La strana informazione in Italia, serva del capitalismo liberista – Grande risalto mediatico della manifestazione pro-TAV, ma assoluto silenzio sulla manifestazione contro le trivelle di Licata …mica i giornalisti possono deludere i loro padroni politico-capitalisti

 

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La strana informazione in Italia, serva del capitalismo liberista – Grande risalto mediatico della manifestazione pro-TAV, ma assoluto silenzio sulla manifestazione contro le trivelle di Licata …mica i giornalisti possono deludere i loro padroni politico-capitalisti

Da I Nuovi Vespri:

Grande risalto mediatico ai sì TAV, silenzio sulla manifestazione contro le trivelle di Licata

Non è una novità: siamo ormai abituati a un’informazione che utilizza due pesi e due misure. Ma questa volta – sulla TAV in Piemonte e sulle trivelle in Sicilia – il capitalismo liberista potrebbe prendere una bella ‘legnata’. Fateci caso: sull’Alta velocità ferroviaria la Lega di Salvini è schierata con il PD e con l’Unione europea liberista. Eh sì, questa volta Salvini è costretto a gettare la maschera… 

Da siciliani, non possiamo non segnalare i due pesi e le due misure che la cosiddetta ‘Grande informazione’ italiana ha riservato e continua a riservare a due fatti di cronaca legati all’economia. Grande attenzione di quotidiani nazionali e tv alla manifestazione dei sì TAV a Torino e – a parte qualche articolo  e qualche servizio televisivo da parte dell’informazione locale – assenza di interesse mediatico per la manifestazione di Licata contro le trivelle che rischiano di distruggere il Canale di Sicilia.

Due pesi e due misure che dimostrano che in Italia il paradigma capitalista-liberista – nonostante la legnata elettorale presa dal PD e da Forza Italia (i due partiti politici tradizionali italiani espressione nel nostro Paese del liberismo) alle elezioni del marzo 2017 – non è cambiato: grande spazio a chi difende le ragioni del capitalismo liberista e silenzio stampa su chi mette in discussione gli affari dello stesso capitalismo liberista. 

A Torino la gente in piazza difende l’Alta velocità ferroviaria che piace tanto al capitalismo liberista: quindi grande spazio sui grandi mezzi d’informazione; in Sicilia, a Licata, la gente in piazza difende il mare, ma mette in discussione i petrolieri che vanno a caccia di idrocarburi fregandosene degli equilibri ecologici: e siccome i petrolieri sono espressione del capitalismo liberista, la notizia va tenuta ‘bassa’: e infatti non se ne trova traccia né nei grandi giornali, né nella Tv.

Ed è proprio questo disinvolto modo di affrontare un argomento e di ignorarne un altro che ci dice che la via da seguire è questa.

Non bisogna lasciarsi impressionare dalle 25 mila persone presenti alla manifestazione di Torino (questo il numero fornito dalla Questura di Torino), perché alla manifestazione per il no alla TAV le persone in piazza erano molte di più.

Dalle analisi economiche – ancora parziali ma già significative – emerge che la TAV – oltre che distruttiva per l’ambiente – non serve ai cittadini, ma alle imprese che la debbono realizzare: è la stessa logica degli appalti ferroviari di Palermo: non servono ai cittadini, ma alle imprese che li stanno realizzando.

Non sapendo cosa inventarsi per non bloccare la TAV, i gruppi economici liberisti e i partiti che li rappresentano – il PD che in Piemonte ha il volto di Sergio Chiamparino e la Lega di Salvini che i liberisti hanno già scelto al posto di Renzi ormai fuori gioco nel Partito Democratico – si stanno inventando il referendum: ed è probabile che il referendum si faccia, sostenuto dalla Lega, che in Piemonte sta gettando la maschera per presentarsi per quello che è: il partito che porta avanti le scelte politiche liberiste già portate avanti disastrosamente dal PD di Renzi.

Non è un caso, insomma, se in Piemonte il PD di Chiamparino e la Lega di Salvini si trovano insieme a difendere la TAV: la dimostrazione che, sui grandi affari del capitalismo liberista, PD e Lega sono la stessa cosa.

Quanto al referendum, se vincerà il sì alla TAV, i grillini ne usciranno comunque bene, perché saranno i soli a difendere le ragioni dell’ambiente. Se invece dovessero vincere i no, Salvini e Chiamparino dovranno andare a nascondersi per il resto dei loro giorni.

In questo scenario, insomma, fa benissimo il Movimento 5 Stelle a tenere la linea anti-TAV: non solo perché è giusto difendere l’ambiente dagli affaristi, ma anche perché, così facendo, i grillini ‘schiacciano’ i leghisti sul PD e dimostrano all’elettorato del Nord che vuole cambiare che la Lega di Salvini, sull’Alta velocità ferroviaria, non è altro che la ‘mosca cocchiera’ del peggiore liberismo economico che ha messo in ginocchio l’Europa.

E Licata? La battaglia sulle trivelle, in Sicilia, è ancora lunga. Ma come abbiamo scritto stamattina è una battaglia che si può vincere. Perché se in Piemonte la politica deciderà di dare la parola ai cittadini piemontesi sulla TAV  con un referendum popolare, in Sicilia, per le Trivelle che rischiano di distruggere il mostro mare, saranno i cittadini siciliani a decidere.

Insomma, Ministro Salvini, se il referendum arriva, arriva per tutti!

 

Manifestazione anti-trivelle a Licata: il ‘No” arriva dai cittadini, non dalla politica

La grande manifestazione di Licata contro le trivelle suona come una lezione di vita politica per il Movimento 5 Stelle. La contestazione al parlamentare nazionale grillino, Michele Sodano, ci dice che la scusa che “i permessi li ha firmati il Governo Renzi” non funziona. Ci sono cose che i Ministri grillini possono bloccare, anche – anzi soprattutto – andando allo scontro con le burocrazie ministeriali. Referendum per le trivelle di Licata e Gela

La manifestazione anti-trivelle di Licata segna un punto importante in favore del movimento di cittadini che si batte per la tutela del mare. E diciamo subito che, nonostante la presenza dei soliti ‘sciacalli’ della vecchia politica, la protesta contro chi sta ‘spirtusando’ il mare in cerca di idrocarburi nasce dal cuore della società civile della nostra Isola, non certo dalla politica.

Visto che oggi certi politici fanno finta di non ricordare e si auto-proclamano difensori dell’ambiente ricordiamo qual è la situazione in Italia. E, soprattutto, chi ha autorizzato i permessi di ricerca e di coltivazioni di idrocarburi nel nostro Paesi, in terra e in mare. La situazione la potete osservare nella foto sotto

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a destra. Come potete vedere, in un Paese che dovrebbe puntare sull’energia solare e sull’energia eolica ci sono invece pozzi di petrolio a terra già operanti, pozzi di petrolio a terra in attesa di permessi, piattaforme in mare già operanti e piattaforme in mare in attesa di permesso nel mare Adriatico, nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia.

A questi si sommano i permessi di ricerca. E su questo fronte – la concessione di nuovi permessi di ricerca con tecniche che provocano danni all’ecosistema marino – spicca il Governo nazionale di Matteo Renzi. Il PD è il partito che ha le maggiori responsabilità sul fronte delle trivelle. E’ stato questo partito, nel 2016, a guidare il fronte dell’astensione per far fallire il referendum sulle trivelle.

Ricordiamo che il referendum per bloccare le trivelle in mare, nella primavera del 2016, è fallito per il mancato raggiungimento del quorum. Ma i cittadini che sono andati a votare, hanno votato quasi tutti no alle trivelle. A far fallire il referendum – questo dobbiamo dirlo per onestà di cronaca – non è stato solo il PD, ma anche altre forze politiche: per esempio, il centrodestra.

In Sicilia – sempre per citare un esempio concreto – l’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) – non si è impegnata per il referendum anti-trivelle. Qualche sindaco sindaco, nei mesi precedenti il referendum del 2016, ha partecipato a qualche manifestazione.

Ma alla grande manifestazione del 30 marzo 2016 in favore del referendum anti-trivelle – e noi c’eravamo – non c’era un solo gonfalone comunale: i sindaci siciliani di centrosinistra e di centrodestra non hanno partecipato al corteo che sfilò per le vie di Palermo. Questi sono i fatti.

Non ricordiamo, sempre per citare un altro esempio, di aver visto accanto ai No Triv l’onorevole Carmelo Pullara, che oggi si accredita come No Triv. Se oggi la pensa così non possiamo che essere felici, ma nella primavera del 2016 né lui, né il suo partito – i ‘presunti autonomisti’ dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, erano tra i No Triv.

Anzi, se proprio vogliamo essere precisi, ricordiamo che è stato proprio il Governo regionale Lombardo a firmare l’autorizzazione per la realizzazione del rigassificatore a Porto Empedocle: opera folle, per fortuna oggi bloccata, ma che è stata autorizzata da un Governo regionale del quale assessore era Gaetano Armao, oggi vice presidente della Regione e assessore all’Economia: vice presidente e assessore dell’attuale Governo Musumeci che, non a caso, si guarda bene dal dire no alle trivelle.

I grillini, infine. E’ stata la base di questo Movimento a sollevare il problema, perché i grillini oggi al Governo dell’Italia se è vero che non hanno autorizzato nuovi permessi di ricerca di idrocarburi – come ha detto il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa – è anche vero che non hanno bloccato le autorizzazioni firmate dal Governo Renzi.

Su questo punto va detta una verità. E’ vero che il Ministro Costa ha trovato tante, troppo autorizzazioni firmate dai Governi a guida PD. Ma i grillini oggi al Governo dell’Italia si debbono convincere che mediare con il vecchio sistema è una scelta politica perdente, perché li allontana dai territori che fino ad oggi li hanno sostenuti ed eletti.

Noi sappiamo benissimo che i burocrati del Ministeri – tutti esponenti del vecchio sistema politico – terrorizzano i Ministri grillini dicendogli un giorno sì e l’altro pure:

“Questo non si può toccare, perché sennò succedono cataclismi economici e finanziari, questa autorizzazione ormai è firmata e non si può tornare indietro, quest’opera ormai è iniziata e non si può bloccare” eccetera eccetera.

Detto questo, se i Ministri grillini – come hanno fatto con le trivelle – non andranno allo scontro su tutto, mettendosi contro gli alti burocrati dei Ministeri, a cominciare dal Ministero dell’Economia e dal Ministero dell’Ambiente, sono destinati a perdere il contatto con la società civile.

L’esempio l’hanno avuto a Licata, dove nel corso della manifestazione No Triv – peraltro molto partecipata dai cittadini – il parlamentare nazionale del Movimento 5 Stelle, Michele Sodano, è stato duramente contestato. E la contestazione – così ci hanno raccontato – si è alzata di tono quando Sodano ha provato a giustificarsi e a giustificare i tentennamenti dell’attuale Governo nazionale sulle trivelle, dicendo che si tratta di permessi firmati dal Governo Renzi.

Il grillini al Governo, sulle trivelle, sono stati contestati due volte. Quando il Ministro dell’Ambiente, Costa, ha tentennato un po’ e durante la manifestazione di Licata. E che le contestazione siano state giuste l’ha dimostrato lo stesso Ministro Costa, che all’inizio, come già ricordato, ha tentennato un po’, probabilmente tirato per la giacca dai burocrati ministeriali, e poi, quando è esplosa la contestazione della base, ha corretto il tiro, cominciano a bloccare quello che poteva bloccare.

Ribadiamo: i grillini che oggi governano si debbono mettere in testa che devono andare allo scontro con le burocrazie ministeriali, anche a costo di sostituire una parte di questo personale, come del resto, se non ricordiamo male, ha ipotizzato lo stesso vice premier, Luigi Di Maio.

Quanto alle trivelle che scorrazzano nel mare che si distende tra Licata e Gela, va detto che la battaglia ancora non è vinta. E un modo per vincerla c’è. Il leader della Lega, Matteo Salvini – che si spaccia per nuovo, ma che in realtà è legato a doppio filo ai poteri forti che prima hanno sostenuto Renzi e che oggi hanno scelto lui per continuare a tartassare l’Italia con le scelte economiche liberiste – per salvare la TAV ha proposto il referendum locale.

Bene. Se per la TAV i leghisti propongono un referendum, anche per le trivelle di Licata e Gela – e, in generale, per tutte le trivelle che imperversano nel Canale di Sicilia, nello Ionio e nell’Adriatico, si può utilizzare lo stesso metodo: referendum locali.

Democrazia diretta: lasciamo decidere ai cittadini cosa fare del proprio mare. Non siamo mai d’accorto con la Lega, ma stavolta Salvini ci ha convinti.

Fonti:

http://www.inuovivespri.it/2019/01/13/grande-risalto-mediatico-ai-si-tav-silenzio-sulla-manifestazione-contro-le-trivelle-di-licata/?fbclid=IwAR0-z6ydp2C_dAprKqbf8zauHvUQ6NjOfSsdkwqsGrdVzN8ZKiG9rFwrEw0#FjdxbhLKMTfmJhCS.99

http://www.inuovivespri.it/2019/01/13/manifestazione-anti-trivelle-a-licata-il-no-arriva-dai-cittadini-non-dalla-politica-mattinale-251/?fbclid=IwAR0qTxs-emPyyl3cktCKe6BmDhgYarXBTtRFOw63PhgYQnhnZCa4h26GJWg

Trivelle, la Consulta fa CIAONE a RENZI – annullato il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

 

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Trivelle, la Consulta fa CIAONE a RENZI – annullato il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

Un’altra notizia che i Tg hanno “dimenticato” di darvi… La Corte Costituzionale blocca le trivelle di Renzi – Ve lo ricordate il famoso “Ciaone”…? Restituito con gli interessi!

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Trivelle, la Consulta annulla il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

La sentenza accoglie così un ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Abruzzo e rappresenta la seconda vittoria nel giro di poche settimane da parte degli enti locali, dopo un altro verdetto, pubblicato nei giorni scorsi, con il quale sono stati dichiarati illegittimi due commi dell’articolo 38 dello ‘Sblocca Italia’. Il risultato è che si potrebbe arrivare alla paralisi delle trivellazioni, anche oltre le 12 miglia

La Corte Costituzionale ha annullato il ‘decreto Trivelle’ del 2015, che regolava il rilascio dei titoli oil&gas, perché adottato senza intesa con le Regioni. La sentenza accoglie così un ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Abruzzo e rappresenta la seconda vittoria nel giro di poche settimane da parte degli enti locali, dopo un altro verdetto, pubblicato nei giorni scorsi, con il quale sono stati dichiarati illegittimi due commi dell’articolo 38 dello ‘Sblocca Italia’. Il risultato è che si potrebbe arrivare alla paralisi delle trivellazioni, anche oltre le 12 miglia (autorizzate lo scorso aprile, ndr). “Ora procederemo ad impugnare il decreto Trivelle del 2016 (pubblicato nel 2017), interamente sostitutivo di quello del 2015 è anch’esso adottato senza intesa alcuna” ha scritto sul suo profilo Facebook il sottosegretario alla presidenza della Regione Abruzzo Mario Mazzocca, secondo cui “tale situazione dovrebbe determinare una sorta di moratoria per le richieste di nuovi permessi e concessioni, almeno fino a quando i contenuti del decreto non siano concertati tra lo Stato e le Regioni”. Mazzocca ha anche ricordato che la Regione ha predisposto e notificato il ricorso al Capo dello Stato contro il decreto trivelle (disciplinare tipo), molto prima della scadenza dei termini di legge, fissati al 1 agosto. “Ricorso che – ha annunciato – nei prossimi giorni verrà opportunamente integrato con le risultanze e i contenuti dei due recenti pronunciamenti della suprema Corte”.

LA SENTENZA PRECEDENTE – Il riferimento è alla sentenza 170, pubblicata il 12 luglio scorso, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi il comma 7 e il comma 10 dell’articolo 38 del Decreto legge 133, lo ‘Sblocca Italia’ tanto caro all’ex premier Matteo Renzi. Un verdetto che ha dato ragione alle Regioni che avevano presentato ricorso (Abruzzo, Veneto, Puglia, Marche e Lombardia) sulla spinta della mobilitazione di numerosi comitati e associazioni. Il comma 7 riguardava le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e le modalità di esercizio delle attività in tema di idrocarburi, previste dal Disciplinare-tipo del 24 marzo 2015 che rientrano dunque sulla materia di competenza concorrente. Il comma 10 consente al Mise di autorizzare progetti sperimentali di ricerca e coltivazioneper un periodo fino a cinque anni entro le 12 miglia, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e dopo aver acquisito il parere, non vincolante, delle Regioni. La Consulta invece ha stabilito che, trattandosi di materia concorrente, non è competenza esclusiva dello Stato, senza alcun coinvolgimento delle Regioni, emanare il “Disciplinare  tipo per il  rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale” contenuto nel decreto del Mise datato 7 dicembre 2016.

LA VITTORIA DELL’ABRUZZO – Con la sentenza 198/2017 la Consulta ha nuovamente dato ragione alla Regione Abruzzo, dichiarando che “non spettava allo Stato e per esso al Ministro dello Sviluppo Economico adottare il decreto del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) senza adeguato coinvolgimento delle Regioni”. In altre parole: addio al decreto ministeriale che attuava lo ‘Sblocca Italia’. L’Abruzzo è stata l’unica regione d’Italia a presentare il ricorso contro il decreto Trivelle 2015. “Lo strumento da mettere in campo entro il 1 agosto – ha dichiarato il costituzionalista Enzo Di Salvatore – è un ultimo ricorso straordinario dinanzi al Capo dello Stato.L’Abruzzo lo ha già inoltrato. Siamo ad una svolta epocale perché questa sentenza dimostra che la normativa di dettaglio dev’essere concordata all’interno della Conferenza Stato-Regioni, senza scorciatoie e rafforza il risultato del referendum del 4 dicembre perché ristabilisce la competenza concorrente in materia energetica”.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/22/trivelle-la-consulta-annulla-il-decreto-del-2015-adottato-senza-intesa-con-le-regioni/3747293/

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