L’allarme di Ferruccio De Bortoli – L’Italia ormai spende più per pagare gli interessi sul debito che per la scuola – Ecco l’eredità che stiamo lasciando ai nostri figli…!

 

De Bortoli

 

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L’allarme di Ferruccio De Bortoli – L’Italia ormai spende più per pagare gli interessi sul debito che per la scuola – Ecco l’eredità che stiamo lasciando ai nostri figli…!

 

Spendiamo più per il debito che per la scuola: l’eredità lasciata ai nostri figli

Nell’ultimo rapporto Censis si ricorda che l’Italia ha la più alta percentuale di giovani, tra i 15 e 29 anni, né al lavoro né allo studio. La stima più recente dell’Istat, riferita al 2017, è del 24,1 per cento. Uno su quattro non fa nulla. Una immensa «prigione sociale» o, se volete, un’invisibile «discarica» di forze e talenti giovanili. Nel 2017 poi in Italia si registrava una quota di adulti iscritti ad attività di apprendimento del 7,9 per cento contro una media europea del 10,9. Percentuale che scendeva tra i disoccupati al 5,3 per cento. La partecipazione degli adulti a corsi di aggiornamento decresce con l’aumentare dell’età ma più velocemente che in altri Paesi e con una marcata discriminazione di genereÈ come se lievitasse, a tutti i livelli di età, una sorta di sfiducia su formazione e cultura come mezzi di promozione economica e sociale. Secondo Eurostat, nel 2017 solo il 60,9 per cento delle persone tra i 25 e i 64 anni aveva un diploma. La media europea a 28 era del 77,5 per cento. Nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni la quota di laureati in Italia era al 26,9 per cento, in Europa al 39,9. Dopo dieci anni di calo sono tornate ad aumentare le uscite precoci dal sistema scolastico. Il 14 per cento dei giovani tra i 18 e 24 con la licenza media si ferma o si arrende. Se mai il reddito di cittadinanza dovesse essere applicato — lasciamo per un attimo da parte i costi — avrebbe assai poche possibilità di trasformarsi, in un clima di questi tipo, con un capitale umano così impreparato e disilluso, in un motore di nuova occupazione.

Il grafico che pubblichiamo in questa pagina è, a giudizio di chi scrive, più importante di qualsiasi altro, dello spread, della crescita, del risparmio. L’Italia spende ormai, per pagare gli interessi sul proprio debito, più che per la scuola e l’università. La domanda che tutti ci dovremmo porre alla vigilia di Natale, che anche per un laico è occasione di nascita e speranza, è quale futuro abbia un Paese che finanzia di più il proprio passato del proprio futuro. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha da poco pubblicato per Il Mulino una nuova edizione di Investire in conoscenza . Un libro prezioso. Ha ricordato nella prefazione una celebre frase, ormai di tre secoli fa, di Benjamin Franklin, scienziato, politico, editore. L’investimento nel sapere, nello studio, paga i migliori interessi. Sempre. «Esso può contribuire in modo profondo — scrive Visco — all’innalzamento del senso civico e del capitale sociale, valori in sé, indipendentemente dai loro effetti positivi sulla crescita economica, fattori importanti di coesione sociale e di benessere dei cittadini». Un recente studio della Banca d’Italia — scritto da Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio — ha fotografato la paralisi dell’ascensore sociale. I figli seguono i percorsi di istruzione e di reddito dei padri e delle madri. Contano le condizioni di partenza. L’Italia è nel novero dei Paesi a più bassa mobilità intergenerazionale.

Senza un solido patto generazionale, il futuro del Paese è ancora più incerto se non compromesso. Che cosa si può realisticamente fare? Il discorso non riguarda solo questo governo. Ha ereditato un debito schiacciante, oscilla tra sogni e ambizioni. Per salvarsi dalla procedura d’infrazione ha tagliato ancora gli investimenti. «Il governo — ha detto in sostanza il premier Giuseppe Conte parlando degli aggiustamenti alla manovra — intende definanziare il fondo per favorire lo sviluppo, il capitale immateriale, la produttività e la competitività». Il tema del patto generazionale riguarda però l’intera classe dirigente, la borghesia produttiva, i ceti professionali. Chi sta meglio dovrebbe riflettere e fare un esame di coscienza. Parlare di tasse è sempre antipatico in un Paese in cui chi le paga ne paga troppe. Gli evasori sono una costituency molto forte. Una platea corteggiata dalla politica. Anche dai legastellati che hanno promosso diverse forme di condono. Guardiamo però per un attimo alla curiosa vicenda dell’imposta sulle successioni e donazioni, che per sua natura dovrebbe avere in sé i valori intrinseci di un patto generazionale allargato alla società nel rispetto dei legami familiari. Il governo Berlusconi la soppresse con l’articolo 13 della legge 383, in vigore dal 25 ottobre del 2001. Il successivo esecutivo Prodi la ripristinò, con larghe eccezioni in fatto di aliquote e franchigie, in base al decreto legge 262, entrato in vigore il 3 ottobre del 2006. Attualmente per le successioni in linea retta è prevista una franchigia di un milione per ciascun beneficiario. Per gli immobili la base imponibile è determinata sui valori catastali applicando determinati coefficienti. Si corrispondono ovviamente le imposte ipotecarie e catastali. Oltre le diverse franchigie, l’aliquota varia tra il 4 e l’8 per cento a seconda degli aventi diritto. L’Italia, in confronto alla legislazione degli altri maggiori Paesi europei, è di fatto un paradiso fiscale. «Meglio morire da voi», dicono all’estero. Con un milione di eredità in Germania si pagano 75 mila euro di imposte, in Francia 195mila, in Gran Bretagna 250mila Euro. Da noi ZERO

Una rimodulazione intelligente dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni potrebbe portare a convogliare il nuovo gettito (nel 2017 è stato di appena di 789 milioni) in un fondo esclusivamente dedicato alla scuola, all’università, a progetti di riqualificazione dei giovani che non studiano né lavorano. Questo fondo contro la dispersione scolastica e umana potrebbe poi essere alimentato da contributi liberali portati in detrazione nelle dichiarazioni dei redditi. Avrebbe un grande significato civico. Un gesto di solidarietà civile. Un investimento sul futuro delle prossime generazioni. Gli interessi pagati sul debito vanno a favore di chi presta capitali al Paese, un terzo stranieri. E ci auguriamo che continuino a farlo. Gli interessi sociali di un fondo di solidarietà di questo tipo sarebbero più elevati e diffusi a favore di chi ha maggior bisogno. E, soprattutto, all’istruzione pubblica, alla quale tutti dobbiamo enorme riconoscenza. Chi paga un po’ più di tasse avrebbe la certezza che non verrebbero disperse in spese inutili. Ma forse è soltanto un’utopia… che tutte le feste si porteranno via.

Ferruccio De Bortoli

 

Articolo tratto da: www.corriere.it

https://www.corriere.it/economia/18_dicembre_25/spendiamo-piu-il-debito-che-la-scuola-siamo-paradiso-fiscale-le-tasse-successione-bbb86d92-082a-11e9-9efd-ce3c5bf3dd59.shtml

 

 

La Boschi minaccia: “Vicenda usata contro il Pd. Porterò in tribunale De Bortoli e altri giornalisti” – Qualcuno le ricordi che già 7 mesi fa De Bortoli l’aveva sfidata: “Mi quereli. Ho più di 160 processi, sono abituato a difendere quello che scrivo”…!

Boschi

 

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La Boschi minaccia: “Vicenda usata contro il Pd. Porterò in tribunale De Bortoli e altri giornalisti” – Qualcuno le ricordi che già 7 mesi fa De Bortoli l’aveva sfidata: “Mi quereli. Ho più di 160 processi, sono abituato a difendere quello che scrivo”…!

 

In questi giorni leggiamo su tutti i giornali:

Banca Etruria, Boschi: “Vicenda usata contro il Pd. Porterò in tribunale De Bortoli e altri giornalisti”

Il sottosegretario Maria Elena Boschi interviene sulla polemica relativa a Banca Etruria: “Il fatto che mio padre sia stato per qualche mese vicepresidente della Banca non ha impedito al nostro governo di commissariarlo, altro che conflitto di interessi. Ho firmato oggi il mandato per l’azione civile di risarcimento danni nei confronti del dottor Ferruccio de Bortoli. A breve procederò anche nei confronti di altri giornalisti”.

Ora giusto per farmi capire di che pasta è fatta questa gente, Vi invitiamo a rileggere qualche nostro vecchio articolo di 7 mesi fa:

 

Banca Etruria, De Bortoli sfida la Boschi: “Mi quereli. Ho più di 160 processi, sono abituato a difendere quello che scrivo”

…Ehm, sig.ra Sottosegretaria, scusi il disturbo, volevamo solo rammentarle una cosa: SI È DIMENTICATA CHE DOVEVA QUERELARE DE BORTOLI? …Sa, sono cose che possono sfuggire, tipo abbandonare la politica in caso di sconfitta al Referendum.

Scandalo Unicredit – Scusate, ma la Boschi non doveva querelare De Bortoli? Perchè non l’ha fatto ancora? Un’altra bugia? …Semplice, non può farlo. Ghizzoni sarebbe convocato come testimone, e se parla…

By Eles

 

Scandalo Unicredit – Scusate, ma la Boschi non doveva querelare De Bortoli? Perchè non l’ha fatto ancora? Un’altra bugia? …Semplice, non può farlo. Ghizzoni sarebbe convocato come testimone, e se parla…

 

Unicredit

 

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Scandalo Unicredit – Scusate, ma la Boschi non doveva querelare De Bortoli? Perchè non l’ha fatto ancora? Un’altra bugia? …Semplice, non può farlo. Ghizzoni sarebbe convocato come testimone, e se parla…

 

Maria Elena Boschi non querela Ferruccio de Bortoli per far tacere Federico Ghizzoni, l’ex ad Unicredit

 

È stato l’avvocato Paola Severino, suo legale, a consigliare a Maria Elena Boschi di non querelare Ferruccio de Bortoli per le rilevazioni contenute nel libro Poteri forti. Per una ragione molto semplice: se lo avesse fatto, Federico Ghizzoni sarebbe stato convocato dal giudice come testimone. E non avrebbe potuto sottrarsi. A quel punto si sarebbe arrivati per forza al chiarimento che per ora non c’è: Ghizzoni conferma quanto ha detto a de Bortoli (smentendo Boschi), cioè che l’ex ministro gli avrebbe chiesto di interessarsi di Banca Etruria per una possibile acquisizione, oppure no? Senza contare che quanto scritto dall’ex direttore del Corriere della Sera, per quanto politicamente pesante, è dubbio che possa essere considerato diffamatorio. Quindi, rischierebbe di perdere l’eventuale processo.

Il caso, però, continua a tener banco. Ieri Ghizzoni ha rotto il silenzio in un colloquio con Repubblica, dicendo di essere disposto a parlare, ma solo davanti alla commissione di inchiesta sulle banche (che peraltro ha poteri equiparati a quelli della magistratura). «Se mi convocheranno», ha detto a Repubblica, «parlerò alla commissione d’inchiesta: in Parlamento, non sui giornali, risponderò ovviamente a tutte le domande che mi faranno», spiegando che «adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo». E poi, ha aggiunto, «è un caso della politica, sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo». Parole che suonano quasi come un invito a essere ascoltato.

Solo che la commissione d’inchiesta sulle banche non esiste ancora. Ma dovrebbe vedere la luce a breve. Il 24 maggio è previsto che l’Aula della Camera dei deputati la istituisca. Dopo di che i gruppi dovranno indicare i componenti, dovrà essere eletto un presidente. Solo allora verrà formato un calendario dei lavori, con l’elenco delle audizioni. A quel punto, se l’opposizione lo chiede, Ghizzoni verrà sentito? Non è detto, perché ogni richiesta va votata. Se la maggioranza volesse, potrebbe bocciare la proposta. Per quanto, si dice tra i dem, sarebbe politicamente complicato rifiutarsi di sentire l’ad di Unicredit. Ci sarebbe un’altra via, più veloce, indicata ieri dalla senatrice Cinzia Bonfrisco: che Ghizzoni venga ascoltato dalla Commissione Finanze del Senato. La senatrice, che fa parte della commissione, ha detto che lo chiederà formalmente. Anche se la commissione Finanze non ha gli stessi poteri di quella d’inchiesta.

Paolo Gentiloni, che si trova a Pechino, non ha voluto commentare. Interpellato dai cronisti, ha risposto che «qui la politica si è occupata di One Belt One Road, cioè la Via della Seta». A Roma, però, la bufera infuria. «Siamo sicuri», accusa Paolo Grimoldi della Lega Nord, «che l’audizione di Ghizzoni, con le solite mille scuse, verrà rimandata a tardo autunno, quando sarà già stata varata la legge di stabilità lacrime e sangue e non sarà più possibile cambiare la rotta attraverso il voto anticipato». Va all’attacco Mdp, con Roberto Speranza: «La posizione di Boschi è indifendibile. Se ha mentito al Parlamento deve dimettersi». E a Otto e Mezzo Miguel Gotor fa sapere che chiederanno «chiarimenti a Gentiloni»: «Come nel caso Consip, dove tra Lotti e Marroni uno dei due mente e tuttavia sono rimasti entrambi al proprio posto», anche in questo caso «qualcuno non ha detto la verità». Intanto de Bortoli dice di «non aver ricevuto finora alcuna querela» da parte della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio. Beppe Grillo, sul blog, accusa: «Senza querela è evidente che la magistratura non potrà indagare e l’eventuale verità giudiziaria non verrà a galla: no querela, no party!».

Matteo Renzi, però, difende Boschi, sfidando il M5S e invitando a fare presto la commissione d’inchiesta sulle banche: «Boschi», ha scritto ieri nella e-news, «ha risposto con un post e ha confermato “dalla a alla zeta” ciò che ha già detto in Parlamento, affidando la pratica agli avvocati». Dopodiché, aggiunge, quando si comporrà la commissione d’inchiesta, per la quale il Pd «ha votato a favore e M5S contro», allora «si capirà finalmente di cosa parliamo, quando si tratta di banche e delle responsabilità della classe dirigente». Il M5S replica: «Renzi bluffa, prima ha perso oltre un anno di tempo al Senato e poi ha fatto in modo di spuntare le unghie all’organismo su capitoli chiave». In realtà, dietro alla linea di far quadrato attorno Boschi, al Nazareno sono preoccupati dalla piega che può prendere la vicenda. Il timore non è tanto che possa emergere qualcosa di penalmente rilevante, quanto che, se i grillini tengono alta la polemica e Ghizzoni parla, si ponga prima o poi un problema di opportunità politica. Categoria che lo stesso Renzi, in passato, ha più volte usato sia con esponenti di altri partiti, vedi il ministro Cancellieri, sia con quelli del Pd.

di Elisa Calessi

 

fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12386143/maria-elena-boschi-non-querela-ferruccio-de-bortoli-per-far-tacere-federico-ghizzoni.html