Dobbiamo ringraziare la Partigiana Tina Anselmi se oggi abbiamo il SSN… Un Servizio Sanitario Nazionale ideato così bene che nonostante la politica criminale degli ultimi 30 anni, funziona ancora…!

 

Tina Anselmi

 

 

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Dobbiamo ringraziare la Partigiana Tina Anselmi se oggi abbiamo il SSN… Un Servizio Sanitario Nazionale ideato così bene che nonostante la politica criminale degli ultimi 30 anni, funziona ancora…!

 

In questi giorni difficili per il nostro Paese, il plauso al servizio sanitario nazionale è unanime: nonostante le difficoltà dovute ai continui tagli e alla mancanza di personale, lo sforzo di medici e infermieri per fronteggiare questa crisi è senza precedenti. Se a oggi riusciamo a rispondere a una simile emergenza sanitaria è perché qualcuno credeva che l’accesso alle cure dovesse essere libero e gratuito per tutti. E a farlo è stata una donna, Tina Anselmi.

Tina Anselmi è stata una delle figure più importanti della storia della Repubblica, nonostante venga raramente ricordata in quanto tale. Nata nel 1927 a Castelfranco Veneto, a soli 17 anni si unisce alla Resistenza dopo aver assistito assieme ai compagni di scuola, su ordine dei fascisti, a un’impiccagione in piazza in seguito a un rastrellamento. Come racconta nell’autobiografia Storia di una passione politica, sceglie il nome di battaglia Gabriella, ispirandosi all’arcangelo Gabriele. Dopo la guerra studia Lettere e diventa insegnante di italiano. Parallelamente comincia la sua attività politica nelle file della Democrazia Cristiana, alla quale è iscritta dal 1944, attivandosi soprattutto per convincere le contadine a votare.

Anselmi scopre anche l’attività sindacale, impegnandosi soprattutto a favore delle donne che lavorano nel tessile e nel settore scolastico. Nel 1958 diventa delegata nazionale delle giovani della Dc e partecipa al dibattito sulla legge Merlin che abolisce la regolamentazione della prostituzione. Entra in Parlamento nel 1968, dove parteciperà alle commissioni parlamentari sul Lavoro e sugli Affari sociali per poi diventare la prima donna a capo di un Dicastero del nostro Paese, in tre governi Andreotti: nel 1976 al Lavoro e alla Previdenza sociale, e poi nel 1978 alla Sanità, carica  che manterrà anche nella legislatura successiva. Anselmi, durante la sua carriera di ministra, ha visto la realizzazione di alcune delle più importanti leggi sul lavoro e sul welfare, come la legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne del 1977, di cui è stata promotrice, e nell’anno successivo la legge Basaglia sulla riforma psichiatrica, la legge 194 sulla depenalizzazione dell’aborto e, soprattutto, la legge sull’istituzione del servizio sanitario nazionale (Ssn).

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Prima della nascita del Ssn, la sanità pubblica era molto eterogenea e frammentata. C’erano gli enti e le casse mutualistiche, come l’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) o l’Inam (Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie), che funzionavano come le assicurazioni sanitarie ancora in vigore in alcuni Paesi, ad esempio negli Stati Uniti: chi aveva una mutua, pagata in parte con i contributi e in parte dal datore di lavoro, poteva usufruire di determinati servizi fino a un tetto massimo di spesa, mentre tutto quello che non rientrava doveva essere pagato di tasca propria. C’erano poi i medici condotti, la cui presenza però dipendeva dal singolo comune, e varie altre strutture di carità o a gestione pubblica, come i sanatori, che però trattavano solo certi tipi di malattie che richiedevano lunghe degenze, come ad esempio la tubercolosi polmonare.

Riconoscendo che lo Stato “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, la Costituzione all’art. 32 pose la premessa per un sistema sanitario nazionale e gratuito. Come ricostruito dalla giornalista scientifica Silvia Bencivelli, l’art 32 è la prima delle quattro tappe che portarono alla nascita del sistema sanitario per come lo conosciamo oggi. Le altre due sono l’istituzione del ministero della Salute nel 1958, coincidente con una grave epidemia di poliomielite, e la Legge Mariotti del 1968, che sancisce la nascita dell’assistenza ospedaliera pubblica. Il principio di questa norma, ispirato dalla Costituzione, è che i neonati ospedali dovessero offrire cure a chiunque ne avesse bisogno, ma ancora mancava un vero e proprio sistema sanitario, ultima tappa del percorso.

Il Ssn viene istituito con la legge 833 del 23 dicembre del 1978, dopo molti compromessi e negoziazioni, guidate appunto da Tina Anselmi. La sua costituzione si accompagna a due importanti conquiste per il diritto alla salute: la chiusura dei manicomi con la legge Basaglia (che verrà poi accorpata alla 833) e la depenalizzazione dell’aborto, che coincide con l’istituzione dei consultori pubblici, che ancora oggi sono le strutture di riferimento per l’accesso alle cure riproduttive di ogni tipo. Nonostante la sua fede cattolica, Tina Anselmi non si è mai opposta al diritto all’aborto, ma anzi ha accompagnato la nascita della legge con senso di responsabilità, mettendo al centro la salute delle donne e il rispetto del processo democratico prima di ogni altra sua convinzione personale.

È proprio guardando la congiuntura di queste tre colonne portanti del welfare italiano istituite a pochi mesi di distanza l’una dall’altra – sanità gratuita, servizi di igiene mentale e consultori pubblici – che si capisce il progetto democratico che Anselmi aveva in mente per l’Italia: lo Stato deve farsi garante del benessere fisico e psicologico dei suoi cittadini, senza fare distinzioni di alcun tipo. “Non c’è forma di carità più alta della politica, dell’impegno per il Paese, per la gente”, ha detto in un’intervista del 2006. “Quando un politico fa una legge giusta lo fa a beneficio di larghe fasce del Paese […]. La politica può cambiare in meglio la vita dei cittadini”.

L’impegno di Anselmi nella politica italiana è cominciato a fianco delle donne e questo ha sicuramente contribuito alla sua idea di welfare. L’emancipazione delle italiane è infatti andata di pari passo con la creazione dello Stato sociale moderno. Leggi come quella sulla pensione per le casalinghe (1963), sugli asili nido (1971) e sulla tutela delle lavoratrici madri (1971) sono stati passi determinanti non solo per la cosiddetta “storia delle donne”, ma anche per rafforzare l’idea che lo Stato democratico possa, anzi debba, prendersi cura di tutti i suoi cittadini.

Dopo la carriera da ministra, Anselmi ha continuato a essere deputata fino al 1992, ed è stata anche eletta presidente della Commissione d’inchiesta sulla Loggia P2. Come parlamentare, è stata prima firmataria di una pionieristica proposta di legge sull’educazione sessuale nelle scuole nel 1979 e, sempre nello stesso anno, di una legge per l’eliminazione della distinzione tra “atti di libidine violenti” e “violenza carnale” all’art. 609 del Codice Penale, distinzione che verrà superata solo nel 1996. Anselmi inoltre si è sempre battuta per l’inserimento sociale e il diritto al lavoro delle persone con disabilità, confermando anche in questo caso la necessità di uno Stato che non lasci indietro nessuno.

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un impoverimento progressivo del sistema sanitario nazionale, con il taglio di 37 miliardi di euro nel corso di un decennio. Nonostante questo, il nostro Ssn continua a essere tra i migliori al mondo. È ancora impossibile stabilire come la sanità italiana uscirà da questa emergenza, se rafforzata o sconfitta. Certo è che tutti, d’ora in poi, non potremo negare la sua necessità, resa così evidente dalle circostanze eccezionali e l’augurio è che questo monito arrivi anche quando si compilerà il Def (Documento di Economia e Finanza) del prossimo anno.

Accanto allo sforzo della collettività, però, non deve mancare nemmeno lo sforzo individuale. “La libertà va riconquistata ogni giorno con le proprie scelte. È questa la principale tra le regole della democrazia, che si appella a tutti e che non distingue i cittadini per ricchezza, appartenenza sociale, cultura. La democrazia è un grosso investimento sulla persona, solo perché tale ogni individuo ha il diritto di decidere della vita del Paese. Guai ad abbandonarlo”, sosteneva Anselmi. Nella situazione di emergenza in cui ci troviamo oggi, queste parole suonano profetiche: è grazie a Tina Anselmi se oggi abbiamo un sistema sanitario nazionale, ma è dalla nostra responsabilità individuale, in questo particolare momento, che dipende la sua sopravvivenza.

tratto da:https://thevision.com/cultura/tina-anselmi-ssn/

La partigiana Lidia Menapace a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò” – “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.

 

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La partigiana  a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò” –  “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.

 

Macerata, la partigiana Lidia Menapace a 93 anni nel corteo antifascista: “Fino a quando avrò voce ci sarò”

Staffetta partigiana, storica esponente del movimento femminista, tra i fondatori del Manifesto, saggista, già parlamentare di Rifondazione. A 93 anni  è venuta da Bolzano per partecipare alla manifestazione antifascista e antirazzista a Macerata: “Avrei potuto dormire questa mattina ma ho preferito venire qui. Finché avrò voce e forza io manifesterò in mezzo alle persone che capiscono il tempo in cui siamo”, ha detto. “Per le prossime elezioni mi auguro che questo movimento influenzi la politica e le generazioni successive. Mi auguro che la politica torni alle basi, torni al popolo”.

QUI il video

 

Rivoluzionaria con il sorriso

Lidia Menapace, di ritorno dalla manifestazione di Macerata, commenta la sua candidatura al Senato con Potere al Popolo: “L’antifascismo è una scelta di vita quotidiana”.
L’inossidabile Lidia Menapace – 93 anni, staffetta partigiana, militante femminista e pacifista, già assessora provinciale della DC in Sudtirolo e senatrice di Rifondazione Comunista dal 2006 al 2008, ora candidata al Senato per “Potere al Popolo” nel collegio Bolzano-Bassa Atesina – è di ritorno dalla manifestazione antifascista e antirazzista di Macerata cui hanno preso parte decine di migliaia di persone. Dorme poco, Menapace, e come è sua abitudine viaggia di notte o alle prime luci dell’alba in lungo e in largo per l’Italia: alle 5 del mattino è salita sul bus con i compagni bolzanini diretti nella cittadina delle Marche. “Mi dispiace non averla salutata, Lidia mi ricorda Alexander Langer” ha scritto Adriano Sofri, anche lui presente a Macerata, in un bellissimo resoconto della giornata maceratese.

Lidia Menapace ai microfoni di Repubblica.it: “Avrei potuto dormire, preferisco dormire poco. Finché avrò voce, forza e voglia preferisco manifestare in mezzo alle persone che capiscono il tempo, il mondo in cui siamo. Questo è un luogo di sinistra perché pensa che il popolo sia il soggetto centrale della politica. Per le elezioni mi auguro una buona affermazione di questo movimento che si sta mettendo in moto, che la politica torni nelle mani del popolo”.

Salto.bz: Il corteo pacifico e festoso di Macerata ha smentito gli allarmismi della vigilia – in primis quelli del sindaco PD Romano Carancini, che ha disertato la piazza. Il Ministro dell’Interno voleva impedire la manifestazione, salvo poi fare un passo indietro. La condanna all’atto terroristico fascista da parte delle massime cariche dello Stato è stata debole e tardiva. Quali sono le sue impressioni?

Lidia Menapace: Le mie impressioni sono molto positive, dato che la risposta del popolo è stata grande, convinta, allegra e non aggressiva, molto ironica: non potrei volere niente di meglio. Che le “autorità” non l’abbiano capito è un segno della loro insufficienza, davvero da brutto voto scolastico.

A contendersi il seggio di Bolzano-Bassa Atesina ci saranno anche “i fascisti del terzo millennio” di Casa Pound, che nel capoluogo hanno eletto ben tre consiglieri comunali. Crede che l’antifascismo rischi di rimanere una “corteccia ideologica” e non sia perciò sufficiente a fronteggiare l’ascesa dei neofascismi in Italia?

L’antifascismo non è una pura affermazione verbale o corteccia ideologica, come la chiama elegantemente lei. L’antifascismo è una scelta di vita, un modo di essere quotidiano; non ci vuole di meno per respingere, contenere, cancellare il neofascismo.

Lei è già stata senatrice nella XV legislatura, la stessa in cui Franca Rame lasciò il Senato dichiarando che le «istituzioni sembrano impermeabili e refrattarie a ogni sguardo, proposta e sollecitazione esterna, non proveniente da chi è espressione organica di un partito o di un gruppo di interesse organizzato». Il senatore uscente Francesco Palermo ha spesso usato toni simili. Lei che fu espressione di un partito, Rifondazione Comunista, come visse l’esperienza senatoriale?

Ero stata candidata come indipendente nelle liste di Rifondazione nei collegi del Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo: fui eletta in ambedue e poi fu scelto che rimanessi nel collegio della regione a statuto speciale. La legislatura durò meno della metà e poi fu fatta cadere (si tratta del secondo governo Prodi, ndr); la mia esperienza senatoriale fu interessante, ma di breve durata e non molto influente, nemmeno economicamente nella mia vita.

Anche a questo appuntamento elettorale le sinistre si presenteranno divise. Da un lato, “Potere al Popolo”, dall’altro “Liberi e Uguali”, sostenuti in Sudtirolo dai Verdi che a Bolzano candidano Laura Polonioli. Una convergenza, sulla base della vicinanza dei programmi, non era proprio possibile?

Non si può usare il termine sinistra in modo generico, occorre partire da una analisi della situazione della crisi capitalistica e su questo terreno le differenze sono appunto strutturali e non conciliabili, il che non vieta di trattarsi con decoro rispettoso e ironia.

La lotta alla violenza di genere sta avendo un grande risalto internazionale, grazie al movimento “Non una di meno” e alle denunce del #metoo. Di recente, un appello-manifesto delle attrici italiane ha rilanciato il tema anche nel nostro paese – sebbene con cautela e senza suscitare particolare clamore mediatico. Il movimento femminista in Italia, già capace di ottenere importanti conquiste, sarà in grado anche questa volta di rompere il silenzio della politica?

Sono convinta che il movimento delle donne debba e possa ripartire dalla costatazione che le donne sono ormai la maggioranza stabile della popolazione del pianeta e di ogni paese che lo compone, come da dichiarazione delle Nazioni Unite di più di un anno fa. Finora sembra di poter affermare che la minoranza maschile della popolazione non ne tenga affatto conto, nemmeno nell’uso del linguaggio inclusivo dei generi: si tratta della più grande e possibile rivoluzione della storia umana.

Chi teme di più a queste elezioni? Renzi, Di Maio, Salvini – o il ritorno di Berlusconi?

Spero in una visibile affermazione di Potere al Popolo, è il primo punto, il punto di avvio per costruire una risposta, un’ipotesi di progetto della rivoluzione culturale necessaria.

Non essendo alla sua prima campagna elettorale, con quale spirito sta affrontando questa candidatura al Senato?

Sono lieta di essere stata richiesta di candidarmi per Potere al Popolo, l’unica candidatura che corrisponde al tipo di conoscenza pratica e politica che mi sento di rappresentare: cercherò di rispondere in coscienza al mio meglio. La politica mi ha sempre appassionato e quanto maggiore è la posta in gioco, tanto più mi appassiona: poche volte, dunque, come questa.

da: https://www.salto.bz/it/article/13022018/rivoluzionaria-con-il-sorriso