Matteo Salvini: “Giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse” …Oltre ad essere una immane cazzata è anche contro la Costituzione. Ecco perché…

 

Matteo Salvini

 

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Matteo Salvini: “Giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse” …Oltre ad essere una immane cazzata è anche contro la Costituzione. Ecco perché…

 

Salvini: “Flat Tax è giusta perché se uno fattura di più può investire di più”

Matteo Salvini, intervenuto su Radio anch’io, spiega il perché della flat tax: “Se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più”. .

Con i riflettori puntati sul nuovo esecutivo il ministro degli Interni Matteo Salvini contraddice con una dichiarazione il principio di progressività delle tasse, sancito dalla nostra Costituzione. In un intervento a Radio anch’io, parlando della Flat tax, la misura contenuta nel contratto di governo, ha spiegato perché è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse. All’articolo 53 della Costituzione vengono messe in relazione la capacità contributiva dei singoli cittadini e la progressività dell’imposizione fiscale. Recita il testo: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Esattamente l’opposto di quanto ha detto il titolare del Viminale.

A proposito della flat tax Salvini ha spiegato appunto che in realtà “ci guadagnerebbero tutti”. Al vicepremier è stato domandato se la riforma fiscale ipotizzata nel contratto sia iniqua e consenta maggiori guadagni ai ricchi. Il segretario del Carroccio ha risposto così: “Se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Ma l’assoluta intenzione è che tutti riescano ad avere qualche lira in più in tasca da spendere”. Perché il problema del nostro Paese, ha aggiunto il vicepremier, “è che le esportazioni vanno bene grazie ai nostri eroici imprenditori, che nonostante tutto e tutti tengono alto il made in Italy nel mondo, ma devono tornare a comprare anche gli italiani. E per farli tornare a comprare occorre che tornino a lavorare dignitosamente e che abbiano in tasca qualche lira”.

Salvini è intervenuto poi sulla Legge Fornero, uno dei cavali di battaglia della Lega, ribadendo il suo impegno: “Smontare la legge Fornero è un impegno sacro. L’impegno è di smontarla pezzetto per pezzetto – ha concluso – ripartendo da quota cento ed avendo l’obiettivo di tornare a quota 41 anni di contributi”.

La replica della Lega
Il commento di Salvini sulla flat tax ha generato subito polemiche, al punto che l’ufficio stampa della Lega ha inviato una nota, in cui specifica la posizione del vicepremier: “Salvini non ha mai detto, come titolano alcune agenzie e quotidiani online, che ‘è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse’. Una frase frutto di una forzatura giornalistica, che non corrisponde al suo pensiero e che non è stata pronunciata nel corso della trasmissione radio anch’io di questa mattina dal ministro dell’interno e vicepremier”. In radio Salvini ha pronunciato queste parole: “Con la flat tax ci guadagnano tutti”. E come riporta la nota, questa è stata la risposta di Salvini alla domanda sulla riforma fiscale.

fonte: https://www.fanpage.it/flat-tax-salvini-giusto-che-chi-guadagna-di-piu-paghi-meno-tasse/

Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

 

Zaia

 

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Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

Il comizio di Zaia: siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli

Nel piccolo comune di Recoaro il governatore si lascia andare a toni incredibili. Ma ci sono veneti che si sentono umiliati per queste parole

Il prossimo 10 giugno si vota anche al mio paese di origine, Recoaro Terme, in provincia di Vicenza. Oggi mi trovo qui e ho assistito al comizio elettorale lampo del presidente della regione Luca Zaia. Ha parlato rigorosamente in dialetto veneto, ma il suo accento è diverso da quello di questa valle, era un accento “della bassa” e ha fatto uno strano effetto perché qui nel profondo Veneto montano, quelli “della bassa” non ci piacciono tanto.

Per fortuna ha rassicurato subito tutti i presenti e mentre il Presidente del Consiglio meno di due ore fa ha dichiarato che il governo non è razzista, Zaia ha tenuto a precisare che se “razzisti” sono coloro che vogliono tenere lontani coloro che non ci permettono di “vivere come prima”, che vogliono entrare nelle nostre case, allora siamo razzisti”, e guardando i giornalisti ha tenuto a precisare: “scrivetelo pure”.

Ha poi sottolineato di sapere quanti immigrati sono partiti da questo piccolo paese ma sottolinea “i nostri veneti non sono andati a riempire le galere e non hanno mai fatto come questi che pretendono di essere padroni ancora prima di arrivare” […] “Noi non siamo convinti che il delinquente abbia avuto un’infanzia difficile”.

Cita poi quattro punti del programma della Lega a costo zero (strettamente legati al tema immigrazione”, quindi immediatamente applicabili:(strettamente legati al tema “immigrazione”):

1 -inasprire le pene per violenti e stupratori,

2 -promuovere la legittima difesa,

3 -riaprire le carceri

4 – togliere il galateo alle forze dell’ordine e riconsegnare loro il manganello e le manette.

Da cittadina di questo paesello mi sono sentita molto umiliata. Ma davvero pensa che il livello degli interlocutori sia questo? Davvero questo linguaggio dovrebbe rassicurare? Lo chiedo alla neo ministra delle autonomie regionali Erika Stefani che viene da questa valle e sono sicuro ne conosce sia la bellezza che la ricchezza sia produttiva che umana.
Come so che Luca Zaia sa essere molto più garbato e civile. Solo linguaggio da comizio?

Mi guardavo attorno, i boschi e la bellezza del territorio. Nonostante il degrado del paese mi stupisce ogni giorno, da quando sono nata. Un po’ di inquietudine la provo e l’ho sempre provata pensando ai tempi in cui le belle ville (oggi quasi ruderi) di mezza montagna erano occupate dai gerarchi nazisti ma oggi la pace di questa valle splendida mi nutre sempre di vita e forza. Quando posso vengo qui a rigenerarmi dalla città e dai viaggi. Non ho mai avuto paura qui, n’è mai mi sono sentita minacciata. Perché dovrei sentirmi rassicurata da queste parole violente?
Il voto elettorale non è un clic sul “mi piace” di un social network, non dura quanto un’imprecazione o una frase, esprime una delega a qualcuno che ti rappresenta, che decide per te, decide e scrive per te le leggi della società in cui si vive, ciò che chi decide per te fa diventare realtà dura nel tempo, talvolta nello spazio.

Restiamo consapevoli.

 

 

fonte: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/06/05/il-comizio-di-zaia-siamo-razzisti-e-alle-forze-dell-ordine-vanno-ridati-i-manganelli-2025631.html

9 giugno 2018 – Quando Lionel Messi si ribellò: “NON GIOCO CONTRO CHI UCCIDE BAMBINI”… Così fece saltare il match tra Argentina e Israele!

 

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Quando Lionel Messi si ribellò: “NON GIOCO CONTRO CHI UCCIDE BAMBINI”… Così fece saltare il match tra Argentina e Israele!

Riproponiamo questo articolo del giugno 2018…

Il 9 giugno 2018 era previsto match amichevole tra Argentina e Israele. La partita salta… I media cercano di camuffare il fatto parlando di sicurezza e baggianate simili. La verità la dice Messi: “Non gioco contro chi uccide bambini”

Gerusalemme, salta il match con l’Argentina. Messi: «Non gioco contro chi uccide bambini»

Beirut – L’amichevole fra Israele e Argentina, prevista per sabato a Gerusalemme, è stata annullata. Il premier Benjamin Netanyahu ha chiamato il presidente argentino Mauricio Macri per cercare di salvare il match ma non c’è stato nulla da fare.

La partita – ha affermato la ministra dello Sport Miri Regev – è stata cancellata per via di minacce di gruppi terroristici ai calciatori latinoamericani».

«Da quando hanno annunciato che avrebbero giocato in Israele – ha specificato la ministra – gruppi terroristici hanno inoltrato ai giocatori della nazionale argentina e ai loro congiunti messaggi e lettere, includendo chiare minacce che avrebbero colpito loro e le loro famiglie».

Hanno anche associato «immagini video di bambini morti».

Almeno, questa è la versione ufficiale… Ma la verità è urlata da Lionel Messi

«Minacce a Messi»

Secondo il quotidiano argentino Clarín, il caso è stato esaminato in persona da Macri assieme all’Associazione calcio argentina. Ufficiali governativi hanno rivelato che «i giocatori non volevano giocare in Israele a causa delle minacce a Messi».

Ma poi il campione argentino ha chiarito in una intervista tv: «Come ambasciatore dell’Unicef non posso giocare contro chi uccide bambini palestinesi innocenti. Abbiamo dovuto cancellare il match perché siamo essere umani prima che giocatori di calcio».

Ed è questa la vera verità…!

Macri si è scusato con Netanyahu e assicurato che le motivazioni dei calciatori «non erano politiche». Lo stesso presidente avrebbe dovuto assistere alla partita assieme a una delegazione di uomini di affari della comunità ebraica argentina.

«Cartellino rosso»

L’incontro era diventato un caso politico. In Cisgiordania sono apparsi enormi poster che esortavano Messi a non partecipare per non essere «complice dell’occupazione» con la scritta «Gerusalemme è la capitale della Palestina». La Città Santa è tornata al centro dello scontro fra palestinesi e Israele dopo la decisione di Donald Trump di spostare l’ambascia americana da Tel Aviv.

Gerusalemme è considerata dallo Stato ebraico la sua capitale «unica e indivisibile» ma è rivendicata, almeno nella parte orientale, anche dall’Autorità Palestinese. Il presidente dell’Associazione calcio palestinese Jibril Rajoub ha parlato di «vittoria dei valori, della morale e dello sport: con la cancellazione del match Israele ha ricevuto un cartellino rosso».

Il Tweet del ministro della Difesa

«È una vergogna che le star del calcio argentino abbiano ceduto alle pressioni degli odiatori di Israele il cui unico obiettivo è quello di danneggiare il diritto di Israele alla sua difesa e di provocare la sua distruzione», dice, su Twitter, il ministro della difesa Avigdor Lieberman. Intanto si è appreso che la notte scorsa il premier Benyamin Netanyahu ha chiamato sulla vicenda, senza successo, il presidente argentino Mauricio Macrì.

Però loro continuano ad ammazzare i bambini…!

Ucciso dal profitto: storia di uno schiavo che non si voleva piegare – La parabola di Sacko Soumayla e dei tre porcellni…

 

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Ucciso dal profitto: storia di uno schiavo che non si voleva piegare – La parabola di  Sacko Soumayla e dei tre porcellni…

 

Ucciso dal profitto: storia di uno schiavo che non si voleva piegare

 

Spesso raccontiamo ai nostri figli la favola dei tre porcellini. Mentre gli altri si divertono, il più saggio dei tre, il più lungimirante, sacrifica il suo tempo libero edificando una casetta di mattoni che darà asilo a tutti nel momento del bisogno: solo uniti e protetti da quelle solide mura riusciranno a sconfiggere il lupo cattivo. La storia la conosciamo tutti, e non facciamo fatica ad immaginare come sarebbe finita se il protagonista fosse stato freddato da un colpo alla testa mentre raccoglieva quei preziosi mattoni: nessuno oserebbe raccontarla ai propri bambini.

Raccoglieva lamiere, Sacko Soumayla, per costruire una casetta che non bruciasse facilmente come il legno: troppi gli incendi tra le baracche edificate dai braccianti nelle campagne calabresi. D’altronde, se ti pagano meno di tre euro l’ora e passi dodici ore al giorno piegato sui campi non puoi permetterti una casa normale: se vuoi sopravvivere, devi vivere come una bestia senza servizi, senza acqua corrente, senza niente nella miseria delle tendopoli. Poiché bestia non sei, provi a darti da fare: ecco perché dopo essersi spaccato la schiena sui campi, il giovane maliano si ingegnava per costruire una baracca meno indegna. Purtroppo quella baracca non sarà mai edificata perché una pallottola sparata da una distanza di sessanta metri ha ucciso Soumaila, proprio come si uccidono le bestie.

Fosse stata tutta lì, in quell’ammasso di lamiere abbandonate, la lungimiranza di quell’uomo si sarebbe rivelata insufficiente a combattere il suo lupo. Ma la saggezza del giovane bracciante che veniva da lontano appare molto più profonda: non era solo un migrante dalla pelle nera, non erasolo un bracciante sfruttato, Soumaila era sempre stato attivo nelle lotte dei lavoratori che mettono in discussione ogni giorno il dominio del caporalato nella piana di Gioia Tauro. Ed è in quel dominio, nelle condizioni materiali di esistenza di quegli uomini, che va ricercata la radice di questo fatto di sangue, l’origine di un omicidio che si spiega solo all’interno di un ordine economico fondato sulla schiavitù e dunque sulle condizioni disumane imposte ai braccianti che lavorano nella terza economia europea. La casa di mattoni che Soumaila stava erigendo era la lotta che portava avanti con gli altri lavoratori, per opporre resistenza al dominio del profitto e alla legge della giungla che quel dominio necessariamente realizza.

Non si può capire l’omicidio di Soumaila, insomma, se non si guarda al sistema economico che produce continuamente le condizioni per questa barbarie, un sistema che si basa sul ricatto del mercato e la spietata concorrenza sui prezzi. Dietro i prezzi delle merci ci sono i costi di produzione, primo tra tutti il costo del lavoro: per soddisfare la sete di profitto della grande distribuzione organizzata, dunque, si devono schiacciare i costi del lavoro più in basso possibile. In questa corsa al ribasso sui salari il lavoratore viene presto trasformato in una bestia: costano troppola sicurezza sul lavoro, un pasto dignitoso, casa, servizi, contributi previdenziali. La dignità stessa di un uomo appare incompatibile con la sete di profitto dell’economia in cui viviamo. Quando parliamo di sete di profitto dobbiamo ricordare che il settore agricolo organizzato nel caporalato e nelle sue varianti muove un volume di affari stimato intorno ai 17 miliardi di euro all’anno: si tratta di una cifra simile al fatturato delle due principali banche italiane, Unicredit e Intesa. Le dinamiche della grande distribuzione organizzata portano naturalmente alla condizione di schiavitù in cui vertono gli oltre 400mila lavoratori sfruttati dal caporalato in Italia, ridotti a frugare nelle discariche per costruirsi un riparo. Il pilastro di questo sistema è la libera circolazione delle merci e dei capitali, che consente al profitto di abbattere qualsiasi barriera ed imporre la sua legge ovunque: ciò significa che i prezzi delle merci vengono decisi sul mercato internazionale. La spinta al ribasso di una concorrenza su scala globale – da considerarsi alla stregua di un ‘vincolo esterno’ – e la deregolamentazione del mercato del lavoro portano quindi ad uno schiacciamento della remunerazione del lavoro sotto al livello della decenza. Se lasciamo che gli uomini vivano come bestie, non stupiamoci quando vengono abbattuti come bestie. Soumayla lottava contro questo sistema, era in prima fila nelle mobilitazioni dei braccianti organizzate dall’Unione Sindacale di Base (USB): questa la sua lungimiranza, di cui dobbiamo fare tesoro. L’unica risposta allo sfruttamento è la lotta, che unisce tutti i lavoratori. Il lupo non ha ancora vinto.

di Coniare Rivolta*

* Coniare Rivolta è un collettivo di economisti – https://coniarerivolta.wordpress.com/

“È finita la pacchia”… “È finita la pacchia” un politico serio andrebbe a dirlo prima a chi sfrutta i migranti a 2 Euro l’ora, non ai migranti schiavizzati… Ma siamo in Italia…

 

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“È finita la pacchia”… “È finita la pacchia” un politico serio andrebbe a dirlo prima a chi sfrutta i migranti a 2 Euro l’ora, non ai migranti schiavizzati… Ma siamo in Italia…

Qualche giorno fa l’assassinio di Sacko Soumayla. Aveva 29 anni, viveva in una baraccopoli a San Ferdinando, in provincia di Vibo Valentia, ed è stato con una pallottola di fucile piantata in testa. Era un sindacalista delle Usb, un migrante regolare non un ladro come qualcuno ha subito illazionato. Un giovane uomo sempre in prima linea per difendere i diritti dei lavoratori immigrati nella Piana di Gioia Tauro, sfruttati e costretti a vivere nelle baraccopoli costruite con pezzi di lamiere.

Non si può neanche esclude che si sia trattato di un regolamento di conti per far fuori un uomo “scomodo”.

Nelle campagne calabresi si lavora e si muore per 2 euro l’ora. I braccianti vivono tra rifiuti tossici e lamiere in campi e capannoni come quello in cui si è consumata la tragedia di Soumali, una struttura ben nota alle forze dell’ordine e già sequestrata una decina di anni fa nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica sullo smaltimento e lo stoccaggio di 135 mila tonnellate di rifiuti industriali tossici e pericolosi tra Calabria, Puglia e Sicilia.

 

Riportiamo un articolo di Lettera 43 del 2012, ma sempre attualissimo:

Schiavi per due euro l’ora

di Gelsomino del Guercio
Un’altra estate in ostaggio dei caporali. Per i lavoratori stagionali (in larghissima parte immigrati africani) i mesi caldi dell’anno coincidono con il periodo della raccolta di pomodori, angurie e fragole. E con il lavoro nei campi, torna a emergere la piaga dello sfruttamento: la paga media giornaliera secondo i sindacati che lottano contro lo sfruttamento, è due euro l’ora.
La nuova schiavitù, secondo le recenti stime di uno studio curato dall’osservatorio Placido Rizzotto e da Flai-Cgil, interessa circa 400 mila lavoratori, 60 mila dei quali sono costretti in alloggi di fortuna sprovvisti dei requisiti minimi di vivibilità e agibilità.
UN BUSINESS DA 10 MLD. Il caporalato genera un business che in Italia è stimato intorno ai 10 miliardi di euro all’anno.
Il «nero» in agricoltura è diffuso in tutto il Paese e incide per il 90% del lavoro agricolo nelle regioni del Mezzogiorno, per il 50% nelle regioni del Centro e per il 30% del lavoro agricolo del Nord.
LA MODIFICA DEL CODICE PENALE. Un fenomeno contro cui combattono sindacati e associazioni. «La modifica dell’articolo 603 del codice penale», si legge nel dossier Flai Cgil, «che stabilisce il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro rappresenta solo un primo ma non esaustivo passo verso il contrasto del fenomeno del caporalato e serve a colpire chiunque si avvalga di questa deprecabile pratica, comprese le aziende che ne fruiscono».
I LIMITI DELLA LEGGE. Il limite della legge è, però, l’assenza di un meccanismo di premialità per chi denuncia il caporale.
«Se questo non è garantito», ha spiegato a Lettera43.it Roberto Iovino, coordinatore dell’osservatorio Placido Rizzotto, «chi si ribella lo fa a suo rischio. Una forma di tutela stabilita dalla legge sarebbe invece un incentivo per chi decide di uscire allo scoperto».
L’OPERA I SENSIBILIZZAZIONE. Intanto la Flai sta provando a sensibilizzare i lavoratori stagionali con l’iniziativa Sindacato di strada che attraverserà le zone a rischio caporalato. Nelle province di Salerno e Caserta in Campania, Foggia e Lecce in Puglia, Catania, Ragusa, Siracusa nella Sicilia orientale, saranno diffusi volantini informativi negli orari d’assembramento dei lavoratori.
UN FENOMENO IN ESPANSIONE. Ad aumentare l’allarme dei sindacati è anche l’espansione del mercato del lavoro stagionale. «Ormai», osserva il responsabile, «con la crisi economica a finire ostaggio del caporale di turno non sono solo gli immigrati, ma anche gli italiani che si ritrovano senza lavoro in età avanzata. Parliamo di persone di 50-55 anni che alle quattro del mattino si ritrovano con gli immigrati ad aspettare di essere prelevati dal caporale e trasportati nei campi».
Percentuali che comunque sono risicate rispetto a quelle degli immigrati, che restano i veri anelli deboli nella catena dell’illegalità.
Tra le zone più a rischio schiavitù c’è il Salento. «Secondo i nostri dati», ha spiegato Antonio Gagliardi, segretario Flai Cgil di Lecce, «i lavoratori assoldati dai caporali nel 2011 nell’area salentina sono stati tra i 500 e gli 800. Solo per la raccolta di angurie, parliamo di un business di oltre 10 milioni di euro concentrato tra Nardò, Copertino, Porto San Cesareo».
UN CAPORALE CONTROLLA CIRCA 50 UOMINI. Il meccanismo è ormai oleato: prima dell’estate, le aziende che lavorano le angurie assumono i caporali. Questi si occupano di contattare le squadre di immigrati. Il caporale ne può gestire ogni giorno fino a cinque-sei. Ognuna delle quali è composta massimo da 10 persone.
«Le aziende negano la presenza del caporalato», prosegue Gagliardi. «A loro basta dimostrare di aver assunto regolarmente una persona che coordina la raccolta e provvede a organizzare le squadre di lavoro, nulla di più».
IL TRIANGOLO DELL’AGRO CASERTANO. Non è meno drammatica la situazione in Campania dove sta per cominciare la raccolta dei pomodori. Nell’agro casertano, c’è un triangolo di fuoco per il caporalato che si estende tra i comuni di Villa Literno, Castelvolturno e Casal di Principe. Ma ultimamente il fenomeno si sta espandendo anche nell’alto Casertano, nella zona di Sessa Aurunca.
LE MANI DELLA CAMORRA. «Da queste parti», fa notare Tammaro Della Corte della Flai Caserta, «c’è stata un’evoluzione dei caporali: prima erano italiani e di diretta espressione dei clan, ora la camorra lascia quest’incarico direttamente agli immigrati. Anche se a dire il vero non è stata mai dimostrata la correlazione tra camorra e caporalato. Si presume che esista un nesso perché in questi comuni qualsiasi cosa si muove, deve avere il via libera del clan».
Della Corte opera ormai da un anno con il suo camper tra i rifugi dei caporali o alle rotatorie dove alle prime luci del giorno i lavoratori vengono caricati nei furgoni. «Ho conosciuto un caporale rumeno», racconta il sindacalista, «che sosteneva addirittura di essere un benefattore».
DUE EURO ALL’ORA. La realtà naturalmente è un’altra. La paga è mediamente di due euro l’ora e si lavora dalle otto del mattino sino al tramonto. Il proprietario dell’azienda paga il caporale 40 euro. La paga dei braccianti è al massimo di 25 euro. «Ma la cosa più grave è che il fenomeno da queste parti è percepito come normale. È aberrante, ma è così».
LE RIBELLIONI DEGLI IMMIGRATI. Solo di recente si sono registrate le prime ribellioni di immigrati. «Qualcuno ci ha iniziato a raccontare quello che accade nei campi. Man mano cominciano a fidarsi di noi», conclude il referente Flai, «ed è questa l’unica medicina per scoperchiare il fenomeno e consegnare alla giustizia chi è vertice di questo percorso criminale».
da lettera43.it

Il 25 aprile il Governo uscente ordina altri otto F35, pagando l’anticipo… I giornali si chiedono se il nuovo Governo confermerà l’acquisto… Nessuno però si chiede come si permette un Governo, non solo delegittimato, ma indiscutibilmente disprezzato, ad impegnare i nostri soldi!

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Il 25 aprile il Governo uscente ordina altri otto F35, pagando l’anticipo… I giornali si chiedono se il nuovo Governo confermerà l’acquisto… Nessuno però si chiede come si permette un Governo, non solo delegittimato, ma indiscutibilmente disprezzato, ad impegnare i nostri soldi!

 

Tutti a chiederso cosa farà il nuovo Governo.

Ecco per esempio, con un po’ di ironia, Il Fatto Quotidiano

Per gli F-35 sono 1,3 miliardi. Che faccio ministro, lascio?
In effetti lo scorso 25 aprile il Governo uscente ha ordinato altri 8 cacciabombardieri. Ma il M5S, nella prima versione del programma, votata sulla piattaforma Rousseau, aveva annunciato tagli al programma per gli F35. Tagli che sono poi scomparsi nella versione definitiva del documento e nel contratto di governo siglato con la Lega. Come si muoverà adesso la neoeletta ministra della Difesa?

Un bel dilemma.

Resta però la domanda: perché un governo evidentemente non più voluto dalla gente si permette di impegnare i soldi nostri?

Agghiacciante dichiarazione di Monti in aula al Senato nei confronti del nuovo Governo: “attenti o arriva la Troika” …solo a me queste parole ricordano tanto, forse troppo, gli avvertimenti dei mafiosi?

Monti

 

 

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Agghiacciante dichiarazione di Monti in aula al Senato nei confronti del nuovo Governo: “attenti o arriva la Troika” …solo a me queste parole ricordano tanto, forse troppo, gli avvertimenti dei mafiosi?

 

Fonte ANSA:

Governo: Monti, umiltà o arriva Troika…

Poi fa gli auguri al nuovo esecutivo, spero abbia successo

(ANSA) – ROMA, 5 GIU – Il governo Conte “nella sua interezza” deve mostrare “più umiltà e realismo” nei confronti del Paese, altrimenti rischia di fargli subire “l’umiliazione della Troika”. Lo ha detto il senatore a vita Mario Monti nella discussione generale sulla fiducia in Senato.
Monti ha rivolto “al nuovo governo sinceri auguri nell’interesse dell’Italia” dato che “chiunque abbia avuto l’onore e l’onere di guidare il governo non può che augurarsi il successo del governo”.

Fonte QUI

Un modo più soft per dire (parafrasando il grande Sordi) “perchè noi siamo noi e voi non siete un cazzo”?

Un semplice richiamare alla memoria che la nostra sovranità è solo una favoletta che ci raccontano l’Unine Europea e le Lobby per tenerci buoni?

Un avvertimento chiaramente mafioso fattoci pervenire da chi veramente comanda?

Staremo a vedere… Ma sicuramente non è il caso di stare tranquilli… Con certi delinquenti in giro…

By Eles

Pensateci, Vi siete rotti di lavorare e ve ne andate in vacanza intascando lo stesso lo stipendio dalla Ditta… Ladri? Farabutti? Parassiti? …Ecco, Matteo Renzi, stanco delle ultime vicende politiche, ha deciso di farsi 2, 3, forse 4 mesi di vacanza… MA LO STIPENDIO NOI GLIE LO PAGHIAMO…

 

Matteo Renzi

 

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Pensateci, Vi siete rotti di lavorare e ve ne andate in vacanza intascando lo stesso lo stipendio dalla Ditta… Ladri? Farabutti? Parassiti? …Ecco, Matteo Renzi, stanco delle ultime vicende politiche, ha deciso di farsi 2, 3, forse 4 mesi di vacanza… MA LO STIPENDIO NOI GLIE LO PAGHIAMO…

 

Matteo Renzi, stanco delle ultime vicende politiche, ha deciso di farsi 2, 3, forse 4 mesi di vacanza all’estero. Ospite delle lobby che ha finora difeso a spada tratta, di partiti politici, capi di stato e di amici grandi imprenditori.

Va bene no? È un suo diritto farlo…

MA NON SE PAGHIAMO NOI…

Prima si è fatto eleggere e poi gli è venuta la stanchezza e la voglia di partire. Ma intanto lo stipendio da senatore (la s minuscola è voluta e dovuta) glie lo paghiamo noi. Perchè il vizio di fare puttanate a spese (se non sulla pelle) degli altri, questo non gli passa…

Scusate, ma solo a me sembra un’immane presa per il culo nei confronti degli italiani che gli pagano 14.000 euro al mese di stipendio da senatore (la s è sempre minuscola…)…?

Qualche idiota del partito si chiede ancora come abbia fatto Renzi a prendere un partito al 40% e portarlo al 17%…

Semplice, come andare in vacanza adesso: prende per il culo la Gente e si fa sempre e solo i cazzi suoi incurante di chi sta intorno, tanto ci sono gli amici suoi (lobby, grandi imprenditori e topi di fogna del genere) che gli debbono restituire un sacco di favori (sempre fatti sulla pelle della gente)…

Possibile che ci sia ancora un 17% di Italiani disposti a farsi prendere per i fondelli da un farabutto del genere?

 

By Eles

Chi tocca l’Europa muore: la lezione di Mattarella…!

Europa

 

 

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Chi tocca l’Europa muore: la lezione di Mattarella…!

 

28 maggio 2018

Un breve riassunto di quello che è successo il 28 maggio scorso: Giuseppe Conte, indicato da Lega e Movimento 5 Stelle come Presidente del Consiglio, è salito al Quirinale per conferire col Presidente della Repubblica, per comunicargli l’esito delle consultazioni e per presentargli la lista dei ministri. Già da diversi giorni si rincorrevano voci riguardanti la casella fondamentale di tale lista, quella legata al Ministro dell’Economia. Il Movimento 5 Stelle e la Lega avevano indicato Paolo Savona, già Ministro dell’industria durante il Governo Ciampi (1993-94). Le voci, dicevamo: dalle stanze del Quirinale era trapelato lo scontento del Presidente della Repubblica sul nome di Savona, considerato eccessivamente euroscettico. Un nome del genere, si argomentava, non sarebbe stato gradito né alle principali cancellerie europee, né ai famigerati mercati.

Poco prima dello scoccare delle 20, si sono aperte le porte della Sala della Vetrata, luogo nel quale avvengono le consultazioni. Ne è uscito il segretario generale della Presidenza della Repubblica, per leggere uno stringato comunicato che confermava le voci che si rincorrevano già da alcune ore: Giuseppe Conte ha rimesso il mandato nelle mani del Presidente. In altri termini, ha rinunciato a formare un governo. Dopo un breve e alquanto insignificante intervento dello stesso ex Presidente del Consiglio incaricato, è stata la volta di Mattarella.

In un discorso breve, ma molto denso, il Capo dello Stato ha spiegato le ragioni per le quali non si era giunti a una soluzione della più lunga crisi di governo della Storia repubblicana. Conviene riportare qui le parole di Mattarella.

“Ho chiesto per il ministero dell’Economia l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con il programma, che non sia visto come sostenitore di una linea più volte manifestata che potrebbe provocare l’uscita dell’Italia dall’euro.

La designazione del Ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto per quel ministero l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, che al di là della stima e della considerazione della persona non sia visto come sostenitore di linee che potrebbe provocare la fuoriuscita dell’Italia dall’euro, cosa differente dal cambiare l’UE in meglio dal punto di vista italiano. A fronte di questa mia sollecitazione ho constatato con rammarico indisponibilità a ogni altra soluzione, e il presidente del consiglio incaricato ha rimesso il mandato”.

Proviamo a tradurre in italiano il linguaggio istituzionale di Mattarella. I partiti che insieme detengono la maggioranza assoluta delle Camere gli hanno sottoposto il nome di Paolo Savona. Il nome è sgradito ai mercati e ai rappresentanti delle istituzioni europee, quindi non ha firmato il decreto di nomina e ha proposto loro un nome più moderato e digeribile, ben consapevole che non avrebbero accettato. Ricevuto l’atteso rifiuto, ha ritenuto impossibile formare un governo.

Da queste parole dovrebbe derivare una sana inquietudine. Quel che è accaduto conferma, laddove ve ne fosse ancora bisogno, alcuni fatti difficilmente contestabili. Sono cose che erano già lampanti, ma che mai erano state espresse in maniera così esplicite dalla prima carica dello Stato. Ecco cosa emerge dal discorso di Mattarella.

Nell’Unione Europea, la tanto decantata sovranità popolare è fortemente limitata. Se un governo, pur sostenuto dalla maggioranza assoluta del Parlamento, non è gradito all’Unione Europea, alla Germania e ai mercati, il voto popolare non conta nulla. O si fa il governo che dicono questi ultimi, o si torna al voto (“e stavolta cercate di votare come diciamo noi, tanto è inutile”).

Le ingerenze europee vanno ben oltre quanto previsto dai Trattati e passano per canali leggermente diversi rispetto a quelli previsti dalla Costituzione: l’intimidazione, la speculazione, le pressioni informali.

Di uscire dall’Euro non se ne parla, in senso letterale. Chi ne parla, chi anche accenna alla possibilità di farlo, addirittura chi lo dice e poi se ne pente (vedi Savona) perde qualsiasi dignità istituzionale. E il Presidente della Repubblica può tenerlo lontano dal governo, con ogni mezzo necessario.

Nubi oscure si addensano all’orizzonte.  Possiamo votare chi ci pare, ci mancherebbe. Ma il governo che verrà dovrà essere gradito in primo luogo ai mercati, alla Commissione europea e ai governi degli Stati che decidono, di fatto, i destini dell’Unione Europea.

Dopo che è successo?

 Dopo è successo che anche 5stelle e lega hanno dovuto calare la testa al potere Europeo. a Savona hanno dato comunque un ministero, quello dell’industria, del commercio e dell’artigianato, si, ok, importante. Ma intanto il messaggio era passato: comandano loro!

Non avevano nulla contro Savona, tant’è che l’abbiamo potuto avere come ministro. L’importante, in tutta questa vicenda, è che l’Europa ha fatto capite agli Italioti chi è che comanda!

Chi tocca l’Europa muore!

Due euro l’ora per lavorare come schiavi. Ecco, caro Salvini, la “pacchia” di Gioia Tauro

 

Salvini

 

 

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Due euro l’ora per lavorare come schiavi. Ecco, caro Salvini, la “pacchia” di Gioia Tauro

Salvini sui migranti: “è finita la pacchia”

Due euro l’ora per lavorare come schiavi. La ‘pacchia’ di Gioia Tauro

Chi sono i compagni e le compagne di Soumaila Sacko, ucciso mentre prendeva dei pezzi di lamiera per riparare dal sole una comunità di invisibili che sfruttiamo. Chi sono i ladri? La denuncia del Medu.

Quanto costa un kiwi, un mandarino, un’arancia? Quanto costa davvero in termini di fatica e dignità l’esistenza di chi lavora quella terra, la terra della Piana di Gioia Tauro? La frutta, in questo pezzo di Calabria militarizzato dalle mafie, resterebbe sugli alberi. I 3500-4000 migranti che arrivano da stagionali non portano via alcun lavoro ai calabresi, agli italiani. Non c’è alcuna pacchia da festeggiare. E’ manodopera flessibile e a basso costo. Sono uomini sfruttati, “sottoposti a pratiche illecite e situazioni abitative indecenti e degradanti per la dignità di ogni essere umano e in uno stato di irreversibile marginalizzazione”. Soumaila Sacko, ucciso a fucilate, era nato in Mali, era venuto in Italia per cercare un po’ di futuro, sopravvivere a stento nella tendopoli di San Ferdinando, sul golfo bello e disperato di Gioia Tauro, Calabria, Italia. Lo hanno ammazzato. Per una lamiera.

Il dossier della vergogna. I medici per i diritti umani, Medu, da anni controllano la zona, la monitorano, prestano soccorso a moltitudini di invisibili. Hanno presentato un dossier, si intitola ‘I dannati della terra’, fotografa senza sconti la situazione. Ve ne diamo conto perché la realtà prevalga su ogni demagogia.
Scrivono i medici sul campo: “Otto anni dopo la cosiddetta “rivolta di Rosarno”, i grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano ancora uno scandalo italiano, rimosso, di fatto, dal dibattito pubblico e dalle istituzioni politiche, le quali sembrano incapaci di qualsiasi iniziativa concreta e di largo respiro. Oggi più che mai, la Piana di Gioia Tauro è il luogo dove l’incontro tra il sistema dell’economia globalizzata, le contraddizioni nella gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese e i nodi irrisolti della questione meridionale produce i suoi frutti più nefasti”.
Chi sono i ladri. La paga? Per 10, 12 ore al giorno sotto il sole che brucia prendono al massimo 27 euro, nessuno ha un contratto. Meno di 2 euro all’ora, un massimo di 3, quando va bene. Scrivono nel dossier del Medu. “La gran parte dei braccianti continua a concentrarsi nella zona industriale di San Ferdinando, a pochi passi da Rosarno, in particolare nella vecchia tendopoli (che accoglie almeno il 60% dei lavoratori migranti stagionali della zona), in un capannone adiacente e nella vecchia fabbrica a poche centinaia di metri di distanza. Sono circa 3000 le persone che trovano alloggio qui, tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti e fatiscenti, bombole a gas per riscaldare cibo e acqua, pochi generatori a benzina, materassi a terra o posizionati su vecchie reti e l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati. Le preoccupanti condizioni igienico-sanitarie, aggravate dalla mancanza di acqua potabile, ed i frequenti roghi che hanno in più occasioni ridotto in cenere le baracche ed i pochi averi e documenti degli abitanti (l’ultimo, il 27 gennaio scorso, ha registrato una vittima, Becky Moses, ed ha lasciato senza casa circa 600 persone nella vecchia tendopoli) rendono la vita in questi luoghi quanto mai precaria e a rischio”.
Età, passaporti. Continua il dossier di Medu: “Si tratta per lo più di giovani lavoratori, con un’età media di 29 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana occidentale (soprattutto Mali, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Costa d’Avorio). Non mancano le donne, circa 100 provenienti dalla Nigeria, quasi certamente vittime di tratta a scopo di prostituzione. Il 67% delle persone assistite è in Italia da meno di 3 anni, ma c’è anche chi vive nel paese da più di 10 anni (4,4%) ed è finito nel ghetto di San Ferdinando-Rosarno dopo aver perso il lavoro nelle fabbriche del nord Italia o dopo aver perso il titolo di soggiorno (soprattutto di lavoro, per mancanza di risorse economiche ritenute sufficienti al rinnovo)”

Non sanno l’italiano, non possono difendersi. Più della metà dei pazienti – spiegano i medici – ha una conoscenza scarsa della lingua italiana, “a testimonianza delle gravi carenze del sistema di accoglienza, di cui la maggior parte delle persone ha usufruito. Meno di 3 su 10 hanno un contratto. Nella quasi totalità dei casi, tuttavia, il possesso della lettera di assunzione o di un contratto formale non si accompagna al rilascio della busta paga, alla denuncia corretta delle giornate lavorate ed al rispetto delle condizioni di lavoro così come stabilite dalla normativa nazionale o provinciale di settore e l’accesso alla disoccupazione agricola risulta precluso alla gran parte dei lavoratori. Si tratta di dati particolarmente allarmanti, che denotano condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate dal mancato rispetto dei diritti e delle tutele fondamentali dei lavoratori agricoli, che pure rappresentano tuttora il carburante per l’economia locale”.
Situazioni al limite. E infine, spiegano dal Medu, “dal punto di vista sanitario, le precarie condizioni di vita e di lavoro pregiudicano in maniera importante la salute fisica e mentale dei lavoratori stagionali. Tra le patologie più frequentemente riscontrate, le principali interessano infatti l’apparato respiratorio (22,06% dei pazienti) e digerente (19,12%), riconducibili allo stato d’indigenza e di precarietà sociale e abitativa, ed il sistema osteoarticolare (21,43%), da ricollegare particolarmente ad un’intensa attività lavorativa. Alcune persone inoltre presentano segni riconducibili a torture e trattamenti inumani e degradanti, per lo più connessi alla permanenza in Libia, e disturbi di natura psicologica”-
Quanto costa la vita di un uomo, quanto vale? Quanto costa un kiwi, un pomodoro, un mandarino? Quanto costa la vita di un uomo che andava a prendere delle lamiere per cercare di riparare se stesso e i suoi compagni dal sole?
Scriveva Frantz Fannon: “Per il popolo colonizzato il valore primordiale, perché il più concreto, è innanzitutto la terra: la terra che deve assicurare il pane e, sopra ogni cosa, la dignità”, E invece non c’è dignità tra i ‘dannati della terra’.
Soumaila Sacko è morto ammazzato in un Paese che lo ha sfruttato. Non era un ladro. Semmai in questa circostanza i ladri siamo noi.

 

fonte: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/06/03/due-euro-l-ora-per-lavorare-come-schiavi-la-pacchia-di-gioia-tauro-2025486.html