Signore e Signori, ecco il Pd di Matteo Renzi: loro si tengono i vitalizi, ma a voi che siete solo delle merdacce vi innalzano l’età pensionabile…!

Matteo Renzi

 

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Signore e Signori, ecco il Pd di Matteo Renzi: loro si tengono i vitalizi, ma a voi che siete solo delle merdacce vi innalzano l’età pensionabile…!

 

Il Pd si tiene i vitalizi (e vogliono innalzare l’età pensionabile)

Il Pd vuole mantenere il privilegio dei vitalizi. Renzi, che aveva detto di volerli tagliare, si è dimostrato per l’ennesima volta un mentitore seriale. Oggi, infatti, il Governo, in commissione Bilancio alla Camera, non ha presentato la relazione tecnica del Mef sul disegno di legge Richetti, atto senza il quale il testo dell’esponente dem rimarrà insabbiato in qualche cassetto della prima commissione. Questo documento, chiesto dal Pd per perdere tempo, non è arrivato in Parlamento e, di fatto, nessuno sa se mai arriverà, in quanto la Ragioneria generale dello Stato non ne sa nulla. Così l’iter della proposta sul taglio dei vitalizi viene affossato.

 

E pensare che il Movimento 5 Stelle aveva fatto di tutto per farlo approvare, rinunciando alla quota riservata all’opposizione, pur di farlo calendarizzare per il voto dell’Aula. E pensare che Padoan, sulla vicenda Consip, invece, è stato molto veloce nell’inviare una letterina al presidente del Senato, con allegata la relazione tecnica del Mef sui vertici Consip, nel tentativo di evitare la votazione a Palazzo Madama per salvare il ministro Lotti. E perché, allora, la relazione del Mef sui vitalizi si è stranamente persa per strada?

La verità è che Governo e Pd usano due pesi e due misure: quando si tratta di salvare gli amici degli amici, i potenti, o i componenti del giglio magico coinvolti in vicende giudiziarie inquietanti, si danno subito da fare e si inchinano alle richieste dei renziani. Quando, invece, si tratta di tagliare gli odiosi privilegi dei parlamentari, fanno orecchie da mercante e si esercitano in una vergognosa melina, pur di accaparrarsi il privilegio. Appena ci faranno tornare a votare, i cittadini spazzeranno via questa classe politica indegna che, sapendo di essere su una nave che sta affondando, cerca di afferrare tutto il denaro possibile.

Da beppegrillo.it

La schifosa TRUFFA di Equitalia (sì, quella che Renzi aveva abolito): si accanisce solo sui più poveri (piccole imprese o gente comune), ma davanti ai grandi evasori (quelli dei paradisi fiscali) perde tutta la sua cattiveria e diventa docile e ubbidiente come un cagnolino…!!!.

 

Equitalia

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La schifosa TRUFFA di Equitalia (sì, quella che Renzi aveva abolito): si accanisce solo sui più poveri (piccole imprese o gente comune), ma davanti ai grandi evasori (quelli dei paradisi fiscali) perde tutta la sua cattiveria e diventa docile e ubbidiente come un cagnolino…!!!

 

Scoperta la TRUFFA di Equitalia che si accanisce solo sui più poveri…

Quando si tratta di piccole imprese o di piccoli risparmiatori, Equitalia è molto inflessibile, subito parte coi pignoramenti, le cartelle esattoriali e tutto il resto.

Quando, invece, si tratta di dover colpire i grandi evasori, quelli che scappano nei paradisi fiscali, quelli che davvero arrecano un forte danno al nostro Stato, Equitalia perde tutta la sua cattiveria.

Infatti, Equitalia, degli oltre 850 milioni spariti nei paradisi fiscali è riuscita a recuperare solo 400.000 €! Oltre 170 milioni già sono stati dati per irrecuperabili!

Così, mentre in Italia Equitalia ha il pugno di ferro, con i grandi evasori che scappano all’estero, il pugno di Equitalia diventa di piuma. E così a rimetterci sono sempre e solo i più poveri!

A pagare sono quelli che per sviste o errori su cifre irrisorie, si ritrovano a pagare more di migliaia di euro, che il più delle volte non possono permettersi nemmeno di pagare. Molti decidono piuttosto di dichiarare fallimento.

Equitalia come sempre si dimostra di essere davvero inutile e, addirittura, dannosa.
Se anche tu sei stufo di tutto ciò, ti chiediamo di aiutarci a diffondere questa notizia che le TV non ti daranno: CONDIVIDI ARTICOLO SU FACEBOOK!

Fonte: Edizione odierna de “La Verità”, pagina 9

via AdessoBasta

Come prendere per i fondelli i terremotati – “Vi staremo vicini” dicevano Renzi, Mattarella & C. …e infatti per le strade c’è ancora il 92% delle macerie e sono state consegnate solo 300 delle 3.600 casette promesse… Però chi lo dice viene censurato…!!

 

terremotati

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Come prendere per i fondelli i terremotati – “Vi staremo vicini” dicevano Renzi, Mattarella & C. …e infatti per le strade c’è ancora il 92% delle macerie e sono state consegnate solo 300 delle 3.600 casette promesse… Però chi lo dice viene censurato…!!

In strada il 92% delle macerie e poche casette consegnate La ricostruzione nel caos.
ASASHA avevano detto che entro sette mesi avrebbe avuto una casetta di legno. Proprio lì a Visso, il suo paese distrutto. Era novembre. Sasha, oggi, vive ancora in una roulotte. A Marco, 11 anni, avevano detto che la sua classe sarebbe rimasta unita, che non avrebbe perso i compagni di scuola: a settembre, per il secondo anno di fila, ne conoscerà di nuovi sulla costa adriatica. A Enzo, allevatore di Castelsantangelo sul Nera, avevano detto che gli avrebbero portato una nuova stalla. Sta per iniziare la prima estate del dopo terremoto, e le sue bestie dormono in quel che rimane della vecchia.
Avevano promesso. Le istituzioni avevano promesso. Il governo Renzi prima, il governo Gentiloni poi, i governatori regionali. Tutti. Hanno fatto credere agli abitanti del cratere più vasto della storia del nostro Paese – 131 comuni in quattro Regioni – che “presto” sarebbero tornati a una vita, tutto sommato, accettabile. Che “presto” sarebbe finita. Dieci mesi dopo, invece, non è nemmeno cominciata: le macerie sono a terra, di casette ne sono arrivate pochissime, la ricostruzione è un miraggio.
Una volta c’era “il modello Bertolaso” che, in nome della rapidità, calpestava regole e aggirava i controlli: la somma urgenza invocata per qualsiasi cosa, i Grandi Eventi, le deroghe, le ordinanze di Protezione civile firmate direttamente dal Presidente del consiglio. E abbiamo visto con quale facilità si sono inseriti speculatori e corruttori all’Aquila, al G8 della Maddalena, ai mondiali di nuoto del 2009. Ora, in una sorta di contrappasso, siamo precipitati nel “modello Burocrazia”: il cavillo, la carta bollata, l’indecisione spaventata di chi negli enti pubblici pretende dieci autorizzazioni anche solo per puntellare un muro. «Non si può fare più in fretta», vanno dicendo a Roma i tecnici della Struttura di Missione della Presidenza del consiglio. «Le normative sono quello che sono e il cratere è troppo grande». Sventolano mappe, leggi, ordinanze. Fanno confronti. «Ci sono 208.000 abitazioni da verificare e non abbiamo ancora finito: dopo il terremoto dell’Aquila ne avevamo 75.000, in Emilia 42.000. Vi rendete conto?»
UNDICI PASSAGGI PER UN PREFABBRICATO
«Vi rendete conto?», si chiede il sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini. Per accedere alla zona rossa del suo paese deve attraversare una capanna accanto alla pasticceria vissana. «In sette mesi dovevano arrivare le casette di legno », mormora. «Mica me lo sto inventando, c’è scritto sul sito della Protezione Civile. Sapete quante ne abbiamo viste a Visso? Zero».
Sulle casette antisismiche le promesse si sono frantumate, fin da subito. «Entro Natale daremo le prime venti ad Amatrice», dichiarò il 23 settembre l’allora premier Renzi. Le famiglie amatriciane le hanno avute a marzo. Finora ne sono state ordinate 3.620 in 51 comuni del cratere. Consegnate? Appena l’8 per cento: 296 in tutto, e quelle effettivamente abitate (188) sono soltanto in due comuni, Amatrice e Norcia. Il “modello Burocrazia”.
Come un rosario, Pazzaglini sgrana la farraginosa procedura imparata a memoria. «Il sindaco deve stabilire quante casette servono, poi individua le aree dove metterle, poi la Protezione civile deve valutarle, poi interviene il genio civile regionale, poi si passa all’esproprio, poi la società incaricata disegna il layout, poi il layout deve essere autorizzato in municipio, poi torna in Regione, poi la Regione dà l’incarico per la progettazione, poi il progetto passa all’Erap (Ente per l’abitazione pubblica, ndr) di Pesaro e infine la gara la fa l’Erap di Macerata… ». Si contano almeno undici passaggi. E una selva di sigle, dentro cui si perde chi sta provando a rialzarsi dopo il sisma: Sae, Map, Dicomac, Aedes, Fast, Erap, Mude, Mapre, Cas. «A gennaio ho comunicato che mi servivano 225 casette: sei mesi sono passati e niente si muove».
NORME MODIFICATE TRE VOLTE AL MESE
Siamo ancora nella fase uno del post terremoto, quella dell’emergenza, sotto la responsabilità condivisa della Protezione Civile e dei governatori di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. Si muovono all’interno della cornice del decreto legge 189 del governo Renzi, già modificato tre volte: dal successivo decreto Gentiloni, dalla finanziaria e dalla recente “manovrina”. E si devono districare tra le 29 ordinanze firmate dal Commissario straordinario alla ricostruzione Vasco Errani, dieci delle quali intervenute a cambiare le precedenti. Come nel caso delle casette di legno, quando si sono accorti che l’iter era troppo lungo. «Con le norme che mutano due-tre volte al mese la ricostruzione non si farà mai», si lamenta Marco Rinaldi, ingegnere ed ex sindaco di Ussita, dimessosi dopo un avviso di garanzia ricevuto per un’indagine che non c’entra col terremoto. «A Roma devono capire che qui c’è stata la Seconda guerra mondiale».
Quest’ansia di non farcela è stata raccolta dall’Anci e dal suo presidente, Antonio Decaro, del Pd, che ha chiesto al premier Gentiloni un incontro urgente. «I ritardi accumulati sono troppi. Se neanche a settembre le casette dovessero essere pronte le famiglie saranno costrette a iscrivere i figli in scuole diverse e lontane per il secondo anno di fila. Così le comunità si perdono, non torneranno più».
SOLO L’8 PER CENTO DI DETRITI RACCOLTI
Come fanno a tornare, se per strada hanno i frantumi delle case crollate? Secondo una stima per difetto ci sono 2,3 milioni di tonnellate di macerie da rimuovere: da quel 24 agosto, quando il primo terremoto distrusse Amatrice e Accumoli, la macchina dell’emergenza è stata in grado di portarne via 176mila e 700, meno dell’8 per cento. Nel Lazio hanno cominciato a novembre: rimosse 98mila su un milione; in Umbria 3.700 su 100mila; in Abruzzo 10mila su 100mila. Nelle Marche sono partiti solo ad aprile. Ad oggi hanno raccolto appena 65mila tonnellate su un milione. Il 6,5 per cento del totale.
Nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli, le più colpite dalla scossa del 30 ottobre (6.5 gradi, la più forte degli ultimi 37 anni), si procede a passo di lumaca. Per dire: ci sono voluti cinque mesi e sette autorizzazioni perché la Conferenza dei servizi autorizzasse la ditta Htr a portare macerie nel sito di stoccaggio di Arquata. Htr vince l’appalto a novembre, i camion si sono mossi ad aprile. Accanto a questa lavorano due aziende pubbliche che si occupano di rifiuti: Cosmari nel Maceratese e Picenambiente nell’Ascolano. È una precisa scelta del governo, che ha equiparato le macerie a “rifiuti urbani non pericolosi”, dunque scommettendo sugli operatori che normalmente si occupano della spazzatura. Prezzo medio: 50 euro a tonnellata. Giuseppe Giampaoli, direttore della Cosmari, nonostante tutto è ottimista. «Entro il 2018 ce la faremo». Al momento nelle Marche viaggiano a un ritmo di 1.200 tonnellate al giorno: a spanne serviranno non meno di due anni e mezzo. «Ma a regime raggiungeremo le 2.000 tonnellate », promettono dalla Regione. «Il nostro territorio è a forte rischio idrogeologico, motivo per cui si è faticato a individuare aree idonee dove mettere casette e macerie».
CERCASI PERSONALE DISPERATAMENTE
Sono, e saranno, mesi di superlavoro. Per questo il decreto Renzi ha previsto una norma ad hoc per aiutare i municipi più piccoli: l’articolo 50 bis autorizza l’assunzione di 350 persone a tempo determinato, da dividere in quote fra le varie amministrazioni. Sembra facile, invece è complicato. Il decreto infatti impone di scegliere i nomi attingendo alle graduatorie pubbliche vigenti, seguendo la procedura ordinaria che tutela la trasparenza e che però, declinata nel cratere, si è rivelata un ostacolo. La spiega così Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice: «Mettiamo il caso che mi serva un geometra e che sia disponibile a venire qui uno che è classificato cinquantesimo nella graduatoria a Roma. Prima di prenderlo devo mandare un telegramma, a 6 euro l’uno, agli altri 49 e aspettare la loro risposta. Se qualcuno si oppone, si blocca tutto. Ancora: per ogni assunzione serve un Rup, responsabile unico del procedimento. Ma un funzionario comunale per essere Rup deve avere almeno dieci anni di anzianità. E dove li vado a trovare? In comune ho 14 posti scoperti che non riesco a riempire». Un’alternativa sarebbe pescare tra i 350 collaboratori assumibili durante l’emergenza, come previsto dal governo. Ma, fanno notare dall’Anci, si tratta di contratti co.co.pro che scadono il 31 dicembre e in pochi li hanno già firmati. «Non avranno neanche il tempo di realizzare dove si trovano».
A RISCHIO CINQUEMILA CONTRIBUTI
Fin qui la gestione dell’emergenza. Ma la fase due? La ricostruzione di prime e seconde case è diretta responsabilità del Commissario Errani. Con le macerie a terra e le zone rosse sigillate, è prematuro anche solo parlare della rinascita dei centri storici più devastati. Per i danni lievi, invece, il timore è che qualcuno possa perdere il treno dei contributi statali.
Per averli infatti bisogna presentare una domanda allegando lo stato dell’immobile (la famigerata scheda Aedes). I tecnici della Protezione civile hanno fatto 184.700 sopralluoghi su 208.000 case da verificare: ne mancano 23.000, di cui 19.200 nelle Marche. «Senza la scheda, niente contributi », spiega Paolo Vinti, presidente dell’Ordine degli architetti di Perugia. «Il tempo stringe perché il termine scade il 31 luglio 2017. Siamo stati fermi per nove mesi, a studiare ordinanze che cambiano di continuo. Solo a maggio siamo partiti coi rilievi per i progetti di ristrutturazione e i comuni non sono in grado di fornirci le relazioni geologiche. È impossibile farcela». Trentuno luglio 2017, manca un mese. «Quella è solo una data indicativa», sostengono i tecnici della Presidenza del consiglio. E però l’ordinanza 20 del 7 aprile recita: «Il mancato rispetto del termine determina l’inammissibilità della domanda ». Stando così le cose, una stima approssimativa dei sindaci calcola in cinquemila le pratiche a rischio esclusione. «Se sarà necessario, emetteremo un’altra ordinanza e adegueremo i termini », tagliano corto dal governo. Comunque sia, un pasticcio. Come quello di far pagare le imposte di successione sui ruderi ereditati, per cui Pirozzi minaccia di riconsegnare la fascia di sindaco se il governo, come però ha promesso ieri, non modificherà la legge.
ISTITUZIONI SENZA FIDUCIA
Nel cratere, è evidente, c’è bisogno di ricostruire anche la fiducia nelle istituzioni, e puntellare i palazzi non sarà sufficiente. Errani ci sta provando, con un pacchetto di norme all’avanguardia per disciplinare la ricostruzione. Ma quello è il domani.
Articolo intero su La Repubblica del 20/06/2017.

Promesse mancate, ricostruzione assente, indagini su casette e macerie: colpa di chi scrive la verità sul terremoto?

Hanno aperto la caccia all’uomo. Obiettivo: chi ancora scrive di terremoto, mostrando le cose per quelle che sono. Mostrando ritardi, inadempienze, promesse mancate e tutto quanto di assurdo e umiliante verso le popolazioni colpite dal terremoto stanno patendo, quando il calendario si avvicina velocemente alla ricorrenza del primo anno dal sisma.

Siamo partiti in pochi. Qualcuno si è accodato, poi ha mollato. Siamo rimasti in pochi. Anzi, siamo rimasti in due a raccontare la triste verità di una ricostruzione mai iniziata, della deportazione di un popolo, dello spopolamento attuato scientificamente nei piccoli Comuni dell’entroterra. Siamo rimasti noi e Luca Craia con il suo coraggioso blog L’ape ronza. Pochi altri, isolati casi, scevri da scelte redazionali di persone che vivono quotidianamente questo scempio e possono raccontarlo così com’è. Il resto è un assordante silenzio.

Così, viene messa in atto la strategia dello screditamento di chi prova ancora a scuotere le coscienze. Ultima tappa in ordine di tempo, la questione inequivocabile e indiscutibile dei braccialetti con i quali vengono contrassegnati i terremotati in un camping. “Notizie false”, “bufala”, “siti non attendibili” e giù a vomitare veleno (ovviamente, chi ha scritto determinate affermazioni in profili pubblici, ne risponderà nelle sedi competenti, ndr), cercando di screditare chi fa sapere alla gente come stanno le cose. Veramente. Senza servizi patinati che non fanno capire quello che realmente succede da queste parti. Se poi arriva anche La Repubblica a scrivere un articolo in cui si legge testualmente “Terremoto, la ricostruzione nel caos: in strada il 92 per cento delle macerie. Le promesse mancate: interventi in ritardo, poche casette consegnate. I sindaci: la burocrazia ci soffoca, così le comunità spariranno”, allora è facile comprendere che non ci si può più nascondere e che quello che diciamo da quasi un anno è tutto drammaticamente vero.

Oltre 3600 casette ordinate, meno di 300 quelle consegnate 188 delle quali quelle effettivamente abitate. Le stalle in inverno mai consegnate. Ricostruzione pesante che appare una irraggiungibile chimera. Ordinanze del commissario straordinario che si susseguono correggendo le precedenti e creando una confusione che rende impossibile anche solo pensare di poter iniziare i lavori. La perla della “dimenticanza” sul pagamento della successione sulle macerie. In tutto questo caos, dove i nostri anziani muoiono come mosche (sì, come dice la tizia che commenta da Luca Craia, non abbiamo dati ufficiali per poterlo dimostrare numeri alla mano, ma basta farsi un giro per i Comuni del terremoto e per quelli dove i terremotati sono stati trasferiti per averne compiuta certezza o farsi un giro sul sito dello Spi Cgil dell’Umbria), dove la gente si suicida per la disperazione, dove il consumo di ansiolitici ha raggiunto livelli impressionanti (numeri dei sanitari marchigiani, signora tizia, ndr), qual è la priorità del nostro Governo? Lo ius soli, lasciato marcire in Parlamento e improvvisamente rispolverato a quasi due anni dal primo via libera della Camera dell’ottobre 2015. Nessun giudizio di merito, ma solo di opportunità, visto che il diritto a risiedere nella terra dove sono nati, oggi in realtà lo stanno perdendo i terremotati.

Ma non basta. Sempre La Repubblica oggi ci fa sapere che “Cantone e l’Antimafia indagano sui subappalti per casette e macerie. Nel mirino la gara da un miliardo per moduli abitativi, bandita dalla Consip. Al lavoro anche le cinque procure del cratere”. In pratica, prima ancora che parta la ricostruzione, già ci sono casini. E pensare che il commissario Errani e il suo staff hanno studiato tutto un sistema di rimborso (quello che ancora non esiste, ndr) per evitare che il denaro passasse per le mani dei terremotati, come se di questa gente non ci si possa fidare. Ed ecco puntuale il karma. Scrive Repubblica “Era il 2014 quando la Consip, la centrale pubblica degli acquisti, bandì una maxi gara da 1,18 miliardi di euro e 18.000 moduli abitativi per conto della Protezione Civile. Ad agosto del 2015 hanno aperto le buste e in due lotti su tre si è classificato primo il Cns, il Consorzio che raggruppa più di 200 aziende nel settore dei servizi. Un mese fa i finanzieri del Nucleo speciale anticorruzione, su mandato di Cantone, hanno bussato alle porte delle sedi del Consorzio a Bologna e a Roma. Hanno preso contratti e documenti relativi a una fornitura pagata a due ditte di Terni, dall’importo tutto sommato modesto ma di cui non riescono a capire il senso.

La storia, assai intricata, è questa: dopo aver vinto la gara Consip, il Cns ha affidato a sette sue associate il compito di produrre materialmente le casette. Quelle ordinate dalla Regione Umbria erano sotto la responsabilità delle aziende Gesta e Kineo, le quali hanno comprato impianti e kit di montaggio da due imprese ternane, la Cosptecnoservice (che fa parte del Cns) e la Italstem. La questione si è ancor più complicata perché poi c’è un terzo soggetto, la Vipal, che sostiene di vantare un credito dalle da 2,8 milioni di euro per le casette. Quattro passaggi, da Cns a Vipal, che portano ad alcuni interrogativi: chi le ha fatte le casette a Norcia? Perché il colosso Cns ha avuto bisogno di cercare sul territorio professionalità e impianti?”. E ancora “Il sistema dei subappalti si percepisce bene sulla rimozione delle macerie. La cornice è il solito decreto legge 189 dell’ottobre scorso che stabilisce che siano le municipalizzate dei rifiuti a occuparsi della raccolta e del trasporto dei detriti, “direttamente o attraverso imprese di trasporto da essi incaricate”. Il subappalto, appunto. La norma è stata pensata per velocizzare i tempi, e per fare in modo che l’intera filiera sia protetta.
Il risultato, almeno per il momento, non è quello atteso: dopo quasi un anno dal primo terremoto del 24 agosto il 92 per cento delle macerie è ancora a terra. E problemi potrebbero aversi anche sul versante della trasparenza. Perché è vero che a lavorare con le macerie sono le municipalizzate ma è altrettanto vero che a guadagnare saranno decine di aziende private. E lo faranno senza troppi controlli. Ecco come Giuseppe Giampaoli, direttore della Cosmari, una delle tre società che le raccoglie nelle Marche, spiega la procedura: “È evidente che da soli non possiamo farcela quindi ci affidiamo ai subappalti. Sotto una certa cifra possiamo darli a trattativa privata ma cercheremo di fare gare di evidenza pubblica a cui inviteremo tutte le migliori aziende del settore. Le difficoltà maggiori le abbiamo con il sollevamento delle macerie perché i nostri mezzi ordinari non sono attrezzati”. Al momento, sul sito Internet, non risultano gare in corso. Le cifre non sono basse: il costo per lo smaltimento è di 50 euro a tonnellata a cui vanno aggiunti circa 12 euro per il trasporto. Il business del detrito gira dunque attorno ai 120 milioni di euro.
Parte di questo denaro sarà distribuito non tramite gara (come quella che si appresta a fare la regione Lazio per la macerie private) ma tramite subappalti. Un punto che non è sfuggito alle cinque procure del cratere (Rieti, Fermo, Macerata, Spoleto e Ascoli), che per questa materia sono coordinate dalla Direzione nazionale antimafia”. Un buon inizio, non c’è che dire.

Intanto, in questa provincia di Macerata dove si sono riscontrati il 70 per cento dei danni del terremoto, non si muove niente. Dice Remo Croci “Nulla è cambiato. Tutto è rimasto così nei paesi colpiti dal terremoto! Il 92% delle macerie ancora per strada. I tempi della burocrazia hanno paralizzato tutti i Comuni del Cratere Sismico. Tutte le promesse dei politici non sono state mantenute. Oggi nessuno di loro è più tornato in questi territori. Una vergogna di tutta la classe politica italiana”. A parte chi le promesse non le ha mai mantenute, da queste parti adesso arrivano tutti, persino i vacanzieri del fine settimana a farsi i selfie su un luogo di dolore come l’hotel crollato o la scuola distrutta. Ma delle promesse non mantenute non ne parliamo più. Cose italiane.

Provano a darci il contentino dei concerti in luoghi ancora preservati dalla devastazione umana, francamente poco proponibili e difficilmente accessibili, dove si riscontreranno inevitabilmente problemi di parcheggio e di logistica. A noi non basta, perchè non vorremmo che questi teatrini servano solo a dare una immagine diversa a chi, da mesi, non riesce – o non vuole? – a dare risposte. Allora riprendo le poche righe scritte da una terremotata che racchiudono quel (poco) che resta delle nostre speranze:

“Ho provato a spiegartelo, ma tu non vuoi capire..
Mi dici “va bene i motociclisti, i concerti, i calciatori famosi e gli altri personaggi della televisione che sono venuti… va bene tutto, ma io rivoglio solo la mia casa… la mia vita, i miei giorni e i miei ricordi… rivoglio i sacrifici di tutta una vita… miei e della mia famiglia… rivoglio quello che il terremoto mi ha tolto… del resto non mi importa… di quello che non avevo e che soprattutto non volevo, prima del terremoto, a me non importa nulla… ci stanno dando tutte cose che servono più a loro che a noi… tutto tranne quello che il terremoto ci ha tolto”.
E no. Proprio non vuoi capire! O forse ha capito”.

fonte: https://picchionews.it/cronaca/promesse-mancate-ricostruzione-assente-indagini-su-casette-e-macerie-colpa-di-chi-scrive-la-verita-sul-terremoto

Quando cominci a fare schifo anche a chi sta dalla tua parte qualche domanda dovresti fartela. Il direttore de l’Unità Staino “Renzi? Un mentitore seriale. Dà spazio solo a chi gli lecca il culo”

Staino

 

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Quando cominci a fare schifo anche a chi sta dalla tua parte qualche domanda dovresti fartela. Il direttore de l’Unità Staino “Renzi? Un mentitore seriale. Dà spazio solo a chi gli lecca il culo”

 

“RENZI? UN MENTITORE SERIALE. DÀ SPAZIO SOLO A CHI GLI LECCA IL CULO”
Durissimo j’accuse di Staino

“È IGNORANTE, IMPULSIVO, RANCOROSO, SENZA NESSUNA ESPERIENZA PROFONDA. PER UN ANNO HO PRESO INSULTI CON LA PALA. ORA BASTA” DICE STAINO INTERVISTATO DA LA VERITA’

Quello di Sergio Staino, direttore dell’Unità (che in questi giorni fallisce), non è un anatema, o uno strappo razionale ma un grido di dolore. Staino ha scritto ieri una feroce lettera aperta per denunciare il leader del Pd, e si racconta così: «Per un anno ho raccolto ovunque insulti con la pala: mi hanno dato del venduto, del mascalzone, del corrotto dell’ arricchito, dell’ infame per il mio essere renziano. Mi sono preso e mi prendo tutto, ma tuttavia non posso più tacere. Basta».

Caro Sergio, loro ti insultano però possono dirti: «ti avevamo avvertito».
«Lo so, ma cosa posso farci? Come tanti italiani mi sono fidato di quest’uomo, prima di scoprire come è fatto realmente, di che cosa è capace. Insultami pure tu».

Lo accusi di averti abbandonato. Ma questo è accaduto prima della crisi economica del giornale, perché?
«Non voglio credere di essere così importante da essere la causa di questa tragedia però…».

Cosa?
«Forse i Renziani pensavano tutti che io rimanessi come figurina Panini, a fare la bella statuina mentre loro cucinavano il giornale come gli pareva…».

Fammi un elenco di quel che non va.
«Ha delle doti indubbie, ma è ignorante dal punto di vista storico, è impulsivo, rancoroso, senza nessuna esperienza profonda, non conosce la politica, scappa quando dovrebbe esserci, ed è soprattutto bugiardo: dice consapevolmente delle menzogne».

Ma tu a dicembre facevi campagna per il Sì al referendum!
«E lo rifarei! Ero convinto di quella riforma, non del modo in cui lui l’ ha sostenuta».

Ti arrabbi solo ora, perché dici che ha mentito sull’ Unita?
«È la storia che conosco meglio. La bugia di un leader apre la porta all’affarismo e alla corruzione».

Solo perché ha detto che il giornale era stata «una operazione finanziaria»?
«Ma quella è una bestemmia contro la verità: mi convocò lui, a Palazzo Chigi».

E poi cosa disse?

«”Voglio che il direttore sia tu: sii libero, fai un bel giornale, suscita dibattito. Non mi fare un giornale sdraiato sul governo”. Mentiva».

Tu però in primavera gli hai dato del «cafone».

«Confermo: non rispondeva al telefono, si era impegnato a incontrare Pessina, li ha fatti aspettare per tre giorni invano a Milano senza nemmeno mandare un Sms».

Ma tu non lo hai tradito nella linea che hai seguito?
«Ho dato voce a tutti, da Cicchitto a Moni Ovadia. L’ ho difeso quando ne ero convinto.
Non posso fare il servo».

Ti penti di aver attaccato la Cgil per compiacerlo?
«Ho attaccato la Cgil perché ero convinto che sia un sindacato retrogrado e oscurantista. Ne resto convinto. È una forza di Renzi averli contro».

 

fonte: http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/renzi-un-mentitore-seriale-da-spazio-solo-a-chi-gli-lecca-il-culo-485544.html?refresh_ce

Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. Invece l’indagato Lotti resta al suo posto… Ora però non cominciate a pensare a male. Che ci azzecca se è del Pd ed amico di Renzi…?!?

Consip

 

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Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. Invece l’indagato Lotti resta al suo posto… Ora però non cominciate a pensare a male. Che ci azzecca se è del Pd ed amico di Renzi…?!?

 

Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. L’indagato Lotti resta al suo posto

Prima del dibattito in aula (imbarazzante per Pd e governo) della mozione per chiedere l’azzeramento dei vertici, il presidente e una consigliera lasciano. Così l’accusatore non indagato salta e il ministro resta

“Hanno deciso di farmi fuori. Io che in questa vicenda sono l’unico non indagato”. Luigi Marroni l’aveva capito venerdì, alla presentazione della mozione Pd che chiedeva l’azzeramento dei vertici Consip, ma forse non pensava che la questione si sarebbe risolta automaticamente nel giro di 24 ore. Si sono dimessi i consiglieri del Tesoro nel consiglio di amministrazione: il presidente Luigi Ferrara e la consigliera Marialaura Ferrigno. Di conseguenza, essendo formato da tre componenti (l’altro è appunto l’ad) decade l’intero board della società controllata dal Mef al centro dello scandalo che vede indagato, tra gli altri, il ministro dello Sport Luca Lotti. Marroni, accerchiato dai partiti e annientato dai colleghi, resta in carica con il solo compito di convocare, entro otto giorni, l’assemblea dei soci che dovrà nominare il nuovo cda. E’ dunque questa la “soluzione” al caso Consip, al centro di un fitto lavorio nelle ultime ore mentre per martedì era stata messa in calendario al Senato la discussione sulle mozioni, compresa quella del Pd che avrebbe chiesto l’azzeramento dei vertici.

La decisione dei due consiglieri, di fatto, si rivela un provvidenziale favore al Pd che si è trovato a rincorrere l’opposizione nella richiesta di rimuovere i vertici “in tempi celeri” e che a questo punto potrà evitare l’imbarazzante prova dell’aula. Il gruppo dem a Palazzo Madama ha firmato venerdì una mozione-fotocopia di quella presentata a marzo dai senatori di Idea Augello e Quagliariello cui sono arrivate ben 73 sottoscrizioni provenienti praticamente da tutti i gruppi parlamentari: Forza Italia, Lega, M5s, Gal, Ala, Alternativa Popolare, gruppo per le Autonomie, gruppo Misto. Mancava giusto il Partito Democratico che, per evitare la trappola della mozione, aveva depositato la propria al fine di neutralizzare quelle altrui. Ma la maggioranza risicata al Senato non escludeva affato il rischio di andare allo scontro parlamentare e di finire sotto, con conseguenti, prevedibili, polemiche.

Così a togliere le castagne dal fuoco al segretario del Pd Matteo Renzi– il cui padre Tiziano è indagato dallo scorso febbraio – ci hanno pensato gli altri due consiglieri chiamandosi fuori: con l’addio di due membri su tre decade l’intero consiglio di amministrazione e l’oggetto del contendere. Le dimissioni non cancellano ovviamente lo scontro politico cresciuto intorno alla società dopo l’emergere dell’inchiesta sulle pressioni intorno al maxi-appalto da 2,7 miliardi per il Facility management, vale a dire la gestione e la manutenzione, degli immobili pubblici.

In questa inchiesta Marroni è stato sentito più volte come testimone, diventando il “grande accusatore” del ministro dello Sport Luca Lotti sulla rivelazione del segreto d’ufficio. Lotti, indagato insieme al generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, ha sempre respinto ogni addebito. Ad aggravare l’intreccio è intervenuto poi il caso-Scafarto, il vicecomandante del Noe che ha seguito l’inchiesta della Procura di Napoli ed è ora indagato per depistaggio con l’accusa di falsi nell’informativa sui presunti incontri tra l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e Tiziano Renzi.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/17/consip-marroni-accerchiato-e-annientato-si-dimettono-ferrara-e-ferrigno-decade-il-cda-lindagato-lotti-resta-al-suo-posto/3666837/

Una notizia che Tg e Stampa si sono “dimenticati” di dare: i soldi del Pd Toscana alla “Eventi 6”, società di comunicazione della famiglia Renzi…!

Renzi

 

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Una notizia che Tg e Stampa si sono “dimenticati” di dare: i soldi del Pd Toscana alla “Eventi 6”, società di comunicazione della famiglia Renzi…!

 

I soldi del Pd Toscana alla Eventi 6, società di comunicazione della famiglia Renzi

Finanziamento di diecimilia euro “propiziato” dal faccendiere Russo. M5S denuncia: “Gravissimo”

Diecimila euro da un imprenditore romano al Pd nazionale prima e a quello toscano poi, per finanziare la campagna elettorale alle Regionali del 2015 del sindaco di Rignano Daniele Lorenzini. Soldi che poi vengono girati alla Eventi 6, società di comunicazione della famiglia Renzi, per spese elettorali. Diecimila euro, i due terzi circa di tutte le spese affrontate in campagna elettorale da Lorenzini, poi risultato primo tra i non eletti in Consiglio regionale. E oggi, ormai in rotta con il Pd nella roccaforte renziana, candidato alle comunali di giugno con una lista civica. È lo stesso Lorenzini a mostrare in conferenza stampa la fattura di pagamento, “in regola”, del finanziamento che sarebbe stato “propiziato” da Carlo Russo, il faccendiere di Scandicci e uomo-chiave dell’inchiesta Consip, indagato insieme a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, per traffico di influenze illecite.

Con ordine. I diecimila euro, secondo quanto ricostruito da La Verità il 21 maggio e scritto nel libro di Marco Lillo ‘Di padre in figlio’, arrivano al Pd da una società di servizi di sicurezza, la Securtrak, che fa capo alla Security Service, di proprietà della famiglia Mongillo, come finanziamento in vista delle elezioni regionali del 2015. L’imprenditore romano Renato Mongillo non è nome nuovo alle cronache. Già arrestato nel 2007 perché accusato di aver versato una tangente all’ex assessore alla Sanità della Regione Lazio Marco Verzaschi, è rispuntato nelle carte dell’inchiesta Consip e fotografato dai carabinieri del Noe con Carlo Russo. I carabinieri annotano che il 21 settembre 2016 Russo, dopo aver incontrato l’amministratore delegato di Grandi Stazioni spa, si vede con Mongillo in un bar di Via Veneto a Roma.

Il finanziamento della Securtrak finisce quindi al Pd Regionale che lo dirotta su Lorenzini, grazie anche all’intervento di Russo, per finanziare le sue spese elettorali. Diecimila euro che poi, dichiara Lorenzini, sono finiti alla Eventi 6 per la campagna di comunicazione, e in particolare stampa e distribuzione di materiale elettorale. “Tutto è regolarmente depositato in Corte d’Appello”, ha detto Lorenzini.

Il sindaco uscente di Rignano però precisa di non aver mai incontrato Carlo Russo, replicando così alle accuse, avanzate dall’assessore renziano e amico di Tiziano Renzi Roberto Bargilli in un’intervista al Corriere della Sera, di aver preso soldi dal misterioso faccendiere del caso Consip.

La partita di giro dei soldi che partono da Roma per finanziare la campagna elettorale di un candidato alle regionali in Toscana e che a sua volta li fattura alla società della famiglia Renzi ha sollevato le polemiche delle opposizioni. Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione: “Abbiamo depositato in Consiglio regionale un’interrogazione sul passaggio di denaro fra il Partito democratico e la Eventi 6, legata alla famiglia Renzi. Chiediamo che venga fatta al più presto chiarezza su una vicenda sulla quale, dopo la pubblicazione dei documenti ufficiali, sembrano esserci davvero pochi dubbi”, ha detto Giovanni Donzelli. L’Eventi 6 ha dato mandato ai suoi legali di intentare una causa di risarcimento danni al consigliere Donzelli. “Spiace dover leggere dichiarazioni così tanto fuorvianti la verità da parte di chi sa bene che può permettersi il lusso – a pochi riservato – di non assumersi alcuna responsabilità di quello che afferma”, si legge in una nota della società dei Renzi.

Anche il Movimento 5 Stelle attacca l’ex premier: “In sostanza, quindi, il Pd di Matteo Renzi avrebbe finanziato, tramite Carlo Russo, la campagna elettorale del candidato del Pd a Rignano, e poi questi soldi sarebbero finiti nelle casse della società della famiglia Renzi. Un giro d’affari e d’interessi a dir poco opaco, con dei meccanismi poco chiari e trasparenti. I vertici del Pd, Matteo Renzi in particolare, e Tiziano Renzi, non hanno nulla da dire?”, chiedono ancora i 5 Stelle.

fonte: http://www.huffingtonpost.it/2017/05/22/i-soldi-del-pd-toscana-alla-eventi-6-societa-di-comunicazione-d_a_22103957/

Catanzaro, il Pd va sul sicuro: candidato Ciconte, indagato per peculato. E lui non spiega come un probabile delinquente possa essere candidato, anzi attacca chi fa le domande – In pieno stile Pd/Renzi…!!

Catanzaro

 

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Catanzaro, il Pd va sul sicuro: candidato Ciconte, indagato per peculato. E lui non spiega come un probabile delinquente possa essere candidato, anzi attacca chi fa le domande – In pieno stile Pd/Renzi…!!

Catanzaro, il Pd sceglie l’usato sicuro. Il candidato Ciconte indagato per peculato non spiega e attacca chi fa le domande

In vista delle elezioni amministrative dell’11 giugno la tensione in casa dem sta salendo. Il candidato Vincenzo Antonio Ciconte è indagato per peculato, ma non vuole domande sull’inchiesta. Piuttosto, ai microfoni del fattoquotidiano.it, si scaglia contro quello che era considerato il “volto nuovo” Fiorita (che però il partito ha scelto di non candidare): “Voi scorretti, difendete i paladini dell’antimafia”

Poteva essere la volta buona per il Pd. Le condizioni c’erano a Catanzaro ma ha preferito non “correre rischi”. Poteva puntare su un volto nuovo come Nicola Fiorita, un docente universitario vicino a Libera e al mondo dell’antimafia, e non lo ha fatto. Forse per non essere da meno del centrodestra che ha candidato il sindaco uscente Sergio Abramo, il Pd ha preferito l’usato “sicuro”.  E indagato. Un pacchetto chiuso, e “buono per tutte le stagioni”, che risponde al nome di Vincenzo Antonio Ciconte. Avvicinato dal fattoquotidiano.it, piuttosto che dire la sua sulle accuse di peculato che gli contesta la Procura di Reggio Calabria, il consigliere regionale del Pd non risponde e attacca “i paladini dell’antimafia” e i giornalisti.

Ma andiamo con ordine: il candidato del movimento “Cambiavento” Nicola Fiorita doveva essere la prima scelta del centrosinistra e del Partito democratico per le comunali di Catanzaro.
Nonostante tutti, in Calabria, facciano finta che non ci sia stato alcun avvicinamento, in realtà Pd e Fiorita si sono parlati in vista delle elezioni dell’11 giugno. Non è un caso, infatti, che le iniziative di Fiorita fino a pochi mesi fa avevano registrato anche il plauso e la presenza di esponenti del Pd e pure di qualche consigliere regionale come Arturo Bova che, per essersi avvicinato troppo, oggi è inviso ai suoi stessi compagni di partito.

Il dialogo, però, è durato poco. Giusto il tempo di capire che il professore dell’Unical stava facendo sul serio e non si sarebbe prestato al semplice ruolo di portatore di acqua al mulino del Pd.“Avevamo chiesto discontinuità, trasparenza e legalità. Non si dovevano fare alleanze con tutti”. Fiorita pretendeva una rottura con il passato e con le logiche clientelari che hanno incancrenito Catanzaro e la Calabria. Paletti che il Partito democratico probabilmente non ha gradito e “si è chiuso a riccio”. Risultato: Nicola Fiorita corre da solo contro il Pd che schiera il consigliere regionale Vincenzo Antonio Ciconte, e contro Forza Italia che ricandida per la quarta volta il sindaco uscente Sergio Abramo.Il Movimento cinque stelle ha presentato Bianca Laura Granato, ma i rumors della città capoluogo di Regione danno Nicola Fiorita come il candidato che, con le sue tre liste, a pochi giorni dall’apertura dei seggi impensierisce di più le coalizioni favorite di centrodestra e di centrosinistra.

Ciconte e Abramo si presentano alle elezioni con un esercito di candidati. Sono quasi 400, infatti, gli aspiranti consiglieri spalmati nelle “sole” 11 liste a sostegno di Ciconte che, pur di vincere, si è imbarcato di tutto e tutti, compresi 8 candidati che cinque anni fa erano stati eletti con il centrodestra. Adesso, la priorità per il Pd è quella di vincere al primo turno impedendo così a Fiorita di ribaltare gli equilibri nel ballottaggio in caso riesca ad arrivare secondo. Una cosa è certa: rinunciando a Fiorita, il Partito democratico e il centrosinistra in generale hanno perso un’altra occasione per scegliere un candidato a sindaco che non abbia problemi giudiziari o che, quantomeno, non si rivolga ai giornalisti “accusandoli” di “difendere i paladini dell’antimafia”.

Vincenzo Antonio Ciconte infatti è l’ex assessore della giunta Oliverio, coinvolto nel processo “Rimborsopoli” nato da un’indagine della guardia di finanza che aveva accertato irregolarità nella gestione dei rimborsi del parlamentari regionali. Dopo averlo interrogato, nei suoi confronti la Procura di Reggio Calabria aveva chiesto l’archiviazione ma il gip Olga Tarzia, piuttosto che accogliere la richiesta dei pm, ha ritenuto gli elementi raccolti dalle fiamme gialle meritevoli di essere approfonditi e ha imposto l’imputazione coatta di Ciconte. L’esponente del Pd, quindi, si trova sotto processo assieme agli altri 25 politici calabresi accusati di peculato. Per tutti il rinvio a giudizio potrebbe arrivare dopo le amministrative

Prima c’è lo scoglio dell’11 giugno e la tensione in casa Pd sta salendo. Ciconte non vuole domande sulle indagini che lo riguardano e neppure sui guai giudiziari di Sergio Arbamo. Piuttosto, ai microfoni del fattoquotidiano.it, si scaglia contro Fiorita e il compagno di partito Arturo Bova.

“Lei sa benissimo – dice – che questi sono problemi inerenti a situazioni particolari”. Garantismo per sé, giustizialismo per gli altri con tanto di allusioni. Senza mai citare i destinatari delle sue invettive, infatti, Ciconte è un fiume in piena: “I paladini dell’antimafia che lei difende dovrebbero vedere nelle proprie radici e nei propri amici”. Il primo riferimento è a Nicola Fiorita mentre il secondo è per Arturo Bova, fino al 2012 socio di un presunto boss arrestato nell’inchiesta “Jonny” contro la cosca Arena. La notizia è apparsa negli ultimi giorni e Bova si è subito autosospeso dalla Commissione regionale Antimafia. “Il presidente della Commissione antimafia è indagato – sono le parole del candidato del Pd – Non solo è indagato, ha problemi seri”. Al momento, però, quanto affermato da Ciconte non trova riscontro nelle carte della Procura di Catanzaro. Almeno in quelle depositate nel fascicolo dell’operazione “Jonny”. Se da una parte, infatti, è vero che in passato Arturo Bova aveva quote di una società in cui compariva anche un presunto boss, dall’altra non sarebbe attualmente indagato.

“Lei non è corretto” ha aggiunto il candidato dem prima di interrompere l’intervista. A meno che Ciconte non abbia notizie esclusive e coperte dal segreto istruttorio (e in questo caso dovrebbe recarsi in Procura a fare una denuncia, ndr), il suo sfogo è l’ennesima dimostrazione di come il Pd, a queste latitudini, considera evidentemente più grave “difendere i paladini dell’antimafia” che candidare gli indagati a sindaco di Catanzaro. Scelta che, tra l’altro, ha fatto anche il centrodestra ripresentando il sindaco uscente Sergio Abramo di Forza Italia. Pure lui, infatti, è sotto processo. È stato coinvolto nell’affaire sull’avvelenamento della diga dell’Alaco ma i reati contestati nel 2018 andranno prescritti. Tuttavia questo non è l’unico conto con la giustizia per Abramo il cui nome compare anche nel processo “Multopoli”, scaturito da un’inchiesta della Digos che ha scoperto come i politici locali annullavano le contravvenzioni fatte dai vigili agli amici degli amici. “Preferisco parlare di programmi e di futuro non dei problemi giudiziari”. Rispetto a Ciconte, le domande sui processi non turbano l’aplomb inglese di Sergio Abramo che sull’inchiesta “Multopoli” replica: “È tutto nato da una mia protesta, con lettera scritta al comando dei vigili urbani, per aver multato le automobili durante la partita Catanzaro-Ascoli”.

 fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/09/catanzaro-il-pd-sceglie-lusato-sicuro-il-candidato-ciconte-indagato-per-peculato-non-spiega-e-attacca-chi-fa-le-domande/3644070/

Voi avete la memoria corta, per questo Vi lasciate prendere per i fondelli da un ebete del genere: Ma il tesoretto di 47 miliardi di Euro che ci aveva lasciato il Governo Renzi che fine ha fatto? Se lo sono già mangiati quelli del Pd o è l’ennesima persa in giro del Cazzaro di Stato?

 

tesoretto

 

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Voi avete la memoria corta, per questo Vi lasciate prendere per i fondelli da un ebete del genere: Ma il tesoretto di 47 miliardi di Euro che ci aveva lasciato il Governo Renzi che fine ha fatto? Se lo sono già mangiati quelli del Pd o è l’ennesima persa in giro del Cazzaro di Stato?

Forse voi non ricordate quando Renzi sparò la madre di tutte le cazzate:

Il suo Governo aveva lasciato un tesoretto di 47 MILIARDI DI EURO…!

Noo, molti di voi non lo ricordano. Per questo è così facile prenderVi per il culo. Magari qualcuno di voi ha anche indossato la maglietta gialla, …no?

Rinfrescatevi la memoria QUI

Visto il video? E Voi volete farvi ancora governare da questo?

……………….

un articolo dell’epoca.

Il “tesoretto” di Renzi da 47 miliardi? Una fake news dell’ex premier

Matteo Renzi parla di “tesoretto” da 47 miliardi, lasciato dal suo governo a beneficio dei conti pubblici italiani e respinge l’ipotesi di aumento dell’IVA. Vediamo meglio di che si tratta e del perché sia una menzogna assoluta.

Altro che aumento dell’IVA, della benzina o dello zucchero. L’ex premier Matteo Renzi, in corsa per riconquistare la poltrona di segretario del PD, non ci sta a passare per capro espiatorio della manovrina di primavera sui conti pubblici e non solo allontana da sé le accuse di avere lasciato in eredità al governo Gentiloni un “buco” da 3 miliardi nei conti pubblici, ma pochi giorni fa ha ribattuto citando l’esistenza di un “tesoretto” da 47 miliardi di euro. Roba, che se fosse vera, avremmo scoperto l’arcano, altro che sbattere la testa da tre mesi per trovare i 3,4 miliardi richiesti dalla Commissione europea. Invece, è lo stesso ex premier a chiarire poche parole dopo che i 20 miliardi di copertura necessari per evitare gli aumenti dell’IVA con le clausole di salvaguardia andranno trovati nella la lotta all’evasione fiscale.

Dunque, delle due l’una: o l’Italia avrebbe un tesoretto da quasi 3 punti di pil, di cui per sfortuna ancora nessuno conosce, oppure davvero servono 20 miliardi per evitare che l’aliquota IVA più alta salga al 25% e quella intermedia al 13% dall’anno prossimo. Se ci fossero queste famose risorse extra da 47 miliardi di cui parla Renzi, che bisogno vi sarebbe, come ammette lo stesso, di trovare ancora una ventina di miliardi?

Il tesoretto che non c’è di Renzi

Chiediamoci, anzitutto, di cosa parli esattamente Renzi. Il tesoretto, espressione utilizzata già in passato per designare risorse rivelatesi inesistenti, non sarebbe altro che uno stanziamento spalmato da quest’anno al 2032 per sostenere gli investimenti infrastrutturali. Parliamo di 1,9 miliardi per quest’anno, di 3,15 per il prossimo, di 3,5 nel 2019, di 3 dal 2020 al 2032.

Lungi dall’essere risorse realmente aggiuntive, si tratta di soliti capitoli di spesa dedicati agli investimenti, i quali man mano che vengono realizzati presuppongono nuovi stanziamenti, altrimenti nel lungo periodo si azzererebbero, non essendo spesa corrente. E stando allo stesso Def del governo Gentiloni, la spesa in conto capitale al 2020 si ridurrà di pochissimo (circa mezzo miliardo), rispetto al 2016, in ogni caso, essendo destinata a diminuire, mentre dovrebbe aumentare di 45,5 miliardi quella corrente.

Il tesoretto di Renzi è una trovata elettorale

Ecco svelata la “fake news” di Renzi: il tesoretto di cui millanta è inesistente, consistendo solo in stanziamenti ordinari e tutt’altro che certi nel lungo termine e persino a discapito di altri capitoli di spesa per le infrastrutture, se è vero che stando ai dati raccolti da Unimpresa, il saldo totale degli investimenti sarebbe in calo leggero, ma pur sempre in calo, nei prossimi anni.

Che l’ex premier le stia sparando grosse lo dimostrerebbe anche una risposta a distanza, per quanto senza fare nomi, del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo cui servono “coperture permanenti” per rendere credibili i tagli delle tasse, un’evidente replica al suo ex premier, che ha parlato di riduzione del carico fiscale realizzata sotto il suo governo.

Siamo in campagna elettorale, si sa. Al più tardi, voteremo tra 10 mesi, per cui non è immaginabile che sentiremo parole di verità da parte di alcun leader politico sullo stato reale in cui versino i nostri conti pubblici. La demagogia sarà predominante in tutte le proposte. Certo, sentire che un ex premier, attuale capo del partito più importante della maggioranza, nel bel mezzo di una ricerca affannata di risorse per evitare una stangata fiscale lasciata in eredità da lui stesso, non trovi di meglio che spararla grossa su un tema così importante, fa capire in quali condizioni politiche drammatiche versi l’Italia.

tratto da: https://www.investireoggi.it/economia/tesoretto-renzi-47-miliardi-fake-news-dellex-premier/page/2/?refresh_ce

Comunque Renzi un primato ce l’ha: Nei 1024 giorni di Palazzo Chigi, ha raggiunto un primato storico di cui però, stranamente, non parla: ha sestuplicato le esportazioni di armi. E chi se ne frega se la Gente si ammazza col Made in Italy…

Renzi

 

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Comunque Renzi un primato ce l’ha: Nei 1024 giorni di Palazzo Chigi, ha raggiunto un primato storico di cui però, stranamente, non parla: ha sestuplicato le esportazioni di armi. E chi se ne frega se la Gente si ammazza col Made in Italy…

 

Lo sa, ma non lo dice in pubblico. E la notizia non compare né sul suo sito personale, né sul portale Passo dopo passo e nemmeno tra I risultati che contano messi in bella mostra con tanto di infografiche da Italia in cammino. Eppure è stata la miglior performance del suo governo. Nei 1024 giorni di permanenza a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha raggiunto un primato storico di cui però, stranamente, non parla: ha sestuplicato le autorizzazioni per esportazioni di armamenti. Dal giorno del giuramento (22 febbraio 2014) alla consegna del campanellino al successore (12 dicembre 2016), l’esecutivo Renzi ha infatti portato le licenze per esportazioni di sistemi militari da poco più di 2,1 miliardi ad oltre 14,6 miliardi di euro: l’incremento è del 581 per cento che significa, in parole semplici, che l’ammontare è più che sestuplicato. Una vera manna per l’industria militare nazionale, capeggiata dai colossi a controllo statale Finmeccanica-Leonardo e Fincantieri. È tutto da verificare, invece, se le autorizzazioni rilasciate siano conformi ai dettami della legge n. 185 del 1990 e, soprattutto, se davvero servano alla sicurezza internazionale e del nostro paese.

Renzi e il motto di BP

Un fatto è certo: è un record storico dai tempi della nascita della Repubblica. Ma, visto il totale silenzio, il primato sembra imbarazzare non poco il capo scout di Rignano sull’Arno che ama presentarsi ricordando il motto di Baden Powell (BP è il fondatore degli scout): “Lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato”. L’imbarazzo è comprensibile: la stragrande maggioranza degli armamenti non è stata destinata ai paesi amici e alleati dell’Ue e della Nato (nel 2016 a questi paesi ne sono stati inviati solo per 5,4 miliardi di euro pari al 36,9 per cento), bensì ai paesi nelle aree di maggior tensione del mondo, il Nord Africa e il Medio Oriente. È in questa zona – che pullula di dittatori, regimi autoritari, monarchi assoluti sostenitori diretti o indiretti del jihadismo oltre che di tiranni di ogni specie e risma – che nel 2016 il governo Renzi ha autorizzato forniture militari per oltre 8,6 miliardi di euro, pari al 58,8% del totale. Anche questo è un altro record, ma pochi se ne sono accorti.

Il basso profilo della sottosegretaria Boschi

Eppure non sono cifre segrete. Sono tutte scritte, nero su bianco e con tanto di grafici a colori, nella “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento per l’anno 2016” inviata alle Camere il 18 aprile. L’ha trasmessa l’ex ministra delle Riforme e attuale Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Maria Elena Boschi. Nella relazione di sua competenza l’ex catechista e Papa girl si è premurata di segnalare che “sul valore delle esportazioni e sulla posizione del Kuwait come primo partner, incide una licenza di 7,3 miliardi di euro per la fornitura di 28 aerei da difesa multiruolo di nuova generazione Eurofighter Typhoon realizzati in Italia”.  Al resto – cioè ai sistemi militari invitati in 82 paesi del mondo tra cui soprattutto quelli spediti in Medio Oriente – la Sottosegretaria ha riservato solo un laconico commento: “Si è pertanto ulteriormente consolidata la ripresa del settore della Difesa a livello internazionale, già iniziata nel 2014, dopo la fase di contrazione del triennio 2011-2013”. La legge n. 185 del 1990, che regolamenta la materia, stabilisce che l’esportazione e i trasferimenti di materiale di armamento “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia”: autorizzare l’esportazione di sistemi militari a paesi al di fuori delle principali alleanze politiche e militari dell’Italia meriterebbe pertanto qualche spiegazione in più da parte di chi, durante il governo Renzi e oggi col governo Gentiloni, ha avuto la delega al programma di governo.

I meriti della ministra Pinotti

Non c’è dubbio, però, che gran parte del merito per il boom di esportazioni sia della ministra della Difesa, Roberta Pinotti. È alla “sorella scout”, titolare di Palazzo Baracchini, che va attribuito il pregio di aver consolidato i rapporti con i ministeri della Difesa, soprattutto dei paesi mediorientali. La relazione del governo non glielo riconosce apertamente, ma la principale azienda del settore, Finmeccanica-Leonardo, non ha mancato di sottolinearne il ruolo decisivo. Soprattutto nella commessa dei già citati 28 caccia multiruolo Eurofighter Typhoon: “Si tratta del più grande traguardo commerciale mai raggiunto da Finmeccanica” – commentava l’allora Amministratore Delegato e Direttore Generale di Finmeccanica, Mauro Moretti. “Il contratto con il Kuwait si inserisce in un’ampia e consolidata partnership tra i Ministeri della Difesa italiano e del Paese del Golfo” – aggiungeva il comunicato ufficiale di Finmeccanica-Leonardo. Alla firma non poteva quindi mancare la ministra, nonostante i slittamenti della data dovuti – secondo fonti ben informate – alle richieste di chiarimenti circa i costi relativi “a supporto tecnico, addestramento, pezzi di ricambio e la realizzazione di infrastrutture”.

Anche il Ministero della Difesa ha posto grande enfasi sui “rapporti consolidati tra Italia e Kuwait: “rapporti – spiegava il comunicato della Difesa – che potranno essere ulteriormente rafforzati, anche alla luce dell’impegno comune a tutela della stabilità e della sicurezza nell’area mediorientale, dove il Kuwait occupa un ruolo centrale”. Nessuna parola, invece, sul ruolo del Kuwait nel conflitto in Yemen, in cui è attivamente impegnato con 15 caccia, insieme alla coalizione a guida saudita che nel marzo del 2015 è intervenuta militarmente in Yemen senza alcun mandato internazionale. I meriti della ministra Pinotti nel sostegno all’export di sistemi militari non si limitano ai caccia al Kuwait: va ricordato anche l’accordo di cooperazione militare con Qatar per la fornitura da parte di Fincantieri di sette unità navali dotate di missili MBDA per un valore totale di 5 miliardi di euro, che però non compare nella Relazione governativa. Ma, soprattutto, non va dimenticata la visita della ministra Pinotti in Arabia Saudita per promuovere “affari navali” (ne ho parlato qualche mese fa e rimando in proposito ai miei precedenti articoli).

Le dichiarazioni dell’ex ministro Gentiloni

Una menzione particolare spetta all’ex ministro degli Esteri e attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. È lui, ex catechista ed ex sostenitore della sinistra extraparlamentare, che più di tutti si è speso in difesa delle esportazioni di sistemi militari. Lo ha fatto nella sede istituzionale preposta: alla Camera in riposta a due Question Time. Il primo risale al 26 novembre 2015, in riposta a un’interrogazione del M5S, durante la quale il titolare della Farnesina, dopo aver ricordato che “… abbiamo delle Forze armate, abbiamo un’industria della Difesa moderna che ha rapporti di scambio e esportazioni con molti paesi del mondo…” ha voluto evidenziare che “è importante ribadire che l’Italia comunque rispetta, ovviamente, le leggi del nostro paese, le regole dell’Unione europea e quelle internazionali (pausa) sia per quanto riguarda gli embargo che i sistemi d’arma vietati”. Già, ma la legge 185/1990 e le “regole Ue e internazionali” non si limitano agli embarghi, anzi pongono una serie di specifici divieti sui quali Gentiloni ha bellamente sorvolato.

Nel secondo, del 26 ottobre 2016, in risposta ad un’interrogazione del M5S che riguardava nello specifico le esportazioni di bombe e materiali bellici all’Arabia Saudita e il loro impiego nel conflitto in Yemen, Gentiloni ha sostenuto che “l’Arabia Saudita non è oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione o restrizione internazionale nel settore delle vendite di armamenti”. Tacendo però sullaRisoluzione del Parlamento europeo, votata ad ampia maggioranza già nel febbraio del 2016, che ha invitato l’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, ad “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”, in considerazione delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale perpetrate dall’Arabia Saudita nello Yemen. Questa risoluzione, finora, è rimasta inattuata anche per la mancanza di sostegno da parte del Governo italiano.

Ventimila bombe da sganciare in Yemen

Rispondendo alla suddetta interrogazione, Gentiloni ha però dovuto riconoscere le “la ditta RWM Italia, facente parte di un gruppo tedesco, ha esportato in Arabia Saudita in forza di licenze rilasciate in base alla normativa vigente”. Un’assunzione, seppur indiretta, di responsabilità da parte del ministro. Il quale, nonostante i variorganismi delle Nazioni Unite e lo stesso Ban Ki-moon abbiano a più riprese condannato i bombardamenti della coalizione saudita sulle aree abitate da civili in Yemen (sono più di 10mila i morti tra i civili), ha continuato ad autorizzare le forniture belliche a Riad. E non vi è notizia che le abbia sospese, nemmeno dopo che uno specifico rapporto trasmesso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu non solo ha dimostrato l’utilizzo anche delle bombe della RWM Italia sulle aree civili in Yemen, ma ha affermato che questi bombardamenti “may amount to war crimes” (“possono costituire crimini di guerra”).

Nella Relazione inviata al Parlamento spiccano le autorizzazioni all’Arabia Saudita per un valore complessivo di oltre 427 milioni di euro. Tra queste figurano “bombe, razzi, esplosivi e apparecchi per la direzione del tiro” e altro materiale bellico. La relazione non indica, invece, il paese destinatario delle autorizzazioni rilasciate alle aziende, ma l’incrocio dei dati forniti nelle varie tabelle ministeriali, permette di affermare che una licenza da 411 milioni di euro alla RWM Italia è destinata proprio all’Arabia Saudita: si tratta, nello specifico, dell’autorizzazione all’esportazione di 19.675 bombe Mk 82, Mk 83 e Mk 84. Una conferma in questo senso è contenuta nella Relazione Finanziaria della Rheinmetall (l’azienda tedesca di cui fa parte RWM Italia) che per l’anno 2016 segnala un ordine “molto significativo” di “munizioni” per 411 milioni di euro da un “cliente della regione MENA” (Medio-Oriente e Nord Africa).

La legge n. 185/1990 vieta espressamente l’esportazione di sistemi militari “verso Paesi in conflitto armato e la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11 della Costituzione”, ma – su questo punto – nessun commento nella Relazione. E nemmeno da Renzi. Men che meno da Gentiloni. Che l’attuale capo del governo si sia dato come obiettivo quello di migliorare la performance di Renzi nell’esportazione di sistemi militari?

fonte: http://comune-info.net/2017/06/renzi-nella-storia-export-di-armi/

Evasi 52 milioni, Ilva assolta: Renzi ha eliminato il reato… Ma solo per gli amici di Renzi. Ricorda che se non paghi una multa da 48 Euro dal 1° Luglio Equitalia potrà sequestrarti il conto corrente senza passare dal Giudice!

Ilva

 

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Evasi 52 milioni, Ilva assolta: Renzi ha eliminato il reato… Ma solo per gli amici di Renzi. Ricorda che se non paghi una multa da 48 Euro dal 1° Luglio Equitalia potrà sequestrarti il conto corrente senza passare dal Giudice!

 

La recente riforma ha cancellato dal Codice penale la frode fiscale realizzata attraverso l’elusione con “abuso del diritto”.

L’intento con cui vengono fatte le leggi spesso si vede dai loro effetti: l’“abuso del diritto” non è più reato, e per questo il processo ai danni dell’ex patron dell’Ilva, Emilio Riva (morto nell’aprile 2014), due ex manager del gruppo e un dirigente della Deutsche Bank per una presunta frode da 52 milioni di euro si è concluso ieri con l’assoluzione degli imputati.   È l’effetto del combinato disposto di due decreti attuativi della delega fiscale approvati dal governo Renzi ed entrati in vigore il primo ottobre.Il motivo? Hanno depenalizzato l’abuso del diritto, il comportamento che racchiude tutte le operazioni che, pur nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti per le imprese, ma con effetti anche sulla frode fiscale realizzata proprio mediante esso. 

  NEL FEBBRAIO dello scorso anno, oltre a E-milio Riva, erano stati mandati a processo Mario Turco Liveri e Agostino Alberti, rispettivamente responsabile finanziario e responsabile fiscale(nonché componente del c-da) del gruppo Riva, e Angelo Mormina, per l’incarico avuto in qualità di managing director di Deutsche Bank (filiale di Londra). L’accusa nei loro confronti era di aver violato l’art. 3 della legge 74/2000 (“dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”), al fine di evadere le imposte sui redditi, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento, indica elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi. In questo caso,l’accusa era di aver“creato” elementi passivi fittizi per poter poi pagare meno tasse.Gliindagati,in sostanza, nella dichiarazione dei redditi per il 2007 “ponevano in essere una complessa operazione di finanza strutturata all’unico scopo di consentire alla consolidata Ilva Spa l’abbattimento del reddito, mediante l’utilizzazione di elementi passivi fittizi per 158 milioni di euro e conseguentemente per la consolidante Riva Fire Spa, una pari riduzione della base imponibile per un’evasione di imposta Ires pari a 52,4 milioni di euro”, si leggeva nel capo di imputazione. Ieri la prima sezione penale non ha fatto altro che accogliere la richiesta del pm   Stefano Civardi formulata proprio   alla luce delle modifiche apportate   dalla riforma fiscale alla legge 74   del 2000: gli imputati hanno pagato le sanzioni amministrative   (per Emilio Riva il reato si è estinto con la sua morte).

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 29/10/2015.

Ok, tutto a posto, quindi, per gli amici di Renzi. Tu sei suo amico? No, perchè non conti una beata minchia. Quindi se prendi una multa da 48 Euro o la paghi o, dal 1° luglio, ti possono sequestrare il conto corrente senza manco chiedere il permesso al Giudice.