Merdogan – L’acuto editoriale di Marco Travaglio – “Che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sia una merdaccia è un dato ormai acquisito”…!

 

Marco Travaglio

 

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Merdogan – L’acuto editoriale di Marco Travaglio – “Che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sia una merdaccia è un dato ormai acquisito”…!

 

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 16 OTTOBRE 2019

Merdogan

Che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sia una merdaccia è un dato ormai acquisito, tant’è che nessuno si azzarda a difendere la sua offensiva nel Kurdistan siriano contro chi ci ha salvati dall’Isis, combattendo per procura al posto nostro. Ciò che stupisce è lo stupore: ma che ci aspettavamo da Erdogan? È lui l’unico autorizzato a stupirsi: per lo stupore dell’Occidente. E per le minacce di embargo, militare da alcuni paesi Ue ed economico-commerciale dagli Usa. Cioè dai suoi alleati nella Nato. Alcuni dei quali aggiungevano alla storica partnership con quel Paese (peraltro decisa ben prima che arrivasse Erdogan, come premier nel 2003 e come presidente nel 2014) un trasporto sentimentale, un impeto amatorio, un arrapamento erotico che riguardava non solo la sua carica, ma anche e soprattutto la sua persona. B. per esempio lo chiamava “l’amico Tayyip”. Quello perseguitava o esiliava dissidenti, reprimeva nel sangue manifestazioni pacifiche, chiudeva giornali, censurava i siti web, truccava elezioni, arrestava oppositori, licenziava giudici, organizzava autogolpe per criminalizzare le minoranze, ricattava e taglieggiava l’Europa sui migranti e faceva pure il doppio gioco col petrolio dell’Isis. E il Caimano lo trattava da amico di famiglia, “l’amico Tayyip”, e sostenendo appassionatamente la sua richiesta d’ingresso della Turchia nientemeno che nell’Unione europea, tant’è che la stampa turca di regime l’aveva ribattezzato “l’avvocato di Ankara”.

Nell’agosto 2013 l’amico Tayyip invitò l’amico Silvio a fare il testimone di nozze a uno dei suoi quattro figli, Bilal (poi coinvolto col padre in un grave caso di corruzione). Lui ci andò e incappò nella solita gaffe mondiale. Il latrin lover brianzolo, durante la cerimonia, tentò di prendere la mano della sposa per baciarla. Il guaio è che la ragazza era tutta fasciata di veli e, secondo il rigido rito islamico, assolutamente inavvicinabile e intoccabile. Risultato: un mezzo incidente diplomatico-religioso che B. raccontò così, tutto sdegnato, al Corriere: “Ma come: io vado a Istanbul al matrimonio del figlio di Erdogan, sono l’ospite d’onore, faccio un gesto gentile come un accenno a un baciamani che mette un po’ in imbarazzo perché da loro non si usa che l’ospite d’onore si inchini davanti a chicchessia, e da noi anziché parlare del successo del nostro Paese e di come siamo considerati all’estero, montano su una polemica contro di me? Be’, è incredibile. Le cose devono cambiare”. Nell’aprile 2009 concesse il bis, usando addirittura Erdogan come gli studenti che marinano la scuola tirano in ballo la zia malata.

Angela Merkel lo aspettava in piazza a Baden Baden per la cerimonia con i capi di governo della Nato per celebrare la pacificazione franco-tedesca dopo la guerra mondiale. Ma lui pensò bene di far attendere un bel po’ lei e gli altri colleghi sotto il sole per appartarsi in riva al Reno a causa di una telefonata “improrogabile”, disertando il cerimoniale, il minuto di silenzio e la prima foto di gruppo. Poi raccontò che, essendo madrelingua turco, “ero al telefono col mio grande amico Tayyip” per convincerlo a dare il via libera alla nomina del premier danese Rasmussen a segretario generale della Nato e che la Merkel sapeva tutto. Invece la cancelliera era talmente furiosa che non gli strinse neppure la mano. Ancora l’anno scorso, il 9 luglio 2018, quel che resta del Caimano, fortunatamente privo di cariche pubbliche, si recò ad Ankara a ribaciare la pantofola del Sultano: “La Turchia resta un Paese cruciale sia per le relazioni dirette con l’Italia, visto l’interscambio tra i due Paesi e le attività dei nostri imprenditori lì, sia per la lotta al terrorismo (sic, ndr), sia per l’operazione di controllo dei flussi migratori”, pur precisando pudico che “non tutto quello che sta facendo Erdogan è condivisibile”. Ma – beninteso – “occorre mantenere aperto lo spiraglio del dialogo, e io anche grazie ai miei rapporti, al mio ruolo, alla mia storia, posso farlo con vantaggio per tutti”.

Anche il presidente Giorgio Napolitano (sempre sia lodato) era un grande fan della Turchia di Erdogan nella Ue: “La positiva prosecuzione del negoziato di adesione fra Unione europea e Turchia rappresenta un interesse strategico per l’Unione e uno stimolo per Ankara”, come da lui sostenuto “da sempre con convinzione” (9.1.2007); “L’adesione della Turchia potrà rappresentare una tappa di grande importanza per l’affermazione e l’espansione del ruolo dell’Europa” (14.11.2009). Peccato che poi la Ue non gli abbia dato retta, altrimenti ora ai vertici europei parteciperebbe anche quel bocciuolo di rosa di Erdogan.

Nel luglio 2016 ci fu il famoso golpe-burla in Turchia, con l’alzamiento di alcuni ufficiali, subito represso da Erdogan con una spaventosa ondata di arresti. Quando fu chiaro che, tanto per cambiare, aveva vinto lui, i capi di Stato e governo del cosiddetto mondo libero fecero a gara a chi esultava di più col Sultano e il suo governo “liberamente eletto”. Quella volta a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi e, dopo ore di silenzio per vedere chi avrebbe vinto, corse in soccorso del vincitore Erdogan esprimendo il “sollievo” della Nazione tutta per il “prevalere della stabilità e delle istituzioni democratiche” e perché “libertà e democrazia sono sempre la via maestra da seguire e difendere”. Testuale: la libertà e la democrazia. Più o meno le stesse parole che Renzi riservava ad altri noti tagliagole, come il presidente golpista egiziano Al-Sisi. L’altro giorno, lo smemorato di Rignano ha twittato commosso che non bisogna assolutamente lasciare soli “i nostri fratelli curdi”. Quelli, per intenderci, sterminati dalle “istituzioni democratiche” di Erdogan all’insegna della “libertà” e della “democrazia”.

Fiorella Mannoia: “Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Erdogan sta massacrando un popolo e nessuno se ne importa … poi dice che uno deve credere nella politica” – Come dargli torto?

 

 

Fiorella Mannoia

 

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Fiorella Mannoia: “Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Erdogan sta massacrando un popolo e nessuno se ne importa … poi dice che uno deve credere nella politica” – Come dargli torto?

 

Fiorella Mannoia contro il menefreghismo dell’occidente sui massacri di Erdogan: “traccheggiano, ci pensano, tentennano” ma non fanno niente di niente.

Per molto meno tutti daccordo da 60 anni per l’embargo a Cuba (mica si può dare un dispiacere ai boss della mafia politica mondiale americani)…

Ovviamente tante cose Fiorella non le ha scritte. Ma in poche parole ha detto tutto:

“Cuba ha un embargo che dura da 60 anni e sono tutti d’accordo. Ma con Erdogan che sta massacrando un popolo traccheggiano, ci pensano, tentennano… poi dice che uno deve credere nella politica”

 

Cari giornali Italiani, raccontate PERCHÉ Asia (20 anni, Curda) è morta, non che somiglia tanto a Angelina Jolie…!

 

Curda

 

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Vi riproponiamo questo articolo tratto da Huffington Post pubblicato 3 anni fa…

Cari giornali Italiani, raccontate PERCHÉ Asia (20 anni, Curda) è morta, non che somiglia tanto a Angelina Jolie…!

Si può fare un oggetto di uno spirito forte e coraggioso che continua a resistere su un campo di battaglia al fianco di cuori pulsanti nella lotta a difesa della libertà? Si rende davvero possibile soffermarsi sull’aspetto estetico di una combattente della resistenza curda, senza risalirne all’anima e tacendo i motivi per cui ha perso la vita?

Asia Ramazan Antar aveva vent’anni. Apparteneva all’etnia curda e combatteva realmente l’Isis per difendere la propria terra, se stessa, il genere a cui apparteneva, la voglia di progresso e di libertà che le veniva dall’animo.

Asia, come altre della sua generazione, è morta sul campo di battaglia, nell’indifferenza delle democrazie occidentali pur schierate contro il nemico che le ha tolto la vita. Parrebbe logico abbastanza che gli stati minacciati dallo Stato Islamico soccorressero i curdi, bombardati anche dalla Turchia, il cui governo non ne desidera la presenza all’interno del paese e mal li sopporta ai confini. Sulla vicenda del popolo curdo, invece, regna il silenzio, in una sorta di disattenzione forzata a garanzia del disimpegno politico delle nazioni europee e della stessa ONU, che fanno davvero poco per risollevare il destino infausto e la sofferenza di genti senza uno stato proprio.

Asia ha dato la vita per una causa di speranza che riguarda un popolo intero, per migliaia di famiglie costrette a vagare per territori ostili e zone di efferati conflitti, per le donne oltraggiate e violentate da fanatici che le vogliono sottoposte e asservite, per i bambini a cui la guerra ha portato via fin troppo: parenti, casa, genitori, infanzia. Lei è morta per questo.

Eppure, per tanti media italiani il suo sacrificio si ferma a un immagine plasticamente evocativa, che ne rimanda il ricordo alle fattezze di una attrice bella e famosa, pubblicizzata dal consumismo alla moda del civile ed evoluto mondo occidentale. Asia è, per gli osservatori dei miei stivali, la “Angelina Jolie del Kurdistan”. Come se un’esistenza vissuta per sublimare l’ideale arcaico di giustezza potesse essere ricondotto a una fotografia sbiadita di una star di successo, riducendo stupidamente le fattezze fisiche della nobile guerrigliera a copia improbabile e dissimile di un’originale che si discosta enormemente dalle condizioni di sofferenza causate dalla meschinità delle guerre e dagli interessi delle nazioni. Si può fare un oggetto di uno spirito forte e coraggioso che continua a resistere su un campo di battaglia al fianco di cuori pulsanti nella lotta a difesa della libertà? Si rende davvero possibile soffermarsi sull’aspetto estetico di una combattente della resistenza curda, senza risalirne all’anima e tacendo i motivi per cui ha perso la vita?

Asia resta bellissima, troppo bella per essere contemplata da chi non sa vederne la passione di combattente e la dignità di donna oltre il corpo. Asia non finisce qui ed è troppo grande per rientrare in definizioni da marketing mediatico. Asia è memoria, presenza, sogno. E non somiglia a nessuno se non alla sua terra, l’altopiano fatale e incantevole a cui è rimasta legata per sempre.

Dedichiamo a lei questa poesia curda:

Io vado, madre.

Se non torno,

sarò fiore di questa montagna,

frammento di terra per un mondo

più grande di questo.

Io vado, madre.

Se non torno,

il corpo esploderà là dove si tortura

e lo spirito flagellerà, come

l’uragano, tutte le porte.

Io vado … Madre …

Se non torno,

la mia anima sarà parola …

per tutti i poeti.

Erdogan dà il via all’invasione: è iniziato il massacro dei curdi – Ma a noi occidentali, ancora una volta, non ce ne frega niente!

 

 

massacro dei curdi

 

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Erdogan dà il via all’invasione: è iniziato il massacro dei curdi – Ma a noi occidentali, ancora una volta, non ce ne frega niente!

Erdogan dà il via all’invasione da terra: il massacro dei curdi sempre più grave

I bombardamenti si sono verificati nella notte nella località di Ayn Issa, lungo il confine tra Turchia e Siria, e nella località di Minnagh, tra Aleppo e la frontiera turca. éesante il bilancio delle vittime.

Dopo un pomeriggio di bombaramenti, la Turchia ha avviato anche l’operazione di terra contro le Forze democratiche siriane nel nord della Siria.

Lo ha annunciato il ministero della Difesa di Ankara.

“Le Forze armate turche – si legge in un tweet del ministero della Difesa – e l’Esercito nazionale siriano hanno lanciato un’operazione di terra a est del fiume Eufrate nell’ambito dell’operazione ‘Fonte di pace'”.

In poche ore 15 vittime, soprattutto civili

Almeno 15 persone sono rimaste uccise nell’offensiva aerea e terrestre lanciata dalla Turchia nel nordest della Siria. Tra le vittime, secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, ci sarebbero otto civili, di cui due bambini. Secondo la ong, sette combattenti delle Forze democratiche siriane ed altre 28 persone sono rimaste ferite.

L’inizio delle operazioni contro i curdi nel pomeriggio

Con un tweet il Presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha annunciato l’inizio dell’operazione militare contro le forze curde del nord est della Siria. Il massacro dei curdi ha avuto ufficialmente inizio, mentre il mondo osserva impotente e Donald Trump volta le spalle ai suoi ex alleati contro l’Isis. Clamorosamente, l’operazione si chiama #PeaceSpring, Primavera di Pace.
“Caccia turchi hanno lanciato raid su aree civili. C’è grande panico fra la popolazione nella regione”, ha twittato un portavoce dei combattenti curdi nel nord della Siria. I raid dei jet turchi sull’area di Ras al-Ayn sono confermati anche da fonti militari di Ankara, che sostengono di prendere di mira obiettivi delle forze curde dell’Ypg.

Diverse esplosioni sono avvenute nella località siriana di Ras al-Ayn, alla frontiera con la Turchia, nell’area in cui è iniziata l’operazione militare turca contro le forze curde. Lo riferiscono le tv locali, mostrando le immagini di una fitta coltre di fumo che si leva dalla parte siriana del confine.

Questa mattina cinquemila i soldati delle forze speciali turche erano pronti a entrare nel nord-est della Siria per l’annunciata operazione militare contro le milizie curde dell’Ypg. Lo riportano media locali, secondo cui i militari delle brigate commando sono schierati al confine con decine di convogli di blindati.

Le autorità curdo-siriane annunciano una mobilitazione e allerta generali in tutto il Nord-Est siriano per difendersi dalle “minacce dell’esercito turco e dei suoi mercenari di attaccare la regione frontaliera siriana nord-orientale”.

Intanto l’Isis ha rivendicato una serie di attacchi compiuti contro forze curdo-siriane nel nord-est della Siria. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui lo ‘Stato islamico’ ha ammesso tramite i suoi canali sui social network la responsabilità di attacchi compiuti nelle ultime 24 ore contro basi e postazioni curde e Raqqa e nella città di Tabqa, sull’Eufrate.

I militanti curdi dell’Ypg hanno due opzioni: ‘possono disertare oppure noi dovremo fermarli dall’interrompere i nostri sforzi di contrastare l’Isis’. Parlando dell’imminente offensiva oltreconfine che sta preparando, la Turchia fa sapere che proseguono i trasferimenti verso la frontiera.

Le forze armate di Ankara, infatti, non hanno ancora attraversato il confine turco-siriano.

Ma, sottolinea il capo della comunicazione della Presidenza di Ankara, Fahrettin Altun, “l’esercito turco, insieme all’Esercito siriano libero, attraverserà a breve il confine turco-siriano”.

“I militanti (curdi) dell’Ypg hanno due opzioni: possono disertare oppure noi dovremo fermarli dall’interrompere i nostri sforzi di contrastare l’Isis”, ha aggiunto Altun, che ha pubblicato sul Washington Post un commento per esprimere il punto di vista del governo di Recep Tayyip Erdogan sull’imminente offensiva oltre confine. “Il mondo deve sostenere il piano della Turchia per la Siria nordorientale”, è il titolo del suo editoriale sul quotidiano americano.

Intanto, citando fonti locali, l’Osservatorio nazionale diritti umani in Siria fa sapere che una serie di raid di artiglieria sono stati compiuti dalla Turchia nelle ultime ore su basi curdo-siriane nel nord della Siria, a est e a ovest dell’Eufrate.

L’Osservatorio precisa che i bombardamenti di artiglieria si sono verificati nella notte nella località di Ayn Issa, lungo il confine tra Turchia e Siria, e nella località di Minnagh, tra Aleppo e la frontiera turca.

 

 

fonte: https://www.globalist.it/politics/2019/10/09/lo-sterminio-dei-curdi-e-iniziato-erdogan-ha-dato-il-via-all-operazione-peace-spring-2047416.html

La Turchia che non si arrende – scende in piazza e sfida Erdogan cantando Bella Ciao

Turchia

 

 

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La Turchia che non si arrende – scende in piazza e sfida Erdogan cantando Bella Ciao

Il regime ha arrestato 60 persone colpevoli di non aver rispettato i divieti. Ma quelli che non si sono ancora arresi al Sultano sono tantissimi

Bella Ciao, contro la dittatura, contro la repressione e contro il bavaglio. Sono oltre 60 i manifestanti arrestati Istanbul nel corso delle manifestazioni organizzate in occasione della Giornata internazionale dei lavoratori.

Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza citate dal quotidiano “Hurriyet”, quattro persone sono state arrestate nel tentativo di accedere a piazza Taksim, nonostante il divieto imposto dalle autorità, mentre oltre 50 manifestanti sono stati fermati nel quartiere di Besiktas.

Migliaia di persone sono scese in piazza ad Istanbul in diverse manifestazioni organizzate in occasione delle celebrazioni del primo maggio. La manifestazione più grande è stata organizzata dalla principale forza di opposizione, il Partito popolare repubblicano (Chp), nel distretto di Maltepe.

Il Primo Maggio è stato anche l’occasione per mostrare il volto della Turchia che non si arrende al Sultano. Molti nella piazza hanno intonato Bella Ciao, sempre più canto di chi lotta per la libertà, i diritti e resiste alla dittatura e alla repressione.

QUI la fonte con il video

“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”

Erdogan

 

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“Io sto con le combattenti curde che resistono ai jihadisti al soldo di Erdogan”

Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Le ragazze del Yjp lottano per i diritti civili delle donne.

C’è una un punto che l’opinione pubblica internazionale non ha colto, soprattutto i movimenti femministi a partire dal famoso #metoo. C’è una questione di fondo che noi stesse donna abbiamo trattato con superficialità e un pizzico di maschilismo all’occidentale, e riguarda il conflitto in Siria.
Le combattenti curde dell’Ypj – che rappresentano il 35% del totale, parliamo di circa 15 mila unità- sono state dai media fortemente sessualizzate: le “bellissime eroine”, le “giovani affascinanti che combattono i mostri”, le “moderne Amazzoni”.  
Un po’ è stato fatto anche per rendere interessante ai più una guerra civile che dopo anni aveva assuefatto anche i più sensibili nonostante gli orrori e lo sterminio sistematico di civili inermi. Una donna in divisa, giovane, sorridente e con nei capelli non un velo islamico (che non fa tanto simpatia in occidente) ma un turbante colorato, ha appassionato anche chi non ha mai seguito il giornalismo di guerra. 

 

Quello che ci è sfuggito per colpa di questa fascinazione molto pubblicitaria e non di sostanza è stato che queste soldatesse non lottano solo per la loro nazione, non sono partigiane di un Paese da salvare dall’invasore, non aiutano i loro compagni di battaglia. Semmai il contrario. Hanno dei ruoli in prima linea, decidono le strategie di attacco e difesa e sono affiancate da una unità maschile tra le più femministe al mondo.

 

Loro lottano infatti soprattutto per i diritti civili, per la parità di genere, per degli ideali che pretendono una applicazione nella vita reale.
Una volta sconfitto l’Isis ora queste donne, insieme ai loro compagni dell’Ypg, devono affrontare i jihadisti di Erdogan. Il sedicente libero esercito siriano promette di tagliare le teste agli atei, esattamente come l’Isis. Ora vi è facile comprendere che non si tratta più di una guerra di confini ma di civiltà. Di concetto stesso di libertà, di dignità dell’essere umano e della mente e del corpo delle donne. Le ragazze del Yjp sono le femministe suffragette del ventunesimo secolo, niente salotti e lotta a colpi di hashtag ma fucile in mano. Danno la vita per una esistenza degna di essere vissuta, libera dalla schiavitù di una religione opprimente che concepisce il maschio come padrone della donna. 
Dobbiamo stare con loro. Dalla loro parte. Il loro femminismo è il nostro. Sostenerle anche economicamente, perché la loro vittoria al fronte, il loro sogno di un Kurdistan libero, è anche la nostra rivoluzione, da un maschilismo di cui neppure in Occidente siamo del tutto immuni. 
Erdogan vuole sterminare i curdi e le curde per i valori che questi portano con se. Nulla è più pericoloso di un’idea, nulla è più contagioso di una donna libera in una regione dove le donne valgono la metà degli uomini. Non si tratta solo di confini e di Kurdistan, ma di idee, di visioni opposte del mondo. 
fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2018/03/13/io-sto-con-le-combattenti-curde-che-resistono-ai-jihadisti-al-soldo-di-erdogan-2020947.html