Ce la meritiamo tutta, la recessione. E il peggio deve ancora arrivare

 

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Ce la meritiamo tutta, la recessione. E il peggio deve ancora arrivare…

Abbiamo speso tutti i soldi e la credibilità che avevamo per misure inutili. Ci siamo convinti di una crescita che non ci sarebbe stata. E adesso che arriva la gelata, dovremo tagliare la spesa e aumentare le tasse, mentre gli altri Paesi europei faranno il contrario. Peggio non si poteva fare

È inutile che fate finta di niente, lo sapevate.
Sapevate benissimo che il governo diceva palle, quando raccontava che il Pil sarebbe cresciuto dell’1,5%, che fosse un denominatore farlocco messo lì solamente a far quadrare i conti di un deficit che si era deciso dovesse essere del 2,4%.
Sapevate benissimo che nella legge di bilancio non c’era nessun magico moltiplicatore in grado di far accelerare l’economia italiana, che Quota 100 non avrebbe prodotto nuova occupazione giovanile e che il reddito di cittadinanza non avrebbe ridato slancio ai consumi italiani, o viceversa.
Sapevate benissimo anche che le questioni dell’economia italiana, dalla produttività stagnante alla sotto-occupazione femminile, dall’opprimente pressione fiscale alla folle burocrazia italiana rimanevano tutte lì, sul tappeto, come se non fossero nemmeno problemi.
Sapevate benissimo, pure, che l’economia globale stava rallentando, a causa di guerre commerciali che avevate auspicato, di dazi americani alle importazioni cinesi che avevate benedetto e invidiato, di un rallentamento dell’export tedesco che avevate addirittura festeggiato, tanto eravate convinti fosse la causa dei mali italiani.

Quota 100 ci costerà 40 miliardi, da qui al 2026. Dove li troviamo quei soldi? O meglio: ha senso trovarli, mentre ci toccherà aumentare le tasse o tagliare altrove?

Sapevate tutto, e avete continuato a far finta di nulla. A dire che le fosche previsioni sulla crescita dell’economia italiana fossero fasulle, create ad arte per indebolire il governo del cambiamento. A raccontarvi che se le agenzie di rating bocciavano la manovra del popolo era un bene, che non avevano mai capito nulla di economia. Che a tirare le fila dello spread fossero le cancellerie europee, quella tedesca in primis. Che fosse tutto un gigantesco complotto ordito dalle solite élite globali – le stesse che ci mandano i migranti, ovviamente -, che appena la nebbia della disinformazione si fosse diradata ci saremmo trovati nel bel mezzo del nuovo boom economico italiano. Pure Paolo Savona l’aveva detto, del resto: altro che uno e mezzo, si può crescere pure del 2% o del 3%.

E invece l’1,6% è diventato 1%, e poi 0,6%, stando alle stime di Bankitalia e del Fondo Monetario Internazionale. Stime fin troppo ottimistiche, visto che l’Istat ha certificato un calo del Pil sia nel terzo che nel quarto trimestre dell’anno e che, tecnicamente, siamo già in recessione.
Certo, chi più chi meno, le stanno tagliando tutti, le loro aspettative di crescita. Ma gli altri, con ogni probabilità, mitigheranno il crollo con interventi di sostegno agli investimenti e alla domanda interna. Tradotto, promuoveranno investimenti pubblici, abbasseranno le tasse. Noi invece, no. Ed è questo il vero grande problema italiano.
Che il peggio deve ancora arrivare.

Che abbiamo buttato nel cesso un mare di soldi, tutti i nostri margini di flessibilità e tutta la residua credibilità che avevamo in Europa per provvedimenti che non servono a nulla, forse nemmeno a far crescere i consensi di Lega e Cinque Stelle in vista delle elezioni europee. Che le abbiamo finanziate con clausole di salvaguardia da 25 miliardi e con previsioni clamorosamente errate da obbligarci, forse ancora prima dell’autunno a una brusca correzione di rotta. Che vuol dire tasse e tagli alla spesa nel bel messo di una fase recessiva del clclo economico. Tanto per essere chiari: Quota 100 ci costerà 40 miliardi, da qui al 2026. Dove li troviamo quei soldi? O meglio: ha senso trovarli, mentre ci toccherà aumentare le tasse o tagliare altrove?

Tutto quel che non si doveva fare l’abbiamo fatto, insomma. E l’abbiamo fatto solamente per evitare di fare quel che avremmo dovuto fare: tagliare il debito e la spesa corrente, abbassare le tasse, investire nella scuola e nelle infrastrutture. Da qui in poi, tutto quel che verrà, ce lo siamo meritato, e non sarà colpa di nessuno, se non nostra.
Buona recessione, Italia.

fonte: https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/31/ce-la-meritiamo-tutta-la-recessione-e-il-peggio-deve-ancora-arrivare/40937/

Renzi promette che se il Pd vincerà le elezioni abbasserà ancora le tasse… Bello. Bello veramente. Peccato che come ultimo colpo di coda questo governo del Pd di Renzi ci ha lasciato 27 tasse occulte e una stangata da 60 miliardi!

 

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Renzi promette che se il Pd vincerà le elezioni abbasserà ancora le tasse… Bello. Bello veramente. Peccato che come ultimo colpo di coda questo governo del Pd di Renzi ci ha lasciato 27 tasse occulte e una stangata da 60 miliardi!

 

Ecco le trappole fiscali del Governo uscente: 27 tasse occulte e stangata da 60 miliardi!

Unimpresa: “Ancora una volta i cittadini e le imprese si preparano ad aprire il portafogli per sostenere i conti pubblici: i contribuenti sono spremuti all’osso”

Altre tasse in arrivo: nei prossimi tre anni è prevista una stangata fiscale superiore ai 60 miliardi di euro. Oltre 30 miliardi in più di tasse corrispondono all’aggravio Iva che farà salire il balzello sui consumi fino al 25% nel 2019-2020. E altri 30 miliardi saranno prelevati dalle tasche dei contribuenti grazie a una lunga lista di misure contenute nella legge di bilancio. Si tratta di trappole fiscali che faranno lievitare il gettito dello Stato: nella manovra sono contenute ben 27 voci, in qualche modo nascoste o comunque poco note, che portano complessivamente a far lievitare le entrate nelle casse dello Stato per complessivi 29,6 miliardi nel triennio 2018-2020. In totale, dunque, i contribuenti italiani, imprese e famiglie, dovranno pagare all’erario 60 miliardi in più.

E’ questo, secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, il conto finale della legge di bilancio approvata dal Parlamento. Il provvedimento sui conti pubblici stabilisce il rinvio dell’aumento dell’imposta sul valore aggiunto al 2019 ed evita, così, un incremento del carico fiscale a carico di famiglie e imprese, per il 2018, pari a 15,7 miliardi.

Ma si tratta di mancati aumenti tributari e non di tagli. E comunque la stretta fiscale è solo rinviata: secondo i calcoli dell’associazione, nel 2019-2020 l’aumento delle aliquote Iva (quella ordinaria dal 22 al 25% e quella agevolata dal 10 all’11,5%) comporterà complessivamente un aumento del gettito tributario superiore a 30 miliardi di euro. Nel 2019, l’incremento sarà di 11,4 miliardi e nel 2020 di 19,1 miliardi per un totale di 30,5 miliardi.

E poi, prosegue Unimpresa, ci sono le 27 trappole fiscali, grazie alle quali lo Stato incasserà 29,6 miliardi aggiuntivi, cifra che porta il totale della stangata a 60,1 miliardi. Nel dettaglio, per quanto riguarda le trappole, nel 2018 il gettito tributario complessivo salirà di 11,7 miliardi, nel 2019 crescerà di 9,5 miliardi e nel 2020 aumenterà di 8,3 miliardi.

Dalle misure sulla fatturazione elettronica derivano aumenti delle entrate per 202,2 milioni, 1,6 miliardi e 2,3 miliardi per un totale di 4,2 miliardi nel triennio. La stretta sulle frodi nel commercio degli oli minerali “vale” 272,3 milioni, 434,3 milioni e 387 milioni per complessivi 1,09 miliardi. La riduzione della soglia dei pagamenti della pubblica amministrazione a 5.000 euro frutta all’erario 145 milioni, 175 milioni e 175 milioni per complessivi 495 milioni.

Dai nuovi limiti alla compensazione automatica dei versamenti fiscali derivano 239 milioni l’anno per tutto il triennio, con un totale di 717 milioni. L’aumento dal 40 al 55% (per il 2018 e per il 2019) e al 70% (dal 2020) degli anticipi delle imposte sulle assicurazioni porteranno più entrate pari a 480 milioni nel 2018 e nel 2020 per 960 milioni complessivi. Il ridimensionamento del fondo per la riduzione della pressione fiscale vale 377,9 milioni per il 2018, 377,9 milioni per il 2019 e 507,9 milioni per il 2020 per un totale di 1,2 miliardi. Le nuove disposizioni in materi di giochi valgono in totale 421,2 milioni (rispettivamente 120 milioni 150,6 milioni e 150,6 milioni).

Sono sei, in tutto, le voci che riguardano le detrazioni per spese relative alla ristrutturazione edilizia o alla riqualificazione energetica: un “pacchetto” che porta a un incremento di gettito, rispettivamente, per 145,3 milioni, 703,7 milioni e 4,3 milioni per un totale di 853,3 milioni. I cosiddetti “effetti riflessi” derivanti dai rinnovi contrattuali e dalle nuove assunzioni portano a maggiori entrate per 1,02 miliardi, 1,08 miliardi e 1,1 miliardi per complessivi 3,2 miliardi.

Il differimento al 2018 dell’entrate in vigore della nuova Iri (imposta sui redditi) “vale” 5,3 miliardi nel 2018, 1,4 miliardi nel 2019 e 23,2 miliardi nel 2020 per un totale di 6,8 miliardi in più di tasse. Altri 4,04 miliardi complessivi, nel triennio in esame, sono legati all’imposta sostitutiva sui redditi da partecipazione delle persone fisiche: 1,2 miliardi nel 2018, 1,4 miliardi nel 2019 e 1,4 miliardi nel 2020. Vi sono, poi, altre 11 voci, piccole misure e interventi vari, che comportano 5,4 miliardi aggiuntivi di entrate nel triennio: 2,1 miliardi nel 2018, 1,8 miliardi nel 2019 e 1,4 miliardi nel 2020.

“Ancora una volta i cittadini e le imprese si preparano ad aprire il portafogli per sostenere i conti pubblici: i contribuenti sono spremuti all’osso, ma la manovra va bocciata per sei motivi”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.

La manovra, dice il vicepresidente di Unimpresa, “non contiene misure importanti per tagliare le tasse alle imprese, anzi allontana la nuova Iri che potrebbe progressivamente portare a una aliquota unica per le imprese; rimanda il problema della clausole di salvaguardia dell’Iva al 2019, creando ancora una volta incertezza sul prelievo tributario relativo ai consumi, con un aggravio di quasi 20 miliardi di euro che incombe; non interviene sul costo del lavoro, lasciando intatto il cuneo fiscale e il peso dei contributi a carico delle aziende, che ormai non assumono più a tempo indeterminato, ma sono di fatto costrette a creare solo posti a tempo determinato e quindi un esercito di nuovi precari”.

E, ancora, prosegue Pucci, la manovra “ignora le esigenze delle famiglie, alle prese con enormi difficoltà soprattutto a causa dell’occupazione in calo e dei redditi in discesa; dimentica la questione del debito pubblico, che continua a rappresentare la principale zavorra per la ripresa economica; non rilancia gli investimenti dello Stato, indispensabili per favorire la crescita del prodotto interno lordo dopo una lunga fase di recessione”.

 

fonte: http://www.ilpopulista.it/news/30-Dicembre-2017/21941/ecco-le-trappole-fiscali-del-governo-uscente-27-tasse-occulte-e-stangata-da-60-miliardi.html