F-35…? Anche la Germania dice NO… Una lezione ai nostri politici disposti a bruciare 100 milioni (di soldi nostri) pur di scodinzolare intorno al padrone americano

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F-35…? Anche la Germania dice NO… Una lezione ai nostri politici disposti a bruciare 100 milioni (di soldi nostri) pur di scodinzolare intorno al padrone americano

 

F-35 per la Luftwaffe? Il “nein” di Berlino è una lezione per l’Italia

Il Ministero della Difesa tedesco ha reso noto che, come previsto da tempo, il velivolo Panavia Tornado verrà sostituito nei ranghi della Luftwaffe dall’Eurofighter Typhoon e non dal Lockheed Martin F-35 Lightning, come aveva auspicato all’inizio di novembre il capo di stato maggiore dell’aeronautica, il tenente generale Karl Muellner.

Parlando alla conferenza IQPC International Fighter a Berlino, il generale Muellner disse che l’F-35 permetterebbe alla Germania di raggiungere tre obiettivi primari per la sua sostituzione con il Tornado: soddisferebbe i requisiti militari della Luftwaffe, rafforzerebbe la cooperazione europea attraverso l’interoperabilità e contribuirebbe a bilanciare il surplus commerciale della Germania con gli Stati Uniti.

 Sottolineando come il successiore del Tornado dovrebbe avere capacità di combattere altri aerei, interdizione, soppressione delle difese  aeree (SEAD), supporto aereo ravvicinato (CAS), ricognizione tattica, guerra elettronica e missioni di deterrenza nucleare, Muellner aveva dichiarato che “la Luftwaffe considera la capacità dell’F-35 come il punto di riferimento … e penso di essermi espresso abbastanza chiaramente su quale sia il favorito della Luftwaffe”.

Una dichiarazione che ha avuto ampia eco sui media, certo superiore a quella con cui l’opzione del velivolo statunitense è stata decisamente respinta dal vice ministro della Difesa Ralf Brauksiepe.

“La visione indicata del capo della forza aerea che l’F-35 Lightning II è un successore particolarmente adatto al Tornado non è la posizione del governo federale” che, come è noto da tempo, intende sostituire i Tornado con gli Eurofighter Typhoon tra il 2025 e il 2030 quando gli ultimi Tornado dovrebbero venire ritirati dal servizio.

La Germania punta quindi a incentrare i suoi reparti aerei da combattimento su un solo velivolo (come del resto fa anche la Francia con i Dassault Rafale) di produzione nazionale all’interno del consorzio Eurofighter (Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna).  Una scelta coerente con la necessità di concentrare gli stanziamenti su prodotti dell’industria nazionale, con i progetti di difesa europea e con il varo del programma franco-tedesco per lo sviluppo di un nuovo velivolo di Quinta generazione annunciato nel luglio scorso.

Anche alla luce di questi fatti appare sempre più paradossale la scelta italiana di dotarsi degli F-35 (gli unici davvero necessari sono gli F-35B per la Marina e destinati all’imbarco sulla portaerei Cavour che può imbarcare solo aerei a decollo corto e atterraggio verticale), i cui costi sono da tempo fuori controllo e che porteranno la nostra Aeronautica a schierare due macchine (Typhoon e Lightning II) estremamente costose anche in termini di gestione a fronte di bilanci della Difesa sempre più scarni.

Oltre a lasciare ancora a lungo l’Italia in posizione di sudditanza nei confronti degli USA, la cui politica è sempre più palesemente ostile all’Europa e dove il “buy american” impedisce la penetrazione negli USA di prodotti italiani ed europei della Difesa, l’acquisizione dell’F-35 rappresenta un suicidio industriale anche a fronte degli scarsi ritorni tecnologici, compensazioni e posti di lavoro determinati dal programma dell’aereo statunitense.

Per sostenere l’industria, potenzialità di export del made in Italy e occupazione meglio sarebbe acquisire altre due dozzine di nuovi Typhoon per rimpiazzare i Tornado e almeno altrettanti M-346FA (versione da combattimento dell’addestratore M-346 Master – nella foto sotto) per sostituire gli AMX Acol promuovendo così sul mercato il caccia leggero di Leonardo.

Una scelta che certo comprometterebbe i 4 miliardi spesi negli ultimi 20 anni per il programma F-35, che potrebbero in parte venire recuperati cedendo ad altri acquirenti i pochi  F-35A già ordinati o consegnati e negoziando con gli Usa il mantenimento alla FACO di Cameri gli stabilimenti per la manutenzione degli F-35B della Marina e per gli F-35A di altri Paesi NATO e dell’Usaf dislocati in Europa.

Certo l’F-35 vanta capacità indubbiamente avanzate ma non è detto che all’Italia serva davvero un aereo semi-stealth da “first strike” (anche nucleare, con le bombe B-61-11 statunitensi basate a Ghedi) ) dal momento che, per scelta politica di Roma, neppure gli aerei da combattimento in servizio oggi vengono impiegati per azioni di attacco, ovviamente con l’esclusione dei conflitti in cui Washington ci ha “ordinato” di farlo (Kosovo, Libia e Afghanistan).

I potenziali nemici che presumibilmente dovremo affrontare sono alla portata dei Typhoon (che infatti imbarcano già i missili da crociera MBDA Storm Shadow), a meno che non si voglia continuare a seguire la delirante politica anglo-americana di contrapposizione alla Russia che domina gli ambenti NATO.

Inoltre che senso ha blaterare tanto di difesa europea se poi, per giunta in tempi di “vacche magre”, si comprano aerei e tecnologie americane invece di svilupparne di proprie?

Tenuto conto anche delle scarse risorse finanziarie disponibili per la Difesa, una scelta all’insegna del “buy italian” è dunque quanto mai necessaria se davvero si vuole impedire il collasso o la svendita agli stranieri dell’industria nazionale, che con la rinuncia all’F-35 potrebbe disporre anche di risorse utili alla ricerca hi-tech per affiancare (in un ruolo non troppo subalterno) i franco-tedeschi nel programma per un nuovo cacciabombardiere europeo di Quinta generazione, accedendo anche ai fondi messi recentemente a disposizione dalla Ue per i programmi di difesa comune.

Un’occasione da non perdere per mantenere l’Italia nella ristretta cerchia dei produttori di aerei da combattimento.

 

fonte: http://www.analisidifesa.it/2017/12/f-35-per-la-luftwaffe-il-nein-di-berlino-e-una-lezione-per-litalia/

Ecco la ripresa di Padoan, Renzi & C. – Call center: paga di 33 centesimi l’ora. Fanno circa 92 Euro al mese. Ma se vai al bagno ci sono tagli.

 

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Ecco la ripresa di Padoan, Renzi & C. – Call center: paga di 33 centesimi l’ora. Fanno circa 92 Euro al mese. Ma se vai al bagno ci sono tagli.

 

Call center: Slc, 33 centesimi l’ora, tagli a chi va al bagno

Denuncia alla Procura di Taranto dopo stipendio mensile di 92 euro

Un bonifico di 92 euro per un mese di lavoro e tagli alla retribuzione in caso di assenza anche di soli tre minuti dalla postazione per andare alla toilette. Con la conseguenze che i compensi scendevano anche a 33 centesimi l’ora. E’ quanto denuncia la Slc Cgil di Taranto, che ha scoperto e denunciato un call center che avrebbe sfruttato le lavoratrici. Sette di queste si sono rivolte al sindacato, al quale hanno raccontato la propria storia. Un esposto è stato presentato alla Procura della Repubblica di Taranto.

fonte: http://www.ansa.it/puglia/notizie/2017/12/19/call-center-slcpaga-da-033-euro-lora_6feabec1-9720-4166-8202-7e613bfda26d.html

I primi fantastici risultati della vittoria del centrodestra in Sicilia: Stop al tetto da 240mila euro per i dirigenti, tornano gli stipendi d’oro…

 

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I primi fantastici risultati della vittoria del centrodestra in Sicilia: Stop al tetto da 240mila euro per i dirigenti, tornano gli stipendi d’oro…

 

Sicilia, la restaurazione di Miccichè: “Stop al tetto da 240mila euro per i dirigenti”. E all’Ars tornano gli stipendi d’oro

Il politico di Forza Italia è stato chiaro: dall’uno gennaio assegni da 400mila euro all’anno per segretari generali, dirigenti e grand commis torneranno a gonfiare il bilancio annuale (con incremento di oltre il 30 percento della spesa per il personale). Ma non solo: “C’è bisogno di nuovi innesti”, dice sempre il presidente del consiglio regionale dell’isola. E si giustifica così: “Secondo voi un giocatore come Dybala, potrebbe mai giocare come gioca se avesse un tetto e guadagnasse quanto un giocatore di serie B?”

Dieci milioni di euro, forse qualcosa di più. Praticamente il trenta percento della spesa del personale: un regalo di Natale non indifferente. Anzi, di capodanno. C’è una data segnata in rosso sulle agende dei dipendenti dell’Assemblea regionale siciliana: 1 gennaio 2018. Quel giorno scadrà uno dei pochi accordi di buon senso siglati dentro Palazzo dei Normanni: potevano i dipendenti del Parlamento più antico d’Europa avere stipendi da calciatori di serie A? Potevano i lavoratori del consiglio regionale più a statuto speciale d’Italia incassare paghe che neanche i colleghi del Senato? Potevano i gran commis di stanza nel palazzo di Federico II vivere di agi che neanche ai tempi dello stesso Stupor Mundi? No, non potevano. O almeno: non potevano farlo più.

L’allora presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, fedele appassionato di spending review, aveva dunque varato lo storico accordo per inserire un tetto agli stipendi dei dirigenti. Non certo livelli da fame, ma un sobrio salary cup da 240mila euro l’anno, pari a ventimila euro lordi al mese: cifra abbastanza lontana dall’indigenza. Quanto poteva durare, però, un’idea di buon senso dentro le dorate mura del Palazzo reale? Il minimo sindacale: tre anni. E infatti ecco che Gianfranco Micciché, da una settimana eletto sulla poltrona più alta di Palazzo dei Normanni, ha dato l’annuncio: quel tetto agli stipendi va stracciato. “L’accordo sui tettida 240mila euro ai dirigenti scade a fine mese, per cui dal primo gennaio si applicano le vecchie tabelle. Anche perché si trattava di una solidarietà una tantum e in base a un pronunciamento della Consulta non si poteva neppure fare. Comunque, se il Senato dovesse intervenire poi si vedrà…”, ha rilanciato nel giorno in cui Palazzo dei Normanni ha eletto tutti i deputati del consiglio di presidenza.

Il riferimento al Senato è d’obbligo visto che il trattamento economico di consiglieri regionali – pardon onorevoli – e dipendenti della specialissima Sicilia è uniformato a quello di Palazzo Madama. Ecco, il concetto della specialità è molto caro a Micciché. Che per giustificare la sua posizione lancia l’immancabile paragone calcistico: “Secondo voi un giocatore come Dybala, potrebbe mai giocare come gioca se avesse un tetto al suo stipendio e guadagnasse quanto un giocatore di serie B? Non credo affatto. Pensare di essere tornati al sistema marxista dove tutti sono uguali, credo che la storia abbia già bocciato questo sistema”.

Traduzione: dall’uno gennaio l’Ars tornerà ad essere l’Eldoradodegli stipendi d’oro.  Assegni da 400mila euro all’anno per segretari generali, dirigenti e grand commis che torneranno a gonfiare il bilancio annuale di Palazzo dei Normanni. Il ritorno alle vecchie tabelle, infatti, porterebbe un incremento di oltre il 30 percento della spesa per il personale: sono circa 10 milioni di euro, pari appunto ai soldi risparmiati del 2014. Tutto questo mentre nel frattempo sono esplose le spese per le pensioni. Il motivo? Una  leggina piccola piccola, che l’Ars varò nel 2005, quando il governatore era Salvatore Cuffaro. All’epoca, nessuno sospettava che l’allora presidente, poi condannato per favoreggiamento alla mafia, avesse una naturale pulsione per accudire i poveri del Burundi, come poi farà dopo la scarcerazione. Sarà per questo che quella norma minuscola approvata dal Parlamento siciliano individuava nell’ultimo stipendio percepito la base pensionabile dei dipendenti di Palazzo dei Normanni. Cosa hanno fatto i dirigenti con stipendio superiore a 240mila euro alla vigilia dell’accordo sul salary cup del 2014? Ma ovviamente sono fuggiti in pensione strappando il più alto assegno di quiescenzapossibile. Gli effetti sui bilanci dell’Ars? Otto milioni all’anno, pari al 119,16% di aumento della spesa per le pensioni.

Il bello è che anche su questo passaggio il nuovo presidente dell’Ars – che ha già ricoperto il medesimo incarico tra il 2006 e il 2008 – intende intervenire. Secondo lui, infatti, il pensionamento di una serie di dirigenti per sfuggire al salary cup ha “impoverito” l’Ars. “Pur avendo professionalità importanti, l’attuale gruppo dirigente dell’Assemblea siciliana non ha l’esperienza giusta: con l’introduzione dei tetti agli stipendi il Palazzo ha perso molto. C’è bisogno di nuovi innesti“, dice l’esponente di Forza Italia. E dunque quale è la soluzione: fare nuove assunzioni? Forse. Per il momento, infatti, il vicerè vuole provare a puntare su chi c’è già. “Sono andati via 15 dirigenti , ne sono rimasti due o tre: ripartiremo da loro che sono rimasti sopportando i tagli. Hanno dato una dimostrazione di amore“. Un amore che dal primo gennaio sarà lautamente ricompensato.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/12/21/sicilia-la-restaurazione-di-micciche-stop-al-tetto-da-240mila-euro-per-i-dirigenti-e-allars-tornano-gli-stipendi-doro/4051787/

Il PD querela l’anziana signora, truffata di tutti i suoi risparmi, che aveva osato contestare Renzi. Invece De Bortoli ancora aspetta …Ma a me questa gente non fa proprio schifo. Mi fa schifo chi ancora li intende votare!

 

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Il PD querela l’anziana signora, truffata di tutti i suoi risparmi, che aveva osato contestare Renzi. Invece De Bortoli ancora aspetta …Ma a me questa gente non fa proprio schifo. Mi fa schifo chi ancora li intende votare!

Vigliacchi – querelano l’anziana signora, truffata di tutti i suoi risparmi, che aveva osato chiamarli ladri. Invece De Bortoli ancora aspetta…

Il PD querela l’anziana signora, truffata di tutti i suoi risparmi, che aveva osato contestare Renzi. Invece De Bortoli ancora aspetta …Ma a me questa gente non fa proprio schifo. Mi fa schifo chi ancora li intende votare!

Banche, il Pd querela l’anziana che contestò Renzi alla festa dell’Unità di Bologna. Giusto per completare l’album delle figure di merda. De Bortoli, invece sta ancora aspettando.

Avete presente quegli esseri viscidi e meschini che quando trovano uno più piccolo di loro fanno i prepotenti, ma quando ne trovano uno più grosso si cagano sotto e fanno gli occhioni languidi? Ecco, così!

Alla vecchina “Voi avete rubato lo dice a sua sorella” si può dire. A De Bortoli mica hanno però detto “ipocrita, bugiardo con conflitto di interesse lo dici a tua sorella”…

E la gente se ne sta accorgendo. Renzi, Boschi & C. avevano ereditato da Bersani un partito al 40%. Oggi sono al 21%, ma è in piena caduta libera…

By Eles

 

Fate Presto? In Italia? Ecco la storia di Lucia: “Io, terremotata dell’Irpinia e i miei 37 Natali da sfollata passati dentro un container”

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Fate Presto? In Italia? Ecco la storia di Lucia: “Io, terremotata dell’Irpinia e i miei 37 Natali da sfollata passati dentro un container”

“Io, terremotata dell’Irpinia e i miei 37 Natali da sfollata passati dentro un container”
L’87enne di Cava de’ Tirreni: “La casa? Aspettano che muoia”

Sul fuoco ribolle un brodino di verdure, la televisione trasmette il solito gioco a premi e la signora Lucia Senatore, 87 anni, invalida al 50 per cento, aspetta l’ora di cena accanto alla stufa a gas.

Per il trentasettesimo anno consecutivo della sua vita, si prepara a passare il Natale nel container numero 59 del campo sfollati in frazione Pregiato a Cava de’ Tirreni. «Il mio container lo curo al massimo», dice guardando i cavi elettrici che penzolano dal soffitto. «Mi vergogno delle cose che non funzionano. Ho fatto mettere una nuova finestra, ma restano gli spifferi e piove dentro. Il mio sogno era avere una casa vera, non credo si realizzerà».

Lo sconquasso 

È ancora una terremotata dell’Irpinia, l’ultima sfollata. Vive sempre nello stesso posto che le diedero per ripararsi dallo sconquasso che il 23 novembre 1980 provocò 2914 morti e lasciò senza casa 280 mila persone. Le avevano promesso che almeno quest’anno ce l’avrebbero fatta a sistemarla in un alloggio normale, una casa con i muri spessi e qualche vicino con cui parlare. Ma mantenere le promesse non è mai stato il nostro forte.

«Della scossa ricordo tutto. La notte in strada, al gelo, passata a stringere mio figlio. Quando fummo trasferiti in questa campo con altre 137 famiglie, ci misero subito in guardia: “Sono casette temporanee di lamiera, durano poco“. Dovevano servire solo per fronteggiare l’emergenza. Avevano un’abilità massima di 5 anni». Tutti i tetti erano di Eternit. Lo sono ancora. L’amianto non è mai è stato smantellato.

La signora Lucia Senatore ha fatto l’operaia alla Manifattura Tabacchi, poi la bidella per più di metà della sua vita. Da questo container andava a scuola e tornava indietro, da qui va a prendere la pensione da 830 euro al mese quando se la sente di uscire. Sempre qui viene a trovarla suo figlio e arriva il medico della mutua. L’indirizzo è scritto anche sulla carta d’identità: «Via Luigi Ferrara, prefabbricato 59». Ma come è possibile che sia successo?

«Quando vado a chiedere in Comune, mi rispondono che il problema è che sono single, abito da sola». E cosa c’entra? «Per me ci vorrebbe un alloggio di piccola metratura, ma loro non li hanno. Però ho scoperto che hanno assegnato una casa di 45 metri quadrati a una amica di un impiegato dell’ufficio tecnico, l’hanno data a dei finti separati, ad altri che occupavano i container abusivamente. A me sono sempre piaciute le cose oneste e educate, per questo sono qui».

La collina

Le abitazioni nuove dei terremotati sono state costruite sulla collina, cento metri più su, davanti al centro anziani. Ma dei 365 alloggi previsti dal piano della ricostruzione, ne sono stati completati 210. I finanziamenti della Regione Campania sono arrivati lentamente e a singhiozzo. Le imprese hanno denunciato il Comune di Cava de’ Tirreni per inadempienza. Il Comune ha fatto causa alla Regione per i ritardi e alle imprese stesse perché gli infissi dei nuovi appartamenti non tengono la pioggia. Intanto, un’indagine dei carabinieri ha scoperto che più di venti assegnazioni erano state fatte sulla base di «dichiarazioni mendaci»: alloggi dati a persone che non ne avevano diritto. Non erano neppure terremotati.

Fra le case nuove e i vecchi container, c’è un campo da calcio da cui ogni tanto arrivano le urla di un allenatore. I prefabbricati di via Luigi Ferrara sono spettrali. La porta del numero 10 è chiusa con due giri di cordino, piante rampicanti occupano il 42, qualcuno ha usato il numero 16 come bagno, il 40 è completamente distrutto come se fosse stato preso a mazzate. Il penultimo container è abitato da una famiglia povera con tre figli, fra topi e rifiuti. Il container della signora Senatore si riconosce. È verdino. Curato. Con una pianta accanto all’ingresso e un piccolo cane alla catena sul retro.

«Mi hanno detto che la mia prima domanda per le case della ricostruzione era sbagliata, aveva un vizio di forma. La seconda andava bene, ma nel frattempo non ero più in cima alla graduatoria. Poi, tre anni fa, mi hanno offerto un’altra abitazione provvisoria. “Una casa parcheggio“, la chiamano loro. Ma era senza camera da letto. Dopo tutto questo tempo di attesa, mi sono sentita presa in giro e ho capito che stanno solo aspettando che io muoia».

La dolcezza 

La vita al campo container di Pregiato ha riservato qualche dolcezza che la signora Senatore non avrebbe mai immaginato. «Un giorno di tanti anni fa, andando a ballare al centro anziani, ho conosciuto Giovanni, un signore bravissimo. Io gli volevo troppo bene. È morto nel 2014 e mi manca tutti i giorni». Ecco la foto del signor Giovanni. «Era troppo gentile. A giugno mi portava al mare, teneva le mozzarelle in un sacchetto con il ghiaccio e la sdraio pieghevole nel bagaglio della sua auto. Andavamo a mangiare al ristorante “La Selva“ e molto spesso veniva a cena qui. Con lui ho passato i natali più felici nel container. Mi diceva: “Vedrai che presto andrai via e faremo una grande festa“».

Durante la trentasettesima commemorazione del terremoto dell’Irpinia, il vicesindaco di Cava de’ Tirreni Nunzio Senatore, parlando con un giornalista di Anteprima24, era stato categorico: «Entro l’anno tutti avranno una degna sistemazione e si porrà fine a questa brutta pagina della nostra città che dura da oltre trent’anni e che ha visto campi destinati al post terremoto diventare anche un ghetto». Nel ghetto c’è ancora vita. Ancora rabbia e degrado. E c’è lei, Lucia Senatore.

L’assessore  

«Mi dispiace molto per questa situazione», dice Antonino Attanasio assessore al Patrimonio e capo della polizia municipale di Cava de’ Tirreni. «Mi rendo conto che il quadro possa apparire sconfortante, ma noi ce la stiamo mettendo tutta per ripristinare la legalità. Ci sono state delle lungaggini pazzesche. C’è stata gente che ha cercato di approfittare della situazione. Da tre anni stiamo lavorando con la procura per mettere tutto in regola, entro marzo le ultime case saranno assegnate ai legittimi proprietari. Anche il nuovo appartamento della signora Senatore sarà pronto, negli ultimi tempi è stata un po’ irragionevole, non ha voluto accettare una casa parcheggio. Ma nel 2018…».

Lucia Senatore sa cosa pensano di lei. Da 37 anni è parcheggiata in questa baracca. Adesso è l’ora di cena, si alza con l’aiuto di un bastone: «Mi sono passati davanti tutti, questo è il grande rimpianto della mia vita. Dovevo essere più arrabbiata. Ma non voglio morire qui». Fuori è buio. Una nuvola nasconde le stelle. Il cane abbaia agli sconosciuti. Buon Natale dal container 59.

 

tratto da: http://www.lastampa.it/2017/12/23/italia/cronache/io-terremotata-dellirpinia-e-i-miei-natali-da-sfollata-passati-dentro-un-container-K3rpwyn9Je1vEsHbOZn2jI/pagina.html

La più grande vittoria dei sindacati Italiani: SALVATE LE PENSIONI – Le loro pensioni d’oro non si toccano…!

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La più grande vittoria dei sindacati Italiani: SALVATE LE PENSIONI – Le loro pensioni d’oro non si toccano…!

La più grande vittoria dei sindacati: la pensione d’oro non si tocca

Non solo l’ormai celeberrima questione del taglio dei vitalizi sulla quale la montagna, alias Camera e Senato, ha partorito un topolino. Ce n’è anche un’altra, stavolta relativa alle pensioni dei dipendenti di partiti politici, organizzazioni sindacali e associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione, sulla quale qualcuno in questa legislatura avrebbe voluto rimettere pesantemente mano. Questo qualcuno risponde al nome di Walter Rizzetto, deputato ex M5S oggi in Fratelli d’Italia (FdI), che il 24 ottobre 2014 ha depositato alla Camera una proposta per abrogare la legge Mosca. Ovverosia la norma, approvata l’11 gennaio 1974, che ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti, sindacati, istituti di patronato e associazioni del mondo cooperativo. E che, per Rizzetto, “è l’emblema delle storture del sistema-Italia” visto che “ha rappresentato un palese caso di conflitto di interessi” perché “è stata proposta dall’onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della Cgil, per favorire partiti e sindacati”.

Doppia mandata – Che fine ha fatto la pdl? Qui viene il bello: in tre anni e passa è infatti rimasta saldamente chiusa a chiave nei cassetti della commissione Lavoro di Montecitorio, della quale Rizzetto è vicepresidente. A nulla sono serviti i successivi tentativi dell’interessato di riportarla all’attenzione del dibattito parlamentare. “Anche con l’ultima legge di bilancio ho presentato un emendamento per l’abolizione definitiva della legge Mosca”, ricorda a questo proposito il deputato, ma “ancora una volta è stato respinto da una certa parte politica che teme delle ripercussioni nei confronti dei beneficiari. Queste stesse persone, a questo punto, devono prendersi le loro responsabilità e andare a dire agli esodati, esuberati, licenziati e giovani che non avranno mai una pensione congrua, perché vengono invece pagate pensioni a dei ‘miracolati’ che non hanno versato contributi”. Nel tempo prorogata, ricorda ancora l’esponente del partito di Giorgia Meloni, da sempre in lotta contro pensioni d’oro e simili, “fino al marzo del 1980, la legge ha consentito a 35.564 persone di beneficiare di pensioni agevolate e di godere del riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, prevedendo, irragionevolmente, quale requisito sufficiente per l’attribuzione dei contributi, la mera dichiarazione del rappresentante del partito o del sindacato per attestare l’avvenuta prestazione lavorativa”.

Piatto ricco – Circostanza che ha determinato una moltitudine di procedimenti giudiziari, come quello contro 111 lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai prestato attività lavorativa. Proprio così. Nonché un salasso per le casse dell’Inps, il nostro istituto di previdenza, mica da ridere: 25mila miliardi di vecchie lire, cioè 12 miliardi e mezzo di euro. “Addirittura – conclude Rizzetto – sembra che anche l’ex presidente Napolitano usufruisca dell’assegno previdenziale previsto dalla legge Mosca. In merito ho presentato un’interrogazione (al ministro Poletti, ndr), ma siamo arrivati alla fine della legislatura e nessuna risposta è arrivata dal Governo, né l’interessato ha mai smentito di percepire questo beneficio”.

QUESTA È L’ITALIA – Il Tenente Di Bello scopre che l’acqua potabile viene da un lago inquinato: SOSPESO. Lui continua a non farsi i “fatti suoi” e scopre un altro caso di terreni inquinati con cancerogeni: LICENZIATO! – Ora i Cittadini riconoscente gli danno una medaglia… Lo Stato, invece, sta dalla parte dei delinquenti!

Di Bello

 

 

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QUESTA È L’ITALIA – Il Tenente Di Bello scopre che l’acqua potabile viene da un lago inquinato: SOSPESO. Lui continua a non farsi i “fatti suoi” e scopre un altro caso di terreni inquinati con cancerogeni: LICENZIATO! – Ora i Cittadini riconoscente gli danno una medaglia… Lo Stato, invece, sta dalla parte dei delinquenti!

Cosa vi aspettate che accada quando un libero cittadino rende pubblici i risultati delle analisi chimiche su un bacino idrico che serve migliaia di famiglie, denunciandone la pericolosità? Indagini, accertamenti ed eventualmente provvedimenti giudiziari nei confronti dei responsabili?

NELLA VICENDA CHE RACCONTIAMO DI SEGUITO I PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI SONO, IN EFFETTI, ARRIVATI. NON A CARICO DI CHI DOVREBBE GARANTIRE LA SICUREZZA DELLE ACQUE PERÒ. AD ESSERE PUNITO È STATO IL CITTADINO CHE S’È PRESO LA BRIGA DI DENUNCIARE.
E IL CITTADINO IN QUESTIONE È GIUSEPPE DI BELLO, TENENTE DELLA POLIZIA PROVINCIALE DI POTENZA, CHE A CAUSA DEL SUO IMPEGNO A TUTELA DELL’AMBIENTE E DELLA SALUTE PUBBLICA È STATO ASSURDAMENTE DELEGITTIMATO. FINO ALLA REVOCA DELLA SUA QUALIFICA DI UFFICIALE DI PUBBLICA SICUREZZA.

Tutto ha inizio nel gennaio 2010, quando Giuseppe Di Bello decide di andare ad effettuare, contando solo sull’appoggio di alcune associazioni e sulla collaborazione di una chimica dell’università di Siena, il prelievo di alcuni campioni d’acqua presso il lago del Pertusillo. Si tratta di un invaso da 155 milioni di metri cubi d’acqua principalmente ad uso civile, collegato attraverso un mega-condotto all’altro importante invaso di Senise (noto come Montecotugno). Quest’ultimo ha una capacità di 550 milioni di metri cubi d’acqua, sempre destinata all’uso civile.

Dalle analisi commissionate ad un laboratorio fuori regione, le acque del Pertusillo risultano soggette ad inquinamento sia di natura microbiologica (con la presenza di pericolosi batteri) che di alte concentrazioni di metalli pesanti (in particolare, ferro e manganese).

Maurizio Bolognetti, esponente dei Radicali per la Basilicata, che s’era incaricato di reperire i fondi per effettuare le analisi, ne rende pubblici i risultati. Cosa che scatena l’immediata reazione di Vincenzo Santochirico, alloraAssessore Regionale all’Ambiente della Basilicata, il quale denuncia Di Bello e Bolognetti alla Procura della Repubblica di Potenza per “procurato allarme”. A suo dire, le acque del Pertusillo sono sicure.

Ulteriori fatti, come morie di pesci e la colorazione rossa delle acque per la presenza della cosiddetta “alga cornuta”, confermano tuttavia l’ipotesi che un serio problema d’inquinamento esista. Ma l’unico provvedimento che ne consegue è a carico del tenente Di Bello: sospensione dai pubblici uffici ed interruzione dello stipendio per il reato di “rivelazione di segreti d’ufficio”.

Scontata la sospensione, a Di Bello viene assegnato un incarico presso il museo e la pinacoteca provinciale.

Nel frattempo però arrivano i risultati di ulteriori analisi effettuate sulle acque ed i sedimenti del Pertusillo. I campioni prelevati nel maggio 2011 confermano il pericoloso tasso d’inquinamento e inducono alcune associazioni ambientaliste, come il nucleo di Potenza dell’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione animali)e EPHA (Associazione per la Tutela dell’Ambiente e della Salute), a scrivere, tra gli altri, al Ministero dell’Ambiente e dell’Interno per invocare l’apertura dello stato d’emergenza. Qualche mese più tardi, il Ministero dell’Ambiente rispondesollecitando le amministrazioni locali (tra cui Provincia di Potenza e Regione Basilicata) a fornire un quadro aggiornato della situazione.

Non si registrano tuttavia significativi sviluppi nella vicenda. Ad andare avanti è soltanto il procedimento giudiziario che vede il tenente Di Bello nella veste d’imputato.

E il 6 giugno 2012 arriva la sentenza di primo grado, che riconosce Di Bello colpevole e lo condanna a due mesi e venti giorni di reclusione. Trattandosi di un incensurato, la condanna non diventa effettiva. Di Bello in ogni caso non ci sta. Impugna la sentenza e il 1 ottobre 2012 fa ricorso in appello. Senza nel frattempo mettere da parte il suo impegno civile.

E’ sempre Giuseppe Di Bello, infatti, a scoperchiare un altro caso scottante.

Si tratta dell’area industriale di Tito, comune della provincia di Potenza dove sorgeva l’ex Liquichimica. L’azienda, in cui si producevano detergenti e fertilizzanti, chiude i battenti nel 1981. Da allora il terreno, circa 59 mila metri quadri, è divenuto una discarica abusiva.  Nessuno se ne occupa, fino al 2001 quando lo stesso tenente Di Bello è tra gli agenti che operano il sequestro dell’area, su ordinanza del PM Henry John Woodcock.

Vengono stanziati fondi per procedere ad analisi di accertamento del grado di inquinamento dell’area, in ottica di un’eventuale bonifica. Si accerta anche la presenza di rifiuti di provenienza extra-regionale, elemento che lascia supporre la convergenza di interessi mafiosi sul sito. Nel 2006 addirittura l’azienda Daramic srl, produttrice di separatori per batteria, si autodenuncia per la contaminazione del terreno e della falda acquifera della zona. Si parla di tricoloroetilene, tricloroetano, dicloroetilene, bromodiclorometano, cloroformio, bromoformio, cloruro di vinile monomero, esaclorobutadene, tetracloroetilene e idrocarburi totali. Tutte sostanze persistenti e di sospetta o accertata tossicità, con particolare riferimento apotenzialità cancerogene, rilevate in concentrazioni un milione di volte superiori rispetto ai limiti consentiti.

Ma nonostante un riacceso interesse a partire dal 2009, quando viene presentata un’interrogazione parlamentare sulla situazione di Tito Scalo (frazione del comune di Tito, dove sorge l’area ex Liquichimica), le analisi operate nell’ottobre scorso da Di Bello evidenziano quanto il terreno sia ancora pregno di sostanze radioattive, come il radio.

L’unico caso in cui si manifesta tuttavia una chiara volontà ad andare fino in fondo nell’individuare un responsabile, un colpevole da additare, è proprio quello che ha Di Bello per protagonista.

IL 13 DICEMBRE SCORSO, INFATTI, LA PREFETTURA DI POTENZA GLI NOTIFICA LA REVOCA DELLA QUALIFICA DI AGENTE DI PUBBLICA SICUREZZA. NELLE MOTIVAZIONI DEL PROVVEDIMENTO SI PARLA DI “REITERATO COMPORTAMENTO” E DI “CONDOTTA DI PARTICOLARE GRAVITÀ, TALE DA ESSERE INCOMPATIBILE CON LE DELICATE FUNZIONI AFFIDATEGLI NELLA VESTE DI ADENTE DI PUBBLICA SICUREZZA”.

In realtà, dopo la denuncia relativa ai fatti del 2010 e la conseguente sospensione, la condotta di Di Bello come dipendente della provincia non ha ricevuto più alcuna contestazione. Non si capisce dunque quali siano i “reiterati comportamenti” di cui si sarebbe macchiato in veste di agente. Né, allo stesso modo, si capisce a cosa si riferisca la contestazione di “condotta di particolare gravità”, dal momento che da allora è rimasto sempre in servizio presso il museo provinciale, dove il suo operato ha incontrato la piena soddisfazione dei diretti responsabili, come testimonia il premio produzione percepito dallo stesso Di Bello nell’ottobre scorso.

Non solo. Questo provvedimento va contro il principio di presunzione d’innocenza, che nel nostro paese vige fino al terzo grado di giudizio” – dice Di Bello. “Qui si sta applicando una sanzione disciplinare nei miei confronti quando c’è ancora un processo giudiziario in corso”.

UNA VICENDA CHE HA DEL PARADOSSALE. UN AGENTE DI PUBBLICA SICUREZZA VIENE DELEGITTIMATO E PRIVATO DELLA SUA CARICA PER AVER PORTATO ALLA LUCE DEI CASI CHE RIGUARDANO LA SALUTE DEI CITTADINI E DELL’AMBIENTE IN CUI VIVONO. CON LA SOLITA TACITA ACCUSA DI DETURPARE L’IMMAGINE DI UNA REGIONE, DI UN TERRITORIO.

Ma davvero tenere i cittadini all’oscuro di un problema, facendo finta che non esista, è tutelare l’immagine di un territorio? O forse siamo alle prese con quella“macchina del fango” così ben descritta da Roberto Saviano, che scatta ogni qualvolta vengono portate a galla verità scomode? Un perverso meccanismo che cerca di isolare e mettere in cattiva luce chi denuncia qualcosa che non va, invece di occuparsi di ciò che viene denunciato.

Sapere che in giro per le strade e i territori del nostro paese ci sono persone serie e inappuntabili, con a cuore la salute e il bene pubblico, è quanto di meglio un cittadino può auspicare da un agente di pubblica sicurezza.L’impegno di Giuseppe Di Bello è sempre stato in questa direzione. Un impegno che sa ispirare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Che ci fa sentire protetti, tutelati. Proprio l’esatto contrario di quanto fa chi, invece, ripudia e condanna questo genere d’impegno.

Fonte: http://siamolagente.altervista.org/questa-litalia-tenente-bello-scopre-lacqua-potabile-viene-lago-inquinato-sospeso-continua-non-farsi-i-fatti-suoi-scopre-caso-terreni-inquinati-can/

“Io rovinato per aver fatto il mio dovere. E per aver raccontato i veleni del petrolio in Basilicata prima di tutti”

In un colloquio con Il Fatto Quotidiano lo sfogo di Giuseppe Di Bello, tenente di polizia provinciale ora spedito a fare il custode al museo di Potenza per le sue denunce sull’inquinamento all’invaso del Pertusillo

“Mi chiamo Giuseppe Di Bello, sono tenente della polizia provinciale ma attualmente faccio il custode del Museo di Potenza. Da sei anni sono stato messo alla guardia dei muri, trasferito per punizione perché ho disonorato la divisa che porto. L’ho disonorata nel gennaio del 2010 quando mi accorgo che la ghiaia dell’invaso del Pertusillo si tinge di un colore opaco. Da bianca che era la ritrovo marrone. Affiora qualche pesciolino morto. L’invaso disseta la Puglia e irriga i campi della Lucania. Decido, nel mio giorno di riposo dal lavoro, di procedere con le analisi chimiche. Evito di far fare i prelievi all’Arpab, l’azienda regionale che tutela la salute, perché non ho fiducia nel suo operato. Dichiara sempre che tutto è lindo, che i parametri sono rispettati e io so che non è così. L’Eni pompa petrolio nelle proprie tasche, e lascia a noi lucani i suoi veleni. Chiedo la consulenza di un centro che sia terzo e abbia tecnologia affidabile e validata. Pago con soldi miei. Infatti le analisi confermano i miei sospetti. C’è traccia robusta di bario, c’è una enorme concentrazione di metalli pesanti, tutti derivati da idrocarburi. E’ in gioco la salute di tutti e scelgo di non attendere, temo che quei documenti in mano alla burocrazia vadano sotterrati, perduti, nascosti. Perciò le analisi le affido a Maurizio Bolognetti, segretario dei radicali lucani, affinchè le divulghi subito. Tutti devono sapere, e prima possibile!

Decido di denunciare i fatti alla magistratura accludendo le analisi che ho fatto insieme a quelle precedenti e ufficiali dell’Arpab molto più ottimistiche e tranquillizzanti ma comunque anch’esse costrette a rilevare delle anomalie. Alla magistratura si rivolge anche l’assessore regionale all’Ambiente che mi denuncia per procurato allarme. Il presidente della Regione, l’attuale sottosegretario alla Salute Vito De Filippo, dichiara pubblicamente che serve il pugno duro. Infatti così sarà. I giudici perquisiscono l’abitazione di Bolognetti alla ricerca delle analisi, che divengono corpo di reato. Io vengo denunciato per violazione del segreto d’ufficio, sospeso immediatamente dall’incarico e dallo stipendio (il prefetto mi revocherà per “disonore” anche la qualifica di agente di pubblica sicurezza) mentre l’invaso del Pertusillo si colora improvvisamente di rosso, con una morìa di pesci impensabile e incredibile. Al termine dei due mesi di sospensione vengo obbligato a consumare le ferie. Parte il procedimento disciplinare, mi contestano la lesione dell’immagine dell’ente pubblico e mi pongono davanti a un’alternativa: andare a fare l’addetto alla sicurezza del museo o attendere a casa la conclusione del processo. E’ un decreto di umiliazione pubblica. Ma non mi conoscono e non sanno cosa farò.

Infatti accetto l’imposizione, vado al museo a osservare il nulla, ma nel tempo libero continuo a fare quel che facevo prima. Costituisco un’associazione insieme a una geologa, una biologa e a un ingegnere ambientale e procedo nelle verifiche volontarie. Vado col canotto sotto al costone che ospita il pozzo naturale dove l’Eni inietta le acque di scarto delle estrazioni petrolifere. In linea d’aria sono cento metri di dislivello. Facciamo le analisi dei sedimenti, la radiografia di quel che giunge sul letto dell’invaso. Troviamo l’impossibile! Idrocarburi pari a 559 milligrammi per chilo, alluminio pari a 14500 milligrammi per chilo. E poi manganese, piombo, nichel, cadmio. E’ evidente che il pozzo dove l’Eni inietta i rifiuti non è impermeabile. Anzi, a volerla dire tutta è un colabrodo!

La striscia di contaminazione giunge fino a Pisticci, novanta chilometri a est, e tracce di radioattività molto superiori al normale e molto pericolose sono rintracciate nei pozzi rurali da dove i contadini traggono l’acqua per i campi, per dissetare gli animali quando non proprio loro stessi. La risposta delle istituzioni è la sentenza con la quale vengo condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, che in appello sono aumentati a tre mesi tondi. Decido di candidarmi alle regionali, scelgo il Movimento Cinquestelle. Sono il più votato nella consultazione della base, ma Grillo mi depenna perché sono stato condannato, ho infangato la divisa, sporcato l’immagine della Basilicata. La Cassazioneannulla la sentenza (anche se con rinvio, quindi mi attende un nuovo processo). Il procuratore generale mi stringe la mano davanti a tutti. La magistratura lucana ora si accorge del disastro ambientale, adesso sigilla il Costa Molina. Nessuno che chieda a chi doveva vedere e non ha visto, chi doveva sapere e ha taciuto: e in quest’anni dove eravate? Cosa facevate?”.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/04/io-rovinato-per-aver-fatto-il-mio-dovere-e-per-aver-raccontato-i-veleni-del-petrolio-in-basilicata-prima-di-tutti/2607697/

Un solo dato per capire chi è il “grande” Matteo Renzi: ha ereditato da Bersani un partito al 40%. Ora è al 24,1%… E non finisce qui…!

Matteo Renzi

 

 

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Un solo dato per capire chi è il “grande” Matteo Renzi: ha ereditato da Bersani un partito al 40%. Ora è al 24,1%… E non finisce qui…!

 

Il Pd continua a perdere consensi: si ferma al 24,1%, il peggior dato dell’anno

Il Partito Democratico continua a calare nei sondaggi e tocca quota 24,1%, il peggior dato dell’anno. Secondo Youtrend, sulle intenzioni di voto pesano non solo la crescita di Liberi e Uguali e il calo di Ap, ma anche la strategia costantemente sulla difensiva adottata dal Pd in relazione al caso Boschi.

Ma com’è che nessuno lo dice? Com’è che nessuno se ne accorge?

Basta un dato per sancire l’ineluttabile tragico fallimento di Renzi: Bersani gli ha lasciato un Partito Democratico al 40% (un 40% che più volte Renzi ha spacciato per “suo”. No, non era suo, era di Bersani).

Con lui a Capo il 40% ereditato si è sgretolato fono ad arrivare al 24% odierno.

Ma non finosce qui…

Ormai siamo in caduta libera…

By Eles

Figuraccia di Berlusconi: non si accorge di essere in diretta e RILEGGE le risposte a un’intervista PREPARATA. Ma non vi meravigliate. È sempre così, da Vespa a Costanzo a Fazio, tutto a leccare i potenti ed a prenderci per i fondelli!

Berlusconi

 

 

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Figuraccia di Berlusconi: non si accorge di essere in diretta e RILEGGE le risposte a un’intervista PREPARATA. Ma non vi meravigliate. È sempre così, da Vespa a Costanzo a Fazio, tutto a leccare i potenti ed a prenderci per i fondelli!

 

Berlusconi non si accorge di essere in diretta e legge le risposte a un’intervista preparata

Figuraccia per Silvio Berlusconi: durante un’intervista concessa a Radio 105, l’ex premier – ignaro di essere non solo in diretta radiofonica, ma anche video – è stato pizzicato a leggere le risposte dell’intervista, con domande dunque già concordate con i conduttori, da un foglio, scatenando l’indignazione degli ascoltatori che non hanno gradito il trattamento di favore a lui riservato.

Figuraccia in diretta per il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Ospite a Radio 105 per un’intervista, l’ex presidente del Consiglio, ignaro del fatto che la diretta radiofonica sarebbe stata trasmessa anche in video, ha passato buona parte della mezz’ora a lui riservata a leggere le risposte alle domande poste dai due conduttori del talk show, Tony Severo e Rosario Pellecchia. Il leader di Forza Italia è stato dunque ripreso e mandato in onda mentre leggeva le risposte, scatendando una vera e propria insurrezione degli ascoltatori che non hanno gradito la presa in giro e hanno accusato i conduttori di essere dei “venduti” per aver acconsentito all’ex premier di concordare le domande dell’intervista e di leggere delle risposte già preparate, probabilmente per evitare scivoloni o di snocciolare cifre errate.

Secondo gli ascoltatori, i conduttori avrebbero infatti riservato un trattamento un po’ troppo di favore all’ex presidente del Consiglio, con tanto di stravolgimento dell’originario format del programma e il ricorso a una sola breve interruzione pubblicitaria al fine di non interrompere quello che sostanzialmente più che un’intervista è risultato essere un vero e proprio comizio elettorale senza contraddittorio né dibattito. “Gli argomenti, siete in casa vostra e avete il diritto di sceglierli voi”, aveva esordito Silvio Berlusconi prima di essere pizzicato a leggere le risposte in diretta video. Al momento Silvio Berlusconi non ha ancora replicato alla polemica scatenatasi a seguito dell’intervista preparata.

fonte: https://www.fanpage.it/berlusconi-non-si-accorge-di-essere-in-diretta-e-legge-le-risposte-a-un-intervista-preparata/

“Noi siamo l’opposto dei Cinque Stelle, vogliamo dare a tutti una pensione dignitosa” ha dichiarato Silvio Berlusconi, quello che ha votato la riforma Fornero…!

 

Berlusconi

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“Noi siamo l’opposto dei Cinque Stelle, vogliamo dare a tutti una pensione dignitosa” ha dichiarato Silvio Berlusconi, quello che ha votato la riforma Fornero…!

 

Berlusconi: “M5S vuole tagliare le pensioni, un esproprio. Noi vogliamo alzare la minima a 1000 euro”
Silvio Berlusconi ha accusato il Movimento 5 Stelle di voler tagliare le pensioni e di voler espropriare gli italiani dei propri risparmi previdenziali: “Noi siamo l’opposto dei Cinque Stelle, vogliamo dare a tutti una pensione dignitosa, vogliamo portare a mille euro quella minima per chiunque, anche per le mamme”

Silvio Berlusconi torna ad attaccare il Movimento 5 Stelle, questa volta sulle pensioni. Il leader di Forza Italiani, in diretta Facebook, ha accusato i parlamentari del Movimento di voler tagliare le pensioni e, di conseguenza, di voler sostanzialmente espropriare il ceto medio dei propri risparmi: “Man mano che ci fanno conoscere il loro programma i motivi di preoccupazione aumentano. Ora ci annunciano che vogliono tagliare le pensioni. Forse, non avendo mai lavorato, non sanno che la pensione non è un regalo dello Stato. Mettere le mani su quel denaro rappresenta un esproprio, non vuol dire colpire i grandi patrimoni ma il ceto medio”, ha sottolineato Silvio Berlusconi.

Belle parole… Vi viene voglia di votarlo no? Tanti già lo fanno…

Già una volta ha innalzato le pensioni di tutti gli Italiani ad 1 milione, ora che ci vuole a portarle a 1000 Euro?

Che ci vuole? Un gregge di idioti pecoroni che ci crede, ecco cosa ci vuole…

Ricordate, coglioni italioti, che il messia delle pensioni HA VOTATO A FAVORE DELLA LEGGE FORNERO!

RIFLETTETE GENTE, RIFLETTETE…

 

by Eles