Legge stadi, nella manovrina d’incanto sparisce il vincolo anti complessi residenziali che tanto dava fastidio agli amici di Matteo Renzi: via libera alle speculazioni edilizie per sport.

 

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Legge stadi, nella manovrina d’incanto sparisce il vincolo anti complessi residenziali che tanto dava fastidio agli amici di Matteo Renzi: via libera alle speculazioni edilizie per sport.

 

Legge stadi, nella manovrina sparisce il vincolo anti complessi residenziali: via libera alle speculazioni edilizie per sport

Cancellato con un tratto di penna dalla vecchia normativa il divieto di legare la costruzione di nuove palazzine alla realizzazione di impianti sportivi. Nel 2013 sulla stessa questione il Pd renziano (con Dario Nardella in prima fila) insorse contro il governo Letta. Oggi il sindaco di Firenze (dove i Della Valle costruiranno un nuovo stadio da 40mila posti) dice al fatto.it: “In questi giorno sono stato preso dagli impegni locali in città, non ho seguito la vicenda, quindi non ho elementi per rispondere”. Il 10 marzo, però, alla presentazione del nuovo stadio della Fiorentina disse che il suo amico Luca Lotti gli aveva annunciato novità importanti sulla questione

Due curve, due tribune e quattro condomini, con appartamenti da rivendere e milioni da incassare: ora si può. Perché se fino a ieri chi voleva costruire nuovi stadi poteva pensare di rientrare nell’investimento realizzando solo cinema, negozi e centri commerciali, dal 24 aprile può mettere in cantiere anche palazzi, case, villette e relativi profitti di vendita. Un affare. Con un tratto di penna su una frase ben precisa contenuta nella vecchia legge sugli impianti sportivi, infatti, il governo Gentiloni ha cancellato il vincolo che impediva di inserire la realizzazione di complessi di edilizia residenziale all’interno del progetto dei nuovi campi sportivi. Che siano dedicati al calcio o ad altri sport poco importa: basta disegnare arene con capienze da almeno 20mila posti, trovare un imprenditore che fiuta l’affare, una società ambiziosa e un’amministrazione comunale compiacente ed il gioco è fatto. Lì dove c’era l’erba (del campo) ci saranno tante belle casette: lo stadio con gli appartamenti intorno, ovvero l’articolo 62 della manovrina firmata da Mattarella pochi giorni fa.

ALTRO CHE NORMA “SALVA STADIO DELLA ROMA” – L’hanno chiamata norma “salva stadio della Roma”, ma in realtà la posta in palio è molto più alta perché di fatto l’esecutivo ha riaperto al grande business della speculazione sugli impianti sportivi. Che, di fatto, potrebbero diventare cavallo di troia per imponenti colate di cemento. Anche residenziali come detto, in deroga ai piani regolatori: perché il divieto esplicito per cui i renziani si erano battuti strenuamente nel 2013 (quando erano ancora forza di minoranza del governo di centrosinistra) è stato ora cancellato dal ministro dello Sport, Luca Lotti, che ha già messo la firma sull’articolo della “manovrina” di primavera. “Una rivoluzione”, ha rivendicato in un’intervista al quotidiano L’Arena. E come dargli torto: prima la legge “non prevedeva nessun altro intervento” se non quelli “strettamente necessari” (definizione che già aveva prestato il fianco a interpretazioni discutibili), ora “può ricomprendere” praticamente tutto. Con la scusa di un nuovo impianto sportivo (neanche troppo grande: 20mila posti di capienza minima) le società potranno alzare condomini e palazzine, senza neppure il bisogno di una vera e propria variante urbanistica: dal ministero spiegano che la decisione finale spetterà sempre ai consigli comunali, ma di fatto i piani regolatori potranno essere superati semplicemente con il parere positivo della conferenza dei servizi.

SPARITO IL VINCOLO SUL RESIDENZIALE – Si tratta a tutti gli effetti di un colpo di mano. A sorpresa, peraltro. Perché nella “finanziaria-bis” licenziata dal consiglio dei ministri prima di Pasqua era atteso un capitolo dedicato agli investimenti sportivi, dove inserire la tanto attesa garanzia da 97 milioni di euro per la Ryder Cup e alcune misure per i mondiali di sci di Cortina. Ma nessuno si aspettava che spuntasse dal nulla anche un articolo dedicato alla “costruzione di impianti sportivi”. Una paginetta scarsa che modifica la normativa vigente in un paio di punti cruciali. La vera novità è riassunta tutta in una frase: in quello che c’è scritto (o meglio, in quello che non è scritto) all’interno del comma 1 dell’articolo 62: “Lo studio di fattibilità può ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva, complementari e/o funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell’impianto”. Dal testo è stata cancellata la frase “con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale” che compariva nella precedente legge n.147 del 2013 e che fino ad oggi aveva messo al riparo i progetti dall’invasione di nuove palazzine. Basta questa piccola spunta per aprire le porte alla speculazione.

“RISCHIO SPECULAZIONE” – “Il provvedimento è molto chiaro, nulla da interpretare: prima c’era un vincolo sul residenziale, ora non c’è più”, commenta Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente e deputato del Partito Democratico, da sempre attivo sulla questione stadi. “A me pare che questa operazione non riguardi tanto il nuovo stadio della Roma (a cui lui ora sta collaborando come consulente per la certificazione ambientale per i proponenti, nda), quanto altre città: ultimamente si è parlato di Firenze, mi vengono in mente anche i piani di Lotito per la nuova casa della Lazio che prevedevano una parte residenziale. Di sicuro in molti saranno contenti di questa legge”. La misura era stata presentata come un favore allo stadio della Roma perché propone una conferenza dei servizi più rapida, il cui parere conclusivo d’ora in poi servirà anche da variante urbanistica (lo scoglio su cui la giunta Raggi si era incagliata negli scorsi mesi, anche per le spaccature interne). Ma all’interno dello stesso Movimento 5 stelle romano ritengono che il vero obiettivo sia un altro: “Per quel che ci riguarda non ci sono grosse novità”, conferma a ilfattoquotidiano.it Daniele Frongia, assessore allo Sport del Comune. “Dopo la ‘manovrina’ l’assessore all’Urbanistica, Luca Montuori, ha incontrato l’As Roma, ma è servito solo per ribadire gli accordi già presi: le carte in tavola non cambiano”. Ovvero a Tor di Valle non ci sarà nessuna riconversione degli edifici commerciali previsti dal dossier: “Con la vecchia o con la nuova legge, possiamo garantire che il residenziale non entrerà nel progetto. Prendiamo atto invece dell’accelerazione nell’iter della conferenza: nel nostro caso, dove tutto è già stato approfondito a lungo, potrebbe avere un risvolto positivo, il rischio è che abbia effetti deleteri altrove”.

LA GIRAVOLTA DEI RENZIANI – L’articolo 62 della manovrina, insomma, serve anche per chiarire che il parere della conferenza dei servizi sostituirà l’eventuale variante urbanistica necessaria in caso di cambio di destinazione d’uso dei terreni. Virginia Raggi vi avrebbe fatto volentieri ricorso negli scorsi mesi, quando il progetto di Tor di Valle si era arenato proprio per la difficoltà ad approvare un atto in giunta e poi in consiglio comunale (data la contrarietà dell’ex assessore Berdini e di alcuni consiglieri). Ora il processo accelerato sarà un aiuto in più, ma non sposterà gli equilibri che sembrano già raggiunti. Mentre potrebbe essere determinante per quei progetti ancora tutti da definire nel resto del Paese. C’è anche un ulteriore favore ai proponenti: la sospensione dei permessi per l’occupazione di suolo pubblico nel raggio di 300 metri dallo stadio in occasione delle partite, che rimetterà nelle mani delle società anche il business degli ambulanti. Ma queste sono briciole, in confronto alla possibilità di costruire palazzine e condomini, magari un intero nuovo quartiere, dove non potrebbe sorgere nulla. Un affare da milioni di euro.

NARDELLA: “NON HO SEGUITO LA VICENDA”. MA IL 10 MARZO ANNUNCIAVA NOVITA’ SULLA NORMATIVA – È curioso che quattro anni fa, quando il governo Letta aveva provato a cancellare il vincolo sul residenziale, tra i tanti a insorgere c’era stata anche l’ala renziana del Pd. Dario Nardella, uno dei primi promotori del ddl sugli stadi, aveva difeso personalmente quella clausola, definita come “discrimine” contro la “tentazione di usare la realizzazione di grandi impianti sportivi come pretesto per altre finalità”. Oggi, contattato da ilfattoquotidiano.it, il sindaco di Firenze spiega di essere “preso dagli impegni locali in città” e di “non aver seguito la vicenda”. Eppure la città da lui amministrata è una di quelle maggiormente interessate dalle novità, visto che la famiglia Della Valle costruirà nel quartiere di Novoli (inizio lavori previsto nel 2019) un nuovo impianto da 40mila posti. Il progetto è stato presentato il 10 marzo e in quella occasione Nardella sottolineò – con grande soddisfazione – di aver saputo dal suo amico Luca Lotti che a breve ci sarebbero state modifiche importanti alla legge sugli stadi. Che quindi gli interessava eccome.

Dagli uffici del ministero dello Sport, invece, precisano che si tratta di una norma che vuole solo snellire alcuni passaggi burocratici e dare una spinta positiva alla ristrutturazione e costruzione di nuovi impianti. E i rischi speculativi? Chi lavora con Luca Lotti è sicuro: non ci sono perché la decisione finale spetterà sempre ai consigli comunali. Ed in effetti gli enti locali (il Comune, la Regione laddove competente) continueranno ad avere l’ultima parola all’interno della conferenza dei servizi. Ma stravolgere i profili delle città italiane grazie ad uno stadio medio-piccolo sarà molto più facile e veloce. E soprattutto redditizio, specie per chi al pallone vuole abbinare il mattone.

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/27/legge-stadi-nella-manovrina-sparisce-il-vincolo-anti-complessi-residenziali-via-libera-alle-speculazioni-edilizie-per-sport/3545248/

Manovrina, non c’è traccia dei 250 milioni tagliati a poveri e disabili che il governo s’era impegnato a restituire. Ma non vi preoccupate! 97 milioni per la gara di golf sul campo della famiglia Biagiotti e i fondi per lo sci per quei poveracci di Cortina d’Ampezzo li hanno trovati…!

 

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Manovrina, non c’è traccia dei 250 milioni tagliati a poveri e disabili che il governo s’era impegnato a restituire. Ma non vi preoccupate! 97 milioni per la gara di golf sul campo della famiglia Biagiotti e i fondi per lo sci per quei poveracci di Cortina d’Ampezzo li hanno trovati…!

 

Dietrofront – Nelle bozze del decreto non c’è traccia dei 250 milioni tagliati ai fondi per il sociale trasferiti alle Regioni che il governo s’era impegnato a restituire.

Di tutto di più, tranne i fondi per le categorie più a rischio, in barba alle promesse. La rassicurazione era arrivata il 17 marzo scorso: quel giorno il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, accompagnato dal presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini aveva promesso di ripristinare le risorse destinate al fondo per le non autosufficienze e alle politiche sociali appena tagliate tra polemiche feroci. Nel primo provvedimento utile, però, della misura non c’è traccia: nelle bozze della manovrina del governo, il cui testo ufficiale dovrebbe uscire oggi, lo stanziamento infatti non compare.

E le speranze che possa spuntare all’improvviso sono poche. Tra i governatori – da quanto filtra – c’è molta preoccupazione, e per questo ne hanno discusso nell’ultima conferenza delle Regioni tenutasi giovedì scorso. Al termine è toccato a Massimo Garavaglia, assessore in Lombardia e coordinatore per gli affari finanziari della Conferenza lanciare l’allarme: “C’era l’impegno del governo, ma da quanto risulta dalla versione fantomatica del decreto non c’è nulla. È opportuno che venissero messe le risorse e venisse mantenuta la parola, anche perché a farne le spese sono le categorie sensibili”.

Breve riassunto. Il 23 febbraio scorso, per effetto di un’intesa nella Conferenza Stato-Regioni è stato deciso un maxi-taglio di 485 milioni ai fondi sociali che vengono trasferiti dal governo centrale ai governatori. Tra questi: 50 milioni al fondo per la non autosufficienza (disabili, malati gravi e familiari che li assistono), che è tornato così ai 450 stanziati solo nell’ottobre scorso e 211 milioni a quello per le politiche speciali, che passa così da 311 a 99 milioni (-67%). Soldi che finanziano asili nido, misure di sostegno alle famiglie più povere, assistenza domiciliare e centri anti-violenza. Il fondo per le non autosufficienze, peraltro, era appena stato incrementato di 50 milioni dal “decreto Mezzogiorno” come promesso dal governo alle associazioni che seguono i malati di Sla.

La scure calata il 23 febbraio viene da lontano: le Regioni, infatti, dovevano ripartire i 2,7 miliardi di tagli sul 2017 imposti dalle manovre finanziarie del governo Renzi. Di questi, 2,2 miliardi per effetto del decreto sul “bonus Irpef” del 2014, i famosi 80 euro in busta paga (finanziati in buona parte con questa partita di giro a danno degli Enti locali). Una volta resa pubblica l’intesa, è arrivata la rivolta delle associazioni, in primis la Federazione italiana per il superamento dell’handicap. I 5Stelle, ma anche Sinistra italiana e parte del Pd hanno chiesto lumi al governo, che ha fatto finta di scoprirlo in quel momento (le trattative, però, erano state fatte con Palazzo Chigi).

Per spegnere le polemiche, il governo ha così promesso di tornare sui suoi passi riportando il fondo politiche sociali a 311 milioni e incrementando quello per la non autosufficienza di 37 milioni (destinati al capitolo del trasporto dei disabili). Dal canto loro, le Regioni s’erano impegnate a trovare altri 50 milioni. Il tagli erano a valere sui fondi 2017, c’era quindi una certa urgenza. La manovrina era la destinazione perfetta per lo stanziamento, anche perché il decreto, nato per correggere di 3,4 miliardi il deficit pubblico come chiesto dalla Commissione europea, nel frattempo è diventato un provvedimento “omnibus” di 68 articoli. “È quasi una finanziaria”, ha ammesso ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Nella bozza del testo, però, i fondi promessi non compaiono.

In compenso, c’è la garanzia pubblica da 97 milioni per la Ryder cup, la gara internazionale di golf che l’Italia ospiterà nel 2022 e i fondi per permettere a Cortina d’Ampezzo di ospitare le finali di Coppa del mondo e dei Campionati mondiali di sci alpino nel 2020 e 2021. Nel testo ci sono anche risorse (poche, per la verità) per i Comuni e le Province, oltreché per il trasporto pubblico locale.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 22/04/2017.

leggi anche:

Sempre più vergognosi – Ryder Cup, Lotti & C. ce l’hanno fatta! 3 volte hanno provato a far passare la norma ben nascosta in altre leggi e 3 volte scoperti, non si sono arresi. Ed al quarto tentativo, con la manovrina, sono riusciti a far pagare a NOI la gara di golf sul campo della famiglia Biagiotti!!

Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

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Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

Def, sparisce il calo Irpef ma resta il taglio del cuneo. Dieci miliardi per le banche

Pubblicato il testo del Documento di Economia e Finanza. La sforbiciata delle aliquote scompare dalle priorità del governo, ma l’obiettivo resta ridurre le tasse sul lavoro. Pressione fiscale in crescita dal 2018 per l’aumento dell’Iva della clausola di salvaguardia, ma il governo si impegna a sterilizzarla e prenota già 16 miliardi per la Legge di Bilancio. Nella manovrina salgono le accise su giochi e sigarette.

Sparisce il taglio delle aliquote Irpef tra gli obiettivi principali fissati dal governo, mentre resta prioritaria la riduzione del cuneo fiscale. È quanto emerge dal testo del Documento di Economia e Finanza, pubblicato dal Ministero dell’Economia questo pomeriggio. Il nuovo Programma Nazionale di Riforma, uno dei tre macrocapitoli di cui si compone il Def, indica ora come “cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori”. La riduzione delle aliquote era l’ultimo tassello del piano triennale di riduzione fiscale messo a punto dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e che prevedeva, nel 2018, proprio un intervento sugli scaglioni Irpef.

A legislazione vigente inoltre, il governo prevede anche un aumento della pressione fiscale a partire dal prossimo anno: dal 42,3% del 2017 al 42,8% per il biennio 2018-2019. Un incremento imputabile però unicamente all’innalzamento delle aliquote Iva previsto dalla clausola di salvaguardia attualmente ancora in vigore. Clausole che però il governo si è impegnato a disinnescare con la prossima legge di bilancio.

Dal testo arriva un’indicazione importante sul dosser bancario. Secondo quanto previsto dal governo, ammonta infatti a 10 miliardi di euro la somma che l’esecutivo ha in programma di impiegare per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Non si tratta di nuove risorse ma di una quota, circa la metà, di quanto accantonato con il decreto salva-risparmio approvato a fine dicembre e convertito in legge a metà febbraio.

Meno incassi dalla privatizzazioni
Più prudenti rispetto ai Def precedenti le previsioni sui proventi da privatizzazioni. Per il periodo 2017-2020 il governo calcola incassi pari allo 0,3% del pil l’anno, pari a circa 5 miliardi. In calo rispetto allo 0,5% – 8,5 miliardi – stimato nel Documento di Economia e Finanza dello scorso anno o lo 0,7%  stimato nel 2014, nel primo Def varato dal governo Renzi.

Quadro macroeconomico programmatico
2016 2017 2018 2019 2020
PIL 0,9 1,1 1 1 1,1
TASSO DISOCCUPAZIONE 11,7 11,5 11,1 10,5 10
INDEBITAMENTO NETTO -2,4 -2,1 -1,2 -0,2 0
INDEBITAMENTO STRUTTURALE -1,2 -1,5 -0,7 0,1 0
DEBITO PUBBLICO 132,6 132,5 131 128,2 125,7
DEFLATORE DEL PIL 0,8 1,1 1,8 1,8 1,7

Deficit e Iva: già prenotati in manovra 16 miliardi
Dai numeri presenti nelle tabelle del governo si possono già trarre informazioni preziose sulla prossima Legge di Bilancio. L’ipoteca principale è rappresentata – come detto – dalla clausola di salvaguardia che prevede l’innalzamento delle aliquote Iva. Un onere che vale circa 19,7 miliardi e che grazie agli effetti permanenti della manovra correttiva scende così a 14,6 miliardi. Parallelamente il governo nel quadro programmatico, che incorpora quindi gli interventi legislativi in programma, fissa un obiettivo di deficit di un decimo di punto inferiore al tendenziale, dall’1,3% all’1,2%, pari ad altri 1,7 miliardi. Se il governo volesse quindi sterilizzare gli aumenti Iva come promesso e mantenere gli stessi target di deficit dovrebbe reperire per la Legge di Bilancio 16,3 miliardi di euro.

Pressione fiscale in salita dal prossimo anno
La pressione fiscale – secondo quanto indicato nelle tabelle del Def – scende al 42,3%, nel 2017 dal 42,9 del 2016, per poi risalire al 42,8% nel 2018 e 2019. Al netto del bonus di 80 euro la pressione fiscale scende dal 42,3% del 2016 al 41,8% nel 2017, per poi salire al 42,2% nel 2018 e al 42,3% nel 2019.

Sul fronte della spending review il governo programma tagli per almeno un miliardo l’anno. “Dal lato della spesa, anche sulla scorta della riforma della procedura di formazione del bilancio, si attuerà una nuova revisione della spesa”, si legge nel testo. “Le Amministrazioni centrali dello Stato contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno”.

Quanto alle prospettive di crescita, il governo non esclude un ritocco al rialzo delle stime. “Il miglioramento dei dati economici e
delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del Pil per il 2017”, si legge nelle premesse.

Per la lotta alla povertà il governo le risorse stanziate dal governo  ammontano complessivamente a 1,2 miliardi nel 2017 e 1,7 nel 2018. Tre gli ambiti di intervento: il varo del reddito di inclusione, il riordino delle prestazioni assistenziali e il rafforzamento e coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.

Più soldi per gli statali
La promessa fatta dal governo ai sindacati è di un aumento medio in busta paga di 85 euro lordi al mese per tutti gli Statali. E martedì il consiglio dei ministri ha confermato che stanzierà 2,8 miliardi per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, bloccato da otto anni. Novità anche sul fronte delle assunzioni della Pubblica amministrazione: il turnover nei Comuni sopra i 10mila abitanti viene aumentato dal 25 al 75% e dal 2018 potrebbe salire fino al 90% per quelle amministrazioni che raggiungono il pareggio di bilancio.

Saltano revisione del catasto e legge “anti scorrerie”
Nel pacchetto invece non figurano due norme di cui si era parlato nelle scorse settimane. La prima, rinviata per l’ennesima volta, è la riforma del catasto, che avrebbe dovuto rivedere le categorie delle abitazioni e riformulare i valori patrimoniali degli immobili, con conseguente variazione del carico fiscale. La seconda è la legge “anti scorrerie” proposta dal ministro Calenda che avrebbe introdotto obblighi informativi maggiorati per i soci rilevanti delle società quotate italiane. Dopo essere saltata dalla legge concorrenza, la norma subisce così un nuovo stop.

In cantiere: incentivi produttività e reddito di inclusione
Alcune misure, come da natura del Def, s Iono state mercoledì sono accennate e andranno ora tradotte in pratica. In cantiere c’è ad esempio l’estensione dei premi di produttività alle piccole e medie imprese e il decreto delegato sul reddito di inclusione per le famiglie in povertà. Mentre rispunta la “tassa Airbnb”, una trattenuta del 21% che gli intermediari (anche digitali) dovrebbero applicare alla fonte sui redditi da locazione.

La manovrina: aumento per le sigarette, nuovi fondi per il terremoto
Si sa, quando bisogna far quadrare i conti pubblici è sempre ai vizi che si guarda. E la manovrina di correzione chiesta dalla Commissione, pari allo 0,2% del Pil, non fa eccezione. Aumenteranno le accise su sigarette e tabacchi, così come la cosiddetta “tassa sulla fortuna” il prelievo fiscale sulle vincite da giochi e lotterie, dal Superenalotto ai Gratta e vinci. Lo split payment, il meccanismo anti evasione che consente al committente di girare direttamente all’Erario l’Iva dovuta dai suoi fornitori, viene esteso anche alle società pubbliche e a tutte le quotate. Si tratta di misure strutturali, come ha spiegato il ministro Padoan, cioè che avranno effetto non solo per il 2017 ma anche per gli anni successivi. Ancora da definire invece i tagli alla spesa, ai trasferimenti dei ministeri e alle agevolazioni fiscali.

La manovrina crea un fondo del valore di un miliardo l’anno, per tre anni, per sostenere le zone del Centro Italia colpite dai terremoti di agosto e di settembre. Le risorse dovrebbero da una parte andare a finanziare la ricostruzione di infrastrutture, edifici pubblici e privati, e dall’altra sostenere le imprese del territorio, creando delle “no tax area” (definite “Zone franche urbane”) all’interno delle quali le piccole e piccolissime aziende saranno esentate per due anni dal versare tasse e contributi. Una soluzione già adottata dopo i sismi de l’Aquila e dell’Emilia.

 

 

fonte: http://www.repubblica.it/economia/2017/04/12/news/tasse_statali_e_terremoto_ecco_le_misure_di_def_e_manovrina-162803536/