Coronavirus – Ma dove cazzo sta la sanità privata? Tutti gli anni regaliamo miliardi ai privati, ma quando c’è l’emergenza il privato sparisce e il sistema pubblico è l’unico baluardo!

 

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Coronavirus – Ma dove cazzo sta la sanità privata? Tutti gli anni regaliamo miliardi ai privati, ma quando c’è l’emergenza il privato sparisce e il sistema pubblico è l’unico baluardo!

L’epidemia di coronavirus ha tra i suoi effetti collaterali quello di consentirci alcune valutazioni a caldo sulle politiche in materia di Sanità nel nostro Paese e sulla sua capacità di fronteggiare un’emergenza.

A oggi il propagarsi del virus sembra circoscriversi a due consistenti focolai in Lombardia e Veneto e altri sporadici casi nel resto d’Italia e questo probabilmente limiterà le problematiche di gestione in caso di una, speriamo ipotetica, impennata dei contagi.
Nelle strutture sanitarie mancano, come da segnalazioni che arrivano da più regioni, attrezzature quali respiratori e biocontenitori, ma anche semplici Dispositivi di Protezione Individuali quali le mascherine.

Mancano i posti letto e quindi vengono cercate soluzioni estemporanee quali alberghi e strutture militari in via di dismissione. Si fa sentire con violenza la mancanza di personale. L’unico vero baluardo è rappresentato da medici, infermieri e tecnici sanitari che, con turni di lavoro estenuanti, stanno garantendo la tenuta del sistema e la corretta assistenza alla cittadinanza.

Risulta ogni giorno più chiaro come tutto quello che in dieci anni è stato sottratto al Servizio Sanitario Nazionale in termini di riduzione del finanziamento, riduzione di personale e di servizi, riduzione dei posti letto e conseguente congestione e affollamento dei Pronto soccorso, chiusure di ospedali, abbia ridotto la sanità pubblica in condizioni tali da dubitare della tenuta del sistema.

Il tutto a favore di una sanità privata che in un contesto come l’attuale, mostra la sua inutilità per la collettività.

Infatti, giustamente, non è a ai privati che viene chiesto di fronteggiare l’emergenza, ma è proprio alla bistrattata Sanità Pubblica, quella delle liste di attesa infinite, quella dei “fannulloni”, quella che “privato è meglio”. È quando il gioco si fa duro che vengono rivalutate e si iniziano a reclamare la perfetta funzionalità e la prontezza nella risposta, sono giustamente richiesti percorsi ospedalieri che garantiscano il contenimento del virus, si pretendono efficienza ed efficacia da infermieri, medici e operatori sanitari, stremati da anni di ritmi di lavoro insostenibili, si reclama che laboratori di analisi e radiologia ridotti al lumicino, sia in termini di attrezzature che di personale, effettuino test e esami a tappeto su intere comunità.

Lombardia e Veneto, le regioni più colpite finora, sono l’emblema di come, nonostante la massiccia distrazione di risorse a favore della sanità privata convenzionata, quest’ultima, governata esclusivamente dalla logica del profitto, risulti essere completamente estranea al concetto di tutela collettiva della salute e non vi partecipi in maniera alcuna.

E risulta ogni giorno più chiaro anche il fallimento delle politiche di regionalizzazione della sanità, con le Regioni che finora hanno affrontato in ordine sparso l’emergenza emettendo ordinanze spesso in contrasto fra di loro e, spesso, volte esclusivamente a cercare facile consenso fra la cittadinanza.

Ci auguriamo che il Paese esca al più presto dall’epidemia, ma auspichiamo altrettanto che si apra una riflessione seria sullo stato del SSN e sugli effetti nefasti della regionalizzazione, che rischiano, con il progetto di autonomia differenziata, del quale proprio Lombardia e Veneto sono i capofila, di essere amplificati.

È tempo, invece, che il Servizio Sanitario Nazionale torni a essere competenza esclusiva dello Stato, unico in grado di gestire emergenze di carattere nazionale come questa, unico ad avere come riferimento prioritario la salute dei cittadini.

 

tratto da: http://contropiano.org/news/politica-news/2020/02/27/il-coronavirus-dimostra-linutilita-della-sanita-privata-usb-il-sistema-sanitario-pubblico-e-lunico-baluardo-0124509?fbclid=IwAR21D92MDWjBC7B5tIpshUIaKfp_pZxqdbgYyL44hgolV7wl4wxzY-VJ0Xw

I fantastici risultati di 4 anni da Ministero della Lorenzin: dodici milioni di italiani fuori dalla sanità pubblica italiana e boom della sanità privata!

 

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I fantastici risultati di 4 anni da Ministero della Lorenzin: dodici milioni di italiani fuori dalla sanità pubblica italiana e boom della sanità privata!

 

I RISULTATI DEL MINISTERO LORENZIN DOPO 4 ANNI: DODICI MILIONI DI ITALIANI FUORI DALLA SANITÀ PUBBLICA ITALIANA E BOOM DELLA SANITÀ PRIVATA

In pratica un italiano su quattro in età adulta. Dall’altro lato lo stato sempre più fatiscente della sanità pubblica italiana costringe chi se lo può permettere a spendere sempre di più nella sanità privata: lo scorso anno la spesa ha raggiunto i 37,3 miliardi di euro.

Abbiamo già denunciato su queste pagine delle situazioni-limite oramai insostenibili, dove dopo le parole di qualche politico non è avvenuto nulla di concreto. Si continua a brancolare nel buio e gli stanziamenti per il personale e le strutture sono state minime , avendo avuto il ruolo del padrone gli acquisti di vaccini e farmaci. Ma si può continuare così?

L’Italia continua ad avere una spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil inferiore a quella di altri grandi Paesi europei. Nel nostro Paese è pari al 6,8 per cento del Prodotto interno lordo, in Francia all’8,6 per cento, in Germania al 9 per cento. Per il Censis, in questi anni il recupero di sostenibilità dei servizi sanitari regionali non è stato indolore. Anzi, è costato migliaia di posti di lavoro per mancato turn over fra medici e infermieri e tanta qualità sul lato dell’offerta.

L’ottavo «Rapporto Rbm-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata», presentato in occasione del Welfare Day 2017 con il patrocinio – che suona quasi beffardo – del ministero della Salute non lascia adito a dubbi. Alla vigilia del quarantennale della istituzione del Servizio sanitario nazionale – legge 833 del 1978 – lo stato di salute della sanità pubblica è pre-fallimentare: ci sono 20 servizi sanitari regionali diversi ma pochissimi sono all’altezza.

Le difficoltà di accesso al sistema pubblico sono infatti aumentate. Le liste d’attesa per la sanità pubblica italiana sono sempre più lunghe.

I dati indicano che per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva in media a 142 giorni. Per una colonscopia si aspettano mediamente 93 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono ben 109.

Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Sud ne sono necessari 111 giorni. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma si sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.

In questo contesto decadente il mercato della sanità diventa fiorente e sfrutta le mancanze della sanità pubblica italiana tramite lo strumento degli «accreditamenti» che, specie al Sud, lasciano spalancata la porta alle irregolarità e alla malavita che controlla e gestisce migliaia di strutture, come accertato dalla commissione parlamentare Antimafia presieduta proprio dall’ex ministro della Sanità – e autrice dell’ultima riforma che cercava di mettere al centro il sistema pubblico – Rosi Bindi.

Il Censis e Rbm stimano in oltre 15 miliardi le risorse spese ogni anno verso la sanità integrativa. Un mercato che ora sfrutta anche le defiscalizzazioni che imprese e lavoratori possono utilizzare per il welfare aziendale.

via RadicalBio