglia

 

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Il colpo di genio di un’altro Giudice: se il marito picchia la moglie ogni tanto “non si può parlare di maltrattamenti in famiglia” …Capito donne? Prendetele e non rompete le scatole… Se è una volta ogni tanto è perchè Vi vuole bene… Lo dice il signor Giudice…!

Dipo questo articolo che, da uomo, mi ha fatto incazzare non poco…

Femminicidio di Olga Matei – La Corte d’appello dimezza la pena all’assassino con una motivazione sconcertante: “Era in preda a tempesta emotiva e passionale”…E non è la prima volta. Per i Giudici c’è SEMPRE un motivo valido per ammazzare una donna!

…sono andato a ripescare questo articolo che avevamo pubblicato l’anno scorso:

Torino, se il marito picchia la moglie ogni tanto «non si può parlare di maltrattamenti in famiglia»

Le motivazioni della sentenza che assolve un 41enne: l’uomo era stato trascinato in tribunale dalla compagna che lamentava aggressioni tra le mura domestiche.

TORINO – Nella sua requisitoria, il pubblico ministero aveva sottolineato le «continue aggressioni fisiche» e le «umiliazioni morali» che la donna era stata costretta a subire. Aveva parlato di calci, pugni e schiaffi, di lancio di oggetti e di offese quasi quotidiane. Ma al momento della sentenza, il giudice ha stabilito che si era trattato di «atti episodici» avvenuti in «contesti particolari» e non in grado di causare nella vittima «uno stato di prostrazione fisica e morale». E ha aggiunto che non ci sarebbero stati «atti di vessazione continui tali da cagionare un disagio incompatibile con normali condizioni di vita». In parole povere, se le aggressioni non sono «frequenti e continue» non si può parlare di «maltrattamenti in famiglia». Soprattutto se non c’è una sopraffazione sistematica della vittima. La quinta sezione penale del Tribunale di Torino ha così accolto la tesi dell’avvocato difensore Vincenzo Coluccio, che assisteva un 41enne disoccupato finito sotto processo con l’accusa di aver maltrattato la moglie per anni.

Referti medici e liti

«Non c’è collegamento — ha spiegato il legale in aula — tra i referti medici portati dall’accusa e le liti o le presunte aggressioni». Tesi che ha trovato conferma nella sentenza pronunciata dal giudice: «Dall’esame della persona offesa e dei testi non è emersa una situazione tale da cagionare un disagio continuo e incompatibile con le normali condizioni di vita». Risultato: il 41enne imputato è stato assolto, anche in virtù del fatto che le aggressioni sono state ritenute configurabili come «atti episodici» avvenuti in «contesti particolari». E questo anche se la donna, a quanto risulta, è corsa in ospedale nove volte in otto anni perché aveva il naso rotto o una costola incrinata. Però, scrive il Tribunale nelle motivazioni della sentenza, «non tutti gli episodi sono riconducibili ad aggressioni da parte dell’imputato». Episodi che la moglie ha ricollegato genericamente a una lite, ma per i quali non è stata in grado di fornire, a parte per l’ultimo, una descrizione dettagliata. «Tali fatti non paiono perciò riconducibili, proprio perché traggono origine da situazioni contingenti, a un quadro unitario di un sistema di vita tale da mettere la vittima in uno stato di prostrazione fisica e morale». I litigi in casa erano all’ordine del giorno e anche la donna si scagliava a volte contro il marito. Tant’è che sia i figli della coppia sia i vicini di casa non sono stati in grado, in alcune occasioni, di indicare chi tra marito e moglie avesse usato violenza per primo nei confronti del coniuge. L’imputato è stato comunque condannato a sei mesi di reclusione per l’abbandono della casa familiare e per il «mancato contributo al mantenimento dei figli minorenni».

«Sconcerto e preoccupazione»

In una «revisione del giudizio in appello» spera la senatrice Francesca Puglisi (Pd), presidente della Commissione parlamentare contro il Femminicidio: «La sentenza del Tribunale di Torino — spiega la parlamentare — suscita sconcerto e preoccupazione. La minimizzazione della violenza all’interno di un rapporto affettivo non solo rischia di pregiudicare la richiesta di giustizia da parte delle vittime, ma costituisce fattore disincentivante rispetto alle istanze di tutela. Fermare la violenza si può e si deve. Spero in una revisione del giudizio in appello».

tratto da: https://torino.corriere.it/cronaca/18_gennaio_03/se-botte-non-sono-frequenti-non-si-puo-parlare-maltrattamenti-famiglia-sentenza-torino-df297182-f079-11e7-b9c8-ca7b03c62ba9.shtml?fbclid=IwAR3NfENodhBhpuBFUyC-1o6AgWoS8iFMnTrpynoWYX9pjmvvoYjx6b7aDdo

Visto che molto probabilmente il nostro vicepremier Salvini avrà finito i giga, ve lo spieghiamo noi chi è la bestia che da ubriaco ha travolto un bambino a Marostica: RAZZISTA, OMOFOBO E NEMICO DELLE “ZECCHE ROSSE”

 

Marostica

 

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Visto che molto probabilmente il nostro vicepremier Salvini avrà finito i giga, ve lo spieghiamo noi chi è la bestia che da ubriaco ha travolto un bambino a Marostica: RAZZISTA, OMOFOBO E NEMICO DELLE “ZECCHE ROSSE”

Ma cos’è? Salvini ha finito o giga? No perchè un giustiziere come lui non può tollerare un crimine del genere, avrebbe dovuto intasare i social, avrebbe dovuto twittare tutto il suo (e quello degli Italiani) rancore contro questo meschino bandito…

Che dite? Era bianco, ariano, razzista, omofobo e fascista? Ah, allora si spiega tutto…

Ve lo immaginate, invece, se fosse stato un negro o uno zingaro?

Invece il crimine lo ha commesso il suo elettore tipo, quindi ZITTO…

 

Da Globalist:

Razzista, omofobo e nemico delle ‘zecche rosse’: chi è il conducente ubriaco che ha travolto un bambino

I suoi social grondano di commenti contro gay, migranti e centri sociali, oltre che di elogi per Salvini e Meloni

Si chiama Pietro Dal Santo l’artigiano  58enne vicentino di Thiene che, da ubriaco, ha travolto un passeggino in cui si trovava un bambino di 14 mesi che, in condizioni gravissime, è stato trasferito al policlinico di Padova dove in tarda serata è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico a un gamba, anche se a preoccupare è pure un trauma cranico commotivo.

L’uomo è stato letteralmente “salvato” dalla polizia locale e dai carabinieri di Marostica, per poi essere trasferito nella caserma dell’Arma; qui tuttavia non ha collaborato con gli inquirenti e ha rifiutato di sottoporsi all’alcoltest.

A quel punto è stato accompagnato in ospedale a Bassano del Grappa, dove attraverso i prelievi del sangue è stato possibile confermare l’assunzione di alcolici, non compatibili con la possibilità di mettersi alla guida. A quel punto per lui sono scattate le manette.

La bacheca facebook dell’uomo è un assortimento delle più barbare affermazioni contro donne, gay, migranti e centri sociali: lui stesso aveva messo un annuncio di lavoro in cui tra i requisiti aveva inserito ‘non gay’, rilanciava continuamente i post della destra più estrema ed era un sostenitore social di Salvini e della Meloni.

Per questo, Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana oggi scrive: “Anche oggi il ministro Salvini sui social parla di tutto e di tutti. Mi sarei aspettato un suo severo commento su quel camionista ubriaco che in Veneto ha travolto una famiglia, ha quasi ucciso un bimbo di 14 mesi, e non contento è pure scappato, anche se poi fortunatamente è stato arrestato dai carabinieri. E invece nulla. Mi ero illuso, perché questo camionista non è di colore nero, non è un profugo e quindi non merita la sua attenzione”.

“È un serenissimo veneto, molto attento alla difesa della razza – prosegue Fratoianni – campione sui social nell’insultare i migranti, i gay e quelle zecche dei centri sociali, molto attento a rilanciare post leghisti e della destra peggiore. Insomma agli occhi del pensiero leghista evidentemente un cittadino modello”, conclude.

tratto da:https://www.globalist.it/news/2019/03/09/razzista-omofobo-e-nemico-delle-zecche-rosse-chi-e-il-conducente-ubriaco-che-ha-travolto-un-bambino-2038490.html

Trova le differenze – Il brillante editoriale di Marco Travaglio sulla legge per la legittima difesa e sull’ipocrisia del Pd…

 

Marco Travaglio

 

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Trova le differenze – Il brillante editoriale di Marco Travaglio sulla legge per la legittima difesa e sull’ipocrisia del Pd…

Chi, nella propria abitazione o nel luogo di lavoro, con “un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo”, “difende la propria o la altrui incolumità” o i “beni propri o altrui” dal ”pericolo di aggressione” di un uomo che non “desiste”, esercita una “difesa legittima” e dunque non è punibile se “costretto” dal “pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Lo dice il Codice penale (articolo 52), modificato dal centrodestra nel 2006 (ministro della Giustizia Roberto Castelli, leghista) in senso più favorevole ai derubati. Se poi ricorrano o meno queste condizioni, lo stabilisce il giudice che, in caso negativo, procede per “eccesso colposo di legittima difesa” (articolo 55). Ora quegli articoli, e anche altri sulle pene per i furti in appartamento e le violazioni di domicilio, stanno per essere di nuovo modificati dalla legge voluta dalla stessa Lega e già approvata in Senato a novembre dalla maggioranza giallo-verde. I 5 Stelle, salvo sorprese e con molti mal di pancia, la voteranno anche a Montecitorio. Il Pd, invece, alza le barricate e grida alla barbarie e al Far West. E non avrebbe tutti i torti, se nel 2017 non avesse a sua volta approvato alla Camera col resto del centrosinistra una riforma della materia, firmata da David Ermini (ora vicepresidente del Csm) e poi lasciata morire in Senato. Ora facciamo un gioco: “Trova le differenze”.

Questa è la modifica targata Pd all’articolo 52 sulla legittima difesa: “Si considera legittima difesa, nei casi di cui all’articolo 614 (casa, negozio, ufficio, azienda ecc, ndr)…, la reazione a un’aggressione commessa in tempo di notte ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicati con violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia o con inganno”. Questa invece è la principale modifica targata Lega allo stesso articolo, oltre a quella che stabilisce “sempre” a priori la proporzionalità fra difesa e offesa in caso d’intrusione: “Nei casi previsti dall’articolo 614 (casa, negozio, ufficio, azienda ecc., ndr)… agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”. A parte la leggendaria boiata del “tempo di notte” (che il Pd promise di eliminare al Senato, estendendo la norma “h 24”), le conseguenze delle leggi Pd e Lega sono identiche. Anzi, le maglie di quella del Pd erano persino più larghe, perché parlavano genericamente di “reazione” (che comprende tutto, anche il colpo alla nuca del ladro in fuga).
Invece la Lega si limita al più prudente verbo “respingere” (che non pare includere il colpo mortale).
Questa è la modifica targata Pd all’articolo 55 sull’eccesso colposo di legittima difesa: “La colpa dell’agente (chi uccide o ferisce l’intruso senza alcun diritto, ndr) è sempre esclusa quando l’errore è conseguenza del grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione”. Questa invece è la modifica targata Lega allo stesso articolo: “La punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o dell’altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’art. 61, primo comma, n.5 (“l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”, ndr), ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”. Anche qui conseguenze identiche: si giustifica pure chi uccide chi non minaccia nessuno con due supercazzole a fotocopia: il Pd con il “grave turbamento psichico”, la Lega col “grave turbamento” da “pericolo in atto”. Cioè si può ammazzare pure l’intruso disarmato che però minaccia, anche implicitamente (senza dirlo), di usare un’arma.
La legge Pd prevedeva (e giustamente) che fosse lo Stato a pagare le spese processuali e gli onorari degli avvocati degli imputati assolti o prosciolti per legittima difesa. La legge Lega prevede (e giustamente) che sia lo Stato a pagare le spese processuali e gli onorari degli avvocati degli imputati assolti o prosciolti per legittima difesa.
Fine del gioco. Che ha una conclusione e una morale. La conclusione è che, per fortuna, il Pd e la Lega non sanno mai quello che fanno: pensano che basti una legge, peraltro scritta coi piedi, per impedire ai magistrati di indagare chi uccide l’intruso; e intanto inventano sempre nuove condizioni (“grave turbamento”, “situazione di pericolo”) che andranno accertate dai pm e dai giudici (e da chi, se no?), indagando e talora processando gli sparatori che essi pensano di immunizzare anche dalle indagini. La morale è che quasi tutto quel che avviene nel primo anno dell’Era dei Cattivi era già accaduto – in scala, in nuce o tale e quale – negli ultimi anni dell’Era dei Buoni. Naturalmente quelli del Pd sono liberissimi di cambiare idea e di criminalizzare chi fa quel che facevano loro fino all’altroieri. Non sarà la prima né l’ultima volta: hanno insultato la Raggi per il no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 dopo aver approvato e applaudito il no di Monti alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020; hanno deriso B. perché la menava col Ponte sullo Stretto e poi hanno rilanciato il Ponte sullo Stretto; hanno promesso l’Anticorruzione, con la blocca-prescrizione e il Daspo ai corrotti, poi hanno votato contro e gridato al “giustizialismo manettaro” quando l’ha presentata il ministro Bonafede. Come se le leggi fossero giuste solo perché le propongono loro e sbagliate solo perché le presentano gli altri. Da questi voltagabbana non si può pretendere coerenza. Ma sarebbero gradite almeno le scuse.
“Trova le differenze” di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 6 Marzo 2019

L’agghiacciante reportage di Piazza Pulita sull’inferno dei lager libici – Ora non possiamo più dire che non sapevamo – Ecco il prezzo dei VOSTRI porti chiusi! Ecco il prezzo della VOSTRA tranquillità!

 

lager libici

 

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L’agghiacciante reportage di Piazza Pulita sull’inferno dei lager libici – Ora non possiamo più dire che non sapevamo – Ecco il prezzo dei VOSTRI porti chiusi! Ecco il prezzo della VOSTRA tranquillità!

Le telecamere di La7 l’interno dei campi di schiavitù libici: poche immagini, scorci d’inferno di cui siamo tutti complici.

È difficile far uscire delle immagini dai lager libici. E quelle poche che riusciamo a vedere, come giustamente spiega Gad Lerner ospite a Piazza Pulita, sono quelle che gli schiavisti vogliono far vedere. Perché il messaggio sia chiaro: chi non lavora verrà torturato, stuprato e ucciso.
Le poche immagini che riusciamo a recuperare, però, sono sufficienti. E non ci potranno assolvere, perché noi sappiamo cosa sta succedendo al di là del Mediterraneo. Non solo lo sappiamo, ma ne siamo complici: perché grazie agli accordi con la Libia, le tasse degli italiani vanno a riempire le tasche di chi finanzia queste carceri, questi campi di sterminio.

Nel servizio di Piazza Pulita viene specificato: “schiavi non è un errrore di traduzione”. Le telecamere di la7 riescono a intervistare, a volto copertissimo, due di questi trafficanti che spiegano con atroce schiettezza: “finché il loro debito non è estinto, noi li facciamo lavorare. Se sbagliano, saranno torturati. Alcuni li uccidiamo, per dare un esempio agli altri. Le donne le facciamo prostituire”.

Proprio le donne sono la merce di scambio più preziosa ed è per questo che su quei barconi che vediamo, ormai inerti, nei telegiornali vediamo quasi sempre solo uomini: perché non le fanno partire facilmente. Molte di loro rimangono incinte a causa delle violenze subite, ma nessuno si occupa di loro: coloro che riescono a partorire vedono morire i loro figli di fame.

“Questo Governo ha aggiunto a questa narrazione un’atrocità” continua Gad Lerner, “l’atrocità di dire che i migranti che vengono qui sono ‘alti, belli, palestrati e vaccinati’ quando non è palesemente vero. L’atrocità di dire che chi li andava a salvare, le Ong, erano ‘taxi del mare’. E ci si mettono anche i governi precedenti: le Ong sono andate a riempire un vuoto della Marina Militare, che il governo Renzi ha deciso non potevamo più sostentare, perché nove milioni di euro al mese erano troppi”.

Siamo tutti colpevoli, insomma. E davanti a queste immagini, non riusciamo a fare altro che rimanere in silenzio.

QUI il servizio di Piazzapilita: dentro la Libia

 

Fonti:

https://www.globalist.it/world/2019/03/07/non-possiamo-dire-che-non-sapevamo-mostrato-l-inferno-dei-lager-libici-2038418.html

http://www.la7.it/piazzapulita/video/esclusivo-dentro-la-libia-07-03-2019-265343

Gli Usa dichiarano apertamente che faranno crollare il governo di Maduro – Gianni Minà aveva già previsto tutto 2 anni fa: “Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela che gli Stati Uniti VOGLIONO”

 

Maduro

 

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Gli Usa dichiarano apertamente che faranno crollare il governo di Maduro –  Gianni Minà aveva già previsto tutto 2 anni fa: “Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela che gli Stati Uniti VOGLIONO”

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Cosa sta succedendo in Venezuela? La risposta ce l’ha data Gianni Minà già 2 anni fa: “Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela che gli Stati Uniti VOGLIONO”

Venezuela, intervista a Gianni Minà: “Il vero obiettivo è quello di impadronirsi del petrolio venezuelano. Si può condannare alla fame un paese strategico che fa comodo all’economia di un altro paese? Pare di sì, in barba a tutte le dichiarazioni di moralità e di etica della politica”

Gli Usa dichiarano apertamente che faranno crollare il governo di Maduro

Il popolo e il Governo cubani hanno mostrato il loro appoggio al presidente Nicolás Maduro e all’unione civico-militare nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, di fronte al tentativo di fratturare la democrazia in questa nazione con un colpo di Stato guidato dagli Stati Uniti.

«Voglio avvisare la comunità internazionale che si prepara una modalità di guerra contro il Venezuela indirizzata a provocare il caos interno mediante l’incursione di paramilitari, mercenari e alcuni traditori ».

Gli Stati Uniti continuano nel loro perverso affanno di fabbricare falsi pretesti per giustificare l’intervento e l’aggressione al Venezuela, ha assicurato il Presidente cubano Miguel Díaz-Canel Bermúdez nel suo account di Twitter.

«Alziamo le nostre voci per Giù le mani Dal Venezuela», ha detto il mandatario in questa rete sociale.

Anche il cancelliere dell’Isola, Bruno Rodríguez Parrilla, ha sostenuto che il Governo statunitense mantiene il suo piano d’aggressione contro questo paese. Non ha soddisfatto le sue intenzioni con la risoluzione vietata il 28/2 nel Consiglio di Sicurezza della ONU, ma persisterà, ha detto in un tuit.

Il popolo e il Governo cubani hanno mostrato il loro appoggio al presidente Nicolás Maduro e all’unione civico -militare nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, di fronte al tentativo di fratturare la democrazia in questa nazione mediante un colpo di Stato, guidato dagli Stati Uniti.

Gli USA hanno annunciato, domenica 3 marzo, i loro piani per creare una coalizione con il preciso obiettivo di far cadere il governo del presidente del Venezuela, Nicolás Maduro.

Lo ha fatto sapere l’assessore alla Sicurezza Nazionale, John Bolton, in un’intervista con la CNN. Bolton ha affermato che questa coalizione dev’essere “più ampia possibile”, e che il suo obiettivo consisterà i ottenere un cambio d’ amministrazione nel paese sudamericano, ha informato PL.

Ma Bolton è andato oltre ed ha aggiunto: «Seguiamo con attenzione Cuba, Nicaragua e Maduro».

Bolton non parla nè a nome della democrazia nè a favore di aiuti umanitari, ma sostiene chiaramente l’applicazione della Dottrina Monroe, principio della politica estera degli USA basato nel precetto dell’ America per gli americani, senza che gli importi la destinazione che si vogliono dare i paesi della regione, come quella scelta da Cuba, appoggiando in maniera forte, il trasparente, partecipativo e democratico un referendum , la sua Costituzione, che nel primo articolo e primo paragrafo dice: Cuba è uno Stato socialista di diritto e giustizia sociale, democratico, indipendente e sovrano.

L’assessore alla Sicurezza Nazionale ha affermato anche che gli Stati Uniti possono realizzare i loro piani senza appoggio internazionale. Il ministro delle Relazioni Estere della Russia, Serguéi Lavrov, ha allarmato su come la Casa Bianca sta portando la Dottrina Monroe a un nuovo livello per eliminare i governi che non rispondono ai suoi interessi.

In un’intervista con la partecipazione della vicepresidente del Venezuela, Delcy Rodríguez, e la presidente del Consiglio della Federazione Russa (il Senato), Valentina Matviénko, a Mosca, l’anfitriona ha segnalato: «Ci preoccupa che gli USA possano decidere qualsiasi provocazione, perché si sparga sangue», ed ha ratificato l’intenzione del suo paese di prendere tutte le misure possibili per non permettere un intervento militare in Venezuela, ha segnalato l’agenzia di stampa Sputnik.

Il dirigente socialista e protettore dello stato venezuelano de Táchira, Freddy Bernal, ha denunciato che si sta utilizzando l’agenzia dell’organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati, per nascondere sotto lo status di rifugiati tutta la logistica di gruppi irregolari che pretendono di attaccare il Venezuela e sono coordinati dal genrale in pensione ed evaso dalla giustizia venezuelana Clíver Alcalá Cordones.

In esclusiva con Telesur, Bernal ha invitato l’agenzia della ONU a pronunciarsi sulla collaborazione o meno dell’organismo con questi gruppi. Poi ha avvertito che negli Stati Uniti si sta avanzando verso una nuova modalità di guerra contro la nazione sudamericana.

I dirigenti venezuelani hanno denunciato che gruppi irregolari di mercenari e paramilitari si organizzano nel dipartimento colombiano di Norte de Santander per fare incursioni in Venezuela.

Basato su rapporti dell’intelligenza provenienti dalla Colombia, Bernal ha avvertito che queste persone, più di 400, si trovano in tre alberghi nella località di Cúcuta e preparano attacchi a obiettivi civili e militari, per generare caos e destabilizzazione.

«È una nuova modalità di guerra, che comprende uccisioni selettive di leaders politici e militari», ha detto ed ha reiterato le dichiarazioni realizzate dalla vicepresidente del paese, Delcy Rodríguez, e dall’ambasciatore del Venezuela nella ONU, Samuel Moncada, sulla creazione da parte dell’opposizione di un presunto esercito di liberazione.

Il protettore dello stato di Táchira ha chiamato il popolo venezuelano a stare ben attento a futuri tentativi d’invasione contro il paese.

TRATTO DA: http://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/03/08/gli-usa-dichiarano-apertamente-che-faranno-crollare-il-governo-di-maduro-0113173?fbclid=IwAR3AtpblYIGILFalR0EOV8AMd4Dd97W0OWO3atbDu9V1GrtAUqoMdjeihgs

 

Forse a quelli che attaccano i Cinquestelle per la loro battaglia contro il Tav non hanno ancora detto niente… Sapere che alla Francia non interessa affatto? Non hanno cacciato un solo Euro ed i fondi sono congelati fino al 2038?

 

 

Tav

 

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Forse a quelli che attaccano i Cinquestelle per la loro battaglia contro il Tav non hanno ancora detto niente… Sapere che alla Francia non interessa affatto? Non hanno cacciato un solo Euro ed i fondi sono congelati fino al 2038?

Da Il Fatto Quotidiano del 5 marzo 2019

Emmanuel Macron s’appella all’“amore”. È “l’amour” che può superare i conflitti tra Italia e Francia. Ma nell’intervista a Fabio Fazio, a dispetto dei titoli dei giornali italiani, il presidente francese non pronuncia parole nette sul Tav: “È una cosa molto importante per le regioni transfrontaliere. È una cosa molto attesa, ed è la scelta che è stata fatta dai nostri predecessori che hanno sottoscritto quegli accordi che noi abbiamo confermato”. Le parole si moltiplicano, ma senza mai dire: si faccia, e si faccia subito. Anzi: “Quando si va troppo veloci, si fanno errori, io ne ho fatti in passato”.

Non stupisce, questa cautela di Macron. Perché a dispetto della leggenda secondo cui la Francia vuole il Tav e l’Italia frena, Parigi ha da tempo mostrato molto scetticismo sulla Torino-Lione. Nei fatti: non ha ancora stanziato nemmeno un euro per il tunnel di base; e ha rinviato addirittura a dopo il 2038 la realizzazione del tratto francese. Ma si sa: quando c’è “l’amour” è brutto parlare di soldi.

Il cerino di Macron. Il nodo è l’articolo 16 dell’Accordo tra Italia e Francia del 30 gennaio 2012 che stabilisce le regole per la realizzazione della Torino-Lione ed è stato ratificato dal Parlamento italiano e da quello francese. Dice che “La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l’avvio dei lavori delle varie fasi della parte comune italo-francese della sezione internazionale”. Orbene, questa “condizione preliminare” non è soddisfatta, perché la Francia non ha reso finora disponibile neppure un centesimo per la fase che dovrebbe iniziare l’11 marzo a Parigi, con il lancio dei primi due bandi per il tunnel da parte del cda di Telt (la società italo-francese che deve realizzare la Torino-Lione).

Ne discutono oggi, 5 marzo 2019, in un vertice del governo italiano, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Danilo Toninelli. I due bandi riguardano l’intero tratto francese del traforo, i tre quarti dell’opera, 45 dei 57,5 chilometri totali, del valore di 2,3 miliardi di euro. Senza “disponibilità del finanziamento”, dice l’Accordo tra Italia e Francia del 2012, non può esserci “l’avvio dei lavori”. L’Italia ha stanziato, per questa fase della realizzazione del tunnel (costo 9,63 miliardi di euro), 2,63 miliardi, il 27 per cento della spesa totale, assegnati dalla legge di stabilità 2013 (governo Monti) e approvvigionati in quote annuali nel bilancio dello Stato tra il 2015 e il 2027. L’Unione europea, dopo i finanziamenti per gli studi e i lavori preliminari, per il tunnel ha messo a disposizione 0,57 miliardi, il 6 per cento.

La Francia zero: non ha ancora deciso alcuna programmazione futura su base pluriennale per i finanziamenti del traforo, neppure attraverso l’agenzia pubblica Afitf (Agence de financement des infrastructures de transport de France) che ha pagato i lavori preparatori realizzati finora. Il Fatto Quotidiano ha chiesto al ministero dei trasporti francese se, quando e quanto vorrà finanziare l’opera. Al momento non ha ricevuto risposta. In queste condizioni, a dar retta all’articolo 16 dell’Accordo, l’11 marzo il cda di Telt dovrebbe dunque fermarsi e chiedere a Macron che cosa vuol fare del Tav. Gliel’hanno già chiesto i rappresentanti della regione Auvergne-Rhone-Alpes, guidata dai Repubblicani, che accusano il presidente di scarso amore per la Torino-Lione. La spiegazione che gira in Francia è questa: Macron non lo vorrebbe fare, il Tav, giudicato troppo costoso e poco utile; ma tira in lungo, lasciando che sia l’Italia a restare con il cerino della decisione in mano.

Le calende francesi. Il tunnel di base di 57,5 chilometri è per il 21 per cento (12,5 chilometri) in territorio italiano, per il 79 per cento (45 chilometri) in territorio francese. Nella ripartizioni dei costi, però, l’Italia paga di più (il 58 per cento del totale), con il risultato che l’esborso per l’Italia è di 280 milioni a chilometro, per la Francia 60 milioni a chilometro. Questa asimmetria è giustificata dal fatto che i francesi hanno però molte più spese per il loro tratto nazionale, dallo sbocco del tunnel di base fino a Lione, che comprende anche due tunnel a due canne, quello di Belledonne e quello di Glandon.

Ma nel gennaio 2018 è stata presa in Francia una decisione che ribalta gli accordi: il Coi (Conseil d’orientation des infrastructures) presieduto dal deputato socialista Philippe Duron, decide di rimandare le opere del tratto francese a dopo il 2038. Lo scrive il Coi a pagina 77 del suo rapporto sulla mobilità francese: “Ritiene che non sia stata dimostrata l’urgenza di intraprendere questi interventi, le cui caratteristiche socioeconomiche appaiono chiaramente sfavorevoli in questa fase. Sembra improbabile che prima di dieci anni non vi sia alcun motivo per continuare gli studi relativi a questi lavori che, nel migliore dei casi, saranno intrapresi dopo il 2038”.

Un rinvio alle idi di marzo, o alle calende francesi. Intanto l’Italia paga di più il tunnel di base, finanziando di fatto la Francia in cambio di lavori che la Francia forse farà, “nel migliore dei casi”, dopo il 2038. Ci vuole davvero molto “amour” per fare da banca a Macron.

20 anni di Euro: vincitori e vinti …E provate ad indovinare chi c’è tra i “vinti”, all’ultimo posto tra i “vinti”…!

 

Euro

 

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20 anni di Euro: vincitori e vinti …E provate ad indovinare chi c’è tra i “vinti”, all’ultimo posto tra i “vinti”…!

 

Pubblichiamo ora integralmente lo studio del Centre for European Policy di cui avevamo dato notizia il 26 febbraio nell’articolo di Giuseppe Masala “la non valutabilità della Tragedia dell’Euro” e quindi in quello di Francesco Piccioni, ringraziando Francesco Spataro per la traduzione.

Lo studio in questione non ha trovato molto spazio nei media italiani, per lo meno in quelli principali, se non per dar conto di polemiche tra economisti sul metodo utilizzato.

Scelta curiosa,  certamente, perché il Cep non è un istituto secondario dove magari si annidano “sovranisti populisti” intenti a fabbricare fake news. Al contrario, è un seriosissimo think tank tedesco che si è dato il compito di analizzare i progetti di legge e la legislazione dell’Unione Europea sulla base dei criteri fissati dall’ordoliberismo in materia di “libero mercato”. Insomma, vi si può trovare qualche espressione di soddisfazione per il risultato raggiunto, non certo indignazione per il saccheggio operato ai danni di alcuni paesi.

Per i non addetti ai lavori in teoria economica: l’ordoliberismo “è una variante del pensiero socio-liberale nata e sviluppata dalla scuola economica di Friburgo: l’ordoliberalismo si basa sul presupposto che il libero mercato ed il laissez faire da soli non risultano in grado di garantire l’equità sociale e che senza di essa i singoli individui non possono operare in condizioni di pari opportunità; lo Stato, pertanto, deve tutelare la proprietà privata, la libera iniziativa privata e deve assicurare un livello minimo ed universale di protezione sociale, in tal modo facendosi garante del fatto che ogni cittadino possa effettivamente godere di un pari trattamento di fronte alla legge“.

Establishment tedesco puro, insomma, tanto che si usa definire ordoliberale lo stesso impianto dei trattati costitutivi dell’Unione Europea. A riprova, l’istituto è attualmente guidato da  Lüder Gerken, presidente del comitato esecutivo dello Stiftung Ordnungspolitik and the Friedrich-August-von-Hayek Foundation. Il consiglio direttivo riunisce economisti ed ex ministri o ex commissari della Ue, come Roman HerzogLeszek BalcerowiczFrits BolkesteinUdo Di FabioJürgen Stark, Holger Steltzner and Hans Tietmeyer. Il Gotha della Ue, insomma…

Di certo ricorderete almeno Bolkestein che, da Commissario al mercato interno della Ue, fu l’autore della famosa “direttiva” Ue che avrebbe permesso – se non fosse stata respinta – di pagare un lavoratore straniero (anche se “comunitario”) assunto in un qualsiasi paese Ue secondo lo standard salariale del paese di origine. In Francia la sua direttiva divenne occasione di una ferocissima e anche spassosissima polemica pubblica contro l’”invasione degli idraulici polacchi” che ne sarebbe derivata…

Dunque, se un istituto che più “europeista” e germanocentrico non potrebbe essere pubblica uno studio in cui si spiega, dati alla mano, che la Germania è il paese che più ha guadagnato dall’introduzione dell’euro, mentre Francia e Italia quelli che ci hanno rimesso di più, in termini di ricchezza, vuol dire che le cose stanno davvero così. Al massimo potrebbero essere rimproverati di scarso senso dell’opportunità, visto che un studio del genere rischia di diventare benzina sul fuoco della propaganda in vista delle elezioni europee.

Non a caso, nelle “conclusioni” dedicate al percorso di ciascun paese, segue sempre l’indicazione tipica degli euroburocrati di Bruxelles: proseguire con il percorso di riforme strutturali per aumentare la competitività senza mai aumentare le perdite economiche.

Ma sapete come sono certi tecnocrati, sono così convinti di essere superiori e strapotenti, che se ne fottono dell’opportunità, anche quando confessano – anzi: rivendicano – di esser stati autori di una rapina che sarebbe stato più vantaggioso, per loro, nascondere. I media italici si sono impegnati a fare proprio questo, per evidente paura di incrementare l’ostilità pubblica contro Ue e moneta unica.

Noi, ovviamente, no. Anzi sollecitiamo tutti i compagni – a partire da quelli che ancora pensano che “la Ue sbaglia in molte cose, ma meglio che i nazionalismi”, oppure che “il problema sono alcuni trattati, non l’euro” – a studiarsi questo report e tutti i grafici (almeno quelli relativi a Germania, Francia e Italia). Potranno così evitare di essere pesantemente sbugiardati per manifesta ignoranza o, al contrario, di essere ringraziati dall’establishment per lo stesso motivo.

Perché la domanda da porsi, semplicissima, è: anche nell’eventualità onirica che una “coalizione di estrema sinistra” vinca le elezioni politiche con più del 51%, come diavolo faresti a mettere in atto politiche di miglioramento delle condizioni di vita mantenendo però una moneta che brucia sistematicamente quote rilevanti di ricchezza prodotta?

Buona lettura.

*****

20 anni di Euro: vincitori e vinti

Uno studio empirico

Febbraio 2019

Tabella 1

A 20 anni dalla sua introduzione l’Euro rimane una misura monetaria controversa. Il CEP ha usato il metodo di controllo sintetico per esaminare quali sono paesi che hanno guadagnato e quali hanno perso dal momento della sua introduzione come moneta unica.

  • La Germania ha guadagnato in assoluto più degli altri paesi dall’introduzione dell’Euro; quasi 1.900 miliardi fra il 1999 ed il 2017. Equivale ad € 23.000 per abitante. Esaminando gli altri casi, soltanto i Paesi Bassi hanno ricavato benefici sostanziali dall’introduzione della moneta unica.
  • Nei primissimi anni subito dopo la sua introduzione, la Grecia guadagnò enormemente, ma dal 2011 ha subito solo ingenti perdite. Durante l’intero periodo il bilancio finale di 2 miliardi di Euro e di € 190 pro-capite è a stento positivo.
  • In tutti gli altri Paesi analizzati a causa dell’Euro c’è stato un calo della ricchezza: 3,6 miliardi di Euro in Francia, fino ad arrivare all’Italia con una perdita di € 4.3 miliardi. Se ragioniamo per singolo abitante abbiamo una perdita pro capite di € 56,000 in Francia e di € 74.000 in Italia.

 

1 — INTRODUZIONE

Quest’anno l’Euro celebra il suo ventesimo compleanno; è dal 1° gennaio 1999, infatti, che è stato adottato come moneta unica dalla BCE. Alle commemorazioni per ricordare questo evento è stata però messa la sordina per effetto della crisi che la moneta sta subendo e che continua a covare sotto la cenere.

La crisi dell’Euro è iniziata in Grecia alla fine del 2009, ma subito dopo ha travolto numerose altri paesi dell’eurozona. All’apice di questa crisi, a metà del 2012, 5 dei 17 paesi appartenenti allora all’eurozona — Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Cipro — hanno avuto bisogno di un aiuto finanziario. Con il contributo dei fondi di assistenza espressamente creati (EFSM, EFSF ed ESM) e di prestiti bilaterali, questi paesi ricevettero rispettivamente, € 261,9 mld la Grecia, l’Irlanda € 45 mld, la Spagna € 41,3 mld, il Portogallo € 50,3 mld e Cipro € 6,3 mld.

Le preoccupazioni si ridussero solo il 26 luglio 2012, quando Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, promise che durante il suo mandato avrebbe fatto il possibile per tutelare l’Unione Monetaria: “Durante il nostro mandato, la BCE è pronta a fare qualsiasi tentativo necessario a preservare l’Euro.” (1) Con questa dichiarazione era stata appena scongiurata una dissoluzione dell’Euro.

Sebbene il Presidente Draghi sia stato capace di rassicurare tutti gli operatori finanziari dei mercati globali, questa promessa non riuscì a fare nulla per cambiare i principali problemi dell’eurozona. In particolare rimase senza soluzione il problema legato alle differenze di competitività tra i paesi dell’area.

Il problema nasce dal fatto che i singoli paesi dell’eurozona non sono stati più in grado di svalutare la propria moneta per rimanere competitivi a livello internazionale, un metodo usato comunemente prima dell’introduzione della moneta unica. Da quel momento l’erosione della competitività internazionale porta ad una crescita economica minore, e di contro ad un aumento della disoccupazione simultaneo ad un crollo del gettito fiscale. In particolare Italia e Grecia si trovarono a registrare notevoli difficoltà dovute al fatto, come si diceva, di non poter svalutare la propria moneta.

Nella pratica, questa tendenza ha portato ad una riflessione su pro e contro della moneta unica in ogni paese dell’eurozona. Da un lato i cittadini di alcuni paesi lamentano difficoltà per la scarsa crescita economica ed un alto tasso di disoccupazione, dall’altro la popolazione di altri paesi dell’eurozona critica l’intervento di Draghi ed il fatto che il sostegno finanziario li faccia sentire responsabili per i paesi in difficoltà. Venti anni dopo la sua introduzione la questione dell’euro è pertanto più controversa che mai.

Mancano ancora parecchi dati empirici attendibili riguardanti i paesi che hanno guadagnato dall’introduzione dell’euro e quelli che invece ne sono usciti sconfitti; sebbene siano stati pubblicati diversi studi sulla validità dell’Euro come incentivo al commercio fra i paesi dell’eurozona (2) i risultati non sono così netti. Inoltre, concentrarsi esclusivamente sugli scambi commerciali getta luce solo su un aspetto poco rilevante dell’introduzione dell’Euro, mentre viene trascurato il fatto che gli svantaggi maggiori dell’introduzione della moneta unica nascono proprio dal fatto che i paesi dell’eurozona non possono più svalutare la propria moneta.

Un indicatore significativo per capire se la moneta unica ha, nel complesso, portato ad una crescita o ad una flessione in termini di ricchezza e benessere per i singoli paesi della zona euro è l’andamento del PIL pro-capite della popolazione. Questo infatti è alla base dell’analisi empirica che segue, nella quale il metodo del controllo sintetico viene utilizzato nei confronti dei paesi dell’eurozona selezionati per determinare come il PIL pro-capite si sarebbe evoluto se questi non avessero aderito all’eurozona.

Mettendo a confronto questo dato con la tendenza attuale del PIL pro-capite si dimostra l’impatto che ha avuto sulla ricchezza l’adesione all’Euro. L’analisi può essere condotta anche solo nei confronti dei paesi della zona euro nei quali c’è stato un lungo gap, un intervallo fra l’accesso alla UE e l’introduzione della moneta unica, dato che questo è il solo modo per essere sicuri che il risultato dell’analisi non sia stato alterato dall’annessione alla UE e al suo mercato interno.

L’analisi è perciò stata condotta solo con riferimento a Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Sebbene, come membri fondatori dell’Unione Europea, abbiano un intervallo congruo tra l’accesso alla UE e l’introduzione dell’Euro anche Lussemburgo ed Irlanda, i dati disponibili non permettono un risultato attendibile per questi ultimi due Paesi. (3)

La sezione 2 contiene una breve nota esplicativa su cosa è il metodo di controllo sintetico. La sezione 3 fornisce una sintesi degli effetti che l’introduzione della moneta unica ha avuto sulla ricchezza dei Paesi appartenenti alla zona euro esaminati. La sezione 4, infine, contiene il profilo, specificando gli effetti dell’introduzione dell’Euro nell’ intervallo che va dal1999 al 2007, di questi ultimi Paesi.

 

2 — METODOLOGIA: IL METODO DI CONTROLLO SINTETICO

La domanda che ci si è posti è stata: quanto sarebbe stato elevato il PIL pro-capite di uno specifico paese della zona euro se quello stesso paese non avesse introdotto la moneta unica a suo tempo?A questa domanda si è risposto con gli strumenti del metodo di controllo sintetico.(4)

Il metodo permette di quantificare gli effetti di una misura politica – in questo caso l’introduzione dell’Euro — in base ad una valutazione specifica, in questo caso il PIL nazionale pro-capite.(5) Usando il metodo di controllo sintetico, l’andamento reale del PIL pro-capite di un paese dell’eurozona può essere messo a confronto con un andamento ipotetico, supponendo che il paese in esame non abbia introdotto la moneta unica (scenario controfattuale).

Lo scenario controfattuale, o alternativo, è generato estrapolando l’evoluzione del PIL pro-capite in quei paesi che non aderirono all’Euro e che negli anni precedenti avevano segnalato orientamenti economici molto simili a quelli dei paesi dell’eurozona presi in considerazione, il cosiddetto gruppo di controllo.

Un algoritmo assegna uno specifico coefficiente detto di correzione (da 0% a 100%) ad ogni paese del gruppo di controllo al fine di ottenere la migliore fotografia del paese, assunto che la somma dei coefficienti correttori sia 100%. A tal proposito, gli specifici coefficienti di correzione sono selezionati in modo tale che la media ponderata dell’andamento del PIL pro-capite dei paesi del gruppo di controllo richiami il più possibile la tendenza del PIL pro-capite del paese della zona euro prima dell’introduzione della moneta unica.(6) I coefficienti di correzione non si basano su valutazioni di verosimiglianza, ma sono determinati attraverso un processo di ottimizzazione econometrico.

Il metodo di controllo sintetico è migliore di altri metodi che usano come strumento di confronto solo un singolo paese della zona non-euro, perché le probabilità di ottenere un andamento comparabile per il periodo antecedente l’introduzione dell’euro, e dunque uno scenario controfattuale, alternativo per il periodo seguente, sarebbe di gran lunga superiore se, piuttosto che un solo paese, venisse preso in considerazione l’insieme di diversi paesi, a ciascuno dei quali sia stato dato un differente coefficiente di correzione.

Determinare una media ponderata del gruppo di controllo è l’asse portante del metodo di controllo sintetico. Include due fasi: la prima è selezionare i paesi nel mondo che andranno a costituire ilgruppo di controllo per ogni singolo paese dell’eurozona; i paesi devono soddisfare i seguenti requisiti:

Punto uno, devono essere paesi che durante l’intero periodo di riferimento — dal 1980 al 2017 — non sono stati interessati da importanti shocks nazionali specifici che potrebbero distorcere i risultati. Secondariamente, non possono appartenere all’eurozona e, terzo il PIL pro-capite negli anni precedenti l’introduzione dell’Euro (cosiddetto periodo pre-adesione) di un paese del gruppo di controllo non può divergere significativamente dal PIL del paese dell’eurozona cha va ad esaminare (sia verso l’alto che verso il basso). (7)

Questa condizione assicura che i paesi con un livello di sviluppo significativamente alto o basso non distorcano i risultati per lo scenario controfattuale.

Più lungo sarà il periodo di pre-adesione scelto, più affidabili saranno i risultati. Riferiamo i nostri calcoli nel periodo che va dal 1980 al 1996. Suona strano che, terminando la forbice di tempo nel 1996, il tasso di conversione sia stato fissato improrogabilmente non prima del 1 gennaio 1999, tre anni dopo. Si può ipotizzare, o quantomeno non escludere che a causa dell’imminente introduzione dell’Euro gli operatori di mercato avessero già cambiato atteggiamento prima del 1999. (8)

Infine la terza condizione: i gruppi di controllo per i vari paesi dell’eurozona presi in esame sono costituiti ciascuno da paesi differenti e sono qui riportati nell’Allegato.

Il secondo passo è determinare un coefficiente, fra 0% e 100% per ogni paese nel gruppo di controllo, utilizzando un algoritmo econometrico, così che la media ponderata del gruppo di controllo riproduca nel modo più accurato possibile la tendenza del PIL pro-capite nel paese dell’eurozona preso in esame, prima dell’introduzione della moneta unica.

Più grande sarà la corrispondenza tra un paese nel gruppo di controllo e quello preso in esame nell’eurozona prima dell’introduzione dell’Euro, più grande sarà il suo coefficiente. Per ottenere il coefficiente, anzitutto viene comparato l’andamento del PIL pro-capite nei paesi del gruppo di controllo (prezzi stabiliti dal 2010 in US $)(9) con quello dei paesi dell’eurozona presi in esame; in un secondo momento viene tenuto conto di dati economici aggiuntivi con grande influenza sul PIL pro-capite; e specificatamente il tasso di inflazione, la produzione industriale e quella del comparto dell’edilizia (in % di PIL), la formazione di capitale fisso (in % di PIL) e le importazioni ed esportazioni totali di materie prime e servizi (in % di PIL).(10)

Nell’interpretare i risultati si deve considerare che il metodo di controllo sintetico presuppone implicitamente che né il paese dell’eurozona preso in esame, né i paesi corrispondenti del gruppo di controllo con un coefficiente < di 0 abbiano adottato, dopo l’introduzione dell’Euro, delle riforme per accrescere il PIL pro-capite, né abbiano preso misure per ridurlo.

Raramente questa ipotesi è vera, ma comunque non invalida il metodo di controllo sintetico: punto uno, i risultati risultano così fondati che nessuna timida riforma avrebbe potuto metterli in discussione e, in secondo luogo, in caso di riforme sostanziali, dipende da come sarebbero state attuate. Ad esempio, se un paese dell’eurozona preso in esame avesse realizzato una riforma sostanziale che avrebbe incrementato il PIL pro-capite dopo l’introduzione dell’Euro, ma i paesi nel gruppo di controllo non lo avessero fatto, in linea di principio si sarebbe tradotto in una sovrastima dei benefici dell’introduzione della moneta unica.

L’esperienza ha comunque dimostrato che, di fatto era l’Euro stesso che stimolava alcuni paesi dell’eurozona ad attuare riforme che, con tutta probabilità, in altre condizioni, non avrebbero mai attuato. Ovviamente in questo caso il risultato non risulterebbe alterato dall’attuazione o meno di una riforma che dir si voglia.

 

3 — SINTESI DEI RISULTATI SUGLI EFFETTI DELL’INTRODUZIONE DELL’EURO

Per ciascuno dei paesi dell’eurozona presi in esame, la Tabella 1 indica in Euro quanto sarebbe stato minore o maggiore il PIL pro-capite nel 2017 (colonna 2) e quello complessivo (colonna 3), se la moneta unica non fosse stata introdotta.

Tab.1: Effetti dell’introduzione dell’Euro sul PIL nel 2017

Nel 2017, fra tutti i paesi dell’eurozona presi in esame, soltanto la Germania ed i Paesi Bassi hanno guadagnato con l’introduzione della moneta unica. In Germania il PIL complessivo salì fino a 280 miliardi e quello pro-capite ad € 3.390. L’Italia invece ci ha rimesso più di tutti. Con l’avvento dell’Euro il PIL italiano ha perso 530 miliardi, che corrisponde ad una perdita di quello pro-capite di € 8.756. Anche in Francia l’Euro ha portato ad una significativa perdita di ricchezza: 374 miliardi sul PIL complessivo, che corrisponde ad € 5.570 di quello pro-capite.

La Tabella 2 mostra gli effetti dell’introduzione dell’Euro sulla ricchezza pro-capite (colonna 2) e complessiva (colonna 3) sull’intero periodo che va dall’introduzione della moneta unica – il 1999 per tutti i paesi, eccetto la Grecia che lo adottò nel 2001 – fino al 2017. Gli effetti sulla ricchezza vengono determinati sommando il valore del PIL annuale pro-capite e moltiplicando il risultato per la media nazionale del tasso di consumo (11) del paese dell’eurozona comparandola con il dato del periodo pre-adesione (12).

Tab.2: Effetti complessivi dell’introduzione dell’Euro sulla ricchezza 1999/2017

Pertanto in Italia nel periodo 1999/2017 l’introduzione dell’Euro ha causato una perdita di circa € 74.000 per abitante e di 4.300 miliardi per l’economia complessiva. Per la Francia la perdita complessiva è ammontata a circa € 56.000 pro-capite ed ad una complessiva di 3.600 miliardi. La Germania invece ci ha guadagnato circa € 23.000 pro-capite e circa 1.900 miliardi nel complessivo.

La dimostrazione che gli effetti dell’Euro sula ricchezza in Grecia siano ancora di segno positivo è dovuta al fatto che la Grecia nei primi anni subito dopo l’adesione alla moneta unica ha guadagnato enormemente. La situazione è cambiata nel 2011 due anni dopo che la bolla creata nel 2009 era scoppiata. Da allora l’Euro ha avuto un’influenza negativa anche sulla ricchezza della Grecia.

 

4 — RISULTATI PER PAESE DI APPARTENENZA

Questa sezione contiene i profili dell’andamento dei paesi appartenenti all’eurozona presi in esame: Belgio, Germania, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna.

Ciascun profilo inizia mostrando gli effetti dell’introduzione dell’euro sulla ricchezza di ogni paese, prendendo in esame l’intero periodo da quando è stata utilizzata la nuova moneta unica, sia per l’aspetto pro-capite che per quello dell’economia in generale.

Ogni profilo contiene anche due grafici: il primo mostra l’andamento attuale del PIL pro-capite nel paese dell’eurozona preso in esame dal momento dell’introduzione dell’euro (linea blu) e lo scenario alternativo (controfattuale) che mostra l’andamento ipotetico se il paese non avesse introdotto l’euro (linea arancio).

Il secondo grafico mostra l’influenza che annualmente ha avuto l’adozione dell’euro sul PIL pro-capite nel paese dell’eurozona preso in esame. I valori si riferiscono agli anni corrispondenti e quelli espressi in rosso (negativi) mostrano una riduzione del PIL pro-capite mentre quelli espressi in verde (positivi) mostrano un incremento. A complemento, ogni profilo contiene una conclusione che riassume i risultati principali per ciascun paese dell’eurozona interessato.

4.1 Belgio

Fig. 1.1: Andamento PIL pro-capite con e senza Euro (cifre espresse in €)

Fig.1.2: Influenza dell’introduzione dell’euro sul PIL pro-capite (cifre espresse in €)

Conclusioni: dal 2009 al 2012 il Belgio ha guadagnato dall’adesione all’euro mentre prima e dopo questo periodo ha subito delle perdite; nei dati aggregati con riferimento al periodo 1999/2017, l’euro ha prodotto perdite per 69 miliardi sul PIL complessivo e per € 6370 su quello pro-capite.

 

4.2 Germania

Conclusioni: in conseguenza dell’adesione all’euro la Germania ha guadagnato ogni anno, specialmente dalla crisi della moneta nel 2011, con l’eccezione del 2004 e del 2005. Nei dati aggregati con riferimento al periodo 1999/2017, l’euro ha prodotto un incremento di 19 miliardi sul PIL complessivo e di €23116 sul pro-capite. Pertanto la Germania ha guadagnato più di ogni altra nazione dall’euro.

 

4.3 Francia

Conclusioni: in Francia l’adesione all’eurozona ha portato a perdite annuali. Queste perdite si sommano ai 36 miliardi dall’introduzione della moneta unica. In totale corrisponde ad una perdita per € 55 996 pro-capite. Dopo l’Italia, la Francia quindi è il paese in cui l’euro ha prodotto le perdite più grandi. Questo andamento mostra che la Francia non ha ancora trovato un modo per rafforzare la propria competitività all’interno dell’eurozona. Nei dieci anni precedenti l’introduzione dell’euro, la Francia, a tal fine, ha regolarmente svalutato la sua divisa, ma dopo l’introduzione dell’euro non è stato più possibile; in luogo della svalutazione sono state necessarieriforme strutturali. Allo scopo di beneficiare in qualche modo della nuova moneta unica la Francia deve assolutamente perseverare sulla via delle riforme che il presidente Macron sta perseguendo.

 

4.4 Grecia

Conclusioni: in Grecia l‘accesso all’eurozona ha portato grandi benefici economici tra il 2001 ed il 2010. Nel 2011, dopo la bolla immobiliare scoppiata nel 2009, tutto è cambiato. Da allora l’euro ha determinato una caduta nell’economia e ne è conseguito che, dopo i guadagni nei primi anni dall’introduzione dell’euro, il bilancio complessivo alla fine del 2017 era appena positivo per circa 2 milioni di euro, mentre quello pro-capite per solo € 190. Per garantire che questo rimanga un’ipotesi di medio termine, il governo greco deve intraprendere una serie di riforme che includono misure per accrescere la competitività e per aumentare il clima degli investimenti per aumentare il PIL pro-capite. L’esempio della Spagna mostra che le riforme strutturali possono capovolgere il trend negativo senza mai aumentare le perdite economiche.

 

4.5 Italia

Conclusioni: fra i paesi presi in esame l’euro ha portato perdite economiche così elevate solo in Italia. Le perdite registrate dall’introduzione dell’euro sono attestate intorno ai 4300 miliardi per il PIL nazionale e intorno ad € 73605 per quello pro-capite. Tutto questo perché il PIL pro-capite italiano è in stagnazione da quando è stato introdotto l’euro. L’Italia non ha ancora trovato un modo per diventare competitiva all’interno dell’eurozona; nei decenni antecedenti l’introduzione della moneta unica aveva svalutato regolarmente la propria moneta a questo fine, ma dopo l’adesione all’euro non è stato più possibile ed è stato necessario ricorrere a riforme strutturali. L’esempio della Spagna dimostra come questo tipo di riforme possa ribaltare un trend negativo senza per questo aumentare mai le perdite economiche.

 

4.6 Paesi Bassi

Conclusioni: i Paesi Bassi hanno tratto profitto dall’euro ogni anno, sin dalla sua introduzione; specialmente nel 2008 e nel 2009. I dati aggregati mostrano una crescita di 346 miliardi nel nazionale e di € 21.003 per il PIL pro-capite. Solo la Germania, fra i paesi presi in esame ha guadagnato di più.

 

4.7 Portogallo

Conclusioni: il Portogallo ha tratto beneficio marginalmente dall’euro solo nei primissimi anni dopo la sua introduzione. Negli anni seguenti l’euro ha progressivamente portato a perdite economiche. I dati aggregati mostrano un aumento delle perdite nell’ordine di 424 miliardi nel bilancio complessivo e di € 40.604 in quello pro-capite. Solo Francia ed Italia hanno fatto peggio. Il Portogallo deve ricorrere anch’esso ad una serie di riforme quanto prima per accrescere il PIL pro-capite, se vuole giovarsi di qualche beneficio nel medio termine. Pertanto le condizioni generali per gli investimenti devono essere migliorate e la spesa pubblica utilizzata in misura maggiore per gli investimenti piuttosto che per i consumi.

 

4.8 Spagna

Conclusioni: la Spagna ha guadagnato dall’adesione all’euro dal 1999 al 2010; dal 2011 l’introduzione dell’euro si è tradotta in una riduzione della ricchezza nazionale, raggiungendo il suo apice nel 2014. Da quel momento il calo è stato costante. Le riforme che hanno intrapreso hanno ripagato i governi ma, dal momento che le perdite annuali tra il 2011 ed il 2017 sono state più ingenti dei guadagni della prima ora, attualmente il bilancio complessivo rimane negativo e si attesta a 224 miliardi e € 5.031 pro-capite. Tutto ciò terminerebbe in pochissimi anni se la Spagna seguisse decisamente la via delle riforme strutturali.

 

Allegato

Le tavole qui di seguito indicano quali nazioni fanno parte del “gruppo di controllo” per ciascuno dei paesi dell’eurozona preso in esame, e la misura utilizzata per creare uno scenario controfattuale (alternativo). I grafici seguenti mostrano l’andamento del PIL pro-capite attuale (linea blu) e quello ipotetico (linea arancio) dal 1980 al 2017.

Seguono i grafici di ciascun paese messi a confronto

A.1 Belgio

A.2 Germania

A.3 Francia

A.4 Grecia

A.5 Italia

A.6 Paesi Bassi

A.7 Portogallo

A.8 Spagna

Gli autori:

*Dr. Matthias Kullas, Capo del Dipartimento di Politiche economiche e fiscali

Alessandro Gasparotti, Analista politico del Dipartimento Politiche economiche e fiscali

Note

  1. Discorso di Mario Draghi Presidente della BCE alla Conferenza per gli investimenti globali a Londra del 26 luglio 2012 online all’ indirizzo web:https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2012/html/sp120726.en.html
  2. Consultare per esempio Berger e Nitsch (2005) Ceslfo Working Paper 1435, Bun e Klaassen (2007) Oxford Bulletin of Economics and Statistics, Faruqee (2004) IMF Working Paper 154, Rose e Stanley (2005) Journal of Economic Surveys o Baldwin (2006) ECB Working Paper 594.
  3. Per I dettagli vedere sezione 2
  4. Vedi Abadie e Gardeazabal (2003) The American Economic Review, Abadie et al.(2010) Journal of the American Statistical Association e Abadie et al. (2015) American Journal of Political Science
  5. Il fascicolo statistico su MATLAB, STATA e R. Abbiamo usato STATA nei nostri calcoli. Il fascicolo è disponibile all’indirizzo web: https://web.stanford.edu/jhain/synthpage.html
  6. Per un quadro generale dei paesi del gruppo di controllo e dei loro coefficienti, vedere l’allegato
  7. I parametri per appartenere al gruppo di controllo sono stati stabiliti da Puzzello e Gomis-Porqueras (2018). Per maggiori dettagli Puzzello e Gomis-Porqueras (2018) European Economic Review.
  8. La Grecia, che ha introdotto l’euro con due anni di ritardo rispetto gli altri paesi, il periodo di pre adesione si estende dal 1980 al 1998
  9. Al fine di mostrare i risultati in euro (usando il metodo della Banca Mondiale) il tasso di cambio $/€ è 1.324.
  10. Dati Banca Mondiale (http://data.worldbank.org/)
  11. Tassi di consumo usati: BE 77.55%, DE 77.83%, FR 77.86%, GR 81.88%, IT 77.59%, NL 72.52%, PT 81.09%, e SP 78.7%. Dati Banca Mondiale (http://data.worldbank.org/).
  12. I valori nella colonna 2 sono stati stimati sulla base dei dati annuali sulla popolazione, al fine di neutralizzarne le fluttuazioni che hanno avuto luogo nel periodo in particolare in Grecia. Dati di Banca Mondiale (http://data.worldbank.org/).
  13. Per la Grecia il periodo copre gli anni dal 2001 al 2017, avendo aderito all’eurozona nel 2001.

Uccide a calci e pugni la fidanzata e confessa. Il sorriso diabolico del femminicida

 

femminicida

 

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Uccide a calci e pugni la fidanzata e confessa. Il sorriso diabolico del femminicida

Christian Ioppolo, 26 anni ha confessato di avere ucciso Alessandra Immacolata Musarra ed è stato trasferito nel carcere di Messina.

Dopo un lungo interrogatorio in Questura Christian Ioppolo, 26 anni, ha confessato di avere ucciso a calci e pugni la fidanzata, la 29enne Alessandra Immacolata Musarra, trovata morta vicino al letto nel suo appartamento in contrada da Campolino, in zona Santa Lucia Sopra Contesse, un rione in collina che si affaccia Messina.

Christian era geloso di un ex ragazzo della vittima e temeva che i due si fossero riavvicinati. Era diventato ossessivo e per questo lei aveva deciso di lasciarlo. Mercoledì sera l’ultima discussione. Nelle immagini il giovane lascia la questura di Messina per essere trasferito al carcere di Gazzi con l’accusa di omicidio.

Ha sul viso il sorriso beffardo e diabolico di chi poi non ha fatto chissà che di grave…

Che merda!

Tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/03/08/uccide-a-calci-e-pugni-la-fidanzata-e-confessa-il-sorriso-diabolico-del-femminicida-2038421.html

Stupro di Napoli, ignobile scena all’uscita dal Commissariato: applausi ai tre violentatori da parenti e amici mentre la polizia sta a guardare! …Ma che applaudite, questi sono solo FECCIA SCHIFOSA. E voi che li applaudite LO SIETE DI PIÙ…!

 

Stupro

 

 

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Stupro di Napoli, ignobile scena all’uscita dal Commissariato: applausi ai tre violentatori da parenti e amici mentre la polizia sta a guardare! …Ma che applaudite, questi sono solo FECCIA SCHIFOSA. E voi che li applaudite LO SIETE DI PIÙ…!

Ma è questa l’italia di oggi?

Ignobile scena all’uscita dal commissariato: parenti e amici acclamano i delinquenti, la polizia sta a guardare!

Nella zona di San Giorgio a Cremano, si è consumata la violenza sessuale ai danni di una ragazza di 24 anni nell’ascensore della circumvesuviana.
Gli aggressori erano in tre e sono stati tutti riconosciuti. Si tratta di ANTONIO COZZOLINO, ALESSANDRO SBRESCIA e RAFFAELE BORRELLI.
I tre protagonisti della schifosa vicenda sono stati trattenuti in commissariato dalle ore 2.00 alle ore 8.30 del mattino.

Al termine dell’interrogatorio, i tre violentatori sono usciti e sono stati acclamati dalla folla di parenti e conoscenti che li attendeva.
Fuori dal commando di polizia, infatti, c’erano, parenti, conoscenti e amici che hanno incominciato a piangere e a mostrare nei confronti dei tre aggressori segni di approvazione e conforto…

Un padre ha anche applaudito. E loro hanno sorriso.

Una scena penosa che deve interrogare tutti e far pensare a quanto peso abbia la responsabilità dei genitori rispetto ai figli che commettono atti violenti o criminali.

Tra i tre, scrive Il Mattino, è “Sbrescia a farsi notare maggiormente per la propria esuberanza. Una caratteristica sempre al limite tra stravaganza e illegalità, visti i precedenti per droga che il ragazzo, classe 2001, vanta a curriculum.

Uno dei tre è figlio di una famiglia benestante dei quartieri alti.
Il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli ha preso un’iniziativa: “Uno dei capitoli più inquietanti della triste vicenda dello stupro nella stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano sono gli applausi e gli incoraggiamenti rivolti ai colpevoli dai genitori. Scene censurabili che vanno ben oltre l’accettabile. Abbiamo dato mandato all’avvocato Angelo Pisani per valutare gli estremi per l’avvio di un’azione legale che permetta di censurare l’atteggiamento di queste persone. Allo stesso tempo sto valutando gli estremi per procedere con un’azione volta a chiedere la revoca della patria potestà e della capacità genitoriale dei soggetti che hanno incitato e applaudito i figli, accusati di un reato particolarmente grave”.

Perchè questo è il problema: i tre sono solo delle putride bestie. Chi li applaude è molto ma molto peggio.

Condividete questi’aericolo, mettiamo alla berlina la fogna dell’Italia

 

“Reddito di cittadinanza? Rischio di aumentare i cittadini parassiti nei confronti dello Stato” Lo hanno detto i Vescovi della Chiesa. Sì, quelli che vivono nel lusso più sfrenato, non pagano l’Ici, intascano l’8 per mille e che una volta in pensione li paghiamo noi…!

 

Reddito di cittadinanza

 

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“Reddito di cittadinanza? Rischio di aumentare i cittadini parassiti nei confronti dello Stato” Lo hanno detto i Vescovi della Chiesa. Sì, quelli che vivono nel lusso più sfrenato, non pagano l’Ici, intascano l’8 per mille e che una volta in pensione li paghiamo noi…!

I vescovi scettici sul reddito di cittadinanza, evitare la cittadinanza “parassitaria”

Tra i rischi riguardanti il reddito di cittadinanza spicca “quello di attenuare la spinta a cercare lavoro o a convincere a rinunciare a offerte di lavoro che prevedano una retribuzione non distante da quanto previsto”. E’ quanto afferma la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) in audizione alla Camera sul decretone. “E’ enorme il rischio di aumentare queste forme di cittadinanza non solo passiva ma anche parassitaria nei confronti dello Stato”, aggiunge.

Da huffingtonpost:

I vescovi scettici sul reddito di cittadinanza,evitare la cittadinanza “parassitaria”

Per conquistarsi la “cittadinanza”, ben prima del reddito, serve il lavoro. E il lavoro lo creano le imprese, non una norma e soprattutto non solo un sussidio. No, a parlare non è Confindustria e nemmeno un’altra associazione di imprenditori o commercianti. Sono i vescovi italiani che – davanti ai deputati che lavorano sul reddito di cittadinanza – hanno ricordato quanto sia importante riportare il lavoro, quello “degno”, al centro di tutto. Solo così si possono evitare i rischi “enormi” di una cittadinanza “parassitaria” nei confronti dello Stato. Per spiegarsi ancora meglio, i rappresentanti della Cei hanno preso in prestito un discorso fatto da Papa Francesco nel 2017, in cui il Pontefice usava esattamente queste parole: “Un assegno statale, mensile che ti faccia portare avanti una famiglia non risolve il problema. Il problema va risolto con il lavoro per tutti”. Il messaggio a Governo e al Parlamento non poteva arrivare più forte e chiaro di così. La misura, secondo la Cei, rischia di attenuare la spinta degli italiani a cercare lavoro, o ad accettare delle offerte che prevedano una retribuzione non troppo distante da quella prevista dal Reddito. Si tratta di un vero e proprio effetto “spiazzamento” (già citato, non a caso, nelle scorse audizioni sul reddito proprio dagli industriali) che i vescovi suggeriscono caldamente di evitare, visto che andrebbe ad alimentare forme di cittadinanza non solo passiva ma anche, appunto, “parassitaria” nei confronti dello stesso Stato. Un’idea di cittadinanza attiva, secondo la Cei, non si rassegna alla mera assistenza che può anzi diventare assistenzialismo e generare atteggiamenti deleteri e soprattutto passivi.

Citando ricerche internazionali, la Conferenza episcopale italiana ha poi rincarato la dose confermando che le misure di sostegno simili al Reddito di cittadinanza “non hanno successo se l’ammontare è vicino al reddito che sarebbe percepito lavorando”. Il provvedimento italiano quindi rischia di scoraggiare il reinserimento delle persone disoccupate nel mercato del lavoro, visto che l’Inps ha già evidenziato che il 45% dei dipendenti privati nel Mezzogiorno ha redditi da lavoro inferiori a quelli garantiti dal Reddito di Cittadinanza. In questo caso, perciò, il timore che le persone beneficiarie del RdC non si attivino per cercare lavoro o per aumentare le proprie competenze diventa sempre più concreto. Ecco perché – continua la Cei – occorre anche evitare il rischio di entrate ‘in nero’ e di cumulare questo tipo di retribuzioni con il RdC.

Un ulteriore rischio è quello di sottostimare la situazione economica delle famiglie italiane. Le soglie di povertà – spiegano i rappresentanti dei vescovi – sono di solito corrette per un “fattore famiglia” (ad esempio, se la povertà per il single è 100, per una famiglia con due figli può essere 260 calcolando adulti 100 e figli 30 ciascuno) ma i fattori di conversione usati nel RdC sono molto più bassi di quelli standard. In questo modo, quindi, si rischia una stima al ribasso rispetto alla situazione reale dei cittadini.

Tra i consigli dei vescovi c’è poi anche quello di concentrarsi sulle vere causa della disoccupazione per capire meglio i problemi e come affrontarli. Per la Cei, infatti, le motivazioni alla base della mancanza di lavoro sono fondamentalmente tre: la domanda e offerta di lavoro farebbero un ‘matrimonio perfetto’ ma non si incontrano; l’aspirante lavoratore deve colmare il gap di competenze che gli impedisce al momento di poter ottenere il posto di lavoro; ci sono troppi pochi posti di lavoro nell’area per ragioni diverse (sia macroeconomiche che di sistema Paese).

Come fare quindi per favorire l’occupazione, soprattutto quella dei giovani? La ricetta suggerita dai vescovi riporta alle misure che “negli ultimi anni si sono rivelate più efficaci”, ossia quelle intraprese soprattutto dalle Regioni e definite di “dote lavoro” perché coinvolgono direttamente i migliori Centri di formazione professionale e le Agenzie del lavoro per far incontrare domanda e offerta e accompagnare con orientamento e percorsi formativi efficaci la ricerca del lavoro. L’efficacia di questo tipo di misure utilizzate dalle Regioni (specie della Lombardia) è stata, secondo la Cei, determinata dallo strumento utilizzato, ossia un’agenzia del lavoro che poteva reperire la totalità del beneficio economico solo se il processo di accompagnamento al lavoro e di formazione si concludeva con un contratto.