La fantastica lettera al ministro Poletti di un ragazzo barese costretto dai ciarlatani come lui a fuggire all’estero per lavorare. Uno dei 100mila giovani che, secondo questa bestia, è meglio non avere tra i piedi.

 

Poletti

 

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La fantastica lettera al ministro Poletti di un ragazzo barese costretto dai ciarlatani come lui a fuggire all’estero per lavorare. Uno dei 100mila giovani che, secondo questa bestia, è meglio non avere tra i piedi.

“Sig. Perito agrario Poletti (eh si,/ in un Paese che richiede la laurea/ anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato.

Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro). Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato. Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.

Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto. Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?! O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!

Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese? Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali? Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%? Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai. E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.

Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare. Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.

Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno stato che fa davvero lo stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.
E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile. Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.
Dedicato ai Paraculi, figli di Papà e porta borse della Politica italiana .

Domenico Gatti FB

Consob: 120 mila euro di multa per Pier Luigi Boschi. Ma lui, poverino, RISULTA NULLATENENTE. Non può pagare! ….IDEA, sig.ra Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, perchè non glie li presta lei al suo amato papino?

Pier Luigi Boschi

 

 

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Consob: 120 mila euro di multa per Pier Luigi Boschi. Ma lui, poverino, RISULTA NULLATENENTE. Non può pagare! ….IDEA, sig.ra Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, perchè non glie li presta lei al suo amato papino?

 

Consob infligge 120 mila euro di multa a Pier Luigi Boschi. Ma lui, la persona perbene, quello che faceva 5 km a piedi tutti i giorni, poverino, si dichiara nullatenente. NON PAGHERÀ…

Ma mica è una medaccia come Voi che se non pagate una multa per divieto di sosta Equitalia vi porta via pure le mutande!

Ma noi un’idea ce l’abbiamo:

Perché la sig.ra Maria Elena Boschi, illustrissima Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, non glie li presta lei al suo amato papino?

Eviterebbe al caro papino un’altra umiliante figuraccia. Poverino, già nullatenente, ora pure indebitato…

Che dice, illustrissima Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, glie li presta lei o dobbiamo organizzare noi una colletta?

Il vaffanculo non è obbligatorio, ma è gradito.

 

Consob: 120 mila euro di multa per Boschi. Ma lui, (la persona perbene, che faceva 5 km a piedi tutti i giorni), poverino, si dichiara nullatenente. NON PAGHERÀ… Ma mica è una medaccia come Voi che se non pagate una multa per divieto di sosta Equitalia vi porta via pure le mutande!

Boschi

 

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Consob: 120 mila euro di multa per Boschi. Ma lui, (la persona perbene, che faceva 5 km a piedi tutti i giorni), poverino, si dichiara nullatenente. NON PAGHERÀ… Ma mica è una medaccia come Voi che se non pagate una multa per divieto di sosta Equitalia vi porta via pure le mutande!

Consob: 120 mila euro di multa per Boschi, ma lui si dichiara nullatenente.

Il padre del ministro Boschi non pagherà la multa.

Consob inflitto ha multato 33 ex consiglieri, sindaci e dirigenti della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, oltre a sanzionare la stessa banca in liquidazione, per violazioni commesse tra il 2012 e il 2014 e relative alla mancata comunicazione tempestiva di informazioni privilegiate, nonché all’insufficienza delle informazioni fornite in vari prospetti, incluso quello sull’aumento di capitale del 2013.

La parte più cospicua della multa riguarda le violazioni di ex consiglieri e sindaci sulla “valutazione di adeguatezza degli investimenti”.

Tra i multati, oltre all’ex presidente Giuseppe Fornasari, figura anche Pier Luigi Boschi, ex consigliere e vice presidente della Popolare e padre del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Maria Elena, che ha ricevuto nel complesso sanzioni per 120 mila euro. Ma difficilmente Pier Luigi Boschi pagherà il dovuto.

L’associazione Vittime del salva Banche aveva già sconsigliato di costituirsi Parte civile, e infatti gli interessati alle sanzioni si sono praticamente dichirati nullatenenti. “Come farà il libero signor Boschi a pagare 120 mila euro se risulterebbe possedere solo un orto?”, si domanda retoricamente Paolo Grimoldi,deputato della Lega Nord, sulle pagine di Libero Quotidiano.

Le Visure camerali e catastali degli interessati, tra cui anche il padre di Maria Elena, avevano certificato che gli ex vertici della banca “sono dei nullatenenti. Non hanno niente”.

fonte: http://www.lavocedeltrentino.it/2017/09/06/consob-120-mila-euro-multa-boschi-si-dichiara-nullatenente/

Luigi Manconi: “Il rapporto di Medici Senza Frontiere su stupri e torture in Libia è la brutale risposta alle domande che avevamo posto al Governo” – “Non ha risolto il problema sbarchi, lo ha solo tolto dalla nostra vista”

Medici Senza Frontiere

 

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Luigi Manconi: “Il rapporto di Medici Senza Frontiere su stupri e torture in Libia è la brutale risposta alle domande che avevamo posto al Governo” – “Non ha risolto il problema sbarchi, lo ha solo tolto dalla nostra vista”

“Se gli sbarchi si sono dimezzati nel mese di agosto, dove sono finiti quei tanti che non si sono affidati agli scafisti per attraversare il Mediterraneo?”. La domanda di Luigi Manconi pesa come un macigno sulle spalle del governo. Il senatore del Partito Democratico e Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, fa seguito alla denuncia di Medici senza frontiere, secondo la quale le condizioni di chi non riesce a imbarcarsi dalle coste della Libia sono disumane, con migliaia di persone trattenute in vere e proprie carceri a cielo aperto.

Senatore, la responsabilità di quello che succede sulle coste meridionali del Mediterraneo è anche nostra?
Fino a questo momento nessuno, proprio nessuno, ha smentito una sola delle informazioni contenute nel rapporto di Medici senza frontiere sui campi di detenzione in Libia. Quel rapporto che definisce “orrende” le condizioni dei profughi là reclusi, e che parla di un vero e proprio sistema criminale, fatto di stupri e torture, è la risposta brutale all’interrogativo che qualcuno di noi poneva nelle scorse settimane. Mentre trionfava uno stolido ottimismo sulla riduzione del numero degli sbarchi sulle coste italiane, abbiamo provato a domandare: se gli sbarchi si sono dimezzati nel mese di agosto, dove sono finiti quei tanti che non si sono affidati agli scafisti per attraversare il Mediterraneo? E dove si trovano ora coloro che non hanno raggiunto le coste italiane?

Sono domande che si pongono in tanti…
Gran parte dei non partiti e dei non sbarcati affolla quei campi di detenzione così drammaticamente descritti da Andrea Segre nel suo bel film, L’ordine delle cose, presentato alla Mostra del cinema di Venezia. In altre parole, e il calcolo non è affatto rozzo, il dimezzamento degli sbarchi si deve alla crescita dei prigionieri nei campi in Libia (secondo fonti autorevoli, circa 400 mila).

Stringendo, il nostro esecutivo deve sentirsi corresponsabile?
Dunque, l’esito – almeno quello rilevabile oggi – di tanto recente attivismo del nostro governo sembra essere questo: l’applicazione di un gigantesco tappo, una barriera fisica, e un blocco materiale che ostruisce il canale d’accesso dal Nord Africa al Mediterraneo e alle coste italiane. È come se, alla fine di un concerto o di una partita, mentre la folla defluisce, venissero chiusi i cancelli e serrate le porte. Chi si trova nelle vie adiacenti non si accorge di nulla perché il massacro si consuma all’interno di quello stadio. Tappo è la definizione che, nelle stesse ore, usavamo Emma Bonino ed io e che non è piaciuta a tanti, ma sembra corrispondere esattamente alla realtà. Il risultato è che quella dolente schiera di fuggiaschi che attraversava il mare, quelle barche precarie e quegli esuli spossessati di tutto ora sono sottratti, in gran parte, al nostro sguardo. È esattamente ciò che si chiama rimozione: spostarli dalla nostra vista e, di conseguenza, dalla nostra mente.

Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha recentemente garantito, “mettendoci la faccia”, che i diritti umani dei migranti in Libia saranno tutelati. Può bastare?
Il governo italiano attraverso il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno, annuncia che “ora si penserà alla tutela dei diritti umani dei profughi” in Libia. Ma questo compito è spostato avanti nel tempo. E prevede, comunque, una serie di condizioni che devono essere ancora tutte realizzate. Innanzitutto una presenza adeguata delle strutture e degli uomini delle Nazioni unite in Libia (e non solo di personale libico) e, a loro difesa, un numero consistente di caschi blu. E poi accordi con i soggetti del sistema statuale e politico libico, la cui profonda instabilità rende quegli stessi accordi così difficili e così poco vincolanti: col rischio molto serio di assumere impegni con interlocutori la cui attività non è sempre agevolmente distinguibile da quella delle organizzazioni dei trafficanti di esseri umani.

L’Italia ha sbagliato a fidarsi dei leader libici?
Perché un progetto così arduo abbia una qualche possibilità di successo, condizione preliminare sarebbe quella di non adottare in alcun modo una strategia dei due tempi: prima bloccare i flussi e ridurre gli sbarchi e poi controllare gli standard di tutela dei diritti nei campi di detenzione. Rinviando a chissà quando questa ultima attività, il pericolo è che si ottenga il solo risultato di affidare tante vite umane alle milizie che controllano i campi di detenzione anziché agli scafisti che controllano i viaggi in mare. Ne sarà migliorata l’estetica del nostro paesaggio nazionale e quella dei nostri confini marittimi, non certo la gestione dei flussi migratori.

C’è stato un passaggio da politiche di accoglienza e integrazione alla difesa dei confini tout court, dice lei. Eppure l’integrazione appare quanto mai necessaria visti i recenti drammatici casi degli sgomberi in particolare a Roma… 
Siamo alle solite: la missione italiana in Libia evidenzia un modello di politica dell’immigrazione che già è stato applicato nei mesi scorsi all’interno del contesto nazionale. Il governo dice: mettiamo ordine e controlliamo il territorio, garantiamo la sicurezza e il decoro delle città, combattiamo l’occupazione delle case e la micro-criminalità, poi applicheremo strategie di integrazione. E nel frattempo? Nel frattempo, temo, si saranno fatti tanti di quei guai che sarà difficile porvi rimedio. E, in realtà, è stato proprio il ministro dell’Interno Marco Minniti a rivelare – inavvertitamente o forse no – questo pericolo, quando mi ha detto che, d’ora in poi, non avrebbe autorizzato alcuno sgombero senza che – prima – venissero trovate adeguate soluzioni abitative. Ma, nei fatti, si agisce in maniera esattamente opposta.

fonte: http://www.huffingtonpost.it/2017/09/08/luigi-manconi-allhuffpost-il-rapporto-di-msf-su-stupri-e-torture-in-libia-e-la-brutale-risposta-alle-domande-che-avevamo-posto-al-governo_a_23201736/?utm_hp_ref=it-homepage

Medici Senza Frontiere, ancora uno schiaffo al governo – “Fondi per i campi profughi in Libia? No, grazie. Facciamo da soli già da un anno. Non accettiamo fondi da chi crea il problema”.

Medici Senza Frontiere

 

 

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Medici Senza Frontiere, ancora uno schiaffo al governo – “Fondi per i campi profughi in Libia? No, grazie. Facciamo da soli già da un anno. Non accettiamo fondi da chi crea il problema”.

Msf al governo: “Bandi per gestire i campi profughi in Libia? No, grazie: facciamo da soli già da un anno”

Parla Marco Bertotto, responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere: “Non accettiamo fondi da chi crea il problema: è controsenso”

“Primo: noi non accettiamo fondi dai governi europei da un anno, in polemica con le politiche di contenimento dell’immigrazione adottate dall’Ue. Secondo: capiamo la sensibilità del ministero degli Esteri, che pensa alle ong per gestire i campi in Libia, ma lì operiamo già autonomamente. Non vogliamo farci finanziare da chi genera il problema: sarebbe un controsenso”.

Tradotto: è no, grazie facciamo da soli, come sempre. Marco Bertotto è il responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere e in questa intervista ci spiega perché Msf respinge la proposta del sottosegretario Mario Giro di affidare alle ong la gestione dei campi profughi in Libia.

Nell’articolo de La Stampa sulla proposta di Giro, si parla di bandi per la gestione dei campi, dopo che Msf ha denunciato all’Unione Europea le condizioni terribili di detenzione dei migranti trattenuti in Libia. E’ una buona idea?
Credo non si possa parlare di bandi, perché in Libia nessuno sarebbe in grado di gestire né bandi, né campi. In una riunione alla Farnesina ci è stata prospettata la disponibilità di fondi per le ong interessate a operare nei centri di detenzione in Libia. E su questo devo fare una premessa.

Prego.
Msf non è parte di questo percorso. Perché dal 2016 noi non accettiamo fondi da alcun governo europeo o dall’Unione Europea in polemica con le politiche di contenimento dell’immigrazione adottate dall’Ue. Non vogliamo farci finanziare da chi genera il problema: sarebbe un controsenso.

Suona come un no secco: anche Gentiloni ieri da Praga ha parlato di una possibile cooperazione con le ong per migliorare le condizioni dei centri dove sono trattenuti i profughi che arrivano in Libia dall’Africa.
Allora: da un lato è importante che ci sia questa sensibilità da parte del ministero degli Esteri che vuole spingere le organizzazioni italiane a contribuire al miglioramento della situazione nei campi in Libia. Ma noi stiamo già lavorando lì con la nostra presenza nei centri di trattenimento dei profughi e con fondi nostri.

E continuerete a farlo?
Certamente, senza fondi pubblici, viviamo di donazioni. Aggiungo che il tema sta nell’ordine delle cose.

Cioè?
C’è il rischio che questa idea di dare alle ong la gestione dei centri in Libia appaia come una strumentalizzazione dell’azione umanitaria e del lavoro delle ong da parte di un governo che ha contribuito a creare una condizione di intrappolamento delle persone in Libia. Mi sembra insomma una risposta tardiva rispetto allo sforzo che è stato fatto di chiudere le porte. Da un lato, capiamo il senso di urgenza di Giro, che è sempre stato perplesso rispetto alla gestione della crisi migratoria…

Si riferisce alla gestione del Viminale? Evidente che fate la differenza tra il sottosegretario Giro e il ministro Minniti…
La polemica è stata pubblica anche nel governo sul codice di condotta per le ong e ha coinvolto anche il ministro Delrio, che ha preso le distanze. Noi guardiamo da osservatori, non vogliamo fare polemiche. Ci sembra importante che ci siano più organizzazioni non governative a lavorare in Libia, ma la speranza è che il governo italiano usi la sua influenza sulle autorità libiche non solo per migliorare i centri di detenzione, ma per il loro superamento.

Su questo la vostra denuncia è chiara.
A prescindere dalle nostre attività in loco, in Libia c’è un sistema di detenzione arbitraria che coinvolge migranti e rifugiati ed è scandaloso: non basta chiuderli e spostarli dove c’è più aria. La detenzione arbitraria va superata, la speranza è che l’Italia si faccia sentire sulle autorità libiche. Fermo restando che finora la politica italiana ed europea è stata complice di questa situazione: prima abbiamo chiuso le rotte e poi ci chiediamo come stanno.

Avete soccorso gente in mare, fornendo anche un aiuto alla Guardia costiera, fino a quando è nata la polemica politica di campagna elettorale. Ora vi chiedono di gestire i campi in Libia. Magari fino alla prossima polemica? Vede questo rischio?
Non nascondo un po’ di stupore nel vedere che le autorità che ieri criticavano le ong, anche se non è il caso di Giro nello specifico, e dicevano che le ong erano il problema, ora dicono che sono la soluzione. Le ong sono autonome e indipendenti e operano su principi umanitari. Proprio per questo pensiamo che non potremmo mai lavorare in Libia con fondi italiani o europei. C’è un atteggiamento schizofrenico verso le ong: a seconda del vento politico, vengono considerate il problema o la soluzione. Questo nasconde il fallimento della politica e dei governi: ieri dovevano salvare in mare e dunque il nostro intervento è stato benvenuto. Oggi non riescono ad affrontare la situazione in Libia con la diplomazia e l’azione politica e scaricano su di noi. Noi operiamo a prescindere da loro. Siamo in Libia da un anno e ora ci arriva l’Europa: continueremo senza curarci di quello che pensano le autorità e continuando a puntare il dito sulla responsabilità dei governi.

Gentiloni dice che non si può separare l’attenzione ai diritti umani dalle politiche di contenimento dei flussi. Che ne pensa?
Lui rivendica che il governo ha pensato a entrambi contemporaneamente, ma dal nostro punto di vista l’ordine logico doveva essere diverso. I tempi oggi non sono sicuramente tempi brevi per migliorare le condizioni in Libia. Per quanto abbiano chiesto la mobilitazione dell’Unhcr e dell’Oim, oggi anche se aumentassimo le risorse non avremmo garanzia di poter ottenere condizioni accettabili per i migranti in Libia.

Però certamente prima di un anno fa non era possibile mettere piede in Libia. Il fatto che siete presenti lì è anche frutto delle diplomazie internazionali che hanno dato vita al governo al Serraj e stanno muovendo passi per la stabilizzazione del paese. O no?
Capiamo che i tempi della stabilizzazione sono medio-lunghi ma l’efficienza e la velocità con cui si è cercato di sigillare la rotta nel Mediterraneo centrale confligge con questo argomento. Non contestiamo che la situazione sia complessa, contestiamo il fatto che siano state respinte delle persone senza curarsi di dove andavano a stare e in quali condizioni. Insomma: per togliere le persone dalla pioggia, le abbiamo messe al coperto, ma la casa è incendiata. Forse andava spento l’incendio prima, altrimenti non le salvi. Ecco la Libia è esattamente questo. È una questione di politiche e di priorità.

Avete una stima di quanti centri di detenzione ci siano in Libia?
Difficile farla. I dati parlano di una 40ina di centri sotto il dipartimento libico per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Ma nessuno sa quanti centri siano gestiti dalle milizie, magari al confine sud del paese. Noi siamo a Tripoli e Misuraca da circa un anno. Da gennaio scorso ad oggi abbiamo operato in circa 16 centri di detenzione, attualmente svolgiamo interventi con team medici in condizioni molto, molto difficili.

 

fonte: http://www.huffingtonpost.it/2017/09/08/msf-al-governo-bandi-per-gestire-i-campi-profughi-in-libia-no-grazie-facciamo-da-soli-gia-da-un-anno_a_23201787/?utm_hp_ref=it-homepage

Le donne in pensione a 66 anni e 7 mesi (valore più alto in Ue): lo ha deciso chi può andare in pensione con 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi (valore più basso in Ue)…!!!

pensione

 

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Le donne in pensione a 66 anni e 7 mesi (valore più alto in Ue): lo ha deciso chi può andare in pensione con 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi (valore più basso in Ue)…!!!

 

Pensione 2018 donne a 66 anni e 7 mesi: lo decide chi può andare in pensione con 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi

Chi stabilisce che l’età pensionabile degli italiani deve aumentare è immune dagli aumenti.

Dal primo gennaio 2018 le donne lavoratrici del settore privato potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi. Il nuovo aumento dell’età pensionabile porta ad un’unificazione dell’accesso alla pensione di donne del settore pubblico, privato e uomini così come previsto dalla riforma Fornero che ha tolto, pian piano, alle donne lavoratrici i vantaggi di cui godevano per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Età pensionabile in aumento ma non per tutti

Si tratta dell’età pensionabile per accedere alla pensione di vecchiaia più alta d’Europa con la previsione di ulteriori aumenti nel 2019 per l’adeguamento alla speranza di vita. Anche se i sindacati insistono chiedendo di rinunciare all’aumento del 2019, l’esecutivo continua a parlare di disponibilità economiche limitate a causa del progetto di ridurre l’accesso alla pensione anticipata con l’Ape Sociale con 28 anni di contributi per le donne, invece di 30.

Quello che è da tenere presente è che le donne sono la categoria più penalizzata per l’accesso alla pensione a causa delle carriere discontinue dovute a maternità e cura familiare.

Intanto che l’età pensionabile delle donne aumenta, mentre si parla dell’aumento ulteriore previsto per il 2019, ci sono categorie di lavoratori che non sono toccati da queste normative e da queste leggi. Si tratta di coloro che le leggi le studiano e le approvano. I parlamentari, coloro che votano le leggi che stabiliscono a che età possono andare in pensione i cittadini,  possono andare in pensione a 65 anni, con soli 5 anni di mandato (e quindi di contributi versati) che si riduce a 4 anni 6 mesi e 1 giorno. L’età pensionabile dei parlamentari, tra l’altro, con due mandati si riduce a 60 anni. Per i parlamentari, inoltre, non è previsto l’adeguamento alla speranza di vita che porta all’aumento dell’età pensionabile.

Pensioni lavoratori ordinari: l’ingiustizia di chi legifera

I comuni cittadini, per accedere alla pensione con 5 anni di contributi devono aspettare di compiere 70 anni e 7 mesi mentre i parlamentari possono permettersi di accedere alla pensione di vecchiaia con 5 anni di anticipo rispetto ai lavoratori ordinari, anni di differenza che diventano 10 in presenza di 2 mandati parlamentari senza soffermarci sulle iniquità degli importi di tali pensioni rispetto a quelle dei lavoratori ordinari. Si parla di molti soldi per soli 5 anni di contributi mentre i lavoratori ordinari devono sudare la propria pensione accumulando anno dopo anni i contributi versati. Il problema non scaturisce dal sistema di calcolo delle pensioni ma dalle indennità percepite dai parlamentari nel corso dei mandati. Per contenere i costi e permettere all’esecutivo di avere le disponibilità economiche mancanti forse sarebbe il caso di rivedere proprio le indennità percepite dai parlamentari: riducendosi le indennità si riduco, di conseguenza, anche i contributi versati e, quindi, i vitalizi percepiti che sarebbero ridotti.

Forse, ma è soltanto il pensiero di chi vede nel sistema una grossa ingiustizia, i parlamentari dovrebbero legiferare sulla pensione degli altri lavoratori mettendosi allo stesso livello: percependo gli stessi stipendi, le stesse pensioni e lavorando gli stessi anni e solo a quel punto potrebbero sapere di cosa si sta parlando e di quale ingiustizia comporti il continuo aumento dell’età pensionabile a fronte di pensioni sempre meno dignitose.

Questo articolo vuole essere il nostro contributo nel dar voce alle numerose polemiche che ci sono giunte al riguardo dai nostri lettori indignati.

tratto da: https://www.investireoggi.it/fisco/pensione-2018-donne-66-anni-7-mesi-lo-decide-puo-andare-pensione-4-anni-6-mesi-1-giorno-contributi/?refresh_ce

Un altro grande successo del Governo Renzi: le sue leggi azzerano il processo “Rapido 904” contro Riina…!!

 

Riina

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Un altro grande successo del Governo Renzi: le sue leggi azzerano il processo “Rapido 904” contro Riina…!!

Giudice in pensione e riforma del codice, da rifare l’ Appello contro Riina (malato)

Tutto da rifare. Il processo d’ appello per la strage del rapido 904 deve ricominciare. Almeno la parte che vede come unico imputato Totò Riina. Il risultato: la verità sul ruolo del capo di Cosa Nostra rischia di non arrivare mai. Dopo 33 anni lo Stato sta per alzare bandiera bianca: rinvio a data da destinarsi.

“Siamo presi in una tenaglia tra la nuova legge Orlando e il pensionamento del presidente della Corte d’ Assise d’ appello di Firenze”, sospira l’ avvocato Danilo Ammannato che rappresenta le famiglie delle vittime. A luglio è arrivata la riforma della giustizia, scrive il Fatto. Come hanno spiegato i familiari dell’ Associazione delle vittime di via dei Georgofili, altra strage di mafia: “Le modifiche apportate all’ articolo 603 del codice di procedura penale impongono al giudice, nel caso di appello del pm contro una sentenza di proscioglimento, la riapertura completa dell’ istruttoria. Quando avremo la verità sulle stragi degli anni 90 se anche i ministri della Giustizia remano contro?”. Sarà necessario risentire tutti i testimoni: “Parliamo di una dozzina di testi per i quali in primo grado erano occorse sedici udienze”, spiega Ammannato. Finora in appello sarebbe bastato produrre gli atti delle testimonianze raccolte in primo grado. I parenti delle vittime puntano il dito contro la riforma.

 

tratto da IL FATTO QUOTIDIANO

Intercettazioni: “Pd come Berlusconi, si accanisce con chi indaga e non colpisce i corrotti”…!

Intercettazioni

 

 

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Intercettazioni: “Pd come Berlusconi, si accanisce con chi indaga e non colpisce i corrotti”…!

 

Intercettazioni, M5s: “Pd come Berlusconi, si accanisce con chi indaga e non colpisce i corrotti”. Il silenzio dei dem

Il Movimento 5 stelle sulle anticipazioni al decreto sulle intercettazioni che vieta ai pm i virgolettati e limita l’uso dei virus spia: “Renzi vuole portare a casa una norma che impedirebbe ai magistrati di perseguire i corrotti. Ci aveva provato, a suo tempo, Silvio Berlusconi”. Di Pietro contrario all’uso dei riassunti: “Controproducente e sbagliato”. Dal Pd nessuna reazione

Il Partito democratico in “affinità e continuità con i precedenti governi Berlusconi” sta preparando “un decreto-bavaglio” sulle intercettazioni. Per il Movimento 5 stelle “anziché andare a colpire corrotti e corruttori, il decreto messo a punto dal Pd e dal ministro Andrea Orlando rappresenta un vero e proprio accanimento nei confronti di coloro che ogni giorno cercano di combattere la corruzione e il malaffare”. Sono le parole di Enrico Cappelletti, capogruppo M5s al Senato, che commenta le anticipazioni sulla bozza del ddl intercettazioni. Sette pagine inviate dal ministro Orlando ai procuratori italiani, in cui viene vietata la pubblicazione integrale di telefonate e ambientali e viene limitato l’uso dei trojan, i captatori informatici che permettono di ‘entrare’ nei cellulari. Sette pagine che il Pd evita di commentare, almeno per il momento, e che non piacciono anche all’ex pm di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, che ha definito quanto emerso “controproducente e sbagliato”.

Renzi vuole portare a casa una norma che impedirebbe di fatto ai magistrati di fare il proprio mestiere nel perseguire i corrotti e di avere un importante strumento per condannare coloro che si macchiano di gravi reati”, si legge in una nota del gruppo M5S alla Camera. “Ci aveva provato, a suo tempo, Silvio Berlusconi, per salvarsi dai processi, ed ora – rimarcano – ci prova l’avatar di Renzi, il governo Gentiloni“. Questa norma salverebbe gente come “Buzzi, Carminati, chi rideva del terremoto a L’Aquila e i cosiddetti ‘furbetti del quartierino’”, sottolineano i pentastellati, ma cancellerebbe anche con “un colpo di spugna” l’inchiesta Consip, “per salvare Tiziano RenziLuca Lotti e il cerchio magico”, conclude il gruppo M5s a Montecitorio.

“Le indiscrezioni riportate da Repubblica confermano i timori manifestati dal M5s sin dalla discussione della delega sul processo penale”, dichiara invece Cappelletti.  “Queste limitazioni – insiste il senatore – appaiono assurde e pericolose, se si considera che in un Paese come il nostro la corruzione rappresenta un fenomeno ormai incontrollabile“. “Il decreto mette definitivamente fine alla pubblicazione delle intercettazioni anche laddove queste ultime coinvolgono personaggi di rilevanza pubblica o politici che potranno apparire agli occhi dei cittadini immacolati – sottolinea ancora Cappelletti – anche quando sono coinvolti in inchieste giudiziarie di mazzette e appalti“. “Un comportamento decisamente vergognoso ed irresponsabile che rende di tutta evidenza affinità e continuità con i precedenti governi Berlusconi”, conclude il senatore M5s.

Contro il divieto di riproduzione integrale nelle richieste dei pm di comunicazioni e conversazioni intercettate, sostituite da un riassunto del contenuto, si schiera invece Di Pietro. Secondo l’ex pm di Mani Pulite, “una cosa è la pubblicazione extragiudiziaria, altra la motivazione contenuta nel provvedimento giudiziario che non può essere sintetica. Quindi, non sono d’accordo sulla sintesi giudiziaria, mentre lo sono sui limiti di pubblicazione di intercettazioni che con l’inchiesta non c’entrano”. “Innanzitutto – sottolinea l’ex magistrato – non va limitata per gli uffici inquirenti la possibilità di utilizzare le intercettazioni per accertare chi commette reati: questo strumento è necessario. Quanto ai contenuti, non v’è dubbio che mettendo sotto intercettazione un’utenza telefonica, da lì si ascolta di tutto: ciò che ha rilevanza penale e ciò che potrebbe fare notizia sotto il profilo del gossip“. Ma “i limiti non devono essere posti all’interno del processo: tutte le parti devono poter avere acceso all’integralità“.

L’altro commento politico arriva da Enrico Costa, ex viceministro della Giustizia nel governo Renzi, ex Ncd e neo-entrato nel gruppo misto “Fare! – Pri – Liberali”, dopo aver lasciato l’incarico da ministro agli Affari regionali. “C’è il metodo e il merito. Quanto al primo, sarebbe interessante capire quali siano i soggetti ‘legittimati’ a conoscere il testo e a formulare osservazioni ed in base a quale logica siano stati individuati”, afferma. “Quanto al merito – aggiunge Costa – mi pare una interessante base di discussione, sulla quale le Commissioni parlamentari potranno esprimersi. L’auspicio è che non intervengano repentini dietrofront“.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/08/intercettazioni-m5s-pd-come-berlusconi-si-accanisce-con-chi-indaga-e-non-colpisce-i-corrotti-il-silenzio-dei-dem/3845059/

Intercettazioni, pronto il bavaglio di governo: solo riassunti. Stretta sui virus spia, COSÌ SI CANCELLA L’INCHIESTA CONSIP

 

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Intercettazioni, pronto il bavaglio di governo: solo riassunti. Stretta sui virus spia, COSÌ SI CANCELLA L’INCHIESTA CONSIP

Il ministro Andrea Orlando ha pronto uno schema di decreto legislativo che esclude la possibilità per i pubblici ministeri di utilizzare il contenuto integrale delle intercettazioni: potrà esserci solo un “richiamo al contenuto”. Stretta anche sull’uso dei trojan, fondamentali nell’inchiesta su Alfredo Romeo e Tiziano Renzi. Se la bozza dovesse passare così com’è stata pensata negli uffici di via Arenula, non sarebbero più utilizzabili per indagare sulla corruzione. Il ministero: “Nessun testo definitivo”

Sette pagine per dare un giro di vite sulla pubblicazione delle intercettazioni, stoppando la possibilità per i magistrati di inserire virgolettati di telefonate e ambientali. “Soltanto il richiamo al loro contenuto”, è scritto nella bozza di decreto che il ministro Andrea Orlando ha inviato ai procuratori italiani. Se la legge fosse esistita in passato, non sarebbero state trascrivibili integralmente da parte dei pubblici ministeri le “risate” di Francesco Piscicelli sul terremoto de L’Aquila né “la teoria del mondo di mezzo” di Massimo Carminati e men che meno “i furbetti del quartierino” di Stefano Ricucci o “l’attentatuni” di Gioacchino La Barbera. “Non esiste alcun testo né definitivo né ufficiale”, si è affrettato a specificare il ministero della Giustizia. Ma i punti sui quali vuole intervenire via Arenula sono chiari. E tra questi ce n’è uno che, combinato con il favor rei, rischia di affossare l’inchiesta Consip, in particolare il filone sul traffico di influenze che coinvolge Tiziano Renzi.

L’uso dei trojan: così muore l’inchiesta Consip – Perché il decreto del Guardasigilli limita l’uso dei trojan, i captatori informatici che permettono di ‘entrare’ nei cellulari. Lo strumento è stato utilizzato dai pm di Napoli per ascoltare in movimento l’imprenditore Alfredo Romeo e risulta fondamentale – per quanto raccolto finora dalla procura partenopea – nell’ipotesi accusatoria a carico del papà del segretario Pd. Stando allo schema del decreto legislativo, anticipato da La Repubblicail virus spia – già messo in dubbio dalla Cassazione – potrà essere utilizzato solo per i reati più gravi, come mafia e terrorismo. Sarebbe invece esclusa la corruzione. E, stando al principio del favor rei, una nuova legge penale, più favorevole all’imputato, ha efficacia retroattiva. Di fatto, quindi, potrebbe incidere su un eventuale processo. Il pm dovrà inoltre motivare le “ragione di urgenza che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice” e le prove raccolte dai trojan non si potranno utilizzare “per la prova di reati, anche connessi, diversi da quelli per cui è stato emesso il decreto di autorizzazione, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”.

Riassunti su riassunti: il Riesame come fa? – C’è poi tutto il capitolo legato ai riassunti “imposti” ai pubblici ministeri e giudicanti fino alla fase dibattimentale. Coinvolti sono quindi anche il gip e il tribunale del Riesame. Un problema di non poco conto. “E’ fatto divieto di riproduzione integrale nella richiesta (del pm, ndr) delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto”, scrive nella bozza il ministero. Come farà, quindi, il giudice per le indagini preliminari che non può appiattirsi – in virtù della riforma sulle misure cautelari dell’aprile 2015 – sulle posizioni del pubblico ministero? E lo stesso vale, a catena, per il tribunale del Riesame che non può replicare quanto espresso dal gip.

Il momento della discovery – Per questo lo schema di decreto prevede un’udienza stralcio – come anticipa sempre La Repubblica – che sarebbe collocata dopo le eventuali misure cautelari o comunque quando vengono chiuse le indagini. In questo momento i difensori avrebbero modo di “esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni”, dicendo quali colloqui ritiene rilevanti e quindi da inserire nel fascicolo processuale.

Il percorso del decreto e i dubbi sull’eccesso di delega – Il ministero – che nella bozza parla anche di intercettazioni non penalmente rilevanti e colloqui tra indagato e avvocato – ha precisato in mattinata che “sta lavorando alla stesura del testo per dare doverosamente seguito nei termini e nei tempi prescritti alla legge delega” del 23 giugno 2017 sulle modifiche al codice penale, sottolineando che il contenuto “terrà conto anche del confronto prezioso e del contributo significativo di esponenti della giurisdizione, dell’avvocatura, della stampa e del mondo accademico che il ministro incontrerà, come già previsto, nei prossimi giorni”. Resta, però, il dubbio su cosa accadrà quando il decreto arriverà al vaglio consultivo delle commissioni Giustiziadi Camera e Senato, prima di approdare in Consiglio dei ministri. E’ davanti ai componenti delle commissioni che potrebbero essere sollevati dubbi sull’eccesso di delega.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/08/intercettazioni-pronto-il-bavaglio-di-governo-solo-riassunti-stretta-sui-virus-spia-cosi-si-cancella-linchiesta-consip/3844339/

“Occhi aperti” sullo Yemen, il gesto di una bimba – scampata ad un bombardamento, che cerca di aprire l’occhio tumefatto per vedere – diventa il simbolo del conflitto

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“Occhi aperti” sullo Yemen, il gesto di una bimba – scampata ad un bombardamento, che cerca di aprire l’occhio tumefatto per vedere – diventa il simbolo del conflitto

Buthaina, 5 anni, era rimasta ferita in un bombardamento che il 25 agosto ha ucciso la sua famiglia. Il suo “occhiolino”, il gesto di tirarsi su la palpebra gonfia per riuscire a vedere, è diventato virale su Twitter con l’hashtag #occhiaperti, riportando l’attenzione sulla guerra civile che da due anni sconvolge il Paese

Un gesto drammatico ma spontaneo, quello di una bambina col viso tumefatto che con la mano si aiuta per sbirciare oltre l’occhio gonfio. Un gesto immortalato da un fotografo e diventato virale su Twitter, replicato da centinaia di utenti. Dal suo letto di ospedale la piccola Buthaina, cinque anni, diventa il simbolo del conflitto in Yemen.

Ricoverata da quasi due settimane, è circondata dagli zii e da nuovi ‘amici’, le tante persone che hanno conosciuto la sua storia attraverso i media. La bambina è l’unica sopravvissuta della sua famiglia a un bombardamento che il 25 agosto ha ucciso almeno 16 civili a Sana’a, capitale dello Yemen. Tra questi, i genitori e 5 tra fratelli e sorelle. Gravi le ferite riportate: avrebbe diverse frattura al cranio, ma i dottori dicono che ce la farà.

Quando i giornali locali sono andati nella sua stanza di ospedale, Buthaina si è aiutata con una mano per tirar su la palpebra, mettendo indice e pollice a “c” intorno all’occhio destro. L’ ‘occhiolino’ è stato fotografato e messo sui social. Centinaia di utenti si sono scattati dei selfie imitando il gesto della bambina, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione drammatica dello Yemen. Dal 2015 è in atto una guerra civile che secondo l’Unhcr, il Consiglio dei diritti umani dell’Onu, ha causato oltre 13 mila vittime civili, milioni di sfollati e un’epidemia di colera che ha contagiato 600 mila persone.

Ora Buthaina è affidata a una coppia di zii, che dal giorno del bombardamento non si sono mai separati da lei. La bambina ancora non sa cosa sia successo ai genitori e al resto della famiglia. “Non potrò mai sostituire suo padre, ma ora lei per me è una figlia e lo sarà per sempre”, ha detto lo zio ai reporter della Cnn, “spero almeno che la perdita che ha subito la nostra famiglia possa portare alla fine del conflitto che sta sconvolgendo il nostro Paese”.

tratto da: http://www.repubblica.it/esteri/2017/09/07/news/yemen_buthaina_gesto_mano_bambina_conflitto_guerra-174881067/