Vergognoso – Italia stampa da terzo mondo – arrestato il governatore PD Pittella (RIPETIAMO PD), ma i giornali a stento se ne accorgono, ma se la Raggi fa una scorreggia…

 

Pittella

 

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Vergognoso – Italia stampa da terzo mondo – arrestato il governatore PD Pittella (RIPETIAMO PD), ma i giornali a stento se ne accorgono, ma se la Raggi fa una scorreggia…

Sanità in Basilicata, arrestato il governatore PD Pittella (RIPETIAMO PD): “Influenzate le scelte. Se si ricandida, pericolo che ricommetta reati”

Il presidente della Regione ai domiciliari con l’accusa di concorso in falso e abuso d’ufficio in un’inchiesta su raccomandazioni nelle nomine e manipolazione di concorsi. Altre 29 persone ai vertici del sistema sanitario lucano sono state raggiunte da misure restrittive perché accusate “a vario titolo di reati contro la Pubblica amministrazione”

Ma voi avete notato come la notizia dell’arresto di Pittella è stata riportata dai mass media (quotidiani e tv)?
Come sempre: molto soft (servizi brevi) e abbinata ad altri fatti di attualità per stemperarne la gravità.

Insomma non è successo niente o quasi…

Se invece Di Maio sbaglia un congiuntivo o la Taggi fa una scorreggia…

CHE SCHIFO !!

8 luglio 1978: Sandro Pertini è Presidente della Repubblica. La storia dell’elezione del Presidente più amato dagli Italiani

 

Sandro Pertini

 

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8 luglio 1978: Sandro Pertini è Presidente della Repubblica. La storia dell’elezione del Presidente più amato dagli Italiani

 

8 luglio 1978: Sandro Pertini è Presidente della Repubblica.
Dopo 16 scrutini a vuoto a due mesi dalla morte di Moro, fu scelto come figura di garanzia per il proprio passato nella Resistenza. Fu il più amato e ricordato da (quasi) tutti gli Italiani

Alle 12:57 di sabato 8 luglio 1978 il Presidente della Camera Pietro Ingrao leggeva per la cinquecentoseiesima volta il nome dell’Avvocato Sandro Pertini (San Giovanni di Stella, Savona, 25 settembre 1896).

Era dunque ufficiale: dopo 16 scrutini andati a vuotol’ottantaduenne socialista, già Presidente della Camera, veniva eletto al Quirinale. Un lungo scroscio di applausi riempì l’aria di Montecitorio.

Era la prima volta dal 1946 che un Socialista veniva eletto Presidente della Repubblica.

Alla fine dello spoglio alle 13,30 circa, l’esito finale parlava di un successo schiacciante: 832 voti su 995 (121 le schede bianche), anche questo era un dato inedito nella storia della Repubblica. Pertini, nel frattempo, si trovava nella sua abitazione-studio nei pressi della Fontana di Trevi. Era stato sul punto di rinunciare definitivamente alla candidatura per le divergenze e le pressioni attorno alla sua figura. Sul letto, le valigie già pronte per un periodo di riflessione nella sua amata Nizza, che lo vide manovale durante la fuga dalla giustizia fascista.

Come si arrivò all’elezione di Pertini: il fantasma di Aldo Moro

Il percorso che portò il vecchio partigiano Pertini a ricoprire la più alta carica dello Stato fu lungo e tutt’altro che semplice, intrapreso in uno dei periodi più difficili per le Istituzioni repubblicane a soli due mesi dall’assassinio del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro avvenuto il 9 maggio del 1978.

Proprio l’esito drammatico dei 55 giorni di prigionia dello statista democristiano nella prigione delle Brigate Rosse aveva segnato profondamente il corso della politica italiana.

La sconfitta dello Stato e le gravissime spaccature tra i sostenitori della fermezza nei confronti dei terroristi in contrasto tra i fautori del dialogo (in primis Craxi) resero ancora più precario l’equilibrio politico di un paese atterrito dall’omicidio di Moro e dall’escalation di violenze degli anni di piombo, ora dirette al “cuore dello Stato”. Ad aggiungere peso alle incognite, Aldo Moro aveva portato con sé nella tomba l’idea del “compromesso storico” tra il suo partito ed il Pci.

La fine ingloriosa di Giovanni Leone

Contemporaneamente ai cupi giorni di quella tarda primavera del 1978, sulla figura dell’ormai ex Capo dello Stato era calata l’ombra dello scandalo. Giovanni Leone aveva infatti rassegnato le dimissioni il 15 giugno 1978, travolto dalla pressione dello scandalo Lockheed. Date queste premesse, si rivelava assolutamente necessaria la figura di un futuro Presidente di indubbia moralità e dotato di carisma, che fosse in grado di unificare attorno alla sua figura un Paese che rischiava una pericolosa deriva istituzionale ed una spaccatura insanabile nelle forze politiche del paese.

Le candidature che furono avanzate durante il mese di giugno rispecchiavano sostanzialmente le forti divisioni tra partiti e quelle all’interno delle correnti degli stessi.

Il primo a fare il nome di Sandro Pertini è Giacomo Mancini in un’intervista al quotidiano “Paese Sera“. E’ il 21 giugno 1978 e la proposta pare subito piacere al Segretario della Dc Benigno Zaccagnini, seguito prontamente dal Pci di Berlinguer. La destra dorotea della Dc non gradiva invece la candidatura dell’anziano socialista ligure, in quanto espressione diretta dell’esperienza “frontista” dei primi anni del secondo dopoguerra. Risolutamente contrario si espresse il Msi per l’esperienza resistenziale di Pertini, mentre il Segretario socialista Bettino Craxi si incaricava di candidare ufficialmente l’ottantaduenne padre politico del Psi a insaputa di quest’ultimo.

Pertini arrabbiato con Craxi

Alla mossa decisionista e spregiudicata di Craxi, il carattere impulsivo e irascibile di Pertini ebbe uno scatto: non avrebbe voluto offrire la propria figura come candidato alla Presidenza non ritenendosi accettato come “Presidente di tutti”, essendo avversato dalla destra Dc e anche da una parte degli stessi Socialisti che avevano proposto nel frattempo le candidature di Giuliano Vassalli e di Antonio Giolitti. Nello stesso momento i Repubblicani candidavano Ugo La Malfa ma Sandro Pertini con una mossa a sorpresa ritirava la propria candidatura con una lettera di rinuncia. La mossa dell’anziano socialista si rivelerà presto vincente perché in Aula si stava consumando la paralisi dovuta ai veti incrociati dei partiti e delle correnti.

Il Pci bocciava Vassalli per il suo ruolo di giurista a difesa degli imputati dello scandalo Lockheed (Cossutta arrivò a dire che votarlo “equivaleva a votare Lefebvre”); il Psi dal canto suo attaccava la candidatura di La Malfa, che piaceva invece ad una parte della Dc.

Come detto, Pertini era avversato dalla destra democristiana e da tutto il Msi. Negli ultimi giorni la partita sembrò giocarsi tra Giolitti e La Malfa. Ma anche in questo caso si arrivò alla paralisi perché la scelta obbligata per la Dc avrebbe dovuto essere tra due laici, mentre il Pci pose un veto definitivo su La Malfa. A questo punto lo stallo sembrava essere destinato a minare la stabilità del governo di solidarietà nazionale di Giulio Andreotti, nato dall’emergenza del dopo Moro. 

La lettera di rinuncia di Pertini sparigliava le carte e si rivelava decisiva perché otteneva l’effetto contrario: il Pci decideva di rimetterlo in corsa, trascinando con sé la sinistra Dc di Zaccagniniche aveva sempre supportato l’anziano socialista e parte del Psi che avrebbe comunque avuto un illustre rappresentante del partito nonostante la candidatura di Giolitti.

La volata del Presidente partigiano: 8 luglio 1978

Fu in questo quadro di fibrillazione che si giunse allo scrutinio finale, quello del’ 8 luglio 1978. Le voci dissonanti della Dc di Forlani (che mirava a indebolire la segreteria di Benigno Zaccagnini) e dei Repubblicani che sostennero fino all’ultimo La Malfa furono alla fine messe a tacere. Craxi dal canto suo avrebbe più volentieri sostenuto Antonio Giolitti, per le note divergenze nate dopo la svolta del Midas con la vecchia dirigenza del Psi di cui Pertini era espressione piena.

Tuttavia la prospettiva di un socialista al Quirinale fu determinante per la scelta finale del Segretario del garofano. I Comunisti dal canto loro accettarono il rientro in gioco di Pertini senza condizioni, sapendo bene che il possibile nuovo Presidente non avrebbe preso ordini da Craxi.

Il salvataggio degli equilibri politici e l’idea di un Presidente di garanzia fece crollare le pesanti barriere erette dagli elettori negli ultimi giorni prima dell’elezione.

Quando Pertini venne a conoscenza della sua schiacciante vittoria mentre era in casa davanti ad un film western, era ancora risentitocon Bettino Craxi per avere alimentato le trame di Montecitorionel periodo tra la sua rinuncia ed il successo finale. Il giorno seguente, il 9 luglio 1978, fu fissata la data del giuramento davanti alla Costituzione. Un uomo profondamente differente prendeva il posto di Giovanni Leone, per storia e cultura personali. Un simbolo dell’antifascismo e dei valori della Costituzione caratterizzato dall’avversione al compromesso e dalla fermezza. Portava con sé gli anni di carcere e di confino, l’attività ai vertici del CLN, incarnazione di una vittoria contro un nemico dello Stato che nel 1978 si chiamava terrorismo.

La nota capacità dialettica e retorica accompagnò la figura di Pertini per tutto il mandato, e attirò sia favori che critiche: soprattutto da chi lo accusava di narcisismo presenzialista e di forti ingerenze politiche esplicitate sotto la maschera di “Presidente degli Italiani”. Fu in particolare modo accusato dagli avversari di efferatezza in alcuni episodi legati alle giornate dell’insurrezione di Milano nell’aprile 1945 (presunto ordine di fucilazione per gli attori Osvaldo Valenti e Isa Ferida). Fu criticato per l’omaggio a Stalin in un discorso al Parlamento all’indomani della morte del dittatore comunista nel 1953. In seguito anche per i toni incendiari che gli avversari politici gli imputavano in occasione del comizio tenuto a Genova nel 1960, nel quale avrebbe incitato gli operai e i portuali alla violenza per impedire il Congresso dell’Msi nel capoluogo ligure Medaglia d’Oro della Resistenza, che costò la poltrona al breve Governo Tambroni. Durante la carica di Presidente della Repubblica, gli furono mosse  critiche di eccessivo protagonismo in particolare durante la straziante agonia del piccolo Alfredo Rampi nel pozzo di Vermicino nel giugno 1981.

“Moro, non io, se fosse vivo, parlerebbe oggi a voi”

Pertini tiene il proprio discorso inaugurale davanti alle Camere alle 11:40 del 9 luglio 1978. Oltre alle formule di giuramento sulla Costituzione, il nuovo Presidente si soffermò su alcuni temi dominanti il suo pensiero: la dignità fondata sul lavoro, l’eguaglianza dei diritti e l’assoluta inalienabilità della libertà, non sindacabile con alcun tipo di vantaggio sociale o economico. Dopo avere salutato le Forze dell’Ordine, Pertini rivolge un pensiero ed un elogio agli emigranti italiani nel mondo, per poi tornare con la memoria alla propria esperienza di antifascista della prima ora. “Non posso, in ultimo, non ricordare i patrioti con i quali ho condiviso le galere del tribunale speciale, i rischi della lotta antifascista e della Resistenza” (…), è l’incipit del passo riservato al passato partigiano. Tuttavia Pertini smorzava subito i toni infiammati che riportavano ai drammatici giorni e alla violenza dell’insurrezione, rassicurando gli Italiani con questa frase: ” Ricordo questo con orgoglio non per ridestare antichi risentimenti, perché sui risentimenti nulla di positivo si costruisce né in morale, Nè in politica. Ma da oggi io cesserò di essere uomo di parte. Intendo essere solo il Presidente della Repubblica di tutti gli Italiani, fratello a tutti nell’amore di Patria e nell’aspirazione costante alla Libertà e alla Giustizia. Onorevoli Senatori e Deputati, signori Delegati Regionali: viva la Repubblica, viva l’Italia!“.

Era cominciata l’era del “Presidente più amato dagli Italiani” (o,meglio, da buona parte), che salvava il Governo Andreotti oltre agli gli equilibri politici dei partiti minati dai colpi di maglio delle bombe e da un terrorismo tutt’altro che sconfitto. Forse la persona meno entusiasta dell’elezione del Presidente partigiano fu sua moglie Carla Voltolina, l’ex staffetta partigiana che proprio non ne voleva sapere dei futuri obblighi da first lady, preoccupata com’era per i tanti impegni di lavoro al servizio dei tossicodipendenti e alcolisti ricoverati al Policlinico Gemelli.

fonte: https://www.panorama.it/news/politica/8-luglio-1978-sandro-pertini-e-presidente-della-repubblica-storia-e-foto/

Salvini deride pure i bambini affogati in mare: “Che peccato, in casa non ho trovato neanche una maglietta rossa da esibire oggi…” – Sveglia Gente, siamo ITALIANI, non le merde in cui ci vuole trasformare quest’individuo!

 

Salvini

 

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Salvini deride pure i bambini affogati in mare: “Che peccato, in casa non ho trovato neanche una maglietta rossa da esibire oggi…” – Sveglia Gente, siamo ITALIANI, non le merde in cui ci vuole trasformare quest’individuo!

 

Salvini deride i bambini morti in mare: peccato che non ho trovato una maglietta rossa

Il nemico di chi salva vite in mare ironizza sull’iniziativa lanciata da Libera. Sinistra Italiana replica: è indegno di svolgere il ruolo istituzionale

C’è qualcuno che ha la responsabilità delle centinaia di annegati nel Mediterraneo nelle ultime settimana. E chi ha la responsabilità? Chi ha criminalizzato le Ong impedendo loro di operare e si è affidato a un non-stato come la Libia dove comandando le milizie e, all’interno delle milizie, comandano i cartelli criminali.
Così la Guardia Costiera libica, stranamente, arriva sempre a naufragio avvenuto a fare la cosa dei dispersi (centinaia) e raccogliere i pochi sopravvissuti.
Ma no si è razzisti e xenofobi fino in fondo se non di deride la sofferenza: “Che peccato, in casa non ho trovato neanche una maglietta rossa da esibire oggi…”.

E l’emoticon di un bacio. Così Matteo Salvini – che notioriamente ama vestire capi d’abbigliamento di marchi vicini a CasaPound – prende le distanze, su Facebook, dall’appello di Libera e Don Ciotti a indossare oggi una maglietta rossa in memoria dei bambini morti in mare mentre tentavano di arrivare in Europa e sfuggire a guerre, fame e miseria.
Le magliette rosse ricordano i pigiamini rossi indossati dai bimbi annegati una settimana fa davanti alle coste della Libia, e la maglietta rossa del piccolo Alan Kurdi, ritrovato senza vita tre anni fa su una spiaggia turca. Le madri dei piccoli migranti tendono a vestire i propri figli di rosso durante la traversata, nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori.

La replica di Sinistra Italiana: è un indegno
“Salvini non trova nel suo armadio una maglietta rossa? Non ci stupisce. La sua battuta nemmeno.”
Lo afferma Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali replicando alle battute di Salvini sull’iniziativa delle magliette rosse lanciata da Libera, Arci e Anpi.
“Non ci stupisce ma ci fa schifo. – conclude Fratoianni – Chi ironizza sulla morte e sulla disperazione di migliaia di persone è solo un poveraccio. Indegno di svolgere il ruolo istituzionale che riveste.”

tratto da: https://www.globalist.it/politics/2018/07/07/salvini-deride-i-bambini-morti-in-mare-peccato-che-non-ho-trovato-una-maglietta-rossa-2027519.html

L’annuncio di Salvini: “Soldi sequestrati alle mafie per combattere abusivi e massaggiatori in spiaggia” …dico a TE, coglione disoccupato che forse stasera non riuscirai a mettere il piatto a tavola: il TUO problema, secondo Salvini, sono i massaggiatori in spiaggia! Ma veramente non ti senti preso per il culo?

 

Salvini

 

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L’annuncio di Salvini: “Soldi sequestrati alle mafie per combattere abusivi e massaggiatori in spiaggia” …dico a TE, coglione disoccupato che forse stasera non riuscirai a mettere il piatto a tavola: il TUO problema, secondo Salvini, sono i massaggiatori in spiaggia! Ma veramente non ti senti preso per il culo?

Arriva la direttiva spiagge sicure voluta dal ministro dell’Interno Matteo Salvini: I soldi sequestrati alle mafie serviranno per combattere ambulanti e massaggiatori…

Capito mio bel disoccupato? Sì, vabbè, forse il Governo se ne fotte altamente che stasera non potrai mettere il piatto in tavola. Però domani, mentre prenderai il sole in una delle più esclusive spiagge italiane, la tua digestione (?) non sarà disturbata da tutti quei negri che vogliono venderti braccialetti o peggio dai gialli che vogliono proporti massaggi…

Soddisfatto, no?

Io, al posto tuo, mi sentirei molto, ma molto preso per il culo…!

Da Fanpage:
Spiagge sicure, l’annuncio di Salvini: “Soldi sequestrati alle mafie per combattere abusivi e massaggiatori”

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini annuncia l’arrivo della direttiva ‘Spiagge sicure’ per combattere il commercio abusivo sulle spiagge italiane. Oltre alle sanzioni già previste, Salvini annuncia che la norma prevede l’impiego di “alcuni milioni di euro che arrivano dal Fondo unico giustizia, soldi sequestrati ai mafiosi: dalla mafia arriveranno sulle nostre spiagge per pagare gli straordinari agli agenti della polizia locale”.

Arriva la direttiva spiagge sicure voluta dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e, rispetto agli anni passati, c’è una novità sostanziale annunciata dallo stesso vicepresidente del Consiglio: “Quest’anno all’invito aggiungiamo dei soldi, alcuni milioni di euro che arrivano dal Fondo unico giustizia, soldi sequestrati ai mafiosi, quindi con doppio gusto: dalla mafia arriveranno sulle nostre spiagge per pagare gli straordinari agli agenti della polizia locale”. L’invito di cui parla Salvini è quello ai cittadini che frequentano le spiagge italiane, a cui chiede di non comprare la borsa, la collanina o di non farsi fare i massaggi in spiaggia da persone che non hanno il diritto di farlo: “Comprarli significa aiutare la malavita organizzata e non il poverino che le vende”.

Salvini annuncia anche il daspo urbano per le aree ad alta densità turistica, introducendo “la possibilità di sanzionare e leggi ad hoc per le aree infestate dall’abusivismo commerciale, sanitario e non solo”. Il ministro dell’Interno, ringraziando gli uffici del Viminale che hanno elaborato questo strumento “trovando anche dei soldi”, spiega che la sua direttiva ricalca in parte quello che alcuni comuni già fanno. È il caso della prefettura di Ravenna che “da due anni controlla chilometri di litorale e ha sconfitto qualsiasi tipo di abuso”. Ciò su cui punta il vicepresidente del Consiglio è il “coinvolgimento diretto degli enti locali insieme al protagonismo dei sindaci e degli assessori: contiamo che aumentino i sequestri, le confische, gli arresti, i numeri di chilometri di spiagge tranquille”.

Le sanzioni per chi acquista in spiaggia
Il ministro dell’Interno fa sapere che la nuova direttiva, presentata oggi al Viminale, non prevede un innalzamento delle sanzioni per l’acquisto di merce da venditori abusivi. Per chi compra il rischio è di subire sanzioni che vanno dai 100 ai 7mila euro. “È già previsto dal codice – spiega Salvini – non abbiamo voluto aumentare le sanzioni, ma semplicemente mettere gli agenti in condizioni di applicare la legge vigente. Sarebbe ipocrita aumentare all’infinito le sanzioni quando non c’è il personale sufficiente”.

Come funziona il Fondo unico di giustizia
Il Fondo unico di giustizia, citato da Salvini e da cui arriveranno i fondi, raccoglie i rapporti finanziari e assicurativi sottoposti a sequestro penale o amministrativo e le somme non ritirate trascorsi cinque anni dai processi civili e dalle procedure fallimentari. Attraverso Equitalia giustizia vengono versate allo Stato le somme confiscate dall’autorità giudiziaria o amministrativa, l’utile della gestione finanziaria delle risorse liquide del Fondo e una quota delle risorse sequestrate che viene stabilita con decreto ministeriale. Le somme versate allo Stato da Equitalia giustizia sono destinate – per essere riassegnate – in misura non inferiore a un terzo al ministero dell’Interno, in misura non inferiore a un altro terzo al ministero della Giustizia e all’entrata del bilancio dello Stato. Le quote di riassegnazione vengono stabilite annualmente con un decreto del presidente del Consiglio e finora si è sempre deciso di dare il 49% al ministero dell’Interno, il 49% a quello della Giustizia e il restante 2% al bilancio dello Stato. Il ministero dell’Interno può utilizzare questi fondi per la tutela della pubblica sicurezza e del soccorso pubblico.

Una tabella riportata sul sito del ministero della Giustizia mostra quali siano le cifre che Equitalia giustizia versa allo Stato attraverso questo fondo. Negli ultimi anni la cifra totale si è aggirata tra i 150 e i 220 milioni di euro: dal 2013 non è mai scesa sotto i 100 milioni. Per i primi mesi del 2018 – fino al 31 marzo – la cifra versata allo Stato è stata di 55 milioni di euro.

fonte: https://www.fanpage.it/spiagge-sicure-lannuncio-di-salvini-soldi-sequestrati-alle-mafie-per-combattere-abusivi-e-massaggiatori/
http://www.fanpage.it/

La seconda morte di Giulio Regeni – Con Salvini al governo la verità su Regeni non interessa più! …E infatti di questo ragazzo non se ne parla più!

 

Giulio Regeni

 

 

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La seconda morte di Giulio Regeni – Con Salvini al governo la verità su Regeni non interessa più!

 

La seconda morte di Giulio Regeni

“Comprendo bene la richiesta di giustizia della famiglia di Giulio Regeni. Ma per noi, l’Italia, è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l’Egitto”

Sono stato tentato per un attimo di non scrivere più nulla, di lasciare all’interno dell’articolo solo queste parole del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Sono stato tentato di non scrivere assolutamente nulla, nemmeno quelle parole. Sono stato tentato. Ma i giorni passavano, e queste parole continuavano a scorrere davanti ai miei occhi, cosi Giulio deve aver visto scorrere la vita davanti ai suoi, pugno dopo pugno, tortura dopo tortura.

Caro signor Ministro Salvini, è facile parlare di sovranità nazionale (“contusioni e abrasioni in tutto corpo…”), è facile fare “la voce grossa” in Europa (“Lividi estesi non incompatibili con lesioni da calci, pugni ed aggressione con un bastone…”) per farsi rispettare sulla pelle della povera gente, vero? (“più di due dozzine di fratture ossee, tra cui sette costole rotte, tutte le dita di mani e piedi, così come gambe, braccia e scapole, oltre a cinque denti rotti… “).

Ma quando si tratta del delitto di un ragazzo italiano (“coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi, probabilmente inferte con un rompighiaccio o uno strumento simile ad un punteruolo…”) avvenuto all’interno di un Paese ‘amico’ con cui ‘è fondamentale avere buone relazioni’ (“numerosi tagli, su tutto il corpo, causati da uno strumento tagliente simile ad un rasoio…”) si diventa di colpo piccoli, piccolissimi (“estese bruciature di sigarette, nonché una bruciatura più grande tra le scapole e incisioni somiglianti a vere e proprie lettere”). Perché ci sono “nemici” contro cui è facile combattere, e altri davanti a cui si abbassa la testa.

Voi, portatori sani di odio e di nazionalismo a buon mercato, pensate davvero che il rispetto e la sovranità di una nazione abbiano valore se pretesi sollevandosi contro gli ultimi della terra?

Non smetteremo mai di chiedere giustizia per Giulio. Mai, nemmeno per un istante la nostra lottaarretrerà. Perché no, caro signor Ministro Salvini, la richiesta di giustizia per Giulio non è una questione privata della sua famiglia. E se vogliamo dirla tutta, non è nemmeno una questione di soli noi italiani. La richiesta di giustizia per Giulio Regeni è una questione che appartiene ad ogni Uomo libero.

A Giulio hanno cercato ‘l’anima a forza di botte’. Perché, lui, un’anima l’aveva per davvero.

Un abbraccio, forte, a Paola e Claudio Regeni.

 

tratto da: http://www.qualcosadisinistra.it/2018/06/17/la-seconda-morte-di-giulio-regeni/

Verdini condannato? Report aveva già detto tutto sul caso ben 5 anni fa con l’eccezionale servizio di Sigfrido Ranucci per la puntata del 21/10/2013 – BIANCO, ROSSO E VERDINI

 

Report

 

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Verdini condannato? Report aveva già detto tutto sul caso ben 5 anni fa con l’eccezionale servizio di Sigfrido Ranucci per la puntata del 21/10/2013 – BIANCO, ROSSO E VERDINI

 

PUNTATA DEL 21/10/2013
BIANCO, ROSSO E VERDINI

 DI Sigfrido Ranucci 

Collaborazione di Giorgio Mottola

Chi è l’uomo che fa da cicerone a Berlusconi durante l’inaugurazione della nuova sede di Forza Italia? Che conforta l’ex premier dopo che in lacrime ha votato la fiducia al governo Letta?

Si tratta del senatore Denis Verdini. La percentuale delle sue presenze in parlamento rasenta lo zero. In compenso lavora duramente per il partito. Ma cosa fa veramente?

Fino alle indagini sui grandi appalti, che hanno fatto emergere gli affari della cricca, il suo volto lo conoscevano in pochi. Nonostante stia facendo i conti con vari procedimenti penali, dalla bancarotta del Credito cooperativo fiorentino, all’accusa di truffa all’editoria, dalla p3 alla p4, al finanziamento illecito ai partiti, oggi Denis Verdini appare sempre in prima fila nelle riunioni segrete di Arcore che l’ex premier tiene con un numero ristrettissimo di persone fidate. È considerato, tra i falchi, quello che riesce di più a influenzare i pensieri dell’ex premier. In molti tra le colombe di Forza Italia vorrebbero arginare il suo potere. Ma oggi è a Verdini che Berlusconi ha affidato le chiavi della rinascente Forza Italia. Se il progetto continuerà sarà proprio lui a scegliere la nuova classe politica del partito, coloro che si candideranno e siederanno sugli scranni del parlamento.

Con quale logica lo farà? Report, con un’inchiesta di Sigfrido Ranucci ha fatto la radiografia attraverso testimonianze e documenti inediti dell’ascesa di uno dei politici più influenti del momento. Dalla sua attività di commercialista a Campi Bisenzio, alla presidenza del Credito cooperativo fiorentino, dalla sua discesa in politica fino ad arrivare alla corte di Berlusconi.

QUI il video del servizio di Report

Verdini condannato a quasi 7 anni adesso rischia la pena in carcere… E pensare che se gli Italiani non li avessero stroncati col voto al Referendum, questo delinquente sarebbe un PADRE COSTITUENTE…!

Verdini

 

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Verdini condannato a quasi 7 anni adesso rischia la pena in carcere… E pensare che se gli Italiani non li avessero stroncati col voto al Referendum, questo delinquente sarebbe un PADRE COSTITUENTE…!

 

Parte Socialista fino a Berlusconiano di ferro, per poi approdare alla corte di Matteo Renzi che in lui vede, oltre al bastone per il suo governo, l’altissimo profilo di Padre Costituente. Infatti, il capitolo “Vicende giudiziarie” della sua pagina Wikipedia non ha nulla da invidiare a quella di Belusconi…

All’appello per il processo “Credito Fiorentino” Denis Verdini si becca 6 anni e 10 mesi…

All’ex senatore di i pg Fabio Origlio e Luciana Singlitico avevano contestato anche il reato di associazione a delinquere, per il quale era stato assolto in primo grado. Complessivamente tuttavia la pena è inferiore a quella di nove anni inflittagli in primo grado, poiché è stata riconosciuta una continuazione tra il reato di bancarotta e la parte del processo riguardante l’editoria

E questo delinquente doveva riscrivere la Costituzione della Repubblica italiana insieme alla Boschi…

Ma ora basta parlare di Verdini, in Italia accadono cose ben più gravi… Per esempio, lo sapete che Di Maio ha sbagliato un altro congiuntivo?

La Casellati va in visita negli Stati Uniti in coincidenza col concerto del figlio. E gli italiani, guarda le coincidenze, le pagano il viaggio…

 

Casellati

 

 

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La Casellati va in visita negli Stati Uniti in coincidenza col concerto del figlio. E gli italiani, guarda le coincidenze, le pagano il viaggio…

 

Casellati tour negli Usa col concerto del figlio

(di Carlo Tecce – Il Fatto Quotidiano) – Succede. “Una coincidenza”, per dirla con Leonardo Sciascia. Maria Elisabetta Alberti Casellati va negli Stati Uniti per una visita ufficiale, tre giorni a Washington, tre giorni a New York. Il presidente del Senato gira in lungo e largo, stringe mani autorevoli di qua, rende omaggi e saluta con affetto di là. E succede. Il figlio Alvise, ex avvocato negli Usa, direttore d’orchestra, si esibisce al Central Park di New York e la mamma, la seconda carica dello Stato, assiste compiaciuta. Succede. Anzi, è successo lunedì pomeriggio.

Casellati è partita martedì 26 giugno per gli Stati Uniti, prima tappa a Washington per incontri misti: “Alcuni giudici della Corte Suprema, la leadership del Congresso, presidenti delle Commissioni del Senato”, si legge nel comunicato di Palazzo Madama. Poi si trasferisce a New York, venerdì viene ricevuta alle Nazioni Unite da Miroslav Lajcak, presidente dell’assemblea e da Antonio Guterres, segretario generale. Cena dal console Francesco Genuardi, tra i commensali gli italiani all’estero. Il viaggio dagli alleati – parecchio intenso, con “un’agenda fittissima” (cit. Palazzo Madama) – rallenta nel weekend: inaugura il padiglione Italia al “Summer fancy food show” e va al museo Frick Collection per un’esposizione sul “George Washington di Canova”. Lunedì, la mattina è frenetica: un salto a Wall Street per l’apertura della Borsa, corona di fiori al memoriale dell’11 settembre e pranzo da Eataly.

Il programma del pomeriggio è inesistente per l’impegno al Central Park. Il figlio Alvise ha un concerto pagato pure da Brooks Brothers e dalla multinazionale Eni, un evento gratuito per avvicinare le comunità italiane e americane e far risuonare il Rigoletto, la Traviata, il Barbiere di Siviglia nella caotica metropoli. Si chiama “Opera italiana is in the air”, patrocini di prestigio e contribuiti di Banca Intesa. E mamma è in platea. Oggi Casellati rientra in Italia, non digiuna di arte perché ha trascorso il martedì del congedo tra i musei Metropolitan e Guggenheim.

Palazzo Madama ha omesso il concerto di Alvise finché il Fatto non ha chiesto spiegazioni, incuriosito da una bizzarra coincidenza. Così ieri sera, in una nota, il Senato ha informato gli italiani che la “visita di Casellati negli Stati Uniti va verso la conclusione” e, sorpresa, c’è pure il distensivo pomeriggio al Central Park col figlio Alvise: “In forma strettamente privata”. Succede.

Non vale la pena rievocare il passato. La figlia Ludovica assunta al ministero per la Salute con un contratto da capo della segretaria del sottosegretario – non è uno scioglilingua – Elisabetta Alberti Casellati. Robe di una dozzina di anni fa. Oppure la consulenza sempre di Ludovica – ex dipendente di Publitalia, la cassaforte pubblicitaria di Mediaset – per curare i rapporti con i media di Barbara Degani, sottosegretaria all’Ambiente nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, amica di famiglia. Il giorno dell’elezione al vertice di Palazzo Madama, Casellati ha commosso la stampa con la corsa a Genova – in volo di linea – per vedere il figlio Alvise al teatro “Carlo Felice”. Adesso ha soltanto sfruttato una coincidenza, di quelle talmente perfette che non ammettono retropensieri. Semmai, ossequi.

fonte: https://infosannio.wordpress.com/2018/07/04/casellati-tour-negli-usa-col-concerto-del-figlio/

La decisa presa di posizione della rivista Rolling Stone: “Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.” – “Una battaglia di civiltà”…!

 

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La decisa presa di posizione della rivista Rolling Stone: “Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.” – “Una battaglia di civiltà”…!

 

“Noi non stiamo con Salvini” titola in copertina Rolling Stone nel nuovo numero. “Da adesso chi tace è complice” si legge in calce. “Una battaglia di civiltà”, la definisce la rivista musicale che ha chiesto a musicisti, attori, scrittori e figure legate al mondo dello spettacolo e alla tv se volevano “prendere una posizione per una società aperta, moderna, libera e solidale”. Non vengono mai scritte chiaramente le parole “razzismo” e “immigrazione” ma dagli interventi dei firmatari si capisce che quella dev’essere stata la comunicazione per l’eventuale coinvolgimento. “Non vogliamo che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito”, si legge nell’editoriale.

Tra i firmatari di interventi a sostegno della campagna ci sono Daria Bignardi, Vasco Brondi, Caparezza, Pierpaolo Capovilla, Elisa, Fabio Fazio, Gemitaiz, Vinicio Marchioni, Emma, Ermal Meta, Mauro Pagani, Michele Serra, Sandro Veronesi e Zerocalcare…

 

Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.

A musicisti, attori, scrittori e figure legate allo showbiz e alla tv Rolling Stone ha chiesto se volevano prendere una posizione. Per una società aperta, moderna, libera e solidale.

Fa male vedere, giorno dopo giorno, un’Italia sempre più cattiva, lacerata, incapace di sperare e di avere fiducia negli altri e nel futuro. Un’Italia rabbiosa e infelice. Fa ancora più male prendere atto che questa rabbia si è fatta potere. Non vogliamo che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito. Per questo non possiamo tacere.

I valori sui quali abbiamo costruito la civiltà, la convivenza, sono messi in discussione. Ci troviamo costretti a battaglie di retroguardia, su temi che consideravamo ormai patrimonio condiviso e indiscutibile. I sedicenti “nuovi” sono in realtà antichi e pericolosi, cinicamente pronti a sfruttare paure ancestrali e spinte irrazionali. Dobbiamo opporci a chi ci porta indietro, a chi ci costringe a diventare conservatori. Not in my name, non nel mio nome, nel nostro nome. Questo dev’essere chiaro, da subito. Così com’è chiaro che solo provando a stare insieme possiamo tornare ad avere un presente, e immaginare il futuro.

Rolling Stone, sin dalla sua fondazione, 50 anni fa, significa impegno nella vita politica e sociale, lotta al fianco degli ultimi e coraggio nel dire sempre da che parte sta. Caratteristiche vitali e per noi irrinunciabili. Crediamo che oggi in Italia sia fondamentale prendere una posizione chiara, crediamo che volgere lo sguardo dall’altra parte e aspettare che passi la bufera equivalga a essere complici, crediamo, una volta di più, nel soft power della cultura pop, nella sua capacità di unire, condividere, accogliere.

Perciò abbiamo chiesto ad artisti e protagonisti della vita culturale italiana, che tante volte in questi anni abbiamo incrociato e raccontato. Di seguito i pensieri di quelli che condividono la necessità di lottare insieme perché l’Italia rimanga una società aperta, moderna, libera e solidale.

Rolling Stone

Daria Bignardi (scrittrice), Vasco Brondi (cantante), Caparezza (cantante), Ennio Capasa (stilista), Pierpaolo Capovilla (cantante), Chef Rubio (conduttore tv), Max Collini (cantante), Carolina Crescentini (attrice), Marco D’Amore (attore), Costantino della Gherardesca (conduttore tv), Erri de Luca (scrittore), Diodato (cantante), Elisa (cantante), Ernia (rapper), Fandango di Domenico Procacci (casa di produzione), Fabio Fazio (conduttore tv), Anna Foglietta (attrice), Marcello Fonte (attore), Gazzelle (cantante), Gemitaiz (rapper), Gipi (fumettista), Linus (Radio Deejay), Lo Stato Sociale (band), Makkox (illustratore), Fiorella Mannoia (cantante), Vinicio Marchioni (attore), Emma Marrone (cantante), Enrico Mentana (giornalista), Ermal Meta (cantante), Francesca Michielin (cantante), Motta (cantante), Gabriele Muccino (regista), Negramaro (band), Andrea Occhipinti (produttore e distributore cinematografico), Roy Paci (cantante), Mauro Pagani (musicista), Tommaso Paradiso (cantante), Valentina Petrini (giornalista), Alessandro Robecchi (scrittore), Lele Sacchi (dj), Selton (band), Barbara Serra (giornalista), Michele Serra (giornalista), Shablo (produttore musicale), Subsonica (band), Tedua (rapper), Tre Allegri Ragazzi Morti (band), Sandro Veronesi (scrittore), Daniele Vicari (regista), Zerocalcare (fumettista).

fonte: https://www.rollingstone.it/rolling-affairs/news-affairs/noi-non-stiamo-con-salvini-da-adesso-chi-tace-e-complice/419240/

La nostra Polizia finalmente sarà dotata di Taser. Peccato che sin da 2007 per l’Onu è un’arma di tortura e che nel frattempo Amnesty ha denunciato centinaia di morti solo negli Stati Uniti…!

 

Taser

 

 

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La nostra Polizia finalmente sarà dotata di Taser. Peccato che sin da 2007 per l’Onu è un’arma di tortura e che nel frattempo Amnesty ha denunciato centinaia di morti solo negli Stati Uniti…!

 

Da Salvini via libera al Taser per la polizia, ma dal 2007 è arma di tortura

Il Ministro: “non è un’arma letale ed è un ottimo deterrente”. Ma per l’Onu è un’arma di tortura e Amnesty denuncia centinaia di morti negli Stati Uniti

È ufficiale: è stato firmato il decreto che dà il via alla sperimentazione del Taser, la pistola elettrica che sarà in dotazione delle forze dell’ordine. Le città che fungeranno da laboratorio per la nuova arma saranno Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi.

“È un’arma di dissuasione non letale” ha detto Salvini, “ed il suo utilizzo è un importante deterrente soprattutto per gli operatori della sicurezza che pattugliano le strade e possono trovarsi in situazioni border line”.

Il Viminale ha informato che la sperimentazione sarà affidata alla Polizia di Stato, ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza. A quella sperimentale, seguirà una fase disciplinare, sulla base della quale le forze dell’ordine saranno addestrate per l’utilizzo.

“Il Taser “può risultare più efficace e soprattutto può ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti. Credo che la pistola elettrica sia un valido supporto, come dimostra l’esperienza di molti paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Svizzera”. Il Taser è in dotazione alle forze di polizia di circa 107 Paesi, tra cui Canada, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Kenya e in Europa in Finlandia, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Grecia e Regno Unito”.

Ma quello che Salvini non dice è che l’Onu considera il Taser un’arma di tortura dal 2007 e che Amnesty International denuncia da anni centinaia di morti negli Stati Uniti a causa del Taser, come quella di avvenuta a Miami nell’agosto del 2013, quando un ragazzo che stava facendo dei graffiti sul muro è stato colpito da una pistola taser sparata da un poliziotto ed è morto qualche tempo dopo, proprio a causa delle conseguenza che la carica ad alta tensione della pistola ha avuto sul suo corpo.

Il Taser paralizza i muscoli grazie a una scossa elettrica e non è affatto scevra da conseguenze: usata in maniera indiscriminata dalla polizia, senza sapere ad esempio se la vittima ha problemi cardiaci, potrebbe portare alla morte.

 

fonte: https://www.globalist.it/news/2018/07/04/da-salvini-via-libera-al-taser-per-la-polizia-ma-dal-2007-e-arma-di-tortura-2027365.html