Fiorella Mannoia: “Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Erdogan sta massacrando un popolo e nessuno se ne importa … poi dice che uno deve credere nella politica” – Come dargli torto?

 

 

Fiorella Mannoia

 

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Fiorella Mannoia: “Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Erdogan sta massacrando un popolo e nessuno se ne importa … poi dice che uno deve credere nella politica” – Come dargli torto?

 

Fiorella Mannoia contro il menefreghismo dell’occidente sui massacri di Erdogan: “traccheggiano, ci pensano, tentennano” ma non fanno niente di niente.

Per molto meno tutti daccordo da 60 anni per l’embargo a Cuba (mica si può dare un dispiacere ai boss della mafia politica mondiale americani)…

Ovviamente tante cose Fiorella non le ha scritte. Ma in poche parole ha detto tutto:

“Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Ma con Erdogan che sta massacrando un popolo traccheggiano, ci pensano, tentennano… poi dice che uno deve credere nella politica”

 

Il PD in piazza contro la vendita di armi alla Turchia? – Caro Pd non c’è bisogno di protestare, basta applicare la legge: Legge 185 del 1990 – “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato”

 

Turchia

 

 

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Il PD in piazza contro la vendita di armi alla Turchia? – Caro Pd non c’è bisogno di protestare, basta applicare la legge: Legge 185 del 1990 – “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato”

Da Fanpage:

Caro Pd, non vuoi vendere armi alla Turchia? Applica la legge, senza scendere in piazza

C’è una legge, la 185 del 1990, che dice: “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”. Ecco un primo passo per fare qualcosa di concreto contro l’attacco della Turchia ai territori curdi.

Forte il PD. Scende in piazza in difesa dei curdi per chiedere al governo (quindi al PD) di intervenire contro la Turchia in difesa dei curdi. In questo banalissimo gioco di annullare qualsiasi distanza tra popolo e istituzioni scendere per strada è visto come sintomo di vitalità politica, come se il partito a cui dovremmo affezionarci debba avere il pregio di essere come noi e non migliore di noi e con più strumenti a disposizione. Sulla vicenda dell’aggressione di Erdogan ai territori curdi (e badate bene che chiamarla “aggressione” dalle parti del sultano turco costa più o meno la galera) escono tutte le cinquanta sfumature di indignazione tipiche italiane: si convoca l’ambasciatore, si prepara qualche meme sui social, ci si dimentica volutamente degli errori passati, si inventa qualche hashtag funzionale, si fruga tr le foto che possano accendere empatia e si chiede sempre a altri di intervenire.

Eppure per dare un segnale a Erdogan e alla sua irresponsabile violenza travestita da missione di pace basterebbe applicare la legge, sì sì la legge italiana, che dice chiaramente (legge 185/1990)«L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere». È già lì, bell’e scritta, pronta solo per essere usata. Usata come ha già fatto la Germania (la Germania che qualcuno continua a descrivere come sempre in bilico per non urtare i poteri forti), come ha fatto l’Olanda e come ha deciso la Norvegia.

Sia chiaro: interrompere l’esportazione di armi non è certo la soluzione definitiva a un problema molto più ampio (che forse nasce con la folle idea dell’Europa di poter normalizzare Erdogan pur di fungere da tappo nell’immigrazione) ma sarebbe un primo concreto passo verso una presa di posizione che sia qualcosa di più di semplice sdegno social e su carta bollata. Sarebbe anche una risposta “di legge” a un atto violento, illegale e irrispettoso dei diritti umani: cosa c’è di meglio di poter agire coperti dalla legge? Appunto.

Come dice chiaramente una nota di Rete Disarmo: “La Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e che le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. “Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” sottolinea Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.”

E forse sarebbe anche più facile credere alla sincerità dello sdegno. No?

fonte: https://www.fanpage.it/politica/caro-pd-non-vuoi-vendere-armi-alla-turchia-applica-la-legge-senza-scendere-in-piazza/
http://www.fanpage.it/

Cari giornali Italiani, raccontate PERCHÉ Asia (20 anni, Curda) è morta, non che somiglia tanto a Angelina Jolie…!

 

Curda

 

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Vi riproponiamo questo articolo tratto da Huffington Post pubblicato 3 anni fa…

Cari giornali Italiani, raccontate PERCHÉ Asia (20 anni, Curda) è morta, non che somiglia tanto a Angelina Jolie…!

Si può fare un oggetto di uno spirito forte e coraggioso che continua a resistere su un campo di battaglia al fianco di cuori pulsanti nella lotta a difesa della libertà? Si rende davvero possibile soffermarsi sull’aspetto estetico di una combattente della resistenza curda, senza risalirne all’anima e tacendo i motivi per cui ha perso la vita?

Asia Ramazan Antar aveva vent’anni. Apparteneva all’etnia curda e combatteva realmente l’Isis per difendere la propria terra, se stessa, il genere a cui apparteneva, la voglia di progresso e di libertà che le veniva dall’animo.

Asia, come altre della sua generazione, è morta sul campo di battaglia, nell’indifferenza delle democrazie occidentali pur schierate contro il nemico che le ha tolto la vita. Parrebbe logico abbastanza che gli stati minacciati dallo Stato Islamico soccorressero i curdi, bombardati anche dalla Turchia, il cui governo non ne desidera la presenza all’interno del paese e mal li sopporta ai confini. Sulla vicenda del popolo curdo, invece, regna il silenzio, in una sorta di disattenzione forzata a garanzia del disimpegno politico delle nazioni europee e della stessa ONU, che fanno davvero poco per risollevare il destino infausto e la sofferenza di genti senza uno stato proprio.

Asia ha dato la vita per una causa di speranza che riguarda un popolo intero, per migliaia di famiglie costrette a vagare per territori ostili e zone di efferati conflitti, per le donne oltraggiate e violentate da fanatici che le vogliono sottoposte e asservite, per i bambini a cui la guerra ha portato via fin troppo: parenti, casa, genitori, infanzia. Lei è morta per questo.

Eppure, per tanti media italiani il suo sacrificio si ferma a un immagine plasticamente evocativa, che ne rimanda il ricordo alle fattezze di una attrice bella e famosa, pubblicizzata dal consumismo alla moda del civile ed evoluto mondo occidentale. Asia è, per gli osservatori dei miei stivali, la “Angelina Jolie del Kurdistan”. Come se un’esistenza vissuta per sublimare l’ideale arcaico di giustezza potesse essere ricondotto a una fotografia sbiadita di una star di successo, riducendo stupidamente le fattezze fisiche della nobile guerrigliera a copia improbabile e dissimile di un’originale che si discosta enormemente dalle condizioni di sofferenza causate dalla meschinità delle guerre e dagli interessi delle nazioni. Si può fare un oggetto di uno spirito forte e coraggioso che continua a resistere su un campo di battaglia al fianco di cuori pulsanti nella lotta a difesa della libertà? Si rende davvero possibile soffermarsi sull’aspetto estetico di una combattente della resistenza curda, senza risalirne all’anima e tacendo i motivi per cui ha perso la vita?

Asia resta bellissima, troppo bella per essere contemplata da chi non sa vederne la passione di combattente e la dignità di donna oltre il corpo. Asia non finisce qui ed è troppo grande per rientrare in definizioni da marketing mediatico. Asia è memoria, presenza, sogno. E non somiglia a nessuno se non alla sua terra, l’altopiano fatale e incantevole a cui è rimasta legata per sempre.

Dedichiamo a lei questa poesia curda:

Io vado, madre.

Se non torno,

sarò fiore di questa montagna,

frammento di terra per un mondo

più grande di questo.

Io vado, madre.

Se non torno,

il corpo esploderà là dove si tortura

e lo spirito flagellerà, come

l’uragano, tutte le porte.

Io vado … Madre …

Se non torno,

la mia anima sarà parola …

per tutti i poeti.

La Turchia si è presa la Pernigotti? Un regalo dell’Unione Europea – Un’altra porcata contro il Made in Italy…!

 

Pernigotti

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La Turchia si è presa la Pernigotti? Un regalo dell’Unione Europea – Un’altra porcata contro il Made in Italy…!

La Turchia si è presa la Pernigotti grazie all’aiuto dell’Unione Europea

Non è soltanto una questione di affezione al marchio, così come di empatia verso le 120 famiglie a cui a breve rischia di mancare la propria fonte di reddito. La paventata chiusura della fabbrica della Pernigotti è un affare che evidenzia la penalizzazione dell’Italia. Roma non sta soltanto, come oramai da 25 anni a questa parte, svendendo tutti i propri gioielli imprenditoriali, grandi o piccoli. Il caso dei cioccolatini della Pernigotti dimostra la costante penalizzazione del nostro paese e dei nostri prodotti operata dall’Unione Europea.

Da dove nasce il caso Pernigotti

Lo stabilimento dei gianduiotti e dei cioccolatini di Novi Ligure è un pezzo di storia del Piemonte ed uno dei tanti casi di successo della piccola e media impresa italiana. Paolo Pernigotti, figlio del fondatore di un’azienda che in origine era una semplice drogheria a Novi Ligure, nel 1927 intuisce le potenzialità del cioccolato piemontese per eccellenza ed è il primo a porre in essere una produzione industriale del prodotto. Da allora è una crescita continua, il marchio diventa tra i più famosi del Made in Italy. La fabbrica dà inoltre lavoro a centinaia di famiglie, a cui vanno aggiunti decine di lavoratori dell’indotto. Una storia di successo dunque, con il gianduiotto che viene esportato in tutto il mondo. Una storia però che purtroppo per eventi tragici non può continuare nel solco della tradizione di famiglia. Se infatti a Paolo Pernigotti succede il figlio Stefano, quest’ultimo nel 1980 vede entrambi i figli morire in un incidente stradale in Uruguay e rimane senza eredi. Così nel 1995 decide di vendere alla Averna.

La Pernigotti però rimane italiana, ma solo per un altro ventennio: nel 2013 la famiglia Averna vende tutto alla multinazionale turca Toksöz. Presagio di quanto di drammatico sta accadendo dal 6 novembre scorso, quando cioè l’azienda con sede ad Istanbul decide di portare in Turchia lo stabilimento senza però rinunciare al marchio. In poche parole, le etichette della Pernigotti dovrebbero ancora indicare gianduiotti e cioccolatini ma non più italiani. Tutto, secondo i piani della Toksöz, dovrebbe essere definitivamente prodotto in Turchia. Ed è qui che entrano in gioco i recenti provvedimenti europei ed i rapporti tra Bruxelles ed Ankara.

L’Ue chiude un occhio sulle tossine turche ed Erdogan ringrazia

Come spiega Carlo Cambi su La Verità, la mossa non del tutto inattesa della Toksöz viene facilitata dalla politica adottata dall’Unione europea in tema di alimenti ed agricoltura. Nel 2013 entra infatti in vigore il regolamento 274/2012, le cui norme vanno a disciplinare l’ingresso di prodotti alimentari nel territorio dell’Ue. Nel regolamento, tra le altre cose, si determina l’importazione di determinati prodotti alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da aflatossine. Ma, tra le norme, emerge anche un fatto che appare determinante per le future politiche comunitarie in tema alimentare: vengono ridotti i test sui prodotti importati da alcuni Paesi. In particolare, controlli meno stringenti e meno severi iniziano ad essere disposti per le nocciole turche. Ankara è il primo Paese produttore di nocciole, subito dietro vi è l’Italia. Appare palese il primo sgarbo a Roma: si favoriscono le nocciole anatoliche, a discapito di quelle italiane che pure per qualità risultano di gran lunga le migliori.

Ma una decisione del genere pone un’azienda come la Toksöz nella condizione di considerare più remunerativo produrre ovviamente in Turchia, piuttosto che lasciare la fabbrica in Italia. Con controlli meno stringenti, è possibile portare in Europa le nocciole ed i prodotti da esse derivati senza grossi problemi. Ecco dunque da dove nasce la crisi che dal 6 novembre scorso tiene sotto scacco 120 famiglie dello storico stabilimento di Novi Ligure. Un vero e proprio favore fatto ad Erdogan che, a dispetto di una retorica politica europea che spesso lo condanna sul fronte del rispetto dei diritti umani, riceve da Bruxelles e non solo vantaggi ed onori quando di mezzo ci sono in ballo miliardi e commercio. E così l’Italia, oltre a rischiare di perdere un suo marchio storico, vede le proprie nocciole sprofondare nel confronto con quelle turche. Tutto questo poi grazie al “fuoco amico” europeo.

La politica Ue penalizza la salute

Se già di per sé è grave che un paese come l’Italia venga spogliato, anche grazie alle politiche comunitarie, delle proprie eccellenze, la situazione diventa ancora più inquietante sul fronte della salute. Le nocciole turche infatti sono tra le più tossiche al mondo. A dirlo sono diversi enti internazionali, ma in Italia da anni è la Coldiretti a lanciare l’allarme: le nocciole turche sono in compagnia delle arachidi cinesi, del peperoncino afgano, del pesce vietnamita e del riso birmano tra i prodotti agricoli d’importazione più pericolosi. Esse contengono una quantità importante di aflatossine, risultano molto cancerogene e ad un meticoloso controllo delle autorità sarebbero respinte dal territorio comunitario. Ma, come detto sopra, dal 2013 i test per i prodotti turchi sono molto più allentati.

“Lo scopo di Bruxelles è chiaro – scrive ancora Carlo Combi – fare entrare nel continente prodotti agricoli ed esportare tecnologia”. Ma questa strategia penalizza ovviamente l’Italia, principale produttore agricolo del continente. E, oltre a questo, mette in seria discussione il diritto alla salute favorendo l’ingresso di prodotti dalla dubbia qualità da paesi terzi. Non solo Pernigotti e salvaguardia di lavoro ed italianità: dietro questa storia c’è molto altro. C’è la miopia di Bruxelles, i favori concessi ad Erdogan ed il baratto ignobile tra commercio e diritto alla salute.

 

 

tratto da: http://www.occhidellaguerra.it/caso-pernigotti-come-l-europa-ha-scaricato-l-italia-ed-ha-favorito-erdogan/

La Turchia che non si arrende – scende in piazza e sfida Erdogan cantando Bella Ciao

Turchia

 

 

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La Turchia che non si arrende – scende in piazza e sfida Erdogan cantando Bella Ciao

Il regime ha arrestato 60 persone colpevoli di non aver rispettato i divieti. Ma quelli che non si sono ancora arresi al Sultano sono tantissimi

Bella Ciao, contro la dittatura, contro la repressione e contro il bavaglio. Sono oltre 60 i manifestanti arrestati Istanbul nel corso delle manifestazioni organizzate in occasione della Giornata internazionale dei lavoratori.

Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza citate dal quotidiano “Hurriyet”, quattro persone sono state arrestate nel tentativo di accedere a piazza Taksim, nonostante il divieto imposto dalle autorità, mentre oltre 50 manifestanti sono stati fermati nel quartiere di Besiktas.

Migliaia di persone sono scese in piazza ad Istanbul in diverse manifestazioni organizzate in occasione delle celebrazioni del primo maggio. La manifestazione più grande è stata organizzata dalla principale forza di opposizione, il Partito popolare repubblicano (Chp), nel distretto di Maltepe.

Il Primo Maggio è stato anche l’occasione per mostrare il volto della Turchia che non si arrende al Sultano. Molti nella piazza hanno intonato Bella Ciao, sempre più canto di chi lotta per la libertà, i diritti e resiste alla dittatura e alla repressione.

QUI la fonte con il video

Ora Gentiloni (…e magari anche la Pinotti) ci spieghi perché l’Italia, nel silenzio più assoluto, schiera i missili in difesa della Turchia…!

 

Gentiloni

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Ora Gentiloni (…e magari anche la Pinotti) ci spieghi perché l’Italia, nel silenzio più assoluto, schiera i missili in difesa della Turchia…!

 

Gentiloni ci spieghi perché l’Italia schiera i missili in difesa della Turchia

Il governo uscente deve ancora spiegare agli italiani perché manteniamo una missione in Turchia per difendere Ankara da non si sa quale pericolo. Pochi in Italia sanno infatti che da oltre un anno manteniamo in Turchia una batteria missilistica puntata sulla Siria. Con noi ci sono gli spagnoli con i loro patriot, mentre gli italiani hanno i missili Samp/T, gli Aster 30. Siamo schierati sulla frontiera nella missione Active Fence, Barriera attiva. È assolutamente inspiegabile, come abbiamo già ribadito in passato, perché noi dobbiamo difendere uno dei più forti eserciti del mondo, quello turco, che è il più forte della Nato dopo quello statunitense. Soprattutto perché adesso dalla Siria non vengono minacce per i turchi, semmai il contrario, visto che la Turchia ha invaso la Siria, Stato sovrano, per sterminare i curdi. Il tutto nel silenzio di Nato, Ue e Onu. Erdogan in visita a Roma, un paio di mesi fa, chiese – meglio. ordinò – di rimanere. Il governo del Pd ha sempre tenuto nascosta questa operazione, perché si sa che occhio non vede cuore non duole. L’unità missilistica italiana, schierata nella città turca di Kahramanmaras e inserita nell’ambito del sistema di difesa aerea integrata della Nato contro un’eventuale minaccia missilistica proveniente dalla vicina Siria, è stato infatti uno dei temi in cima all’agenda dei colloqui a Roma tra il leader turco Recep Tayyip Erdogan, il capo di Stato Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Lo ha sostenuto lo stesso Erdogan parlando poi con i giornalisti turchi che lo hanno accompagnato durante la missione in Italia. Erdogan, scrive il giornale Hurriyet, ha riferito di una richiesta di Ankara per una proroga del mandato fino al settembre 2018. “È stato prolungato. Per noi è molto importante”, si è vantato Erdogan.

fonte: http://www.secoloditalia.it/2018/04/gentiloni-ci-spieghi-perche-litalia-schiera-i-missili-in-difesa-della-turchia/

Afrin, i racconti dell’orrore: ragazze rapite e stuprate dai jihadisti filo-turchi, mentre l’occidente si gira dall’altra parte!

Afrin

 

 

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Afrin, i racconti dell’orrore: ragazze rapite e stuprate dai jihadisti filo-turchi, mentre l’occidente si gira dall’altra parte!

Afrin, i racconti dell’orrore: ragazze rapite e stuprate dai jihadisti filo-turchi

Stando alle testimonianze dai media curdi nella città occupata continuano violenze, furti e vessazioni

L’accusa è di quelle pesanti e, seppur con le difficoltà del caso, sembra proprio che le denunce dei curdi siano fondate: le bande jihadiste pagate da Ankara si stanno macchiando di veri e propri crimini di guerra contro donne e ragazze di Afrin.
Qualcosa che ricorda le violenze subite dalle donne yazide quando le loro terre furono invase dallo Stato Islamico.
Ora le violenze obbediscono anche all’obiettivo politico di ripulire dai curdi l’intera area e ‘sterilizzare’ un popolo che la Turchia non vuole ai propri confini.
Nei primi giorni dopo l’occupazione della città di Afrin sono stati denunciati e documentati i saccheggi delle case e dei negozi. O l’abbattimento di statue o simboli dell’identità curda.
Ma adesso, secondo le denunce, dozzine di ragazze e donne sono state rapite dopo l’occupazione cominciata il18 marzo. Donne che sono segregate in case del centro della città e che sono sottoposte a sistematiche aggressioni sessuali da parte di soldati turchi e delle milizie jihadiste loro alleate che si sono riunite sotto la bandiera del Libero esercito siriano.
Stando alle testimonianze riportate dai media curdi un testimone residente nel quartiere di Mahmudiya i miliziani “sono entrati nelle nostre case e hanno preso tutti i nostri preziosi oggetti dal giorno in cui sono arrivati. Hanno portato via tutto l’oro e il resto caricandolo sui camion. Quindi hanno radunato le persone che si trovavano in città separando uomini e donne in diverse aree. Sentivamo le urla delle donne. Non so cosa abbiano fatto a loro. Ci hanno torturato dicendo che noi eravamo sostenitori dei terroristi, che avrebbero preso tutti i nostri averi e le donne.
Siamo stati rilasciati dopo due giorni senza cibo e acqua, ma alcune ragazze e donne non sono tornate. Sono state portate da qualche altra parte ma non sappiamo dove. Due ragazze di 14-15 anni sono tra quelle che sono state portate via e poi sono scomparse”.
Stando alla testimonianza di una donna rimasta ad Afrin in un solo quartiere ci sono circa 15 ragazze scomparse e hanno un’età compresa tra i 14 e i 20 anni.

tratto da: http://www.globalist.it/intelligence/articolo/2018/04/03/afrin-i-racconti-dell-orrore-ragazze-rapite-e-stuprate-dai-jihadisti-filo-turchi-2022105.html

“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”

Erdogan

 

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“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”

Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Le ragazze del Yjp lottano per i diritti civili delle donne.

C’è una un punto che l’opinione pubblica internazionale non ha colto, soprattutto i movimenti femministi a partire dal famoso #metoo. C’è una questione di fondo che noi stesse donna abbiamo trattato con superficialità e un pizzico di maschilismo all’occidentale, e riguarda il conflitto in Siria.
Le combattenti curde dell’Ypj – che rappresentano il 35% del totale, parliamo di circa 15 mila unità- sono state dai media fortemente sessualizzate: le “bellissime eroine”, le “giovani affascinanti che combattono i mostri”, le “moderne Amazzoni”.  
Un po’ è stato fatto anche per rendere interessante ai più una guerra civile che dopo anni aveva assuefatto anche i più sensibili nonostante gli orrori e lo sterminio sistematico di civili inermi. Una donna in divisa, giovane, sorridente e con nei capelli non un velo islamico (che non fa tanto simpatia in occidente) ma un turbante colorato, ha appassionato anche chi non ha mai seguito il giornalismo di guerra. 

 

Quello che ci è sfuggito per colpa di questa fascinazione molto pubblicitaria e non di sostanza è stato che queste soldatesse non lottano solo per la loro nazione, non sono partigiane di un Paese da salvare dall’invasore, non aiutano i loro compagni di battaglia. Semmai il contrario. Hanno dei ruoli in prima linea, decidono le strategie di attacco e difesa e sono affiancate da una unità maschile tra le più femministe al mondo.

 

Loro lottano infatti soprattutto per i diritti civili, per la parità di genere, per degli ideali che pretendono una applicazione nella vita reale.
Una volta sconfitto l’Isis ora queste donne, insieme ai loro compagni dell’Ypg, devono affrontare i jihadisti di Erdogan. Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Ora vi è facile comprendere che non si tratta più di una guerra di confini ma di civiltà. Di concetto stesso di libertà, di dignità dell’essere umano e della mente e del corpo delle donne. Le ragazze del Yjp sono le femministe suffragette del ventunesimo secolo, niente salotti e lotta a colpi di hashtag ma fucile in mano. Danno la vita per una esistenza degna di essere vissuta, libera dalla schiavitù di una religione opprimente che concepisce il maschio come padrone della donna. 
Dobbiamo stare con loro. Dalla loro parte. Il loro femminismo è il nostro. Sostenerle anche economicamente, perché la loro vittoria al fronte, il loro sogno di un Kurdistan libero, è anche la nostra rivoluzione, da un maschilismo di cui neppure in Occidente siamo del tutto immuni. 
Erdogan vuole sterminare i curdi e le curde per i valori che questi portano con se. Nulla è più pericoloso di un’idea, nulla è più contagioso di una donna libera in una regione dove le donne valgono la metà degli uomini. Non si tratta solo di confini e di Kurdistan, ma di idee, di visioni opposte del mondo. 
fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2018/03/13/io-sto-con-le-combattenti-curde-che-resistono-ai-jihadisti-al-soldo-di-erdogan-2020947.html

…Ma tu guarda un po’ …Trovate (ancora una volta) armi della NATO e della Turchia nei depositi abbandonati dall’ISIS…!

 

armi

 

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…Ma tu guarda un po’ …Trovate (ancora una volta) armi della NATO e della Turchia nei depositi abbandonati dall’ISIS…!

 

I terroristi dell’ISIS (Daesh in arabo) in Siria combattono con le armi ricevute dalla Turchia e dalla NATO, questo lo dimostrano (fra l’altro) le armi confiscate a questa banda nel nord della Siria.
Nell’ambito delle grandi avanzate fatte dalle forze siriane e curde nella provincia Nord di Al-Raqqa, le Forze Democratiche della Siria (FDS), formazioni Curde, hanno potuto confiscare grandi quantità di armi dell’ISIS.

Secondo le immagini diffuse su questo sequestro, tutte le armi e le munizioni, confiscate nelle regioni attigue alla centrale idroelettrica della riferita città, risultano di fabbricazione turca e di proprietà della NATO.

Tra gli armamenti si evidenziano i missili anticarro M72 LAW, di uso abituale da parte dei terroristi dell’ISIS prodotti dalla ditta turca MKEK (sigla in turco del produttore).
Gli armamenti confiscati includono, tra gli altri, un mortaio da 120 mm. e la sua base, un Kalashnikov e quattro casse di proiettili, un lanciamissili multiplo Katyusha, due archi di mortaio e vari proiettili di mortaio, 100 componenti di mortaio e di obici , una rampa di mortaio da 82 mm., un sacco di proiettili BCK, due radio digitali Hytera, una cassa da 27 mm. DHSK, 20 cartucce da mortaio da 120 mm., 26 cartucce da mortaio da 60 mm. e un sacco di capsule da mortaio.

Allo stesso modo, le forze curde hanno potuto sequestrare veicoli blindati di fabbricazione USA come Humvee, un veicolo militare Reo e un camion pick -up di marca Ford, tutti inviati dal territorio turco.
Con riferimento ad equipaggiamenti accessori, aggiungono le fonti, sono stati confiscati una videocamera di marca Sony, un notebook portatile , un telefono ed alcuni documenti della banda terrorista.

Tutto l’equipaggiamento, secondo le fonti locali, risulta di fabbricazione turca o made in USA, e tutto con sigle identificative della NATO che si presume sia arrivato nelle mani dei terroristi attraverso la Turchia.

Con il fine di rovesciare il Governo del presidente siriano, Bashar al-Assad, controllare i movimenti dei curdi vicino le sue frontiere, e sotto il pretesto di combattere contro il terrorismo, la Turchia ha fatto l’impossibile per ravvivare le fiamme del conflitto nel paese arabo.
Rispetto a questo, la Turchia ha favorito, tra le altre misure , l’invio in Siria di elementi armati, mercenari jihadisti, terroristi, come nello stesso tempo ha fornito a queste bande armamenti ed aiuti di vario genere.

Nota:  Questo sequestro di armi trovate nei magazzini dei terroristi è soltanto uno dei tanti effettuati dalle forze curde, dall’Esercito siriano e da Hezbollah, in cui vengono sempre ritrovate armi di fabbricazione USA e con codici identificativi della NATO. Non rappresenta quindi una novità ma una ulteriore conferma che i terroristi dell’ISIS, nonostante le dichiarazioni ufficiali dei Governi, ricevono rifornimenti ed appoggio dalle potenze (USA, Arabia Saudita e Turchia) interessate a rovesciare il Governo di Damasco e smembrare il paese.

D’altra parte ci sono le dichiarazioni di alcuni degli stessi esponenti dell’establishment USA che confermano di questo appoggio fatto dai servizi di intelligence USA o direttamente dall’Esercito turco.

Il doppio gioco sul conflitto in Siria da parte di Washington ed Ankara continua, al di fuori delle apparenze. I gruppi terroristi islamici sono stati utilizzati, con tutta evidenza, per destabilizzare la Siria e favorire gli interessi delle grandi potenze. Questo dovrebbe far aprire gli occhi a coloro che che hanno creduto a tutte le falsificazioni della propaganda occidentale su questo conflitto che dura da oltre sei anni.

Fonte: Hispan Tv

Cosa aspetta Alfano a convocare l’Ambasciatore turco? Qualcuno gli ricordi che è LUI (purtroppo) il nostro Ministro degli Esteri! E se nessuno lo ha avvisato, ditegli che Gabriele Del Grande è CITTADINO ITALIANO ed è tenuto prigioniero!

 

Alfano

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Cosa aspetta Alfano a convocare l’Ambasciatore turco? Qualcuno gli ricordi che è LUI (purtroppo) il nostro Ministro degli Esteri! E se nessuno lo ha avvisato, ditegli che Gabriele Del Grande è CITTADINO ITALIANO ed è tenuto prigioniero!

 

Cosa aspetta Alfano a convocare l’Ambasciatore turco? #IoStoConGabriele

Gabriele Del Grande è in carcere in Turchia da 10 giorni. Non ha commesso nessun reato e nessun reato gli è contestato. Quando è stato fermato stava solo facendo il suo mestiere di documentarista e giornalista. Gabriele oggi ha iniziato lo sciopero della fame contro la sua ingiusta detenzione. Il Ministro degli Esteri Angelino Alfano cosa aspetta? Il MoVimento 5 Stelle chiede che sia convocato immediatamente l’Ambasciatore turco in Italia e che il Governo pretenda il rilascio immediato di Gabriele.

La ‘sinistra frou frou’ oggi si indigna e chiede la liberazione di Gabriele. Dov’era quando al Parlamento europeo denunciavamo le restrizioni delle libertà civili e la sistematica repressione messa in atto da Erdogan? Dov’era mentre Renzi metteva le mani nel portafoglio degli italiani per finanziare Erdogan tramite il vergognoso accordo sui migranti? Dov’era mentre noi chiedevamo con forza la sospensione formale dei negoziati e il blocco dei fondi europei di preadesione alla Turchia? In meno di venti anni, da quando Erdogan è salito al potere (diventa primo ministro nel 2003) fino al 2020, l’Europa ha già trasferito o promesso di stanziare alla Turchia 36,6 miliardi di euro. L’Italia dovrà sborsare 224,9 milioni solo per il barbaro accordosui migranti. Ma questo non basta: se Erdogan non otterrà anche l’esenzione dei visti per i cittadini turchi prevista da questo patto illegale (nonostante per anni la Turchia sia stata palesemente l’autostrada per decine di migliaia di jihadisti), minaccia apertamente di utilizzare di nuovo i flussi migratori per imporre la sua volontà a quest’Europa debole e codarda.

Il MoVimento 5 Stelle non cede ai ricatti: noi stiamo con Gabriele e con la sua denuncia dell’ipocrisia europea sull’immigrazione. Il suo documentario ‘Io sto con la sposa’ dovrebbe essere trasmesso in ogni scuola, così da far capire a tutti le tremende conseguenze del Regolamento di Dublino e dell’accordo sui migranti con la Turchia, e nei titoli di coda dovrebbe essere aggiunto un video con le scuse di tutti quei politici che hanno siglato questi vergognosi accordi.

tratto da: http://www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo/2017/04/cosa-aspetta-alfano.html