“Reddito di cittadinanza? Rischio di aumentare i cittadini parassiti nei confronti dello Stato” Lo hanno detto i Vescovi della Chiesa. Sì, quelli che vivono nel lusso più sfrenato, non pagano l’Ici, intascano l’8 per mille e che una volta in pensione li paghiamo noi…!

Reddito di cittadinanza

 

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“Reddito di cittadinanza? Rischio di aumentare i cittadini parassiti nei confronti dello Stato” Lo hanno detto i Vescovi della Chiesa. Sì, quelli che vivono nel lusso più sfrenato, non pagano l’Ici, intascano l’8 per mille e che una volta in pensione li paghiamo noi…!

I vescovi scettici sul reddito di cittadinanza, evitare la cittadinanza “parassitaria”

Tra i rischi riguardanti il reddito di cittadinanza spicca “quello di attenuare la spinta a cercare lavoro o a convincere a rinunciare a offerte di lavoro che prevedano una retribuzione non distante da quanto previsto”. E’ quanto afferma la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) in audizione alla Camera sul decretone. “E’ enorme il rischio di aumentare queste forme di cittadinanza non solo passiva ma anche parassitaria nei confronti dello Stato”, aggiunge.

Da huffingtonpost:

I vescovi scettici sul reddito di cittadinanza,evitare la cittadinanza “parassitaria”

Per conquistarsi la “cittadinanza”, ben prima del reddito, serve il lavoro. E il lavoro lo creano le imprese, non una norma e soprattutto non solo un sussidio. No, a parlare non è Confindustria e nemmeno un’altra associazione di imprenditori o commercianti. Sono i vescovi italiani che – davanti ai deputati che lavorano sul reddito di cittadinanza – hanno ricordato quanto sia importante riportare il lavoro, quello “degno”, al centro di tutto. Solo così si possono evitare i rischi “enormi” di una cittadinanza “parassitaria” nei confronti dello Stato. Per spiegarsi ancora meglio, i rappresentanti della Cei hanno preso in prestito un discorso fatto da Papa Francesco nel 2017, in cui il Pontefice usava esattamente queste parole: “Un assegno statale, mensile che ti faccia portare avanti una famiglia non risolve il problema. Il problema va risolto con il lavoro per tutti”. Il messaggio a Governo e al Parlamento non poteva arrivare più forte e chiaro di così. La misura, secondo la Cei, rischia di attenuare la spinta degli italiani a cercare lavoro, o ad accettare delle offerte che prevedano una retribuzione non troppo distante da quella prevista dal Reddito. Si tratta di un vero e proprio effetto “spiazzamento” (già citato, non a caso, nelle scorse audizioni sul reddito proprio dagli industriali) che i vescovi suggeriscono caldamente di evitare, visto che andrebbe ad alimentare forme di cittadinanza non solo passiva ma anche, appunto, “parassitaria” nei confronti dello stesso Stato. Un’idea di cittadinanza attiva, secondo la Cei, non si rassegna alla mera assistenza che può anzi diventare assistenzialismo e generare atteggiamenti deleteri e soprattutto passivi.

Citando ricerche internazionali, la Conferenza episcopale italiana ha poi rincarato la dose confermando che le misure di sostegno simili al Reddito di cittadinanza “non hanno successo se l’ammontare è vicino al reddito che sarebbe percepito lavorando”. Il provvedimento italiano quindi rischia di scoraggiare il reinserimento delle persone disoccupate nel mercato del lavoro, visto che l’Inps ha già evidenziato che il 45% dei dipendenti privati nel Mezzogiorno ha redditi da lavoro inferiori a quelli garantiti dal Reddito di Cittadinanza. In questo caso, perciò, il timore che le persone beneficiarie del RdC non si attivino per cercare lavoro o per aumentare le proprie competenze diventa sempre più concreto. Ecco perché – continua la Cei – occorre anche evitare il rischio di entrate ‘in nero’ e di cumulare questo tipo di retribuzioni con il RdC.

Un ulteriore rischio è quello di sottostimare la situazione economica delle famiglie italiane. Le soglie di povertà – spiegano i rappresentanti dei vescovi – sono di solito corrette per un “fattore famiglia” (ad esempio, se la povertà per il single è 100, per una famiglia con due figli può essere 260 calcolando adulti 100 e figli 30 ciascuno) ma i fattori di conversione usati nel RdC sono molto più bassi di quelli standard. In questo modo, quindi, si rischia una stima al ribasso rispetto alla situazione reale dei cittadini.

Tra i consigli dei vescovi c’è poi anche quello di concentrarsi sulle vere causa della disoccupazione per capire meglio i problemi e come affrontarli. Per la Cei, infatti, le motivazioni alla base della mancanza di lavoro sono fondamentalmente tre: la domanda e offerta di lavoro farebbero un ‘matrimonio perfetto’ ma non si incontrano; l’aspirante lavoratore deve colmare il gap di competenze che gli impedisce al momento di poter ottenere il posto di lavoro; ci sono troppi pochi posti di lavoro nell’area per ragioni diverse (sia macroeconomiche che di sistema Paese).

Come fare quindi per favorire l’occupazione, soprattutto quella dei giovani? La ricetta suggerita dai vescovi riporta alle misure che “negli ultimi anni si sono rivelate più efficaci”, ossia quelle intraprese soprattutto dalle Regioni e definite di “dote lavoro” perché coinvolgono direttamente i migliori Centri di formazione professionale e le Agenzie del lavoro per far incontrare domanda e offerta e accompagnare con orientamento e percorsi formativi efficaci la ricerca del lavoro. L’efficacia di questo tipo di misure utilizzate dalle Regioni (specie della Lombardia) è stata, secondo la Cei, determinata dallo strumento utilizzato, ossia un’agenzia del lavoro che poteva reperire la totalità del beneficio economico solo se il processo di accompagnamento al lavoro e di formazione si concludeva con un contratto.

“Reddito di cittadinanza? Rischio di aumentare i cittadini parassiti nei confronti dello Stato” Lo hanno detto i Vescovi della Chiesa. Sì, quelli che vivono nel lusso più sfrenato, non pagano l’Ici, intascano l’8 per mille e che una volta in pensione li paghiamo noi…!ultima modifica: 2019-03-06T22:38:58+01:00da eles-1966
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