Il giudice Di Matteo: “Le rivelazioni di Graviano su Berlusconi (da latitante lo vedevo spesso, cenavamo insieme, mi chiese una mano per scendere in campo)? Quando lo dicevo io mi diedero del fanatico”…!

 

 

 

 

Di Matteo.

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Il giudice Di Matteo: “Le rivelazioni di Graviano su Berlusconi (da latitante lo vedevo spesso, cenavamo insieme, mi chiese una mano per scendere in campo)? Quando lo dicevo io mi diedero del fanatico”…!

Parla l’ex pm del processo trattativa Stato-Mafia: “Ricostruiti rapporti stabili e duraturi tra Berlusconi e Cosa nostra. Sembra che in questo Paese certe cose non possano nemmeno essere ricordate”.

In merito alle nuove dichiarazioni di Giuseppe Graviano, il boss mafioso che ha deciso di parlare oggi dopo tanti anni di silenzio su Berlusconi, sono state così commentate dal consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura Antonino Di Matteo, ex pm del processo trattativa Stato-Mafia: “Non entro nel merito delle nuove dichiarazioni di Giuseppe Graviano. È certo, però, che anche nella sentenza definitiva di condanna del senatore Marcello Dell’Utri sono stati ricostruiti rapporti stabili e duraturi tra Berlusconi e Cosa nostra. Sembra che in questo Paese certe cose non possano nemmeno essere ricordate e che chi si ostina a farlo sia destinato, come è capitato a me ed ai miei colleghi, per queste indagini, ad essere additato come un visionario fanatico”.
Le intercettazioni tra Graviano e il boss Umberto Adinolfi furono depositate al processo sulla trattativa Stato-mafia. Secondo i pm che rappresentavano l’accusa del dibattimento ”le parole del boss di Brancaccio evocano un rapporto di natura paritaria con Berlusconi”. ”In quelle intercettazioni tutti i riferimenti portano a Berlusconi, una persona che aveva deciso di entrare in politica – avevano ribadito i pm in aula – Graviano dice che Berlusconi nel 1992 voleva scendere in politica tramite Dell’Utri, e poi ancora dice ‘ci vorrebbe una bella cosa’ e ‘mi ha chiesto sta cortesia’. Nel proseguo Graviano dice che a causa del suo arresto non hanno potuto definire gli accordi”.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2020/02/07/il-giudice-di-matteo-le-rivelazioni-di-graviano-su-berlusconi-quando-lo-dicevo-io-mi-diedero-del-fanatico-2052685.html

Dal Pm antimafia Nino Di Matteo parole di fuoco contro la Magistratura: “L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”

Nino Di Matteo

 

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Dal Pm antimafia Nino Di Matteo parole di fuoco contro la Magistratura: “L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”

«L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso».

Così il pm Nino Di Matteo, nel discorso per lanciare la propria candidatura alle elezioni suppletive per il Consiglio superiore della magistratura, ha definito la «degenerazione del correntismo».

Di Matteo ha spiegato che «negli ultimi 15 anni la magistratura è cambiata, pervasa da un cancro che ne sta invadendo il corpo, i cui sintomi sono la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici, il collateralismo politico».

Nel «momento più buio della magistratura ho sentito il bisogno e la voglia di mettere la mia umiltà e il mio coraggio per dare una spallata a questo sistema,» ha concluso Di Matteo.

Trattativa Stato-mafia, le agghiaccianti dichiarazioni del Pm Di Matteo: “Berlusconi anche da premier continuò a pagare Cosa Nostra”

 

Di Matteo

 

 

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Trattativa Stato-mafia, le agghiaccianti dichiarazioni del Pm Di Matteo: “Berlusconi anche da premier continuò a pagare Cosa Nostra”

 

“Si ritiene da parte dei giudici che Silvio Berlusconi continuò a pagare ingenti somme di denaro a Cosa Nostra palermitana anche dopo essere diventato Presidente del Consiglio”.

A dichiararlo è stato il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, che ha istruito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, presentando il suo libro ‘Il patto sporco’ scritto con il giornalista Saverio Lodato, in un’intervista realizzata da Paolo Borrometi per il Tg2000, il telegiornale di Tv2000.

“Risultano annotati in un libro mastro della mafia palermitana – ha raccontato – movimenti di denaro e ricezione di una somma montante a centinaia di milioni da parte del gruppo imprenditoriale legato a Berlusconi anche dopo che Silvio Berlusconi aveva assunto la carica di Presidente del Consiglio. Un Presidente del Consiglio, se questo è vero, il capo di un governo della nostra Repubblica pagava Cosa Nostra”.

“Nonostante un gravissimo silenzio e una gravissima ignoranza indotta nell’opinione pubblica, sull’argomento – ha spiegato lo storico magistrato del pool – noi magistrati avevamo già una sentenza che aveva condannato definitivamente il senatore Dell’ Utri per concorso in associazione mafiosa. Questa stabiliva e statuiva che l’allora imprenditore Silvio Berlusconi nel 1974 con l’intermediazione di Marcello Dell’ Utri avesse stipulato un patto con esponenti apicali, esponenti di vertice della Cosa Nostra palermitana. Patto di reciproca protezione e sostegno. E che quel patto era stato rispettato dal 1974 almeno fino al 1992”.

“Ma questa sentenza di primo grado sulla trattativa Stato-mafia – ha sottolineato Di Matteo – va oltre. È stato dimostrato che l’intermediazione di Dell’Utri è proseguita attraverso la trasmissione di messaggi e richieste di Cosa Nostra a Silvio Berlusconi anche dopo il 1992. Soprattutto dopo che Silvio Berlusconi a seguito delle elezioni del marzo 1994 divenne Presidente del Consiglio. Quindi per la prima volta questa sentenza chiama in ballo Silvio Berlusconi non più come semplice imprenditore ma come uomo politico addirittura come Presidente del Consiglio. Questo è un passaggio che pochi hanno sottolineato che può essere incidentale ma è assolutamente indicativo della gravità del comportamento di Silvio Berlusconi che i giudici ritengono accertato, è un passaggio apparentemente slegato all’ imputazione mossa a Dell’Utri in questo processo ma molto significativo”.

 

 

fonte: https://www.silenziefalsita.it/2018/09/28/stato-mafia-di-matteo-berlusconi-anche-da-premier-continuo-a-pagare-cosa-nostra/

PER NON DIMENTICARE – Le notizie che i Tg “dimenticano” di dare: Tentarono di gettare fango sul Pm Di Matteo scrivendo che era “complice di Riina”. SGARBI e SALLUSTI condannati rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per diffamazione aggravata!!

 

Di Matteo

 

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PER NON DIMERNTICARE – Perchè troppo spesso ai media basta tacere per farci dimenticare con chi abbiamo a che fare…

Le notizie che i Tg “dimenticano” di dare: Tentarono di gettare fango sul Pm Di Matteo scrivendo che era “complice di Riina”. SGARBI e SALLUSTI condannati rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per diffamazione aggravata!!

 

Scrissero che il pm Di Matteo era complice di Riina: carcere per Sgarbi e Sallusti

Il critico e il giornalista sono stati condannati a 6 e 3 mesi, oltre a un risarcimento di 40 mila euro. Per entrambi la pena è stata sospesa.

A volte bisogna sapersi controllare anche se chi ha fatto luce sulla trattativa è scomodo e, per alcuni, meritava insulti: il Tribunale di Monza ha condannato il critico d’arte Vittorio Sgarbi e il giornalista Alessandro Sallusti rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per l’accusa di diffamazione aggravata nei confronti del magistrato Nino Di Matteo. Per tutti e due la pena è stata sospesa.
La sentenza è stata emessa dal giudice Francesca Bianchetti che ha inoltre riconosciuto una provvisionale di 40 mila euro in favore del sostituto della Direzione nazionale antimafia e “memoria storica” del processo sulla trattativa tra Stato e mafia.
Il pm, difeso dall’avvocato Roberta Pezzano, si è costituito parte civile ed è stato anche ascoltato dal giudice il 24 gennaio scorso.
Di Matteo aveva sporto querela dopo un articolo scritto da Vittorio Sgarbi dal titolo “Quando la mafia si combatte solo a parole”, e pubblicato su “Il Giornale” (all’epoca diretto da Alessandro Sallusti), nel gennaio 2014.
L’articolo di Sgarbi prendeva spunto dalla divulgazione delle intercettazioni di Salvatore Riina mentre era detenuto, durante le quali il boss corleonese aveva anche minacciato di morte lo stesso pm, sottoposto al massimo livello di sicurezza. Uno dei passaggi che hanno fatto scattare la querela era: “Riina non è nemico di Di Matteo, nei fatti è suo complice…”.
Di Matteo aveva sostenuto, avviando la querela, che “dopo la pubblicazione successiva al deposito processuale delle intercettazioni di numerose conversazioni nelle quali Riina ripetutamente si riferisce alla mia persona, anche manifestando la sua volontà di uccidermi, paradossalmente è iniziata quella che ritengo una vera e propria campagna di stampa che, partendo dal chiaro travisamento dei fatti, tende ad accreditare versioni che mi indicano quale autore di condotte e comportamenti che non ho mai tenuto. Non posso accettare che – aveva sostenuto Di Matteo – si continui a speculare impunemente perfino su vicende che tanto incidono anche sulla mia vita personale e familiare”.

fonte: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/05/18/scrissero-che-il-pm-di-matteo-era-complice-di-riina-carcere-per-sgarbi-e-sallusti-2024516.html

Agghiacciante dichiarazione del Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non un coglione qualsiasi): “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni” …Parole che dovrebbero scatenare un terremoto, ma i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, ci informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Di Matteo

 

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Agghiacciante dichiarazione del Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non un coglione qualsiasi): “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni” …Parole che dovrebbero scatenare un terremoto, ma i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, ci informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Signore e Signori questa è l’Italia: il Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non proprio un coglione qualsiasi) senza peli sulla lingua dichiara: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”…

Parole che avrebbero dovuto scatenare un terremoto. Come minimo il sedicente Presidente della Repubblica Italiana si sarebbe dovuto rifiutare di programmare il futiro del Paese con un amico della mafia…

Ma Signore e Signori, siamo in Italia.

Persino i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, hanno ritenuto prioritario informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Signore e Signori, siamo in Italia…!

By Eles

Da Il Fatto Quotidiano:
Ivrea, Nino Di Matteo: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”. Standing ovation di Di Maio e Bonafede. Poi il piano giustizia.

Il sostituto procuratore nazionale antimafia parla dal palco del convegno organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio. Applausi quando attacca il leader di Forza Italia ed ex Cavaliere, poi lancia le sue proposte di intervento. Tra cui: ampliamento dell’uso delle intercettazioni e uso degli agenti sotto copertura. Alla politica si rivolge per la garanzia dell’indipendenza della magistratura. Chiede poi verità sulle stragi e parla di un sistema che ha interesse che la giustizia non funzioni

L’applauso quando Nino Di Matteo parla della “compenetrazione tra mafia e potere” in Italia, a Ivrea, davanti alla platea dei 5 stelle, fa più rumore del solito. “Cito le sentenze, è stato stipulato un patto con Cosa nostra, intermediato da Marcello dell’Utri, che è stato mantenuto dal 1974 fino al 1992 dall’allora imprenditore Silvio Berlusconi”. In prima fila batte le mani il Capo politico M5s Luigi Di Maio, al suo fianco Alfonso Bonafede, ministro designato alla Giustizia in un ipotetico governo a 5 stelle. Quando finisce di parlare c’è la standing-ovation del pubblico di Sum02#, l’evento organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio. Non finisce più. La frase su Berlusconi, il sostituto procuratore nazionale antimafia, l’ha detta simile anche pochi giorni in Campidoglio, ma questa volta il segnale è importante: nel bel mezzo delle trattative per la formazione del governo, i 5 stelle riuniti per parlare di “futuro” ribadiscono la loro distanza dall’ex Cavaliere e leader di Forza Italia. E non solo. Perché il magistrato Nino Di Matteo va avanti e attacca con la sua proposta per riformare la giustizia in Italia. “Serve una riforma copernicana delle norme per la prescrizione”, dice. E qui Di Maio e Bonafede alzano le mani in alto e applaudono per farsi vedere da tutta la platea. “Li avete visti?”, dicono dalla folla rivolti ai giornalisti. Il magistrato va oltre e, mentre legge a braccio i suoi appunti, elenca gli interventi secondo lui necessari per ridare credibilità alla giustizia in Italia. Tra cui: “l’ampliamento dell’uso delle intercettazioni e la previsione dell’uso degli operatori sotto copertura anche per i reati di corruzione”. E alla politica si rivolge per “la garanzia dell’indispensabile autonomia della magistratura”. Chiude chiedendo “la verità sulle stragi” perché “non ci possiamo accontentare di verità parziali”. Ma soprattutto dice: “Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema giustizia non funzioni”.

Video: Ivrea, Nino Di Matteo: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”.

Siamo alle Officine H a Ivrea, tempio dell’evento dedicato al fondatore Gianroberto Casaleggio, oggi arrivato alla seconda edizione. Per tutto il giorno, il figlio e padrone di casa Davide ha ribadito che “qui non si parla di politica”. Ma il momento è caldissimo e ogni frase pronunciata tra un intervento e l’altro sposta gli equilibri giù a Roma. Nino Di Matteo sale sul palco nel pomeriggio, ospite tra i più attesi anche perché già semi-annunciato l’anno scorso e poi cancellato per evitare un’eccessiva esposizione. Oggi è diverso. E a lui viene affidato il più politico degli interventi: parla della sua idea per riforma la giustizia e quelle parole entrano in una difficile fase di trattative in vista della formazione del governo. Parla sotto gli occhi vigili del Capo politico M5s, inchiodato in prima fila dall’inizio dei lavori, e dei suoi uomini più fidati, Bonafede in primis poi i membri della commissione Rousseau Max Bugani Pietro Dettori e pure Giulia Sarti, già in commissione antimafia nella scorsa legislatura. Intorno una folla di parlamentari M5s, simpatizzanti, ma anche imprenditori e curiosi venuti qui solo per ascoltare gli interventi degli esperti.

Il sostituto procuratore antimafia, chiamato per parlare di giustizia, parte dalla situazione italiana. “Il sistema mafioso è il più grave fattore di inquinamento e compromissione nella nostra democrazia”, attacca. “La questione mafiosa riguarda tutto il Paese e riguarda la nostra classe dirigente. E’ ormai evidente la compenetrazione tra la mafia e il potere, anche istituzionale e politico”. In “un desolante silenzio dei partiti sulla mafia”. L’attacco è al sistema politica in generale: “Ancora oggi gran parte della politica non capisce o finge di non capire la gravità della questione perché accerta il sistema mafioso come parte necessaria, per certi perfino utile, del sistema Paese. Nell’ultima campagna elettorale c’è stato un desolante silenzio da parte dei partiti sul tema mafia e Giustizia a due velocità, forte e spietata con i deboli, timida e timorosa con i forti. Su oltre 50mila detenuti pochissimi stanno scontano una pena detentiva per corruzione”.

Quasi fosse lui a dover scrivere il programma, Di Matteo fa un elenco di interventi che ritiene prioritari per un intervento sulla giustizia in Italia: “Vi confesso che non ho alcuna certezza e non mi sento di prevedere nulla, ma a 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione ci troviamo di fronte  a un bivio”, dice. “Bisogna restituire al sistema giustizia la credibilità che sta perdendo. Sogno una giustizia che muova in questa direzione”. Ovvero: “Rafforzamento degli strumenti investigativi più efficaci e quindi ampliamento dei mezzi per consentire le intercettazioni; previsione dell’utilizzo degli operatori sotto copertura anche per i reati di corruzione; depenalizzazione di condotte che dovrebbero essere sanzionate con una pena amministrativa”. Poi un intervento sulla velocità dei procedimenti: “Serve impegno affinché i processi si possano celebrare in tempi ragionevoli, che si concludano con un intervento nel merito”. E sulla prescrizione appunto, dice: “Serve una riforma copernicana delle norme sulla prescrizioneche prevede che il decorso del termine cessi nel momento in cui lo Stato azioni la sua pretesa”. E ancora: “Parallelamente penso alla necessità di un affievolimento del processo accusatorio. Innalzamento delle pene del sistema sanzionatorio dei reati di corruzione, del voto di scambio e di tutti i delitti tipici della criminalità dei colletti bianchi. E non si tratta di essere manettari o giustizialisti”. “Sogno una svolta per un rafforzamento delle tutele processuali delle vittime dei reati, per tutelare chi ha il coraggio di denunciare. Infine penso alla certezza della pena. Il nostro non può continuare a essere il Paese delle amnistie e degli indulti mascherati”. Il sostituto procurato non si è risparmiato un passaggio sull’autonomia della magistratura: “L’indispensabile difesa dell’autonomia della magistratura, non privilegio di casta deve partire dalla politica. Vado in controtendenza, non considero un buon segno pochi magistrati in parlamento. Abbiamo bisogno di politici che hanno a cuore l’indipendenza della magistratura”.

Di Matteo si rivolge infine direttamente alla politica, quella del primo partito politico italiano intanto e i cui esponenti lo ascoltano in prima fila: “In questa strada, questo sogno per recupero della credibilità della giustizia, c’è un elemento che non riguarda i cambi legislativi. Mi riferisco al recupero della primizia della politica nella lotta ai sistemi criminali. Nel solco di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Tina Anselmi, persone che hanno anticipato la forza della magistratura. Non stando a rimorchio, ma anticipando l’azione dei giudici”. Questo perché, dice: “Ci sono condotte che dovrebbero costituire il presupposto per attivare quei meccanismi che invece nel nostro Paese restano perennemente disattesi”.

Il magistrato conclude chiedendo la “verità sulle stragi”: “Il governo”, dice, “deve fare tutto il possibile per completare il percorso di verità sulle stragi e su tanti delitti eccellenti. Non ci possiamo accontentare di verità parziali. Dobbiamo dare un nome a quelle entità che hanno condiviso con i mafiosi l’esecuzione delle stragi. Uno Stato autorevole, un governo libero, una commissione antimafia decisiva non possono fermarsi temendo che sia troppo scomoda e scabrosa. La sfida che ci attende va molto al di là. Non ne posso più di sentire parlare solo di produttività e statistiche”. Una partita che lui stesso sa quasi impossibile. “La strada è piena di insidie e tranelli. Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema giustizia non funzioni. A questi soggetti, che sono tanti e spregiudicati e trasversalmente presenti, dobbiamo, dovete saper contrapporre con tenacia il suono della giustizia”. E’ una standing-ovation. Il pubblico di Ivrea si alza in piedi e acclama quello che è il suo ministro mancato, ma resta uno dei personaggi simbolo più importanti per il Movimento. Per tutto il giorno la stampa e i partecipanti hanno cercato a fatica le risposte politiche nei corridoi e nei discorsi a margine del convegno. Ma la parole capaci di influenzare un’intesa per il prossimo governo, sono arrivate, persino un po’ a sorpresa, da Nino Di Matteo. A destra del palco Davide Casaleggio ha voluto mettere una scala contro un muro con un cartello dalla scritta “futuro”. Prima di salutare spiega che quella è la direzione, ma ora dipende tutto da chi accetterà di salire sulla scala insieme al M5s.

Video: Nino Di Matteo – Italia 2030, una giustizia da (ri)scrivere?

Fonti:

  • https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/07/ivrea-nino-di-matteo-patto-berlusconi-mafia-per-18-anni-standing-ovation-di-di-maio-e-bonafede-poi-il-piano-giustizia/4278470/
  • Youtube

 

 

Ancora pesantissime accuse ai politici dal Pm Di Matteo: ”Su lotta a mafia e corruzione un silenzio assordante della politica”

 

Di Matteo

 

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Ancora pesantissime accuse ai politici dal Pm Di Matteo: ”Su lotta a mafia e corruzione un silenzio assordante della politica”

Di Matteo: ”Su lotta a mafia e corruzione un silenzio assordante della politica”

Il magistrato ricorda la sentenza Dell’Utri al Campidoglio intervenendo al convegno con Travaglio e la Raggi

“La lotta alla mafia dovrebbe essere il primo obiettivo di ogni governo e così finora non è stato. Un ulteriore segnale di preoccupazione è emerso dalla desolante assenza del tema dal tavolo della campagna elettorale con qualche eccezione, di tutto si è parlato e si continua a parlare, ma il silenzio sulle politiche antimafia in questi casi assume le caratteristiche del silenzio assordante”. E’ con queste parole che il sostituto procuratore nazionale antimafia, Antonino Di Matteo è intervenuto nel corso del convegno “Mafia 2.0 – Azioni di contrasto da parte dello Stato” che si è tenuto nella Sala della Piccola Protomoteca in Campidoglio. Un evento organizzato dall’associazione “Themis & Metis” in collaborazione con l’Aiga, l’Ordine degli Avvocati di Roma e la Presidenza dell’Assemblea Capitolina. “Se tutti abbiamo ormai capito quanto mafia e corruzione siano segmenti di un sistema criminale integrato, ci dobbiamo porre un problema – ha aggiunto ancora Di Matteo – Oltre 50 mila detenuti affollano le nostre strutture carcerarie, solo un numero irrilevante, credo non superino una decina di unità, sta scontando una pena definitiva per reati di corruzione o per reati tipici del crimine dei colletti bianchi: dieci su 55mila. Immaginate le conseguenze dell’entrata in vigore della legge di riforma dell’ordinamento penitenziario recentemente approvata dal Governo che dà la possibilità di scontare in regime diverso da quello carcerario una pena fino a un massimo di 4 anni o gli ultimi 4 anni di una pena più alta – ha proseguito -, anche quei dieci soggetti che stanno espiando una pena per corruzione lascerebbero immediatamente il carcere. Se la situazione è questa dobbiamo avere il coraggio di dire che sostanzialmente il fenomeno della corruzione in Italia è impunito”. Il magistrato, pm di punta dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ha evidenziato come il rapporto tra mafia e potere sia da sempre una prerogativa delle criminalità organizzate e che lo stesso, da sempre, non può essere circoscritto ad un fenomeno prettamente meridionale.

Le sentenze dimenticate
“Ho sempre lavorato in Sicilia e mi indignavo e tuttora mi indigno quando viene relegata la questione mafiosa al solo territorio siciliano o al meridione. La questione mafiosa è una questione nazionale – ha detto Di Matteo -. Come si fa a pensare e sostenere che la questione mafiosa sia una questione locale quando abbiamo avuto delle conclusioni anche di sentenze passate in giudicato in ordine ai rapporti significativi del sette volte presidente del Consiglio Andreotti con le famiglie mafiose palermitane o all’intermediazione assicurata per almeno 20 anni dal senatore Dell’Utri e alla stipula dei patti a cui ha contribuito il senatore Dell’Utri tra l’allora imprenditore Silvio Berlusconi e i capi delle famiglie mafiose siciliane? – ha detto Di Matteo – Come si fa a relegare a questioni marginali questioni che hanno riguardato ad altissimo livello l’esercizio del potere non solo in Sicilia ma in tutto il Paese? Ecco perché il silenzio mi preoccupa”.
Di Matteo ha quindi evidenziato la necessità della “primazìa della politica nella lotta alla mafia. Da cittadino che ha fatto una determinata esperienza nella lotta alla mafia io continuo a sognare una politica che sia in prima linea nella lotta alla mafia e non come avviene oggi nella migliore delle ipotesi solo al traino dell’azione repressiva della magistratura”. La conseguenza, ha spiegato Di Matteo, è che “la magistratura accerta le eventuali responsabilità penali e la sussistenza di reati ma naturalmente il principio della presunzione di innocenza riguarda le responsabilità penali. Ci sono dei comportamenti che ancor prima di essere descritti in una sentenza definitiva sono accertati e dovrebbero fare scattare delle responsabilità di tipo politico che invece nel nostro Paese troppe poche volte sono state azionate”.Tra le conseguenze di questo “atteggiamento della politica”, Di Matteo ha citato anche il fatto che “comunque nonostante quello che è stato accertato si è assistito alla santificazione di Andreotti e che nel 2008 il senatore Dell’Utri e il senatore Cuffaro sono stati ricandidati”. E ricordando le parole della sentenza contro l’ex senatore di Forza Italia, condannato in via definitiva per Concorso esterno in associazione mafiosa, ha evidenziato come “nonostante in una sentenza definitiva ci sia scritto cheSilvio Berlusconi ha mantenuto e rispettato almeno dal 1974 al 1992 quei patti stipulati con Cosa Nostra grazie all’intermediazione di Dell’Utri ancora oggi questa persona esercita un ruolo assolutamente importante e assume ruoli decisivi nella politica nazionale anche di stretta attualità (tanto da essere ascoltato al Quirinale nelle consultazioni per la formazione del nuovo Governo, ndr)”.

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Bontà codice etico
Nel suo intervento Di Matteo ha anche voluto tornare su quanto disse in riferimento al codice etico approvato in particolare dal Movimento cinque stelle. Una presa di posizione che fece discutere. “In un convegno – ha ricordato il magistrato – intervenni per sottolineare il carattere positivamente innovativo del codice etico che il M5S aveva approvato. E’ stata considerata come una apertura di credito nei confronti del M5S in quanto organismo politico. In realtà il dato è certamente molto più importante: l’approvazione di quel codice rappresentava finalmente un momento di separazione tra il concetto di responsabilità penale e il concetto di responsabilità politica. Quello era, e mi auguro che sia ancora, il fattore più apprezzabile di quel codice”.

Riforme
Il sostituto procuratore nazionale antimafia ha anche affrontato temi importanti come quello delle intercettazioni telefoniche, della riforma penitenziaria ribadendo la necessità di “mantenere fermi certi strumenti giuridici” rilanciando il contrasto contro la mafia e la corruzione anche prevedendo strumenti ulteriori come ad esempio l’utilizzo dell’agente provocatore “già previsto dal nostro codice in materia di reati come il traffico di stupefacenti, traffico di armi o la pedopornografia”. Inoltre ha chiesto che da parte delle istituzioni vi sia l’impegno a salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura a cominciare dalla nomina dei membri laici del Csm: “Io condivido la preoccupazione di Davigo quando sostenne il pericolo di una magistratura genuflessa rispetto al potere politico. Una magistratura che ha mutuato dalla peggiore politica gli odiosi sistemi di sparizione del potere con il sistema delle correnti con il rischio che si ragioni in criteri di opportunità politica anziché rispetto alla doverosità del nostro agire. Anche la politica dovrebbe combattere la burocratizzazione e la gerarchizzazione dell’attività giudiziaria perché la difesa dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura è una lotta di libertà del popolo. Un esempio: la Costituzione prevede che nell’elezione dei membri laici del Csm la scelta vada fatta tra professori ed avvocati. Non sta scritto da nessuna parte che debbano essere membri di un partito politico. I parlamentari devono nominare personalità che si pongano il problema di tutelare l’autonomia e l’indipendenza del Csm, non di portarci dentro i desiderata dei loro referenti politici”.

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Infine, a quasi 26 anni dalle commemorazioni delle stragi, Di Matteo ha anche auspicato che lo sforzo per la ricerca della verità su quel delicato periodo storico non sia solo “sulle spalle di pochi magistrati o investigatori” ma riparta proprio dalla politica e dalle considerazioni della Commissione Parlamentare antimafia in cui si afferma come “probabile o concretamente possibile il dato di partecipazione di altri soggetti oltre Cosa nostra alla campagna stragista”.
All’incontro hanno anche partecipato il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ed il giornalista e direttore de Il Fatto QuotidianoMarco Travaglio. La prima ha voluto ribadire la bontà dell’operato della propria amministrazione: “Cercare di fare le cose nel rispetto della legge implica dei tempi. E’ intollerabile sentirsi dire ‘prima si stava meglio’”. “Si stava meglio cosa?” ha incalzato la Raggi parlando di “appalti truccati” e del fatto che “si facevano favori. Noi stiamo pagando i debiti di chi ‘faceva le cose meglio’. In apparenza era tutto bello poi qualcuno ha alzato il tappeto. E bisogna avere un po’ di coraggio e onestà per farlo e a volte si resta soli. Ma si va avanti lo stesso. Noi lo stiamo facendo e andiamo avanti”.
Poi a prendere la parola è stato Marco Travaglio che con la solita chiarezza ha evidenziato le mille contraddizioni della politica che “scientemente” legifera seguendo criteri che alla fine non sono mai per la tutela di tutti ma di pochi.

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“Lo Stato è disorganizzato non perché non sa organizzarsi ma sceglie di non organizzarsi scientemente contro la criminalità – ha detto il giornalista – E ci sono norme da cialtroni. Leggi spot che in realtà presentano buchi enormi e che vanno incontro alle esigenze specifiche di qualcuno”. Travaglio ha anche fatto degli esempi come la legge sul voto di scambio politico-mafioso (416 ter) che ha portato alla dissoluzione di interi processi come ad esempio il caso del deputato siciliano Antinoro “condannato nei primi due gradi di giudizio e poi assolto dopo l’arrivo della nuova legge che prevede che si dimostri che vi sia il procacciamento di voti con le modalità mafiose”. Poi ancora la normativa sull’Antiriciclaggio definito come un “vero cabaret, laddove si prevede che questo non è punibile quando il denaro e le altre utilità vengono destinati al godimento personale”. Ed infine la legge sulle intercettazioni telefoniche. “In questo caso – ha detto Travaglio – è da anni che si pensa a come fermarle. All’inizio pensavano di toglierle dalle mani dei magistrati oggi invece si punta a toglierle dalla disponibilità dei giornalisti e quindi dei cittadini. Una legge assurda che rischia di togliere dagli occhi dei cittadini le informazioni indecenti sui potenti ma anche di privare i pm e gli avvocati di prove importantissime perché ci sarà un soggetto delle forze dell’ordine che arbitrariamente deciderà cosa è rilevante e cosa no”.

Travaglio ha anche evidenziato come sia bassissimo il numero di articoli di giornale che hanno pubblicato intercettazioni che non erano penalmente rilevanti a dimostrazione che “non c’è alcuna gogna mediatica e per colpire questi reati ci sono già le leggi a tutela della privacy e il reato di diffamazione”. L’auspicio finale è che da queste considerazioni un prossimo governo possa concretamente legiferare contro mafia e corruzione senza che il diritto di pochi sia anteposto a quello dei molti.

 

TRATTO DA: http://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/69742-di-matteo-su-lotta-a-mafia-e-corruzione-un-silenzio-assordante-della-politica.html

 

Ingroia senza peli sulla lingua: “Napolitano ha bloccato il corso della nostra democrazia”…!! Nel frattempo il Pm Di Matteo attacca Berlusconi ed il suo “amichetto” Renzi mentre elogia i Cinquestelle

 

Ingroia

 

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Ingroia senza peli sulla lingua: “Napolitano ha bloccato il corso della nostra democrazia”…!! Nel frattempo il Pm Di Matteo attacca Berlusconi ed il suo “amichetto” Renzi mentre elogia i Cinquestelle

 

 

Il pm Di Matteo: “Berlusconi, patto con i boss. E Renzi ha discusso con lui di riforme”

All’iniziativa per un disegno di legge per il sequestro di beni ai corrotti proposto da Ingroia, che dice:”Napolitano ha bloccato il corso della nostra democrazia”

di SALVO PALAZZOLO

Non usa mezzi termini Antonio Ingroia, l’ex pubblico ministero del processo “Trattativa” oggi presidente di Azione Civile, nel definire l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Ha avuto un ruolo cruciale nel bloccare il corso della nostra democrazia. E ha bloccato anche il corso della nostra indagine, attraverso un conflitto di attribuzione con la procura di Palermo, mentre tante verità di quella stagione si stavano scoperchiando. Si mise di traverso”. A Sala delle lapidi, sede del consiglio comunale di Palermo, il movimento di Antonio Ingroia presenta il disegno di legge per sequestrare e confiscare in modo più efficace i beni ai corrotti. Una proposta di legge ribattezzata “La Torre bis”, sostenuta dal figlio del segretario regionale del Pci ucciso dalla mafia nel 1982.

“Napolitano ha avuto un ruolo cruciale nel bloccare il corso della nostra democrazia – ribadisce Ingroia, adesso parla del suo ingresso in politica – Quando lo stesso pubblico ministero che minacciava il blocco di potere nel nostro paese, divenne leader di un movimento che proponeva la confisca dei beni ai corrotti, Napolitano mise il veto al Pd di Bersani nel momento in cui si prospettava l’alleanza con Azione civile. A quel punto – prosegue Ingroia – Napolitano propose il nome di Piero Grasso”.

Al tavolo del convegno anche Nino Di Matteo, che ripercorre l’impegno di Pio La Torre (“Emblema della vera sinistra e della vera antimafia”), poi parla del rapporto fra magistratura e politica: “Si dice che c’è stata una guerra fra politica e magistratura, è una rappresentazione falsata della realtà. C’è stata un’azione unilaterale e continua di un’ampia parte della politica contro quella parte della magistratura che si ostina a esercitare un controllo di legalità nei confronti del potere”.

Di Matteo ripercorre le indagini del suo ex collega Ingroia: “È un amico – dice – è stato il protagonista di indagini importanti, quelle su Bruno Contrada e Marcello Dell’Utri ad esempio, indagini coraggiose”. Di Matteo ricorda che nella sentenza della Cassazione che ha definitivamente sancito la responsabilità dell’ex senatore di Forza Italia Dell’Utri si fa riferimento a un “patto di protezione fra l’imprenditore Berlusconi ed esponenti mafiosi, un patto andato avanti dal 1974 al 1992”. E qui l’affondo sull’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Non ha tenuto conto di quelle valutazioni della Cassazione. Renzi ha discusso con Berlusconi di come riformare la Costituzione”. Di Matteo loda invece il codice etico del Movimento Cinque Stelle, che distingue fra responsabilità politica e responsabilità penale. E aggiunge: “La politica deve farsi carico di contrastare i rapporti fra mafia e politica, invece ha preferito delegare alla magistratura”.

 fonte: http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/04/28/news/il_pm_di_matteo_berlusconi_patto_con_i_boss_e_renzi_ha_discusso_con_lui_di_riforme_-164135154/?refresh_ce