Di Maio con l’attacco al franco CFA che arricchisce i francesi ma affama gli Africani ha toccato un tasto troppo pericoloso, un tasto che nessuno mai ha avuto il coraggio di toccare – Dati gli interessi in gioco, la storia insegna, rischia la vita…!

 

Di Maio

 

 

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Di Maio con l’attacco al franco CFA che arricchisce i francesi ma affama gli Africani ha toccato un tasto troppo pericoloso, un tasto che nessuno mai ha avuto il coraggio di toccare – Dati gli interessi in gioco, la storia insegna, rischia la vita…!

Caso diplomatico con Francia per le esternazioni di Di Maio e Di Battista sul “franco coloniale”? …Il fatto è che la verità brucia… Hanno detto quello che i politici non hanno mai avuto il coraggio di dire: la Francia continua a mantenere un ferreo controllo sulle “ex” colonie impoverendole e sfruttando le loro risorse…!

Di Maio e il franco CFA, Pino Cabras (M5S): ‘Dati gli interessi in gioco, è perfino un atto di coraggio fisico’

“Più volte in questi ultimi mesi ho parlato di un grande argomento tabù: il peso del Franco CFA nel perpetuare un’economia svantaggiosa per i paesi francofoni che adottano quella moneta e vantaggiosa per il patron neocoloniale, la Francia. A dicembre ne ho parlato anche nella tana del lupo, a Parigi, in occasione di una conferenza sul Sahel. Le tragedie in mare sono una fase terminale drammatica ma a suo modo macabramente marginale di un enorme problema che le origina, in paesi segnati dalla povertà, dalle guerre, dall’insicurezza e dall’instabilità per milioni di persone”.

Lo ha scritto su Facebook il deputato del Movimento 5 Stelle Pino Cabras.

“Perciò sono molto contento” ha proseguito “che il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio abbia posto con forza la questione CFA. A mia memoria, in tanti decenni non ho mai sentito nessun politico europeo di primo piano parlare di questo macroscopico strumento di diseguaglianza economica. Dati gli interessi in gioco, è perfino un atto di coraggio fisico. Ho anche consultato l’archivio on line di Repubblica e nella funzione di ricerca ho scritto “franco CFA”: in 35 anni viene citato solo in 6 articoli degli anni novanta, quasi tutti di Stefano Citati”.

“Credo che sia il momento di accendere i riflettori, soprattutto alla vigilia del trattato franco-tedesco del prossimo 22 gennaio, che sarà anche un cordone protettivo che i padroni del discorso europeo vogliono cingere attorno alla moneta neocoloniale,” ha concluso Cabras.

Ieri Di Maio aveva affermato che la Francia “in Africa continua ad avere delle colonie di fatto, con la moneta, che è il franco, che continua a imporre nelle sue ex colonie”. Sono soldi, aveva spiegato il vicepremier, che Parigi “usa per finanziare il suo debito pubblico e che indeboliscono le economie di quei paesi da dove, poi, partono i migranti”.

Sulla questione si è espresso anche Alessandro Di Battista, che, ospite a Che Tempo che Fa ieri sera, ha mostrato una banconota da 10mila franchi delle colonie francesi e ha detto: “Attualmente, vicino Lione, la Francia stampa questa moneta utilizzata in 14 paesi africani, tutti paesi della zona subsahariana i quali non solo hanno una moneta stampata dalla Francia, ma per mantenere il tasso fisso con l’euro sono costretti a versare circa il 50 per cento dei loro denari in un contro corrente gestito dal Tesoro francese col quale ci pagano una cifra irrisoria del debito pubblico francese pari circa allo 0,5 per cento. Ma soprattutto con questo controllo geopolitico dell’aera, la Francia gestisce la sovranità di questi paesi impedendo la loro legittima indipendenza, la loro sovranità monetaria e fiscale”.

Franco CFA, Manlio Di Stefano: ‘Finalmente si parla di Francia e colonie africane’

“Finalmente si parla di Francia e colonie africane. Sono felice nel constatare che l’argomento del Franco CFA, ovvero del controllo monetario della Francia sulle sue ex colonie africane, sia esploso sulla stampa italiana a seguito di dichiarazioni di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Meglio tardi che mai visto che ne parliamo, seppur con minore risalto, da tempo. Peccato che, in un continuo tentativo di denigrarci invece che di affrontare i problemi reali, la stampa utilizzi anche questo argomento come terreno di scontro col M5S facendo, quindi, da sponda a chi continua a umiliare e sottomettere politicamente Paesi e generazioni di loro cittadini”.

Così su Facebook Manlio Di Stefano, deputato del M5S e sottosegretario agli Affari Esteri.

“Qualcuno” prosegue “si sta impegnando a “‘correggere’ le nostre affermazioni sulla base di esclusive considerazioni economiche tipo ‘il tasso di cambio fisso tra franco CFA e Euro è una garanzia di minore volatilità delle monete locali’ oppure ‘sul deposito al Tesoro francese i Paesi africani prendono la rendita maturata, quindi gli conviene’ e ancora “parliamo solo dello 0.5% del debito francese quindi alla Francia non serve coprirlo così’. Argomenti in parte veri ma assolutamente ininfluenti rispetto a questioni macroeconomiche e politiche”.

“Partiamo dalle prime” spiega Di Stefano “Come affermato da Massimo Amato, professore associato del dipartimento di scienze politiche e sociali della Bocconi, il mantenimento del cambio fisso tra moneta locale ed euro costituisce di fatto un freno allo sviluppo delle economie locali perché ogni espansione del credito interno, dall’aumento delle importazioni a quello dei prezzi, derivanti entrambi dall’aumento dell’attività economica interna, comporterebbero una conseguente variazione del tasso di cambio impedita proprio dal Franco CFA.
Questo significa quindi costringere la società di quei Paesi all’immobilismo, a non svilupparsi, a dipendere sostanzialmente, dell’esportazione di materie prime. Materie prime che, guarda caso, vengono in larga parte gestite dalla Francia grazie alle dirigenze amiche in quei Paesi (coltan, fosfati, oro ecc)”.

“Sempre per stare nel merito” continua l’esponente pentastellato “occorre parlare anche di immigrazione per rispondere a chi sostiene che il numero di immigrati proveniente da quei Paesi sia irrisorio. Premesso che quest’affermazione può essere al massimo contestualizzata temporalmente ma mai detta in termini assoluti, vista la mutevolezza di questo fenomeno, non possiamo non notare come le 15 ex colonie francesi rappresentino oggi territorio di transito dei flussi migratori grazie alla rete criminale locale che sfrutta il fenomeno a suo vantaggio facendo leva sull’assenza di un’economia locale. Le migrazioni rappresentano quindi una parte consistente dell’economia locale in assenza di possibilità di sviluppo alternative.
L’argomento più importante, però, è quello della sudditanza politica. È la politica che in questo caso fa la differenza”.

“Prima di tutto non si capisce il motivo per il quale un Paese straniero debba detenere la valuta forte destinata a sue ex 15 colonie e convertirla in moneta locale controllandone quindi il tasso di cambio e fattori paralleli come l’inflazione. Se non bastasse però, non vi sfuggirà che determinare le politiche monetarie di una fascia così ampia e popolosa di Africa (200 milioni di persone ad oggi) sia un fattore di enorme vantaggio geopolitico e che questa ‘benevolenza’ delle presidenze locali sia un enorme vantaggio per la Francia su temi decisamente prioritari come quello del mantenimento del diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite insieme a USA, Russia, Cina e Gran Bretagna. Da anni infatti si sostiene la tesi di dover rappresentare in questo consesso la UE nel suo insieme invece che un singolo Paese membro. In buona sostanza: il rapporto vantaggioso tra la Francia e le sue ex colonie è esclusivamente riservato alle élite e come sempre questo avviene sulle spalle dei popoli cui viene tolta la speranza. Se vogliamo davvero occuparci di Africa dobbiamo partire da questo, dalle cause dei problemi e non dai sintomi.
Nei prossimi giorni approfondiremo questi temi così che tutti possiate farvene una idea migliore. Avanti così,” conclude Di Stefano.

 

fonti:

Caso diplomatico con Francia per le esternazioni di Di Maio e Di Battista sul “franco coloniale”? …Il fatto è che la verità brucia… Hanno detto quello che i politici non hanno mai avuto il coraggio di dire: la Francia continua a mantenere un ferreo controllo sulle “ex” colonie impoverendole e sfruttando le loro risorse…!

 

https://www.silenziefalsita.it/2019/01/21/franco-cfa-manlio-di-stefano-finalmente-si-parla-di-francia-e-colonie-africane/

https://www.silenziefalsita.it/2019/01/21/di-maio-e-il-franco-cfa-pino-cabras-m5s-dati-gli-interessi-in-gioco-e-perfino-un-atto-di-coraggio-fisico/

 

Caso diplomatico con Francia per le esternazioni di Di Maio e Di Battista sul “franco coloniale”? …Il fatto è che la verità brucia… Hanno detto quello che i politici non hanno mai avuto il coraggio di dire: la Francia continua a mantenere un ferreo controllo sulle “ex” colonie impoverendole e sfruttando le loro risorse…!

 

Francia

 

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Caso diplomatico con Francia per le esternazioni di Di Maio e Di Battista sul “franco coloniale”? …Il fatto è che la verità brucia… Hanno detto quello che i politici non hanno mai avuto il coraggio di dire: la Francia continua a mantenere un ferreo controllo sulle “ex” colonie impoverendole e sfruttando le loro risorse…!

Caso diplomatico tra Francia e Italia dopo le esternazioni del vice premier Luigi Di Maio e del grillino Alessandro Di Battista sul “franco coloniale”. L’ambasciatrice d’Italia in Francia, Teresa Castaldo, è stata convocata al ministero degli Affari Esteri di Parigi, per le parole di Di Maio sulla Francia che ha accusato di “impoverire l’Africa” e aggravare la crisi dei migranti, oltre a chiedere sanzioni europee contro la Francia.

Parigi giudica inaccettabili le osservazioni del vicepremier durante un comizio il 20 gennaio ad Avezzano. Nella serata anche Di Battista era tornato sull’argomento durante la sua intervista a “Che Tempo che fa”.

Signori, la verità è che i grillini, pur nella loro ingenuità, hanno detto quello che da anni i politici di casa nostra e di tutta Etropa non hanno il coraggio di dire:

La Francia continua a mantenere un ferreo controllo delle “ex” colonie. In cambio dell’indipendenza generosamente concessa, ha preteso lo sfruttamento delle loro risorse, pagandole 4 soldi e impedendo la trasformazione locale per ostacolare il loro sviluppo…

Volete saperne di più? Leggete questo:
Quello che i politici non dicono sull’immigrazione – La Francia continua a mantenere un ferreo controllo delle “ex” colonie. In cambio dell’indipendenza generosamente concessa, ha preteso lo sfruttamento delle loro risorse, pagandole 4 soldi e impedendo la trasformazione locale per ostacolare il loro sviluppo…

Un altro barcone con 100 migranti imbarca acqua. A bordo potrebbero esserci morti, tra cui anche un bambino. La situazione è disperata – La drammatica telefonata: “Presto non riuscirò più a parlare perché sto congelando” … Ma vuoi mettere la soddisfazione di non avere migranti tra le palle?

 

migranti

 

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Un altro barcone con 100 migranti imbarca acqua. A bordo potrebbero esserci morti, tra cui anche un bambino. La situazione è disperata – La drammatica telefonata: “Presto non riuscirò più a parlare perché sto congelando” … Ma vuoi mettere la soddisfazione di non avere migranti tra le palle?

 

Migranti, barcone in difficoltà: in 100 a bordo, si temono morti. Alarm Phone: “Libia non risponde, stanno congelando”

Salvini-Di Maio accusano Macron: ipocrita sui migranti… ma intanto questi stanno crepando…!

L’allarme. Il barcone è stato segnalato da Alarm Phone, il sistema di allerta telefonico utilizzato per segnalare imbarcazioni in difficoltà. Il natante, che inizialmente non aveva chiesto aiuto, imbarca acqua. A bordo, secondo quanto segnalato, potrebbero esserci morti, tra cui forse anche un bambino. Un racconto drammatico quello delle telefonate che Alarm Phone ha ricevuto dalla cerretta in avaria al largo di Misurata, a circa 60 miglia dalla terraferma. «Presto non riuscirò più a parlare perché sto congelando». «A bordo sono tutti nel panico – scrive il sistema di allerta – il nostro staff sta cercando di calmarli, ma abbiamo sentito più volte persone urlare. La situazione è disperata».

Si, lo sappiamo che queste cose per noi nobili Italiani con la I maiuscola, quelli con il prersepe in casa ed il crocefisso a scuola, danno solo fastidio. Proprio ora che, grazie al Capitano, ci siamo tolti i migranti dalle palle esiamo tutti più tranquilli, ci devono rompere i coglioni con un centinaio di profughi che crepa…

Ma lo volete capire o no che vogliamo stare tranquilli e farci i cazzi nostri?

Capitano, pensaci TU…

By Eles

Ancora una squallida battuta sessista di Berlusconi: “Prima ne facevo sei per notte, adesso alla terza mi addormento. Fate girare la voce”… Noi gli rispondiamo così: “Non ti crucciare Silvio. Pensa a quanto risparmi…!”

 

Berlusconi

 

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Ancora una squallida battuta sessista di Berlusconi: “Prima ne facevo sei per notte, adesso alla terza mi addormento. Fate girare la voce”… Noi gli rispondiamo così: “Non ti crucciare Silvio. Pensa a quanto risparmi…!”

La nuova, tristissima, battuta sessista di Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi, in Sardegna per una iniziativa elettorale, si lascia andare a una nuova battuta sulla sua vita sessuale, tra le risatine piuttosto forzate dei presenti. Il siparietto arriva pochi giorni dopo l’annuncio di una nuova discesa in campo, che si concretizzerà con la partecipazione come capolista alle prossime elezioni europee.

“Peccato avere 82 anni, eh. Però mi sento ancora tonico, forte. Prima ne facevo sei per notte, adesso alla terza mi addormento. Fate girare la voce”.

Noi gli vogliamo solo rispondere di non cricciarsi più di tanto…

Caro Silvio, pensa a quanto risparmi…

Quanto risparmi in Escort, in pompette e viagra, in avvocati ed in mazzette per far tenere la bocca chiusa alle minorenni… Dai, che ti va bene…

By Eles

 

 

 

Salvini deride il tunisino morto a Empoli durante un “controllo” della polizia: “gli dovevano offire cappuccio e brioche?” …Dopo l’epilessia di Stefano Cucchi, ecco un’altra geniale presa di posizione dei nostri politici

 

Salvini

 

 

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Salvini deride il tunisino morto a Empoli durante un “controllo” della polizia: “gli dovevano offire cappuccio e brioche?” …Dopo l’epilessia di Stefano Cucchi, ecco un’altra geniale presa di posizione dei nostri politici

Salvini deride il tunisino morto a Empoli: gli dovevano offrire cappuccio e brioche?

Il ministro ha preventivamente assolto i poliziotti dicendo che la vittima era un pregiudicato tunisino, il Siulp mostra vicinanza agli agenti ma l’ex senatore Manconi chiede indagini accurate.

A togliere i dubbi ci ha pensato il solito Salvini che non ha mancato occasione per deridere le sofferenze altrui e ironizzare su una persona morta in circostanze ancora da chiarire.

Ma la deriva autoritaria del paese ormai semi-forcaiolo avvenuta per mano della Lega e con la complicità degli ex francescani grillini è evidente: se i poliziotti non possono usare le manette per fermare un violento, che cosa devono fare? “Rispondere con cappuccio e brioche?”

Purtroppo non lo ha detto un fesso qualsiasi, ma il nostro(?) ministro dell’Interno, Matteo Salvini, maglia della Polizia indosso, nel corso di una diretta Facebook durante la quale è tornato sulla morte del 32enne Arafette Arfaoui, italiano di origini tunisine, morto a Empoli mentre era ammanettato e legato ai piedi durante una perquisizione della Polizia.

“Buon sabato ai poliziotti che, a Empoli, facendo il loro lavoro, hanno ammanettato un violento che purtroppo è stato colto da arresto cardiaco”.
Il Siulp solidale con i poliziotti

“Esprimo solidarietà, vicinanza e fiducia ai colleghi che hanno operato nel rispetto dei protocolli, tant’è che è stato fatto avvicinare anche un medico poiché l’uomo, di origine tunisina ma cittadino italiano, si trovava in uno stato estremamente confusionale, ed era aggressivo. Abbiamo piena fiducia nella magistratura. Aspettiamo che l’autorità giudiziaria faccia il suo iter a dimostrazione della legittimità e della correttezza dell’operato dei nostri colleghi”.

Così Felice Romano, segretario generale del Siulp

Manconi chiede indagini accurate
Luigi Manconi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, appreso della morte a Empoli del giovane tunisino Arafet Arfaoui, si è rivolto alla Procura di quella città per chiedere che siano svolte indagini tempestive e accurate su una tragedia che presenta ancora molti lati oscuri.
“La vittima – afferma Manconi – aveva, oltre che le manette ai polsi, le caviglie legate e si trovava, di conseguenza, in una condizione di totale incapacità di recare danno ad altri e a sé. Come è potuto accadere, dunque, che in quello stato abbia perso la vita e che non sia trovato modo di prestargli soccorso? Sappiamo che le forze di polizia dispongono di strumenti per limitare i movimenti della persona fermata, ma mi chiedo se la corda usata per bloccargli le gambe sia regolamentare oppure occasionale, se fosse in quel momento strettamente indispensabile o se non vi fossero altri strumenti per contenere l’uomo. In altre parole, non si può consentire che vi siano dubbi sulla legittimità di un fermo o sulle modalità della sua applicazione. Tanto più qualora riguardi chi si trovasse, secondo testimoni, in uno stato di agitazione dovuto all’abuso di alcol, e tanto più che, negli ultimi dieci anni, sono state numerose le circostanze che hanno visto perdere la vita persone fermate in condizioni simili e con metodi analoghi. Peraltro, vi è qualche testimone che parla di una condizione di relativa calma del giovane tunisino e anche quest’ultimo fatto impone una indagine, la più rapida e incisiva”, conclude Manconi.

«Tutto quello che sappiamo sulla vicenda di Arafet Arfaoui, l’uomo di 32anni, italiano di origini tunisine, è che è morto nelle mani dello Stato. Legato mani e piedi. In una stanza, l’unica senza telecamere, di un negozio. Alla presenza di soli poliziotti. Siamo in uno stato di diritto e le sentenze le fanno i tribunali, questo vorremmo ricordarlo al ministro dell’Interno Salvini: i suoi tweet non sostituiscono indagini, referti medici, e decisioni dei giudici. Soprattutto su una questione così delicata, soprattutto nel paese di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e altri morti per mano dello Stato». Lo dichiarano Silvja Manzi e Antonella Soldo, rispettivamente segretaria e tesoriera di Radicali Italiani.

Inevitabilmente, l’episodio richiama l’attenzione dei familiari di altre vittime, come Stefano Cucchi, Riccardo Magherini, Federico Aldrovandi, che ravvisano analogie con le loro vicende. Dura Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto dopo essere stato portato in caserma a Varese nel 2008: «Questo è il metodo delle forze dell’ordine. Con l’appoggio di Salvini, ora, hanno la licenza di uccidere». Per gli altri c’è una specie di copione che si ripete. «Dava in escandescenza? Questi fatti sono tutti uguali e sappiamo già come andrà a finire. La quarta sezione della Cassazione dirà che non c’è nessun colpevole», dice Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, morto in seguito alle percosse dopo essere stato arrestato.
fonti:

https://www.globalist.it/news/2019/01/19/salvini-deride-il-tunisino-morto-a-empoli-gli-dovevano-offire-cappuccio-e-brioche-2036264.html

https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/morto_controllo_polizia_empoli_salvini-4242144.html

Migranti, Roberto Fico ora accusa: “Una società sana salva vite”

Roberto Fico

 

 

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Migranti, Roberto Fico ora accusa: “Una società sana salva vite”

Il presidente della Camera si schiera apertamente contro Salvini. Non è la prima volta che lo fa e incarna i mal di pancia dei grillini ribelli

In un momento difficile per il governo, chiamato in causa dalla sinistra per l’ennesima strage di disperati nel Mar Mediterraneo, è ancora una volta il presidente della Camera Roberto Fico a fare l’opposizione più netta alla linea dettata da Matteo Salvini per arginare l’immigrazione clandestina.

Gli è bastato un tweet in cui prendeva le distanze dalla linea dura dei porti chiusi per agitare nuovamente la folta schiera di grillini “di sinistra” che non tollerano l’alleanza con il leader leghista. “Salvare vite umane – ha scritto il grillino su Twitter – è quello che fa una società sana”.

L’ennesima strage di immigrati al largo della Libia, con ben 117 morti, scuote le istituzioni. Nonostante il presidete della Repubblica Sergio Mattarella abbia espresso “profondo dolore” e il premier Giuseppe Conte si sia detto “scioccato” per la tragedia di ieri, Salvini ha ribadito che la politica del governo italiano non cambierà. “Il naufragio è la dimostrazione che se riapri i porti ritornano i morti. Cuori aperti per chi scappa dalla guerra ma porti chiusi per Ong e trafficanti”, ha scandito il vicepremier leghista puntando il dito verso l’Unione europea e accusandola di lasciare l’Italia sola nella gestione di un’emergenza che dovrebbe essere affrontata tutti insieme. Sebbene all’interno del governo non siano sorti dei distinguo, a fare opposizione interna ci ha pensato (ancora una volta) Fico che mal tollera la deriva di destra che ha preso il Movimento 5 Stelle da quando si è alleato con la Lega. “Dolore, rabbia e tristezza – ha scritto in serata su Twitter – salvare vite umane è quello che fa una società sana. Se non ci riusciamo è un terribile fallimento per tutti noi”.

Roberto Fico

@Roberto_Fico

Dolore, rabbia e tristezza.

Salvare vite umane è quello che fa una società sana. Se non ci riusciamo è un terribile fallimento per tutti noi.

Sebbene Fico eviti accuratamente di fare nomi, è a Salvini che stava pensando mentre postava il tweet. Non è la prima volta che il presidente della Camera tuona contro l’alleato di governo. È già successo, per esempio, quando si è schierato al fianco delle Ong messe al bando da Salvini. “Lo Stato deve stare vicino a chi aiuta gli ultimi, perché la loro sofferenza è la mia sofferenza, la loro ricerca di una dignità è la mia ricerca, non solo in tema di migranti ma in generale di diritti”, ha detto lo scorso giugno al termine dell’incontro con i responsabili di Medici senza frontiere e Amnesty International. Nel suo modo di vedere le inchieste, che hanno portato alla luce i rapporti criminosi tra Ong e scafisti, non contano nulla. Per questo, l’estate scorso, si è schierato apertamente contro la decisione di Salvini di chiudere i porti per fermare una volta per tutte gli sbarchi. In autunno, poi, lo scontro si è spostato sul fronte del decreto Sicurezza. Anche in quella occasione Fico non ha fatto mancare il proprio parere negativo.

Quando il decreto Sicurezza è arrivato al vaglio del parlamento, Fico ha potuto anche toccare con mano il piccolo esercito di grillini che non amano l’alleanza con Salvini. la fronda più copiosa è sicuramente alla Camera, ma anche al Senato può contare su diversi malpancisti. Con il ritorno di Alessandro Di Battista dal Centro America, poi, può contare su un’altra voce critica che trova ampi consensi nella frangia più movimentista dei Cinque Stelle. E, mentre Luigi Di Maio collezione nuovi record negativi nei sondaggi, loro studiano la strategia per rompere, una volta per tutte, con la Lega e dirottare il movimento a sinistra.

Reddito di cittadinanza? “Raccolta di firme per abrogarlo” – da Pd a Fi e FdI, la casta si mobilita: il primo referendum della storia contro i poveri…!

 

Reddito di cittadinanza

 

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Reddito di cittadinanza? “Raccolta di firme per abrogarlo” – da Pd a Fi e FdI, la casta si mobilita: il primo referendum della storia contro i poveri…!

Da Il Fatto Quotidiano:

Reddito di cittadinanza? “Raccolta firme, abrogare”: da esponenti Pd a Fi e FdI, fronte per il referendum contro i poveri

Il primo ad avere l’idea, chiedendo “una grande mobilitazione civica”, è stato l’ex sottosegretario dem Sandro Gozi. E trova il consenso di Vittorio Feltri (“sceneggiata napoletana”), rilanciato a sua volta da Mara Carfagna. Giorgia Meloni, segretaria di Fratelli d’Italia, schiera il suo partito per la raccolta firme. Sostenendo, mentre vuole togliere i soldi a chi non arriva a fine mese, “che lo Stato deve aiutare chi non può”. Intanto la Boschi twitta contro “una vita in vacanza” (e lo Stato Sociale si dissocia)

Una “truffa”, tutta “fuffa mediatica e controproducente”. Una “patacca”. In una parola: da abolire il prima possibile. Le opposizioni, capitanate da esponenti del Partito democratico, hanno avuto questa idea per contrastare il reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle: raccogliere le firme per cancellare la legge. Poco importa se ancora non è entrata in vigore, loro sono già pronti a mobilitarsi: raccolte firme, banchetti e campagne civiche. Tutto finalizzato, di fatto, a un referendum contro i poveri. Perché il problema, per i promotori, non sono le modalità di attuazione, i paletti, i limiti. Ma proprio il reddito in sé.

Il primo ad avere l’idea è stato l’ex sottosegretario agli Affari europei del Pd Sandro Gozi: il grande europeista che rivendica di essere vicino ad Emmanuel Macron, anche ora che il presidente francese è assediato dai gilet gialli. E anzi, dalle colonne del Foglio, ha lanciato l’idea della campagna per un referendum abrogativo. “E’ l’occasione per una grande mobilitazione civica”, è la sua spiegazione. “Sono disposto a metterci subito la facciacontro questo obbrobrio”. Sul carro dei sognatori è salito subito Vittorio Feltri, che sulle pagine di Libero ha lanciato un appello ai berluscones (parole sue) perché si mobilitino contro “la sceneggiata napoletana“. Poco dopo si sono unite l’azzurra Mara Carfagna, che l’ha definita “un’idea da non sottovalutare”, e addirittura la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, teorica della destra sociale, che ha praticamente già iniziato la raccolta firme. Il Partito democratico, in ogni caso, fa il timido: c’è stata sì la spinta di Gozi, ma non tutti hanno ancora avuto il coraggio (o la lucidità) di appoggiarlo pubblicamente. Forse voleva andare in suo aiuto l’ex ministra Maria Elena Boschiquando su Twitter ha evocato direttamente il successo de lo Stato Sociale allo scorso Sanremo e ha attaccato il reddito dei grillini, dicendo che ora l’inno sarà “Una vita in vacanza”. Non l’hanno presa bene quelli della band bolognese, ma neppure molti degli elettori in rete.

Le parole di Gozi hanno sorpreso molti dentro il Partito democratico. Anche perché il primo embrione dell’annunciato reddito di cittadinanza l’avevano studiata loro quando erano al governo. Il famoso Rei, reddito di inclusione, era più o meno questo: un tentativo di riprendere il terreno perso a sinistra rilanciando con una misura simile e che, al tempo, sognava di essere innovativa. Forse l’ex sottosegretario nemmeno era d’accordo ai tempi, sta di fatto che ora ha deciso di guidare la battaglia per cancellare la riforma M5s. “Anche se la legge ancora non c’è, è giunto il momento di dar vita al comitato promotoreper un referendum che abroghi il reddito di cittadinanza, e io sono disposto a metterci subito la faccia”, ha detto Gozi nei giorni scorsi, facendo seguito al suo intervento su il Foglio. “La battaglia per cancellare immediatamente questo reddito di cittadinanza”, è la motivazione del democratico, “coincide con quella di chi afferma che bisogna andare avanti, investire nelle infrastrutture, credere nelle proprie capacità sia a livello personale sia come popolo. Insomma, è la battaglia di chi crede che il lavoro si crei con lo sviluppo, e non con i sussidi”. Anzi, per Gozi, l’idea migliore sarebbe quella di partire “dalla piazza di Torino, dove si manifesta per il sì alla Tav”. Perché le due campagne, sempre secondo Gozi, sarebbero strettamente collegate. Quindi ha chiuso la sua argomentazione con una precisazione: “Questo referendum non sarà per opporsi a chi sostiene che serva una misura di sostegno al reddito, d’inclusione sociale e di accompagnamento al lavoro. No: si tratta di un referendum fatto contro questo reddito di cittadinanza, questo obbrobrio partorito dal governo grilloleghista. Un referendum non contro il principio sacrosanto di aiutare gli ultimi, di accompagnare le persone nella ricerca di un lavoro dignitoso, ma un referendum contro una misura pensata male e scritta peggio, una mancia indegna che non garantisce lavoro e che anzi incentiva il nero”.

Lo Stato Sociale

@lostatosociale

Noi, cara @meb, preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione.
Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra.

maria elena boschi

@meb

Dice Di Maio che col reddito di cittadinanza da oggi cambia lo Stato Sociale. La colonna sonora infatti diventa “Una vita in vacanza”

I colleghi del Pd intanto non sono rimasti a guardare. Se è pur vero che nessuno ha ancora avuto il coraggio di unirsi nella campagna per la raccolta firme per fare il referendum contro i poveri, la maggior parte ha comunque scelto di condannare la riforma come “una truffa su tutta la linea”. “E’ una patacca, infarcita di paletti per ridurre la platea degli utilizzatori, che sarà pagata a caro prezzo da tutti con aumento delle tasse e dell’Iva”, ha detto il senatore Andrea Marcucci su Twitter al grido di “Paga il popolo”. Ma l’azzardo più grosso di tutti l’ha fatto Meb, come si fa chiamare su Twitter Maria Elena Boschi: “Dice Di Maio”, ha scritto subito dopo la conferenza stampa dei due vicepremier, “che col reddito di cittadinanza da oggi cambia lo Stato Sociale. La colonna sonora infatti diventa ‘Una vita in vacanza’”. La citazione è più o meno chiara a tutti: tira in ballo la band bolognese Lo Stato Sociale e uno dei loro più grandi successi. Tanto che il gruppo ha scelto di replicarle, sempre in rete: “Noi preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione. Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra”. Un attacco, ma pur sempre basato sulla cronaca. Perché Meb è stata davvero a cena con Salvini and company per parlare di giustizia.

Eppure a cercare di lanciare un segnale al Pd, ci hanno provato l’ex ministro Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi del Centro Studi Previdenza di Lavoro e Welfare: “A Quota 100 e al Reddito di cittadinanza non dobbiamo opporci: si tratta di due misure inventate dal Pd per difendere i più deboli. La prima, introdotta nel 2007 dal Governo Prodi; la seconda, da Renzi. La domanda che dovremmo porci è come mai le nostre bandiere sono scivolate nelle mani dei gialloverdi”, hanno dichiarato. Ma a queste frasi, nessuno dei democratici ha preferito replicare.

Dal fronte berlusconiano prendono tempo. Hanno ascoltato l’appello di Feltri, ma sanno che l’iniziativa, cioè fare campagna per un referendum contro i poveri, potrebbe avere qualche effetto negativo. “Un bel referendum sul tema in questione garantirebbe un successo clamoroso a Forza Italia tale da rinvigorirla, rendendola di nuovo protagonista della vita pubblica nazionale”, ha scritto Feltri. Mara Carfagna, già vicepresidente della Camera che studia da leader, ha detto che ci sta, ma ha preferito starsene dietro le quinte per vedere chi va avanti per primo. “È sacrosanto il principio secondo cui lo Stato ha il dovere di combattere la povertà, aiutare i più deboli e sostenere chi ha perso il posto di lavoro”, ha detto per mettere le mani avanti. “Ma è devastante che un governo metta in campo misure come il reddito di cittadinanza che favoriscono evidentemente il lavoro nero, derubando non soltanto chi paga le tasse, ma colpendo anche i lavoratori onesti con l’inevitabile alterazione del mercato del lavoro e dei salari. Per non parlare della vergogna dei disabili che saranno discriminati rispetto agli altri: solo una parte potrà accedere alla stessa cifra destinata a chi non lavora. Per queste ragioni nessuno dovrebbe sottovalutare l’idea di una raccolta di firme e di un referendum contro questo reddito di cittadinanza”.

Non ha dubbi invece Fratelli d’Italia. A Giorgia Meloni non è sembrato vero e ha già lanciato la sua personale campagna di banchetti e piazze. “Fdi è pronta a costituire i comitati per la raccolta delle firme”, ha detto in una lettera a Libero. “Per Fratelli d’Italia lo Stato ha il dovere morale di aiutare chi non può, per ragioni oggettive, lavorare: i bambini (la nostra proposta storica si chiama reddito d’infanzia), gli invalidi (raddoppiando l’assegno di invalidità) e gli anziani (alzando le pensioni minime e anticipando la pensione sociale agli over 60 privi di reddito). Per tutti gli altri, invece, il compito dello Stato è favorire il lavoro, creando i presupposti per la crescita e mettendo chi può assumere in condizione di farlo”. E ha quindi chiuso: “Perché la povertà si sconfigge solo creando ricchezza”. Intanto, mentre si creano le condizioni per aiutare i poveri, la proposta è di abrogare il reddito di cittadinanza e toglierlo ai poveri.
fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/18/reddito-di-cittadinanza-raccolta-firme-abrogare-da-esponenti-pd-a-fi-e-fdi-fronte-per-referendum-contro-i-poveri/4906878/

Amarcord – 20 gennaio ’82, il Parlamento sancisce che la P2, vera e propria organizzazione criminale ed eversiva, è incompatibile con la Costituzione. 37 anni dopo il sig. Berlusconi, TESSETA P2 n. 1816, annuncia di voler scendere di nuovo in campo per il bene degli Italiani… Non trovate che c’è qualcosa che non quadra?

 

Berlusconi

 

 

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Amarcord – 20 gennaio ’82, il Parlamento sancisce che la P2, vera e propria organizzazione criminale ed eversiva, è incompatibile con la Costituzione. 37 anni dopo il sig. Berlusconi, TESSETA P2 n. 1816, annuncia di voler scendere di nuovo in campo per il bene degli Italiani… Non trovate che c’è qualcosa che non quadra?

20 gennaio 1982 – Per il Parlamento la loggia massonica P2 è incompatibile con la Costituzione. Ne facevano parte importanti personaggi della politica e del mondo industriale tra cui il sig. Berlusconi Silvio ed aveva a capo Licio Gelli il suo Gran Maestro Venerabile.

Con la legge numero 17 del 25 gennaio 1982 (“Norme di attuazione dell’articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2”), anche nota come legge Anselmi, approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, promulgata dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini durante il governo Spadolini I viene messa fuorilegge la loggia massonica P2

V. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 28 gennaio 1982, numero 27.

Sono passati 27 anni ed il sig. (a chiamarlo Cavaliere della Repubblica o Onorevole, sinceramente mi fa un po’ senso) Berlusconi Silvio (già pluriindagato, pluriprescritto, condannato per via definitiva nonchè frrequentatore abituale di prostitute, possibilmente minorenni), si candido alle Europee, dice lui “per responsabilità”…

“Alla bella età che ho, ho deciso per senso di responsabilità di andare in Europa dove manca il pensiero profondo del mondo”. Lo ha detto Silvio Berlusconi a Quartu, prima tappa del suo tour elettorale in Sardegna, annunciando la sua candidatura alle Europee del 26 maggio.

‘M5s come comunisti del ’94 ma incompetenti’ – “C’è bisogno di cambiare questo governo – ha aggiunto-, dove una parte è rappresentata dal Movimento Cinquestelle guidato da persone con nessuna esperienza e nessuna competenza. Sono come quei signori della sinistra comunista del ’94 in più hanno questo grande difetto”.

Sarete d’accordo che ogni commento è superfluo…

 

By Eles

Per la serie “hanno fatto anche cose buone” – Quando, il 20 gennaio 1927, giusto 92 anni fa, il regime fascista decise che le femmine erano esseri inferiori da sfruttare: decreto legge per ridurre i salari delle donne alla metà di quelli degli uomini… Qualcuno lo spieghi alla Mussolini o alla Meloni…!

 

regime fascista

 

 

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Per la serie “hanno fatto anche cose buone” – Quando, il 20 gennaio 1927, giusto 93 anni fa, il regime fascista decise che le femmine erano esseri inferiori da sfruttare: decreto legge per ridurre i salari delle donne alla metà di quelli degli uomini… Qualcuno lo spieghi alla Mussolini o alla Meloni…!

 

Qual era l’atteggiamento del fascismo verso la donna? Più che dalle parole, cerchiamo di ricavarlo dai fatti. Nel 1927 i salari femminili vennero ridotti alla metà di quelli corrispondenti maschili, che avevano già subito una forte riduzione. Altro che salario eguale per lavoro eguale, come diceva il vecchio slogan femminista! Il lavoro della donna valeva esattamente la metà di quello del suo collega, ed era già molto se non le veniva tolto del tutto. Infatti secondo l’ideologia fascista la sua “missione” era una sola, come ricordò più volte Mussolini nei suoi discorsi: quella di “far figli, molti figli, per dare soldati alla patria”.

Lo slogan “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo” era scritto sulle facciate delle case di campagna, e sulle copertine dei quaderni che le “piccole italiane” usavano a scuola. La prolificità veniva esaltata al massimo, quasi fosse la miglior qualità femminile: ad esempio, ogni settimana apparivano su La domenica del corriere fotografie di donne circondate da dodici o tredici figli, e insignite di una medaglia per il semplice fatto di averli messi al mondo. Avere un’abbondante figliolanza era un grande titolo di merito di fronte al regime, anche se poi le famiglie numerose nuotavano nella miseria e i bambini non avevano da mangiare. Naturalmente qualsiasi idea di controllo delle nascite era severamente bandita, e furono anzi inasprite nel codice Rocco le pene contro ogni forma di educazione demografica, che veniva considerata un attentato “all’integrità della stirpe”.
La donna, dunque, fu relegata in casa a far figli, e furono emanate addirittura delle leggi per impedirle di svolgere un’attività extracasalinga, soprattutto se di tipo intellettuale. La prima offensiva si ebbe nell’insegnamento. Nel ’27 si esclusero le insegnanti dalle cattedre di lettere e filosofia nei licei, poi si tolsero loro alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, e infine si vietò che fossero dirigenti o presidi di istituto. Quindi, per estirpare il “male” veramente alle radici, si raddoppiarono le tasse scolastiche alle studentesse, scoraggiando così le famiglie a farle studiare.
Una seconda offensiva riguardò i pubblici impieghi. Una legge deI ’33 limitò notevolmente le assunzioni femminili, stabilendo sin dai bandi di concorso l’esclusione delle donne o riservando loro pochi posti. Esse furono praticamente eliminate dalle carriere di categoria A e B, e furono ammesse, salvo rare eccezioni, solo a quelle C. Più tardi, un decreto precisava addirittura quali impieghi statali potessero essere loro assegnati, e furono naturalmente i meno qualificati e peggio retribuiti: quelli di dattilografa, stenografa, segretaria, addetta alla raccolta di dati statistici, agli schedari, alle biblioteche. La carica di segretario comunale era invece troppo importante per essere ricoperta da una donna, come precisò una sentenza del Consiglio di Stato.
In quindici anni, dal 1921 al 1936, la percentuale delle donne che svolgevano attività extradomestiche passò dal 32,5 per cento al 24 per cento. Inoltre quelle rimaste erano guardate male: si diceva che lavoravano per comprarsi le calze di seta, si raccontavano delle barzellette sulla loro ocaggine, si mettevano in berlina nelle vignette umoristiche, dove apparivano invariabilmente sedute sulle ginocchia del “principale”. Insomma l’immagine della donna come essere pensante fu umiliata in tutti i modi, mentre fu esaltata al massimo quella di generatrice di figli e di oggetto sessuale. Infatti, mentre da una parte si gonfiava il mito della virilità, di cui Mussolini e i gerarchi erano diventati i campioni nazionali, dall’altra si creava quello di una femminilità, intesa come totale sudditanza all’uomo.
É esattamente questa l’espressione che usa il teorico fascista Loffredo, nel suo libro Politica della famiglia, edito da Bompiani nel ’38. “La donna deve ritornare sotto la sudditanza assoluta dell’uomo, padre o marito; sudditanza e, quindi, inferiorità spirituale, culturale ed economica” si legge a pagina 361. E basterebbe questa frase, senza alcun commento, per condannare tutto il fascismo come fenomeno di oscurantismo, di regressione storica e culturale.
Ma è anche interessante vedere in che modo si deve arrivare a questa “sudditanza”, giacché lo stesso Loffredo non lascia le cose a metà e ce lo spiega. “Gli stati che vogliono veramente eliminare una delle cause più notevoli di alterazione del vincolo familiare… devono adottare una misura veramente rivoluzionaria: riconoscere il principio del divieto dell’istruzione professionale media e superiore della donna, e, quindi, modificare i programmi d’istruzione, in modo da impartire alla donna un’istruzione (elementare, media ed anche universitaria, se occorre) intesa a fare di essa un’eccellente madre di famiglia e padrona di casa.” Alle donne, dunque, si doveva impedire di studiare, in modo da poter loro impedire successivamente di fare un lavoro qualificato, e quindi di essere indipendenti economicamente e moralmente: esattamente l’opposto di quanto avevano sempre sosteputo i movimenti femministi, che infatti si proponevano l’emancipazione invece che la sudditanza femminile.

L’avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. – Milano – Prima edizione Collana Aperta maggio 1976
Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981
Copyright by Gabriella Parca – Terza Edizione – www.cpdonna.it 2005

 fonte: http://www.cpdonna.it/cpd/index.php?option=com_content&task=view&id=73

Oggi, il 19 gennaio di 80 anni fa, nasceva Paolo Borsellino – Lo ricordiamo con la sua ultima, toccante, intervista rilasciata poco dopo la strage di Capaci e poco prima dell’autobomba di via D’ Amelio: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano…”

 

Paolo Borsellino

 

 

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Oggi, il 19 gennaio di 80 anni fa, nasceva Paolo Borsellino – Lo ricordiamo con la sua ultima, toccante, intervista rilasciata poco dopo la strage di Capaci e poco prima dell’autobomba di via D’ Amelio:  “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano…”

Paolo Borsellino nasceva a Palermo il 19 gennaio 1940

Il 20 giugno 1992, trenta giorni dopo la strage di Capaci, e circa un mese prima dell’ autobomba di via D’ Amelio, Lamberto Sposini realizzò quella che sarebbe rimasta l’ ultima intervista televisiva al giudice Paolo Borsellino.

Dalla loro storica amicizia iniziata da bambini quando vivevano a pochi metri di distanza a Palermo con Giovanni Falcone, ai primi anni di scuola, la stessa ma in classi differenti poiché Falcone era più grande di un anno.

Sicuramente singolare il passaggio dove ricorda il periodo nell’estate 1985 dove, per ragioni di sicurezza,  furono trasferiti nella foresteria del carcere dell’Asinara per scrivere l’ordinanza-sentenza di 8000 pagine che rinviava a giudizio 476 indagati in base alle indagini del pool.
Per tale periodo, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria italiana richiese poi ai due magistrati un rimborso spese e il pagamento del vitto e alloggio per il soggiorno trascorso.

Si percepisce in più punti il dispiace che provava per le conseguenze indirette che il suo lavoro porta alla sua famiglia.

Alla fine condivide una storica frase: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”