Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo – Esattamente 50 anni fa, il 16 ottobre del ’68, la storica protesta di Tommy Smith e John Carlos…

 

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Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo – Esattamente 50 anni fa, il 16 ottobre del ’68, la storica protesta di Tommy Smith e John Carlos…

Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo

Sono passati 50 anni dal gesto di Tommy Smith e John Carlos che alzarono il pugno con il guanto nero. Mentre Peter Norman aveva un distintivo per i diritti civili. Furono discriminati e cacciati.

Certo che ci emozioniamo ancora nel vedere questa foto di 50 anni fa. Era il 16 ottobre del 1968, in quegli anni le Olimpiadi non erano soltanto quella cosa che sognano Malagò ed altri, erano un momento in cui etica, sport e politica scendevano in campo. Ecco perché questa foto è importante. Perché Dopo aver vinto la finale del 200 metri con un record mondiale stratosferico, Tommy Smith, con il suo compagno di squadra e compagno delle Black Power, John Carlos, cambiò per sempre la storia alzando il pugno nero chiuso al cielo. Il pugno destro Smith, quello sinistro Carlos. Le conseguenze repressive per loro furono furionde. Cacciati dalla squadra americana, la loro carriera finì con quella meravigliosa testimonianza politica.
E grandissimo fu anche Norman, che appoggiò i due colleghi americani e fu punito duramente dalla repressiva squadra austrraliana. Anche lui finì la sua carriera all’omnbra di quei pugni chiusi.

In una immagine simbolica la storia di tre uomini coraggiosi, non solo campioni dello sport. Etica, coraggio e ribellione al sistema ingiusto: Tommy Smith, John Carlos e Peter Norman.

Leggete questo pezzo straordinario di Gianni Mura su quella premiazione che ha cambiato la storia.

Bisogna sforzarsi di non guardare i due a testa bassa, il pugno chiuso alzato in un guanto nero, calze nere e niente scarpe, sul podio. Bisogna concentrarsi sull’ atleta di sinistra, bianco, lo sguardo dritto, le braccia lungo i fianchi. Bisogna ricordare alcune cose, di quel 1968 perennemente associato al Maggio francese. Il 16 marzo il massacro di My Lai, il 4 aprile l’ assassinio di Martin L. King, il 5 giugno tocca a Bob Kennedy.

Aggiungiamoci il Biafra, i carri armati sovietici sulla primavera di Praga, la strage di piazza delle Tre Culture poco prima che cominci l’ Olimpiade messicana. Bisogna sapere che la finale dei 200 metri la vince Tommie Smith in 19″83 (primo a scendere sotto i 20″) davanti a Norman (20′ 06″)e Carlos (20′ 10″). Carlos parte forte, troppo forte. Smith lo passa a 30 metri dalla linea e corre gli ultimi 10 a braccia alzate. Norman ai 100 metri è solo sesto, viene fuori nel finale, supera Carlos negli ultimi metri. Bisogna sapere che nel ‘ 67 Harry Edwards, sociologo a Berkeley, voce baritonale, discreto discobolo, ha fondato l’ Ophr, Olympic program for human rights. L’ idea è che gli atleti neri boicottino i Giochi, ma è difficile da realizzare. Chi aderisce porta il distintivo, una sorta di coccarda, ed è libero di manifestare la sua protesta come crede. Smith e Carlos, accolti alla San José perché bravi atleti, a loro volta studenti di Sociologia, portano il distintivo e vogliono manifestare.

Bisogna anche avere un’ idea sull’ età dei tre sul podio. Tutti nati nel mese di giugno. Smith nel Texas, settimo di undici figli. Ha 24 anni. Suo padre raccoglie cotone. Norman è il più anziano, ha 26 anni, suo padre è macellaio, famiglia molto credente e vicina all’ Esercito della salvezza. Carlos ha 23 anni,è figlio di un calzolaio, natoe cresciuto ad Harlem. Appena giù dal podio la loro carriera sarà finita, bruciata, e la vita un inferno. Ma loro non lo sanno e, se lo sanno, non gliene importa. Nel sottopassaggio che va dagli spogliatoi al podio Norman assiste ai preparativi dei due americani. Tutto è fortemente simbolico, dalla mancanza di scarpe (indica la povertà) alla collanina di piccole pietre che Carlos mette al collo (ogni pietra è un nero che si batteva per i diritti ed è stato linciato). Smith e Carlos spiegano. E Norman dice: «Datemi uno dei distintivi, sono solidale con voi. Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti». Così anche Norman sistema la coccarda sulla sinistra della tuta. C’ è un problema, Carlos ha dimenticato i suoi guanti neri al villaggio, mentre Smith ha con sé quelli comprati da Denise, sua moglie. «Mettetevene uno tu e l’ altro tu», consiglia Norman. Così fanno. Smith alza il pugno destro e Carlos il sinistro. 
«Se ne pentiranno tutta la vita», dice Payton Jordan, capodelegazione Usa. Vengono cacciati dal villaggio, Smith e Carlos. Uno camperà lavando auto, l’ altro come scaricatore al porto di New York e come buttafuori ad Harlem. Sono come appestati. A casa di Smith arrivano minacce e pacchi pieni di escrementi, l’ esercito lo espelle per indegnità. A casa di Carlos minacce telefoniche a ogni ora del giorno e della notte. Sua moglie si uccide. Solo molti anni dopo li riprenderannoa San José, come insegnanti di educazione fisica. E nel 2005 Norman sarà con loro, per l’ inaugurazione di un monumento che ricorda quel giorno in Messico. Norman in Australia viene cancellato. Supera 13 volte il tempo di qualificazione per i 200 e 5 quello per i 100, ma a Monaco ‘ 72 non lo mandano. Nessuna spiegazione. Gioca a football ma smette per un infortunio al tendine d’ Achille, rischia l’ amputazione di una gamba. Insegna educazione fisica, svolge attività sindacale, arrotonda in una macelleria. Il più grande sprinter australiano non è coinvolto in Sydney 2000 né tantomeno invitato (col suo 20″06 avrebbe vinto l’ oro). 
Sofferente di cuore, muore il 3 ottobre 2006. Smith e Carlos vanno a reggere la bara, il 9 ottobre. La banda suona “Chariots of fire”. Il 9 ottobre diventa, su iniziativa Usa, la giornata mondiale dell’atletica. Il nipote Matt ha girato un lungometraggio sul nonno, intitolato “Salute”, trovando pochi finanziatori in patria («È una storia che riguarda due atleti neri»). Non erano due neri e un bianco a chiedere rispetto e giustizia su quel podio, erano tre esseri umani. «Sono affari vostri», poteva dire Norman, ma non lo disse e non si pentì mai, e gli altri due nemmeno. Tutte cose che la foto non dice.

 

tratto da: https://www.globalist.it/life/2016/10/16/black-power-quando-alle-olimpiadi-gli-atleti-si-ribellarono-al-razzismo-206908.html

Olimpiadi Renziane: 400mila euro alla Ercolani, collaboratrice di Lotti e amica di Renzi, per due video su Rio 2016. Il tutto con una strana “assegnazione” avvenuta 3 mesi dopo i Giochi! …E Vi chiedete ancora perchè sono tanto incazzati con la Raggi che ha loro tolto la polpetta dal piatto?

 

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Olimpiadi Renziane: 400mila euro alla Ercolani, collaboratrice di Lotti e amica di Renzi, per due video su Rio 2016. Il tutto con una strana “assegnazione” avvenuta 3 mesi dopo i Giochi! …E Vi chiedete ancora perchè sono tanto incazzati con la Raggi che ha loro tolto la polpetta dal piatto?

 

Olimpiadi renziane: 400mila euro alla Ercolani

Collaboratrice di Lotti, la produttrice tv ha lavorato a Rio ‘16. L’assegnazione arriva 3 mesi dopo i Giochi.

Quale regia migliore dell’Italia che cambia, per l’Italia che vince. Avranno forse pensato questo al Coni, quando hanno deciso di affidare la produzione video delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 all’agenzia di Simona Ercolani. L’ex autrice Rai vicina a Matteo Renzi, vicinissima a Luca Lotti che presto sarebbe diventato ministro dello Sport ma già allora aveva ottimi rapporti con Giovanni Malagò.

Una delle menti più brillanti della campagna referendaria per il sì. Per lei il 2016 è stato un anno intenso ma ben remunerato: dal Comitato Olimpico sono arrivati complessivamente circa 400mila euro. Grazie a vari affidamenti diretti e una procedura di gara senza bando, pubblicata e aggiudicata 3 mesi dopo, e non prima, dei Giochi.

Stand by Me è una società di produzione multimediale fondata dalla Ercolani. Da anni crea contenuti originali per tv e imprese, ma ormai ha fatto il salto nelle istituzioni. “We tell stories” è lo slogan dell’agenzia: “raccontiamo storie”, quelle che piacciono a Renzi.

Infatti nel 2016 ha lavorato come consulente a Palazzo Chigi per le celebrazioni storiche, a stretto contatto con Lotti, anche nel team di comunicazione per il referendum. Tanto da essere in lizza per due poltrone di peso nella Rai, azienda di cui in passato è stata una delle autrici più apprezzate: prima per la presidenza, poi per la direzione di Rai1. Entrambe le cariche sono sfumate per evitare di mollare l’azienda, ma lei si è consolata con un contratto al Coni per le Olimpiadi 2016.

Non che la Ercolani avesse bisogno di lezioni sul mondo dello sport: fra i suoi successi spicca Sfide, il programma pluripremiato per il suo modo di raccontare le storie degli atleti. Pare che al Foro Italico avessero in mente proprio questo format, quando l’hanno chiamata per la produzione di Rio. La sua agenzia ha sbaragliato la concorrenza. Gare, del resto, non ne sono state fatte: il Coni è andato dritto sulla sua agenzia, senza indecisioni (e tantomeno confronti sul mercato). Si può farlo solo in caso di assoluta unicità del prodotto. E la Ercolani senza dubbio è un pezzo unico: può vantare il modello Sfide, un archivio preziosissimo di immagini Rai (che ha dato subito il via libera). Di sicuro nessuno ha rapporti così stretti col governo, da cui il Coni in fondo dipende. “Sono nel mondo dello sport da 20 anni, nessuno fa storytelling come me. L’incarico è merito mio, non degli agganci politici”, chiarisce lei.

Di certo nel 2016 la Stand by me è stata a libro paga della Coni Servizi, la partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia. E ora ha già cominciato a lavorare ai Mondiali di sci di Cortina 2021. Cinque affidamenti diretti diversi, spalmati nei mesi, sempre sotto la soglia dei 40mila euro. Per pagare il grosso, invece, è servita una procedura negoziata: 293mila euro, ma senza bando pubblico o ribasso.

Anche sulle date qualcosa non torna: la procedura è stata pubblicata sul portale Anac il 21 ottobre, aggiudicata in una settimana e conclusa il giorno successivo. Tre mesi dopo le Olimpiadi. Non proprio il massimo della trasparenza, visto che una procedura del genere, pur essendo molto snella, prevede comunque degli obblighi su requisiti e motivazioni di deroga all’evidenza pubblica. Quando invece gli splendidi video olimpici erano ormai in archivio da un pezzo. Fa nulla: tra amici ci si intende.

tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/olimpiadi-renziane-400mila-euro-alla-ercolani/

Olimpiadi Roma. Ricordate quelli che gettavano fango sulla Raggi perchè non le ha volute? Indagati dalla Corte dei Conti per danno erariale! Ora capite perchè per “loro” le Olimpiadi erano così importanti e perchè poi si sono tanto incazzati?

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Olimpiadi Roma. Ricordate quelli che gettavano fango sulla Raggi perchè non le ha volute? Indagati dalla Corte dei Conti per danno erariale! Ora capite perchè per “loro” le Olimpiadi erano così importanti e perchè poi si sono tanto incazzati?

 

Olimpiadi Roma, dopo il No della giunta M5s la Corte dei conti indaga sulle spese del Coni: ipotesi danno erariale

L’indagine nasce da un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi più volte consulente 5 stelle. Nel mirino proprio il Comitato olimpico e la coppia Malagò-Montezemolo

Giovanni Malagò lo spauracchio del danno erariale lo aveva agitato più volte: nei giorni convulsi di settembre in cui Virginia Raggi si preparava ad affossare definitivamente la candidatura di Roma 2024, era stata una delle ultime carte con cui il Coni aveva provato (invano) a far cambiare idea al Movimento 5 stelle, paventando la possibile responsabilità dei consiglieri che avessero votato per una mozione contraria. Ora, a distanza di nove mesi, l’indagine della Corte dei Conti è arrivata davvero. Ma a innescarla è stato un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi amico e consulente di Beppe Grillo e i suoi. Che ovviamente non attacca l’amministrazione capitolina, ma mette nel mirino proprio il Comitato olimpico e la premiata coppia Malagò-Montezemolo.

A riportare la notizia sono l’edizione romana del quotidiano la Repubblica e il Tempo: la procura del Lazio della Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul bilancio del comitato promotore di Roma 2024, affidato al pm Bruno Tridico. L’organo di vigilanza indagherà per capire se effettivamente c’è stato danno erariale per i tanti milioni di euro di soldi pubblici spesi a sostegno del progetto olimpico. Quanti non è possibile dirlo con precisione: per lavorare in house a Coni Servizi spa (la vera cassa dello sport italiano), non è mai stato costituito un vero e proprio Comitato promotore autonomo, solo una “unità operativa” della società, senza un bilancio completo. Solo rovistando fra i conti del Coni, ilfattoquotidiano.it era stato in grado di ricostruire una parte delle spese sostenute in questi due anni di candidatura: viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, appalti, contratti e consulenze d’oro anche da 200mila e passa euro all’anno. Altre tracce sono contenute nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Coni Servizi (relativa però ancora al 2015), che si conclude sottolineando che “ad oggi in relazione all’attività di chiusura del progetto di candidatura non si è verificato alcun tipo di contenzioso”. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni di euro.

Proprio gli articoli de ilfatto.it sono al centro dell’esposto dell’Adusbef da cui si origina l’inchiesta, datato al 27 settembre 2016. Sono i giorni della mozione del M5s contro il progetto olimpico, che avrebbe poi costretto il Coni a staccare la spina. Sancendo che tutti quei milioni sono stati sprecati per nulla. La tesi del Comitato è sempre stata che loro i soldi li avevano spesi sulla base di precisi atti amministrativi, e che di un eventuale danno erariale avrebbe dovuto rispondere chi ha cambiato le carte in tavola; ovvero la Raggi e la sua giunta, che hanno annullato la delibera di Ignazio Marino. Ora, però, l’Adusbef mette in discussione non tanto il perché, ma il come siano stati utilizzati quei fondi pubblici: l’associazione “chiede – si legge nel documento – di verificare se le condotte del Comitato Promotore di Roma 2024 nella scelta dei beneficati dei contratti di consulenza, spese per il personale, collaborazioni e prestazioni professionali, ecc., siano state effettuate secondo le vigenti normative volte alla trasparenza ed alla pubblica evidenza”. I ruoli di accusato e accusatore, insomma, sembrano ribaltati. E infatti Malagò ha commentato: “È una storia surreale, una cosa divertente e per certi versi curiosa”. Dalle parti del Foro Italico, comunque, la notizia del fascicolo (aperto per il momento come semplice atto dovuto), non è stata accolta del tutto negativamente: in fondo quello che il Coni minacciava qualche mese fa era proprio di portare le carte del Comitato alla Corte dei Conti. Ed è quello che succederà adesso, anche se la ragione forse non è proprio quella che si aspettavano.

Per rinfrescarVi la memoria – Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Ecco come avevano già cominciato a mangiarsi i nostri soldi, senza fare i conti con la Raggi – Sfido che poi si sono incazzati!!

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Per rinfrescarVi la memoria – Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Ecco come avevano già cominciato a mangiarsi i nostri soldi, senza fare i conti con la Raggi – Sfido che poi si sono incazzati!!

 

 

Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Come ha speso i soldi il comitato organizzatore del Coni

La cifra dei 20 milioni di danno erariale che l’organizzazione guidata da Malagò sarebbe pronta a chiedere alla Raggi non è ricostruibile nei dettagli. Ma nel bilancio del Coni 2015 e in quello di previsione 2016 si trovano tracce di almeno 10 milioni di spese già stanziate o effettuate: dal rifacimento degli uffici, a 450mila euro di supporto tecnico legale, fino alle diverse figure professionali arruolate con contratti biennali da 200mila euro più “quote variabili”. E ancora, 150mila euro di trasferte e 785mila euro di “altri costi per servizi”

Viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, contratti e consulenze d’oro. Anche da 200mila e passa euro all’anno. Vincere le Olimpiadi ha un prezzo. E per aggiudicarsi quelle di Roma 2024 il Comitato promotore ha già speso diversi milioni di euro. Su cui adesso che la candidatura sembra ormai arrivata a fine corsa, rischia di spostarsi la battaglia con il Campidoglio. Se il consiglio approverà la delibera di revoca della candidatura, Giovanni Malagò è intenzionato a rivolgersi alla Corte dei Conti per “danno erariale”: “Qualcuno dovrà rispondere del fatto che sono stati spesi dei soldi pubblici”. Già, ma come?


LA MINACCIA DEL DANNO ERARIALE
– È questa la domanda che è stata posta da più parti, specie dal Movimento 5 stelle: “Visto che il presidente Malagò ha tirato in ballo la sindaca dicendo che chiederà questi 20 milioni di euro di danni, vorrei sapere come sono stati spesi e se ha intenzione di rendicontare”, ha detto il deputato Simone Valente. “Il Coni è un ente pubblico e tutte le spese sono online”, la replica del numero uno dello sport italiano. A inizio 2016 il presidente Luca Cordero di Montezemolo aveva stimato il costo complessivo della candidatura in 24,9 milioni di euro, di cui 5 privati. Di qui la cifra dei 20 milioni di cui si parla. Alcuni progetti non vedranno mai la luce, altri sono già stati realizzati: difficile quantificare con esattezza il totale, che poi è la cifra che potrebbe essere eventualmente contestata davanti alla Corte dei Conti. Forse superiore ai 10 milioni di euro: una rendicontazione al dettaglio, infatti, ancora non è disponibile. Sicuramente non sul sito del Comitato promotore (che però è solo una branca della Coni Servizi Spa). Ma cercando fra le pieghe del bilancio Coni 2015 e della previsione per il 2016 è possibile farsi un’idea di come siano stati spesi i soldi per promuovere una candidatura ormai quasi fallita.spese-roma-2024-2015

LA SEDE AL FORO ITALICO E LE CONSULENZE D’ORO – Gli sforzi della Coni Servizi si sono mossi essenzialmente in tre direzioni: mettere a disposizione del Comitato una sede e uno staff, predisporre il dossier olimpico nelle sue varie fasi e step (lo stesso che è stato consegnato al Cio e bocciato dalla giunta M5s), realizzare le attività di comunicazione del progetto. Tutti e tre i punti hanno avuto i loro costi. Di viaggi in giro per il mondo per promuovere l’immagine di Roma e la sua candidatura, ad esempio, solo nel 2015 (ancora di rodaggio) se ne sono andati circa 150mila euro. Tra gli investimenti strutturali dello scorso anno ci sono anche 590mila euro, di cui una parte è servita per riqualificare l’immobile adibito a sede dell’unità operativa per Roma 2024. Malagò aveva promesso di fare tutto “in house”, e così è stato: la casa del Comitato è stata individuata all’interno del Parco del Foro Italico, già di proprietà del Coni. Uffici comunque nuovi di zecca. Ma a colpire l’attenzione sono soprattutto i costi del personale. Se Montezemolo ha svolto il suo incarico da presidente a titolo gratuito, lo stesso non si può dire degli altri rappresentanti e collaboratori vari del Comitato. La coordinatrice Diana Bianchedi, ad esempio, ha firmato un contratto biennale dal valore di 190mila euro (l’anno, ovviamente), a cui bisogna aggiungere altri 38mila euro di quota variabile. Per il direttore della Comunicazione Fabio Guadagnini, volto noto di Sky e Fox Sports, sono previsti 200mila euro, più 40mila di possibili premi (chissà se raggiunti, a questo punto). E ancora: 90mila euro per Roberto Daneo, advisor del dossier che aveva già svolto lo stesso incarico per Expo 2015; 100mila euro per il planning manager Simone Perillo, 45mila euro per il programma multimediale di valorizzazione artistico/sportiva della città. Ma anche 40mila euro per chi ha curato il progetto del bacino remiero, o 25mila euro per quello delle gare di vela (che non si disputeranno mai). Alcuni di questi contratti erano a progetto, altri sono già stati stipulati fino al 31 dicembre 2017. E salvo sorprese o rinunce dovranno essere onorati.

2,2 MILIONI NEL 2015, PIÙ DEL TRIPLO NEL 2016 – Dal punto di vista tecnico, funziona più o meno così: il governo stanzia dei fondi, il Comitato promotore di Roma 2024 spende quei soldi attraverso la Coni Servizi (la società per azioni che rappresenta il braccio operativo economico del Comitato olimpico). E quest’ultima al termine delle operazioni si fa riaddebitare dall’Ente i costi sostenuti. Il tutto ovviamente al di fuori del contratto di servizio, che vale da solo 124 milioni di euro di contributi pubblici l’anno. Nel bilancio 2015, già approvato e pubblicato, si legge che lo scorso anno sono stati spesi 2,2 milioni di euro per le attività di Roma 2024. La voce più alta è tutt’altro che definita nel dettaglio: 785mila euro di “altri costi per servizi”. Ma ci sono anche 450mila euro di supporto tecnico legale, 485mila euro di collaborazioni e prestazioni professionali, 150mila euro di viaggi e di trasferte, più altre uscite minori riconducibili a catering, convegni, materiali, merci. Solo un anticipo delle spese ben più consistenti del 2016: nel budget per l’anno corrente, infatti, sono segnati 7,5 milioni di euro di costi previsti. Un +5,1 rispetto al 2015, visto che le attività “avranno particolare impulso considerando che si tratta dell’anno precedente a quello in cui il Cio designerà la città ospitante l’evento”. Quando verrà approvato il consuntivo 2016 si saprà cosa e quanto è stato speso con precisione. Al conto, poi, manca anche il 2017: nell’ultima legge di stabilità il governo aveva stanziato 8 milioni di euro con vincolo di destinazione per le attività del Comitato promotore nel prossimo anno. Almeno questi verranno recuperati, anche se una parte potrebbe essere già stata impegnata. Come più volte ribadito dal Coni, sono tutte spese lecite, autorizzate dalla legge e da quella mozione con cui proprio il Campidoglio aveva presentato domanda di candidatura. La stessa che ora la Giunta guidata da Virginia Raggi deve revocare per chiudere ogni discorso su Roma 2024. Nell’ottica del Comitato solo un investimento (inferiore rispetto a quello sostenuto da Los Angeles e Parigi) per vedersi assegnata la manifestazione (e con essa 1,7 miliardi di contributi dal Cio). Adesso, però, la candidatura di Roma 2024 se ne va, i costi restano. In fondo è proprio questa la tesi del danno erariale.

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/22/olimpiadi-2024-viaggi-contratti-e-consulenze-doro-come-ha-speso-soldi-il-comitato-organizzatore-del-coni/3050980/

Tutti contro la Raggi per il NO alle Olimpiadi 2024…Però ora, dopo il no di Amburgo e Budapest, si scopre che nessuno le vuole. Troppi costi e nessun vantaggio! …E forse si comincia a capire che la Raggi non è così stupida come dicono…!

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Tutti contro la Raggi per il NO alle Olimpiadi 2024…Però ora, dopo il no di Amburgo e Budapest, si scopre che nessuno le vuole. Troppi costi e nessun vantaggio! …E forse si comincia a capire che la Raggi non è così stupida come dicono…!

 

Perché nessuno vuole ospitare le Olimpiadi 2024

Dopo Boston e Roma, anche Amburgo e Budapest rinunciano a ospitare i Giochi Olimpici del 2024. Alla base ci sono motivi economici e un modello imposto dal CIO non sostenibile

 

La notizia è passata sotto silenzio, ma pone una serie di riflessioni da fare.
Anche Budapest – dopo Boston, Roma e Amburgo – ha ritirato la propria candidatura per ospitare i Giochi Olimpici del 2024, a seguito dell’opposizione dell’opinione pubblica. Rimangono quindi in gara solamente Los Angeles (sostituto di Boston, candidato iniziale) e Parigi. La stessa cosa è accaduta per i Giochi Invernali del 2022: le uniche candidate rimaste erano Almaty in Kazakistan e Pechino in Cina (e quest’ultima se le è aggiudicata).

Insomma, fuor di metafora, c’è un gran fuggi-fuggi da quello che un tempo sembrava una benedizione per la città e la nazione che ospitava i Giochi di De Coubertin, l’aristocratico francese che fondò le moderne Olimpiadi.
Perché sta succedendo tutto questo? Il motivo principale riguarda i costi e il superamento endemico del budget. Uno studio condotto dalla Business School dell’Unviversità di Oxford rivela che nel periodo 1960-2016, il superamento del costo medio è stato del 156%.

Tale over budgeting è cresciuto esponenzialmente, al punto che per le prossime Olimpiadi di Tokyo (2020) i costi sono quadruplicati rispetto alle previsioni iniziali.

C’è da dire che gli sponsor non mancano, come pure i diritti di trasmissione tv. Recentemente Comcast, la società madre di NBC Universal, ha pagato l’enorme cifra di 7,75 miliardi di dollari per l’esclusiva televisiva per il periodo 2022-2032: c’è però da dire che oggi solo il 30% dei ricavi televisivi vanno al paese ospitante, tutto il resto se lo prende il CIO (Comitato Olimpico Internazionale).

L’ultima città ad essersi accaparrata il 69% dei ricavi tv è stata nel 1992 Barcellona; da allora il Comitato Olimpico ha cambiato le regole, rendendo sempre meno sostenibile il modello economico per la città ospitante.

In realtà una situazione simile si era già presentata negli anni ’70: allora gli attacchi terroristici, il debito paralizzante e i boicottaggi continui avevano lasciato solo Los Angeles come unica candidata a ospitare i Giochi del 1984: ci pensò Peter Ueberroth, uomo d’affari promotore dell’evento che chiese un grosso aiuto ai contribuenti e impose condizioni spartane ai partecipanti, come ad esempio far dormire gli atleti nei dormitori universitari. Risultato? Un profitto per la città di 215 milioni di dollari che rilanciò l’istituzione dei Giochi Olimpici.

Ma torniamo ad oggi. Il CIO accusa le amministrazioni delle città che non si vogliono prendere la responsabilità dell’organizzazione dei giochi, però i dati dicono chiaramente che il problema non è politico, ma principalmente economico. Quali sono le soluzioni che si prospettano per risolvere questa fuga delle città?

Innanzitutto modificare il modello esistente del Comitato e concedere una quota maggiore degli introiti alla città ospitante o, quantomeno, la promessa di coprire una parte del superamento dell’over budget. Inoltre molti propongono una sorta di “decentramento diffuso” per cui gli eventi olimpici si svolgono in tutto il mondo, a seconda dell’infrastruttura sportiva più adatta, ma a questa opzione si oppongono chi si occupa della produzione tv che vedrebbe un aumento pazzesco dei costi.

Ma in molti, tra cui Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, propendono per la soluzione più radicale, ovvero quello di designare un paio di città che ospitino le Olimpiadi permanentemente, così che le strutture sportive possano avere una vita al di là delle spegnimento della fiamma olimpica. Certo, si perderebbe un po’ la “magia” delle Olimpiadi ogni quattro anni in un luogo diverso, ma ci sarebbe una grande ottimizzazione dei costi e benefici sul risultato finale.

 

tratto da: https://www.wired.it/economia/business/2017/03/27/nessuno-vuole-ospitare-olimpiadi-2024/