Chiesti 4 anni e 9 mesi per Emilio Fede. Ricattò Mediaset con falsi fotomontaggi – Ma che Vi aspettavate da uno che sulla sua pensione da 8200 euro al mese andava dicendo “trovo che sia UNA MISERIA” !!

Emilio Fede

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Chiesti 4 anni e 9 mesi per Emilio Fede. Ricattò Mediaset con falsi fotomontaggi – Ma che Vi aspettavate da uno che sulla sua pensione da 8200 euro al mese andava dicendo “trovo che sia UNA MISERIA” !!

 

Chiesti 4 anni e 9 mesi per Fede. Ricattò Mediaset con falsi fotomontaggi “hot”

La richiesta arriva nell’ambito del processo sui falsi fotomontaggi “hot” per ricattare i vertici di Mediaset e Silvio Berlusconi

Sono 4 anni e 9 mesi di carcere quelli richiesti dal pm Silvia Perucci per Emilio Fede, l’ex direttore del Tg4 sotto processo con l’accusa di estorsione e tentata estorsione. Secondo il pubblico ministero, infatti, l’ex giornalista Mediaset avrebbe fabbricato nel marzo del 2012 dei falsi fotomontaggi a luci rosse per ricattare i vertici di Mediaset che lo stavano licenziando.

In particolare, Fede avrebbe dato mandato a Gaetano Ferri (suo ex personal trainer) e ad altre due persone di assemblare i fotomontaggi che ritraevano il direttore dell’informazione di Mediaset, Mauro Crippa, così come il presidente dell’azienda, Fedele Confalonieri, in atteggiamenti equivoci.

Attraverso una serie di “pressioni e minacce”, il giornalista avrebbe indotto “Crippa, Confalonieri ma anche lo stesso Silvio Berlusconi” a fargli avere “un accordo più vantaggioso con una buonuscita di 820mila euro e un contratto di collaborazione di 3 anni” con l’azienda: queste, infatti, le accuse del pm durante la requisitoria davanti al giudice della sesta sezione penale Alberto Carboni.

A Crippa, nel dettaglio, Fede avrebbe inviato “messaggi intimidatori” che facevano riferimento a quei fotomontaggi. Uno degli sms, come ha spiegato il pm, recitava così: “Quella foto era pronta per essere consegnata e quindi ricattarti”. Il pm ha anche ricordato come Ferri, che ha scelto il rito abbreviato, sia stato già condannato anche in appello per il concorso nel ricatto portato avanti dal giornalista con una motivazione da parte della Corte che ha evidenziato il “perdurare di minacce e illecite pressioni sui vertici di Mediaset” per ottenere “l’accordo transattivo” più favorevole, poi firmato nel luglio del 2012.

Fede, oltre a “millantare di avere del materiale anche su Confalonieri”, avrebbe consegnato a Berlusconi una delle false foto che ritraevano Crippa. In quei mesi, tra il marzo e il luglio del 2012, l’ex Tg4 sarebbe riuscito a “inquinare le trattative” con “pressioni anche su Berlusconi”, testimoniate da alcune telefonate di Ferri al legale del cavaliere Niccolò Ghedini.

Lo stesso Fede, tra l’altro, ha spiegato il pm, “ci ha detto di aver portato quelle foto a Berlusconi e poi ha collegato il contratto di consulenza ottenuto con l’intervento diretto” dell’ex premier.

Non si tratta dell’unico procedimento giudiziario nel quale è imputato Fede, che infatti è a processo anche per concorso in bancarotta per un prestito ricevuto da Lele Mora e per il caso “Ruby bis”. Nell’ambito del medesimo processo collegato ai vertici Mediaset, invece, l’ex direttore è accusato pure di violenza privata, a causa di alcuni presunti sms minatori nei confronti di Ferri, il quale si sarebbe dissociato dal progetto di “estorcere a Berlusconi due milioni di euro per evitare la diffusione di foto compromettenti di Crippa”.

Oggi parlerà anche la difesa di Fede e potrebbe arrivare la sentenza.

tratto da: http://www.huffingtonpost.it/2017/05/09/chiesti-4-anni-e-9-mesi-per-fede-ricatto-mediaset-con-falsi-fo_a_22077240/

 

Ma che Vi aspettavate da uno che sulla sua pensione da 8200 euro al mese andava dicendo “trovo che sia UNA MISERIA” !!

Vi riproponiamo questo nostro articolo di due anni fa:

Vi avanza un Vaffanculo? Emilio Fede si lamenta della sua pensione da 8200 euro al mese “UNA MISERIA” !!

Nell’intervista rilasciata a  Radio Club 91, oltre a sbavare d’invidia per il successo dell’altro leccaculo, Bruno Vespa, Emilio Fede si lamenta per la sua pensione da 8200 euro al mese “UNA MISERIA”

Ma grandissimo idiota, la miseria è della gente che non arriva a fine mese, dei padri di famiglia che hanno perso il lavoro, dei pensionati che devono sopravvivere con 800 Euro al mese, non la tua !!

E allora ecco il nostro più sentito VAFFANCULO !!

 

Da “Radio Club 91”

 Emilio Fede attacca Vespa: “può fare solo il conduttore ma come giornalista non mi porta neppure le scarpe. Io sono stato il suo direttore. Oggi Vespa fa tutto: balla, suona, canta, cucina ma chi troppo in alto sale, cade sovente precipitevolissimevolmente. E’ il padrone della televisione e ambisce ad essere direttore generale o presidente della Rai e glielo daranno, ha tutto il mondo politico in mano. Pensate che a volte ci scambiavano ma Vespa ha trovato il modo, in tutti questi anni, di non invitarmi mai”.

Così Emilio Fede ai microfoni di Ettore Petraroli e Rosario Verde su Radio Club 91 nel programma “I Radioattivi”. Rivela inoltre che ha una pensione di 8200 euro al mese dopo 60 anni di attività e “trovo che sia una miseria. Sono giornalista professionista dal 1 gennaio 1955, sfido chiunque ad aver percorso una storia come la mia che va De Gasperi a Berlusconi e dopo aver scalato i monti africani“.

Su Napoli: “Mai ho amato una città più di Napoli e sono ricambiato. Se penso a Napoli, anche quando sono nella residenza storica di mia moglie dove vissero i De Deo, Croce e Togliatti (ma – precisa – non ci sono fantasmi), penso: “avvoltoio vola via che questa è la terra mia” come scrisse anche Calvino in un Canta Cronache con cui, tra l’altro chiudo il mio libro. Vado nei quartieri che mi ricordano la dignità”. E su De Luca? L’ho incrociato, mi ha guardato con sufficienza e in tutta onestà mai sono detto: chi se ne frega?”.

 Emilio Fede è in uscita con “L’Emilio” in libreria in contemporanea (ma “solo per caso” dice) ad ottobre con il racconto autobiografico di Silvio Berlusconi. Inoltre anticipa che in autunno torna con un programma ma non sa ancora su quale rete, “Ho avuto delle offerte ma c’è molta invidia”. Niente più Tg, quindi, per Fede che anzi dice: “arriva anche il momento in cui, come mi ha insegnato Baggio, occorre appendere le scarpe al chiodo. Potrei fare un buon settimanale”.

E parla anche di Berlusconi che “si è fidato troppo e qualcuno lo ha tradito come spesso succede”. Renzi invece: “ha qualcosa di Vespa, i nei, e dovrebbe darsi una regolata quando promette le cose”. mentre secondo il giornalista “Il problema eterno, il dramma vero è chi dopo Berlusconi? Perché nessuno può essere un quasi Berlusconi. Brosio?  “E’ cresciuto con me, l’ho inventato io”

Marco Travaglio: “Il copione della vergogna”

Marco Travaglio

 

 

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Marco Travaglio: “Il copione della vergogna”

 

 

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Due fatti, freschi di giornata – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 10 maggio 2017, dal titolo “Il copione della vergogna”.

1) Nel suo libro Poteri forti (o quasi) (Rizzoli), l’ex direttore del Corriere e del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli rivela che nel 2015 una ministra chiese all’amministratore delegato di una grande banca quotata in Borsa, Unicredit, di acquistare la banchetta decotta di Arezzo, la Etruria vicepresieduta dal di lei padre, multato da Bankitalia e indagato dalla Procura per averla male amministrata.

2) Il pm di Napoli che ha avviato le indagini sul padre e alcuni stretti collaboratori dell’ex premier, dopo vari attacchi calunniosi, viene trascinato dinanzi al Csm da un procedimento disciplinare promosso dal Pg della Cassazione a cui il governo dell’ex premier ha appena allungato la carriera, prorogandogli l’età pensionabile; il procuratore capo di Napoli invece viene spedito anzitempo a casa da un decreto dell’ex premier che gli anticipa l’età pensionabile; l’indagine di Napoli viene trasferita a Roma, con i ritmi da ponentino tipici del luogo; e il capitano del Noe che l’ha coordinata viene indagato per falso in atto pubblico a Roma per uno scambio di persona nell’informativa.

Immaginate che accadrebbe se i protagonisti di questi due fatti fossero Silvio Berlusconi e una sua ministra: avremmo (giustamente) le piazze piene di manifestanti contro l’abuso di potere, l’uso privato di pubbliche funzioni, il familismo amorale e l’attacco all’indipendenza della magistratura. Invece la protagonista del primo fatto è Maria Elena Boschi, ex ministra delle Riforme del governo Renzi, ora sottosegretaria del governo Gentiloni: tutti zitti. Cuore di figlia: cosa non si fa per salvare il papà. L’ex premier che ha fatto attaccare dai suoi il pm Henry John Woodcock e gli altri inquirenti napoletani, rei di avere scoperto il ruolo di suo padre Tiziano e del suo ministro Luca Lotti nello scandalo Consip, poi ha allungato la carriera del Pg della Cassazione Pasquale Ciccolo mentre anticipava la fine di quella del procuratore di Napoli Giovanni Colangelo, poi ha esultato per l’incriminazione del capitano Giampaolo Scafarto e ora vede finire al Csm Woodcock, è Matteo Renzi: tutti zitti. Cuore di figlio: cosa non si fa per salvare il babbo.

Si ripete paro paro il vecchio copione collaudato nel biennio di Tangentopoli e nel ventennio berlusconiano: un pm scopre reati dalle parti del governo e subito finisce nel fuoco incrociato di attacchi politico-mediatici, ispezioni ministeriali, azioni disciplinari, procedimenti di trasferimento d’ufficio, tentativi di scippare l’inchiesta per trasferirla a Roma o in altri lidi più placidi e ameni. La differenza tra ieri e oggi è che i punti di resistenza sono scomparsi. Ai tempi di B. c’erano alcuni giornali, intellettuali e programmi tv che denunciavano i fatti, una parte di opinione pubblica informata e dunque indignata che scendeva in piazza trascinandovi un’opposizione tremebonda e consociativa, una magistratura piuttosto compatta a difesa delle prerogative costituzionali, un Csm non proprio prono ai diktat del governo. Ora che il pericolo viene dal centrosinistra, complice il lungo martellamento di Napolitano contro le Procure più attive, non si muove una foglia. Oggi l’azione disciplinare contro quel discolo di Woodcock, che ha avuto l’ardire di indagare sui cari di Renzi, non la sferra più il ministro della Giustizia, come facevano i vari Biondi, Mancuso e Castelli agli ordini di B. (il Guardasigilli Andrea Orlando ha respinto le pressioni renziane in tal senso e, in un’intervista al Fatto, ha avvertito l’ex premier che, se vuole colpire i magistrati, deve trovarsi un altro ministro): la promuove direttamente un magistrato, il Pg della Cassazione, pochi mesi dopo il decreto contestatissimo (anche dall’Anm) che ha esentato lui e poche altre supertoghe (ma non il procuratore di Napoli) dal pensionamento anticipato. Lo stesso Ciccolo aveva già dato ottima prova di sé nel 2007 contro il pm Luigi de Magistris, impegnato a Catanzaro in inchieste sgradite ai politici e a Napolitano; e soprattutto nel 2012, quando Napolitano, su richiesta dell’indagato Mancino, tentò d’interferire nelle indagini di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano scrisse al Pg Ciani e al suo vice Ciccolo di assecondare le richieste di Mancino, che puntava al trasferimento dell’indagine e al quale il consigliere giuridico del Colle confidò: “Ho parlato sia con Ciccolo che con Ciani: hanno voluto la lettera così fatta per sentirsi più forti”. Fu persino convocato il procuratore antimafia Piero Grasso, che però rifiutò di avocare l’inchiesta perché non ne aveva il potere e non ne ricorrevano i presupposti.

Ora tocca a Woodcock: Ciccolo lo accusa di “grave scorrettezza” e “indebita interferenza” nelle indagini romane su Consip. E non per un’intervista, che peraltro sarebbe stata giustificata, anzi doverosa per chiarire la sua posizione e difendere l’ordine giudiziario, viste le calunnie di cui era bersaglio. Ma per alcune frasi scambiate con colleghi e riportate da Repubblica che smentivano le menzogne di giornali e politici sulla sua “guerra” ai pm romani e sul suo ruolo di “mandante” dell’errore del capitano Scafarto. Frasi che non interferiscono affatto nel lavoro della Procura di Roma e non rivelano alcun segreto d’indagine. Dunque – lo diciamo chiaro e tondo, anche in perfetta solitudine – quest’azione disciplinare non sta né in cielo né in terra, come dimostrano gli infiniti precedenti di pm coraggiosi (Woodcock compreso) trascinati davanti al Csm e poi prosciolti per aver detto la verità. Piercamillo Davigo, che di simili rappresaglie ne ha subìte parecchie sulla sua pelle, ripete spesso: “Non ce l’hanno con noi per quello che diciamo, ma per quello che facciamo”.

Da: Il Fatto Quotidiano.

Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi …ora capite perché il Pd non ha MAI fatto una vera legge contro il conflitto di interessi?

 

Unicredit

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Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi …ora capite perché il Pd non ha MAI fatto una vera legge contro il conflitto di interessi?

 

Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi #Boschidiccilaverità

 

È gravissimo quanto scritto da Ferruccio De Bortoli nel suo ultimo libro. Se corrispondesse al vero, il sottosegretario Maria Elena Boschi dovrebbe immediatamente dimettersi.
Il M5S lo ha sempre detto: sul dossier banche e risparmio i conflitti di interessi in seno al governo Renzi hanno minato la sua capacità di intervenire in modo equo e corretto. Adesso la storia delle pressioni sull’ex amministratore delegato Unicredit Federico Ghizzoni, da parte dell’allora ministra per i Rapporti con il Parlamento, affinché Piazza Gae Aulenti salvasse Etruria, la banca di papà Pier Luigi, è la scossa che abbatte un castello di bugie cui non abbiamo mai creduto.

Non ci siamo mai bevuti la balla dell’ex premier Renzi, secondo cui il suo governo si è sempre comportato in modo sereno sulla questione banche. E men che meno ci siamo bevuti le fandonie della stessa Boschi che diceva di non essersi mai occupata dell’istituto di famiglia. Ha pure mentito di fronte al Parlamento e agli italiani, quando è venuta a rispondere in aula alla mozione di sfiducia del M5S.

Dopo aver saputo che Boschi padre si era rivolto a faccendieri della risma di Flavio Carboni per trovare un direttore generale dell’istituto e leggendo, anche sul libro di De Bortoli, dell’influenza di ambienti massonici sulla banca dei Boschi’s, non possiamo che ribadire quanto sosteniamo da anni: il governo ‘Renziloni’ non è adeguato a mandare avanti il Paese in un momento così difficile, anche in considerazione del peso enorme che la sottosegretaria, a colpi di circolari accentratrici, continua ad avere nell’esecutivo attuale.

La misura è colma, non ne possiamo più. Di fronte alla crisi in cui versa il mondo del credito, di fronte alle paure dei risparmiatori, di fronte ai drammi degli investitori colpiti dal salva-banche, non è accettabile vedere, secondo quanto si legge, un ministro che utilizza la propria posizione per brigare sottobanco allo scopo di salvare gli affari di famiglia. Boschi vada a casa o faremo di tutto per mandarcela noi. E valuteremo anche possibili azioni sul fronte giudiziario.

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/2017/05/lo_scandalo_unicredit_e_la_banca_di_papa_boschi_boschidiccilaverita.html

CONSIP – Come avrete sentito dai Tg e letto su tutti i giornali, nuovi guai per il Giglio Magico: incarichi per 500 mila euro ad Alberto Bianchi, presidente di Open, consigliere Enel ma soprattutto legale di fiducia dell’allora premier Renzi!

 

CONSIP

 

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CONSIP – Come avrete sentito dai Tg e letto su tutti i giornali, nuovi guai per il Giglio Magico: incarichi per 500 mila euro ad Alberto Bianchi, presidente di Open, consigliere Enel ma soprattutto legale di fiducia dell’allora premier Renzi!

 

Consip, nuovi guai per il Giglio Magico. “500 mila euro a Bianchi della Open”

Rivelazione sul presidente della renziana Fondazione Open: “Ha ricevuto 500 mila euro da Consip”

 

“Da Consip 500mila euro di incarichi ad Alberto Bianchi”

In un articolo di Panorama in edicola  si legge che l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open e consigliere dell’Enel appena riconfermato, ha ottenuto dalla Consip quasi mezzo milione di incarichi tra il 2014 e il 2016. Panorama sottolinea che ciò è avvenuto “negli anni in cui Matteo Renzi, di cui Bianchi è legale di fiducia, era premier”. Bianchi, scrive sempre Panorama, aveva parlato “di incarichi per complessivi 290 mila euro, ma le somme percepite ammontano invece a 485 mila euro”.

Secondo Panorama, “la maggior parte dei compensi, 373 mila euro, sono stati ottenuti nel periodo successivo alla nomina di Luigi Marroni, attuale amministratore delegato di Consip.Bianchi però aveva parlato solo di 80 mila euro. Marroni, come noto, è considerato il testimone chiave nell’inchiesta della Procura di Roma sul mega appalto Consip, che ha coinvolto, tra gli altri, l’imprenditore Alfredo Romeo, il ministro dello Sport Luca Lotti e il padre di Matteo Renzi, Tiziano”. “Considerata anche la retribuzione come membro del cda di Enel – aggiunge Panorama – nei due anni del governo Renzi, Bianchi ha percepito più di 800 mila euro dalle due società pubbliche controllate dal ministero dell’Economia”.

 

fonte: http://www.affaritaliani.it/cronache/consip-nuovi-guai-per-il-giglio-magico-470361.html

Firenze, perquisita la società di raccolta rifiuti: sei indagati. Le magliette gialle di Renzi vanno a Roma, senza accorgersi che la monnezza ce l’hanno a casa loro!

Firenze

 

 

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Firenze, perquisita la società di raccolta rifiuti: sei indagati. Le magliette gialle di Renzi vanno a Roma, senza accorgersi che la monnezza ce l’hanno a casa loro!

 

Firenze, la società di raccolta rifiuti: sei indagati

Le accuse per dirigenti e funzionari sono di abuso d’ufficio e traffico illecito

 

I carabinieri hanno perquisito la sede dell’ex Quadrifoglio ora Alia, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti a Firenze. L’inchiesta, coordinata dalla procura di Firenze e condotta dal nucleo di pg dei carabinieri, riguarda la gestione dei rifiuti riciclabili. Secondo quanto si apprende sei sarebbero le persone indagate, a vario titolo, per abuso d’ufficio e traffico illecito di rifiuti. FRa di loro ci sono: l’amministratore delegato Livio Giannotti, l’ingegner Franco Cristo, responsabile degli impianti di trattamento e il responsabile dell’impianto di San Donnino, due capi turno e una dipendente.

Le perquisizioni disposte dalla Procura sono state effettuate anche nell’area di stoccaggio a San Donnino.
I carabinieri starebbero cercando documentazione sul ciclo dei rifiuti. L’ipotesi è che vi sia stata una gestione irregolare di alcuni tipi di rifiuti, primi fra tutti, la carta.

 

tratto da: http://firenze.repubblica.it/cronaca/2017/05/09/news/firenze_perquisita_la_sede_della_societa_di_raccolta_rifiuti-165012825/#gallery-slider=165015079

Maria Elena Boschi ha sempre negato il conflitto di interessi. Ma ora si scopre che “Nel 2015 chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

Maria Elena Boschi

 

 

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Maria Elena Boschi ha sempre negato il conflitto di interessi. Ma ora si scopre che “Nel 2015 chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

 

 

Maria Elena Boschi, De Bortoli: “Nel 2015 l’ex ministra delle Riforme chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

 

L’ex direttore del Corriere della Sera rivela il retroscena nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi)”. M5s: “Sottosegretaria è una bugiarda, dovrebbe dimettersi”. Salvini: “Nell’affare banche c’è dentro fino al collo”. Mdp: “Riferisca in parlamento”. L’ex ministra smentisce: “Non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque e ovunque a dimostrare il contrario”. E annuncia querele. Nessun commento per il momento da Ghizzoni e nemmeno da piazza Gae Aulenti

 

Maria Elena Boschi chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria. Lo sostiene l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi). Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo“, edito da La Nave di Teseo. “L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”, scrive l’ex numero uno di via Solferino nel suo saggio.

Boschi ha sempre negato qualsiasi ruolo nella gestione del crac della banca in cui suo padre Pier Luigi era vice presidente. “Non sussiste conflitto d’interessi tanto è vero che non ho preso parte al Cdm che ha deciso questo provvedimento”, diceva riferendosi alla riforma sulle banche popolari varata dal governo di Matteo Renzi.“È un provvedimento che fa bene a tutte le banche e Banca Etruria aveva già deciso di diventare spa ad agosto dell’anno scorso quindi al di sopra di ogni sospetto”, aveva aggiunto nel febbraio del 2015.

La smentita di Boschi e il silenzio di Ghizzoni- È per questo motivo che le anticipazioni del libro di De Bortoli, pubblicate dall’Huffington Post, hanno immediatamente incendiato il dibattito politico con l’attuale sottosegretaria alla presidenza del consiglio che si è affrettata a smentire il giornalista. “La storia di Banca Etruria viene ciclicamente chiamata in ballo per alimentare polemiche. Vediamo di essere chiari: non ho mai chiesto all’ex ad di Unicredit, Ghizzoni, né ad altri, di acquistare Banca Etruria. Ho incontrato Ghizzoni come tante altre personalità del mondo economico e del lavoro ma non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque  e ovunque a dimostrare il contrario”, scrive Boschi su facebook, mentre per il momento non si registra alcun commento né di Ghizzoni e nemmeno da Unicredit.

Nel suo post su facebook, tra l’altro, Boschi annuncia anche querele, “Siccome sono stupita per questa ennesima campagna di fango – aggiunte l’ex ministra – stavolta ho affidato la pratica ai legali per tutelare il mio nome e il mio onore. Chi è in difficoltà per le falsità di Palermo o per i rifiuti di Roma non può pensare che basti attaccare su Arezzo per risolvere i propri problemi”.

M5s e Lega: “Boschi si dimetta” – Il riferimento, ovviamente, è per il Movimento 5 Stelle.”Boschi chiamò l’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni chiedendogli di comprare Banca Etruria, la banca dove suo padre era vice-presidente. Lo vedete adesso il conflitto di interessi?”, scrivono su Facebook, in un post identico, i deputati Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. “La Boschi dovrebbe dimettersi all’istante dopo aver chiesto scusa agli italiani. Diceva che non si era mai interessata alla banca di famiglia ma è solo una bugiarda. Se non si dimetterà – insistono i pentastellati – la costringeremo ancora una volta a venire in aula con una mozione di sfiducia. Il M5S non molla”. Sul caso interviene anche il blog di Beppe Grillo . “Boschi vada a casa o faremo di tutto per mandarcela noi. E valuteremo anche possibili azioni sul fronte giudiziario. La misura è colma, non ne possiamo più”, è l’incipit di un post firmato M5s e pubblicato sul blog.  Chiede le dimissioni di Boschi anche la Lega Nord. “Nell’affare banche c’è dentro fino al collo. La Lega non dimentica: che fine ha fatto la nostra richiesta di una commissione d’inchiesta su Bancopoli? Sepolta in un cassetto?”, dice il segretario Matteo Salvini.

Mdp: “Boschi venga in Parlamento” – I bersaniani di Mdp, invece, chiedono alla sottosegretaria di riferire in parlamento. “Indubbiamente la rivelazione di De Bortoli apre uno squarcio inquietante sui rapporti tra un ministro della Repubblica e l’ad di una grande banca per salvare Banca Etruria. All’epoca della mozione di sfiducia di un anno e mezzo fa parlai esplicitamente di un conflitto di interessi potenziale. Ora sembra che questa tesi trovi una sua conferma. Penso che la ministra Boschi debba spiegare subito in Parlamento di cosa si tratta. E il Pd debba prendere esplicitamente le distanze da questa commistione malata tra politica e affari”, dice il deputato Arturo Scotto.  “La cosa che mi colpisce di più continua ad essere il familismo e l’eccesso di concentrazione di potere in 20 km. De Bortoli è un professionista molto serio. Il ministro Boschi che ha avuto la fiducia del parlamento non credo possa cavarsela con una dichiarazione. Valuteremo con attenzione. Ciò che è certo è che occorre fare chiarezza in modo definitivo su questa vicenda senza lasciare zone d’ombra. Se non c’è chiarezza l’unica strada sono le dimissioni”, rilancia Roberto Speranza.

La difesa del Pd e l’esposto contro Grillo – Ai pentastellati replica il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. “Leggo che il pluripregiudicato Beppe Grillo annuncia di essere pronto a fare azioni legali contro esponenti del PD. Considerata la sua fedina penale e la sua lunga storia costellata da evasione e condoni fiscali, se Grillo facesse finalmente un’azione legale sarebbe una novità davvero interessante. Ma lo togliamo dall’imbarazzo. Domani alle 12,00 presenterò personalmente l’esposto denuncia contro il Movimento Cinque Stelle e Beppe Grillo”. scrive su facebook il tesoriere del Pd. Difendere Boschi anche Ettore Rosato. “È vergognoso e strumentale l’attacco M5s a Boschi teso unicamente a coprire i disastri di Roma o l’inchiesta sulle firme false a Palermo. Si occupino dei problemi della gente e non di fare gli aspiranti pm visto che non hanno né i criteri morali né le capacità giuridiche”, dice il capogruppo dem alla Camera. Identico il commento di Lorenzo Guerini, secondo il quale “il M5s strumentalizza un brano di un libro, su cui tra l’altro Maria Elena Boschi ha già espresso la volontà di citare in giudizio, per nascondere le clamorose difficoltà sui rifiuti che sommergono Roma e soprattutto l’imbarazzo delle registrazioni audio di Palermo”. “Credo che la Boschi abbia dato mandato ai suoi legali di tutelarla perché il fatto deve essere dimostrato. La politica è abituata a speculare senza accertare i fatti, è una cattivissima abitudine. I giudizi non si fanno sui giornali e con le dichiarazioni stampa. Non voglio entrare nei dettagli, non ho letto il libro di De Bortoli, immagino che sia stata una frase riferita, che De Bortoli non fosse presente”, dice invece il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio.

La sfiducia e la smentita (del 2015) di Ghizzoni – La questione Banca Etruria era costata alla Boschi una mozione di sfiducia respinta dall’aula di Montecitorio con 373 No e solo 129 Sì. “Io amo mio padre che è una persona perbene. Ma se ha sbagliato deve pagare, come tutti. Non c’è spazio per favoritismi. Se i fatti contestati fossero veri? Mi dimetterei”, aveva detto nel suo intervento in Parlamento l’allora ministra delle Riforme. Era il 18 dicembre del 2015:  lo stesso anno in cui – secondo De Bortoli – aveva chiesto l’intervento di Unicredit.  Secondo Bloomberg – citato dall’agenzia Ansa in un take del 10 dicembre del 2015, e quindi una settimana prima della mozione di sfiducia a Boschi  – l’ex ad Ghizzoni aveva dichiarato in un incontro con la stampa estera che Unicredit non era interessata ad acquistare Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti, cioè le banche salvate dal governo.

Banche e massoni – Il passaggio relativo all’interesse di Boschi per il destino di Banca Etruria compare a pagina 209 del libro di De Bortoli, al centro del capitolo dedicato a Matteo Renzi (intitolato “La bulimia del potere“), in cui il giornalista parla di massoneria. “Ho esagerato forse (il riferimento è per il suo ultimo editoriale in cui parla di “stantio odor di massoneria” ) ma nulla mi toglie dalla testa che nel dedalo di rapporti di quella che Ernesto Galli della Loggia sul Corriere ha chiamato ‘consorteria toscana’, le appartenenze massoniche un ruolo lo hanno giocato e continuino a giocarlo. Del resto, poche settimane dopo il mio articolo, Libero, diretto da Maurizio Belpietro, svelò le frequentazioni di Flavio Carboni e il suo interessamento per il vertici di Banca Etruria. Il vicepresidente della banca aretina, Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, aveva incontrato il faccendiere sardo in un paio di occasioni durante le quali gli avrebbe chiesto consigli su chi mettere alla direzione generale dell’istituto”.

Salvini ancora una volta contro il Cara di Mineo: “Centro commerciale di carne umana che ci costa oltre 100mila euro al giorno” …Bravo, ora però ricordati di dire alla Gente che il Cara di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !

Salvini

 

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Salvini ancora una volta contro il Cara di Mineo: “Centro commerciale di carne umana che ci costa oltre 100mila euro al giorno” …Bravo, ora però ricordati di dire alla Gente che il Cara di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !

 

Il leader della Lega Nord ha trascorso la notte nel centro per richiedenti asilo in provincia di Catania. E subito dopo è partito per il suo show: “Stanotte 3.300 ospiti più uno, che ha dormito in branda e si è appena fatto la doccia” leggiamo dalla sua pagina Facebook.

“Ho osservato abusi di vario tipo. Si vendono televisori a schermo piatto, stereo, telefonini, scarpe nuove, pantaloni”…

Perchè per lui avere un paio di scarpe o un televisore è un abuso! Sperava di vedere gabbie e giacigli di paglia come in uno zoo o un canile.

E si scandalizza perchè queste bestie hanno nientedimeno che una moschea gonfiabile! Uno shock per lui che li ha sempre immaginati girare in tondo intorno ad un totem di legno…

Ora qualcuno gli spieghi con calma, con molta calma, che il CARA di Mineo è stato voluto ed aperto dal suo compagno Roberto Maroni !!

Una creatura della Lega, insomma…

Ti preghiamo, Matteo, evita di fare le tue passerelle elettorali sulle tragedie e sulla pelle della Gente. E soprattutto qui al Sud che tu hai sempre così tanto schifato. Perchè, invece, non ti vai a fare una bella passeggiata Bruxelles, dove sentono tanto la tua mancanza visto che ti si vede così poco?

Oppure, se proprio non vuoi allontanarti troppo, torna a cantare i tuoi cori da alcolizzato contro i terroni insieme agli altri sorci versi di Pontida…

Fa quello che vuoi, ma ti prego, evita di romperci ancora i coglioni.

By Eles

Renzi e Grasso sulla porcheria della Legge sulla legittima difesa: da cambiare in Senato – Meno male che il Senato c’è… Ma fino ad 3 dicembre scorso il Senato non era inutile?

 

Senato

 

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Renzi e Grasso sulla porcheria della Legge sulla legittima difesa: da cambiare in Senato – Meno male che il Senato c’è… Ma fino ad 3 dicembre scorso il Senato non era inutile?

 

Leggiamo…

Legittima difesa, Renzi chiede di cambiare la legge al Senato

L’iter abbastanza grottesco di questa nuova legge sulla legittima difesa è la prova della incapacità della classe politica, anche quella di governo, di prendere decisioni nette e di assumersene la responsabilità. La licenza di sparare ma solo di notte ha fatto ridere tutta Italia, compresi i sostenitori della maggioranza renziana. Tanto che il confermato segretario del Pd ha appallottolato il testo uscito da Montecitorio e ha già ordinato che al Senato (quel Senato che voleva abolire e che gli è costato cinque mesi di sofferenze) se ne faccia un altro.

QUI l’articolo intero

 

Il leader pd boccia un’altra legge. Grasso: meno male che c’è il Senato

Matteo Renzi sul telemarketing: anche questa norma è da correggere. Legittima difesa, dopo il suo no anche quello del presidente del Senato e dell’Anm.

Una volta tanto il presidente del Senato, Pietro Grasso, e l’ex premier Matteo Renzi sono d’accordo. Così, sul pasticciaccio della nuova legittima difesa varata alla Camera con i voti del Pd e di Ap, la seconda carica dello Stato si prende una piccola rivincita: «Meno male che c’è il Senato, se dobbiamo intervenire su questo tema…», dice Grasso dopo che il segretario del Pd si era smarcato clamorosamente dal testo approvato dai suoi deputati, invitando poi i senatori dem «a correggere la legge».

QUI l’articolo intero

 

dopodichè la domanda è più che spontanea: MA IL SENATO NON ERA INUTILE?

 

By Eles

Padoan ha deciso: preferisce prendere 5 miliardi dalle tasche degli Italiani, aumentando l’Iva, anzichè farseli restituire da Standard & Poors che ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia. Non si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

 

Padoan

 

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Padoan ha deciso: preferisce prendere 5 miliardi dalle tasche degli Italiani, aumentando l’Iva, anzichè farseli restituire da Standard & Poors che ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia. Non si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

 

Standard & Poors ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia.

Ma il Ministero dell’Economia non si costituisce parte civile al processo!

Mica si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

Tanto poi i soldi che ci hanno fregato usciranno dalle tasche degli Italiani!

 

I miliardi di Standard & Poors

di Carla Ruocco

È passato un mese da quando a Trani in solitudine il Pubblico Ministero Michele Ruggiero ha ricevuto la sentenza che Standard & Poors nel declassare l’Italia ha fatto una sciocchezza, ma non l’ha fatto apposta. Quindi non è un’assoluzione perché il fatto non sussiste; il fatto c’è. Standard & Poors ha arrecato danno alla Repubblica Italiana. E allora ci si chiede come mai il Ministero dell’Economia finora assente dal Processo non abbia deciso di costituirsi parte civile e chiedere i danni. Il dubbio è legittimo e quindi abbiamo deciso di chiedere un chiarimento a Padoan. La risposta è che si aspettano le motivazioni. Siamo al tragicomico. Il Ministro è diventato quindi giudice; per decidere se costituirsi o meno vuole ben valutare se vincerà la causa. Peccato che questo lo dovrà decidere il giudice civile. E anzi a ben vedere se il Ministro non si costituisce parte civile, dato che nessun giudice quindi potrà pronunciarsi, sarà passibile di danno erariale di fronte alla Corte dei Conti. Infatti questa sua omissione sta levando una grande opportunità per gli italiani: quella di evitare l’aumento dell’IVA o di altri balzelli che il Governo si dovrà inventare per far fronte all’austerità richiesta da Bruxelles.

Una manovra correttiva di circa 5 miliardi con aumento dell’Iva dal 22 al 25 piuttosto che chiedere i soldi ai responsabili. Standard & Poor’s, infatti, se condannata, dovrà liquidare danni di svariati miliardi di euro allo Stato italiano. Non procedere quindi da parte del Governo non solo vede una confusione di ruoli da parte del Ministero con l’Autorità Giudiziaria ma soprattutto vede il Governo ancora una volta preferire i poteri forti della Finanza agli interessi dei cittadini.

Caro Ministro, caro Presidente del Consiglio non consentiremo che questa “ardua sentenza” vada ai posteri. Come prima cosa suggeriamo per punti cosa lei , prof. Padoan dovrebbe fare:
1. Convochi una riunione con il ragioniere generale Franco, il direttore generale La Via e il Direttore del Debito Pubblico Cannata e si faccia calcolare puntualmente quanto è costato in termini di costo di servizio del debito pubblico e di derivati il declassamento di Standard & Poor’s fino a oggi
2. Convochi quindi il capo di Gabinetto Garofoli e predisponga la costituzione di parte civile presso il Tribunale di Trani utilizzando le stime di cui al punto precedente
3. Attenda serenamente e per il bene del Paese la decisione del giudice civile.

Buon lavoro Signor Ministro e in campana che non aspetteremo i posteri. Vuole leggere le motivazioni? Intanto le suggeriamo di leggere la requisitoria del magistrato Ruggiero e di indignarsi come è capitato a me.

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/2017/05/i_miliardi_di_standard_poors.html

Dedicato a tutti gli ottusi che credono ancora alle cazzate di Renzi e Berlusconi – Comunicato congiunto Pd-Fi: l’impianto dell’accordo è oggi più solido che mai…!

Renzi e Berlusconi

 

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Dedicato a tutti gli ottusi che credono ancora alle cazzate di Renzi e Berlusconi – Comunicato congiunto Pd-Fi: l’impianto dell’accordo è oggi più solido che mai…!

 

Comunicato congiunto Pd-Fi: L’impianto dell’accordo è oggi più solido che mai

Testo integrale della nota

L’Italia ha bisogno di un sistema istituzionale che garantisca governabilità, un vincitore certo la sera delle elezioni, il superamento del bicameralismo perfetto, e il rispetto tra forze politiche che si confrontino in modo civile, senza odio di parte.

Queste sono le ragioni per cui Partito Democratico e Forza Italia hanno condiviso un percorso difficile, ma significativo, a partire dal 18 gennaio scorso con l’incontro del Nazareno. L’impianto di questo accordo é oggi più solido che mai, rafforzato dalla comune volontà’ di alzare al 40% la soglia dell’Italicum, e dall’introduzione delle preferenze dopo il capolista bloccato nei 100 collegi. Le differenze registrate sulla soglia minima di ingresso e sulla attribuzione del premio di maggioranza alla lista, anziché alla coalizione, non impediscono di considerare positivo il lavoro fin qui svolto. Questa legislatura che dovrà proseguire fino alla scadenza naturale del 2018 costituisce una grande opportunità per modernizzare l’Italia. Anche su fronti opposti, maggioranza e opposizioni potranno lavorare insieme nell’interesse del Paese e nel rispetto condiviso di tutte le Istituzioni.

fonte: http://www.forzaitalia.it/notizie/11648/comunicato-congiunto-pd-fi-l-impianto-dell-accordo-e-oggi-piu-solido-che-mai