Per capire veramente il problema dell’Africa: Quando Sankara invitò tutti gli Stati africani a non pagare il debito pubblico… 2 mesi dopo fu ucciso!

 

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Per capire veramente il problema dell’Africa: Quando Sankara invitò tutti gli Stati africani a non pagare il debito pubblico… 2 mesi dopo fu ucciso!

A trent’anni dalla morte del rivoluzionario leader del Burkina Faso, manca ancora la verità su chi l’ha ucciso

Era il pomeriggio del 15 ottobre 1987 quando Thomas Sankara, da tre anni alla guida dell’ex colonia francese Alto Volta, da lui rinominata Burkina Faso (ovvero “Patria degli Uomini di valore”), viene falciato da una raffica di mitra in un agguato ordito da un gruppo di uomini armati nei pressi della sede del Consiglio Nazionale della Rivoluzione, nella capitale Ouagadougou. Insieme a lui vengono uccisi anche altri dodici ufficiali e membri del suo governo.

Chi era Thomas Sankara? E da chi e perché è stato ucciso? Alla prima domanda è possibile rispondere, ma rispetto altre due, trent’anni dopo la sanguinosa imboscata di cui il presidente e fondatore del Burkina Faso è rimasto vittima, non tutto è stato ancora chiarito.

Per capire perché ancora oggi la volontà di far luce sull’omicidio di Sankara sia ancora tanto forte e radicata soprattutto nei giovani africani, è utile ripercorrere la vita dell’ex presidente. Nato nel 1949, era figlio di un militare che aveva servito nell’esercito francese durante la Seconda guerra mondiale.

Dopo gli studi, intraprende la carriera militare e nel 1976 viene assegnato al centro di Po, dove – ricorda Daniele Bellocchio su Gli occhi della Guerra – ha inizio anche il suo percorso politico. Oltre a formare militari ben addestrati, infatti, Sankara si preoccupa anche di dare ai soldati sotto il suo comando una cultura civica, impiegandoli per esempio in servizi di pubblica utilità come scavare pozzi e occuparsi del rimboschimento. Amatissimo dai suoi uomini, la popolarità dell’ufficiale con il basco rosso inizia a diffondersi anche in larga parte della popolazione.

Dopo i golpe del 1980 e del 1982, Sankara diventa primo ministro nel governo di Ouédrago, che poco dopo però, a fronte della sua sempre maggiore fama, lo fa arrestare. Ottenendo però l’effetto contrario a quello sperato: la popolazione infatti si ribella e nel 1983 Thomas Sankara diventa presidente.

Il Paese che eredita – ricorda ancora Bellocchio – è soffocato da una situazione economica disastrosa. La risposta del neo capo dello Stato, che intende dimostrare che anche il Paese più povero dell’Africa può riuscire a farcela senza gli aiuti internazionali, è decisa: sono infatti messe in atto una serie di riforme radicali, tra cui la costituzione del Consiglio Nazionale della Rivoluzione e dei Comitati per la difesa della Rivoluzione (che hanno il compito di estendere ad ampi strati della popolazione il potere decisionale), una riforma agraria che ha come risultato un notevole aumento della produzione di cereali e cotone, una riorganizzazione dell’industria finalizzata alla produzione di beni di prima necessità e una riduzione delle spese superflue.

Senza contare una persuasiva opera di sensibilizzazione dei cittadini in merito alle questioni ambientali, una diffusa opera di rimboschimento con funzione anti-desertificazione, la battaglia per l’alfabetizzazione, una campagna di vaccinazione dei bambini che fra crollare il tasso di mortalità e l’impegno a favore dei diritti delle donne, alcune delle quali sono anche chiamate anche a far parte dell’esecutivo.

Quanto alla politica estera, Sankara non ha ottimi rapporti né con l’Unione Sovietica, né con gli Stati Uniti. E nemmeno con la Francia di Mitterand, di cui il Burkina Faso è stato una colonia. Per il presidente comunque, il nemico principale dell’Africa – scrive ancora Bellocchio – è il debito pubblico. Nel suo ultimo intervento all’assemblea dell’Organizzazione per l’Unità africana, che molti ritengono il suo testamento e il motivo della sua morte, Sankara ha invitato tutti gli Stati del continente a rifiutarsi di pagare il debito, “per evitare di farci assassinare individualmente. Se il Burkina Faso lo fa da solo, io non sarò presente alla prossima conferenza”.

Parole profetiche perché appena due mesi dopo, infatti, Sankara viene assassinato. Secondo le indagini il (presunto) responsabile della sua morte è Blaise Compaore, amico e compagno d’armi dell’amato presidente, del quale prende il posto e lo detiene per 27 anni. Anni nei quali anche solo parlare di Sankara (il cui omicidio, nel 1987, fu archiviato come “morte naturale”) è stato un tabù.

Negli ultimi anni però le cose sono cambiate: nel 2014, infatti, una rivoluzione di piazza – nella quale sono stati spesso scanditi slogan tratti dai discorsi di Sankara – ha posto fine alla dittatura totalizzante di Compaore (fuggito in Costa d’Avorio) ed è iniziata, nel Paese, una fase di transizione democratica. Quanto al leader del panafricanismo e icona di un’Africa libera e indipendente, nel 2015 è stata avviata un’inchiesta ufficiale sulla sua morte: il corpo dell’ex presidente è stato riesumato e l’autopsia effettuata ha dimostrato che il padre della Patria del Burina Faso è stato crivellato di colpi. Sulla base delle risultanze dell’indagine, sono inoltre stati emessi due mandati d’arresto in capo a Blaise Compaore e al fratello Francois.

Non è però tutto. Perché meno di due mesi fa (il 28 novembre), il presidente francese Emmanuel Macron, in un discorso pronunciato (non a caso) di fronte agli studenti dell’università di Ouagadougou, ha dichiarato di aver “preso la decisione, in risposta alle richieste della giustizia burkinabè, che tutti i documenti prodotti dalle amministrazioni francesi durante il regime di Sankara e dopo il suo assassinio, coperti dal segreto nazionale, siano declassificati”. Tale passaggio potrebbe risultare decisivo per la scrittura del capitolo finale della storia del capitano Sankara (alla memoria del quale, proprio nel luogo dove è stato ucciso, dovrebbe presto essere eretto un Memoriale), perché significa – sottolinea Bellocchio – impegnarsi a far emergere la verità sul suo assassinio (sia quanto alle responsabilità interne al Burkina Faso, con particolare riferimento a Compaore, sia quanto ai suoi alleati internazionali), fino ad oggi rimasto coperto da una cortina di omertà e paura.

 

 

tratto da: http://www.politicamentescorretto.info/2019/02/11/quando-sankara-invito-tutti-gli-stati-africani-a-non-pagare-il-debito-pubblico-2-mesi-dopo-fu-ucciso/

L’allarme di Ferruccio De Bortoli – L’Italia ormai spende più per pagare gli interessi sul debito che per la scuola – Ecco l’eredità che stiamo lasciando ai nostri figli…!

 

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L’allarme di Ferruccio De Bortoli – L’Italia ormai spende più per pagare gli interessi sul debito che per la scuola – Ecco l’eredità che stiamo lasciando ai nostri figli…!

 

Spendiamo più per il debito che per la scuola: l’eredità lasciata ai nostri figli

Nell’ultimo rapporto Censis si ricorda che l’Italia ha la più alta percentuale di giovani, tra i 15 e 29 anni, né al lavoro né allo studio. La stima più recente dell’Istat, riferita al 2017, è del 24,1 per cento. Uno su quattro non fa nulla. Una immensa «prigione sociale» o, se volete, un’invisibile «discarica» di forze e talenti giovanili. Nel 2017 poi in Italia si registrava una quota di adulti iscritti ad attività di apprendimento del 7,9 per cento contro una media europea del 10,9. Percentuale che scendeva tra i disoccupati al 5,3 per cento. La partecipazione degli adulti a corsi di aggiornamento decresce con l’aumentare dell’età ma più velocemente che in altri Paesi e con una marcata discriminazione di genereÈ come se lievitasse, a tutti i livelli di età, una sorta di sfiducia su formazione e cultura come mezzi di promozione economica e sociale. Secondo Eurostat, nel 2017 solo il 60,9 per cento delle persone tra i 25 e i 64 anni aveva un diploma. La media europea a 28 era del 77,5 per cento. Nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni la quota di laureati in Italia era al 26,9 per cento, in Europa al 39,9. Dopo dieci anni di calo sono tornate ad aumentare le uscite precoci dal sistema scolastico. Il 14 per cento dei giovani tra i 18 e 24 con la licenza media si ferma o si arrende. Se mai il reddito di cittadinanza dovesse essere applicato — lasciamo per un attimo da parte i costi — avrebbe assai poche possibilità di trasformarsi, in un clima di questi tipo, con un capitale umano così impreparato e disilluso, in un motore di nuova occupazione.

Il grafico che pubblichiamo in questa pagina è, a giudizio di chi scrive, più importante di qualsiasi altro, dello spread, della crescita, del risparmio. L’Italia spende ormai, per pagare gli interessi sul proprio debito, più che per la scuola e l’università. La domanda che tutti ci dovremmo porre alla vigilia di Natale, che anche per un laico è occasione di nascita e speranza, è quale futuro abbia un Paese che finanzia di più il proprio passato del proprio futuro. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha da poco pubblicato per Il Mulino una nuova edizione di Investire in conoscenza . Un libro prezioso. Ha ricordato nella prefazione una celebre frase, ormai di tre secoli fa, di Benjamin Franklin, scienziato, politico, editore. L’investimento nel sapere, nello studio, paga i migliori interessi. Sempre. «Esso può contribuire in modo profondo — scrive Visco — all’innalzamento del senso civico e del capitale sociale, valori in sé, indipendentemente dai loro effetti positivi sulla crescita economica, fattori importanti di coesione sociale e di benessere dei cittadini». Un recente studio della Banca d’Italia — scritto da Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio — ha fotografato la paralisi dell’ascensore sociale. I figli seguono i percorsi di istruzione e di reddito dei padri e delle madri. Contano le condizioni di partenza. L’Italia è nel novero dei Paesi a più bassa mobilità intergenerazionale.

Senza un solido patto generazionale, il futuro del Paese è ancora più incerto se non compromesso. Che cosa si può realisticamente fare? Il discorso non riguarda solo questo governo. Ha ereditato un debito schiacciante, oscilla tra sogni e ambizioni. Per salvarsi dalla procedura d’infrazione ha tagliato ancora gli investimenti. «Il governo — ha detto in sostanza il premier Giuseppe Conte parlando degli aggiustamenti alla manovra — intende definanziare il fondo per favorire lo sviluppo, il capitale immateriale, la produttività e la competitività». Il tema del patto generazionale riguarda però l’intera classe dirigente, la borghesia produttiva, i ceti professionali. Chi sta meglio dovrebbe riflettere e fare un esame di coscienza. Parlare di tasse è sempre antipatico in un Paese in cui chi le paga ne paga troppe. Gli evasori sono una costituency molto forte. Una platea corteggiata dalla politica. Anche dai legastellati che hanno promosso diverse forme di condono. Guardiamo però per un attimo alla curiosa vicenda dell’imposta sulle successioni e donazioni, che per sua natura dovrebbe avere in sé i valori intrinseci di un patto generazionale allargato alla società nel rispetto dei legami familiari. Il governo Berlusconi la soppresse con l’articolo 13 della legge 383, in vigore dal 25 ottobre del 2001. Il successivo esecutivo Prodi la ripristinò, con larghe eccezioni in fatto di aliquote e franchigie, in base al decreto legge 262, entrato in vigore il 3 ottobre del 2006. Attualmente per le successioni in linea retta è prevista una franchigia di un milione per ciascun beneficiario. Per gli immobili la base imponibile è determinata sui valori catastali applicando determinati coefficienti. Si corrispondono ovviamente le imposte ipotecarie e catastali. Oltre le diverse franchigie, l’aliquota varia tra il 4 e l’8 per cento a seconda degli aventi diritto. L’Italia, in confronto alla legislazione degli altri maggiori Paesi europei, è di fatto un paradiso fiscale. «Meglio morire da voi», dicono all’estero. Con un milione di eredità in Germania si pagano 75 mila euro di imposte, in Francia 195mila, in Gran Bretagna 250mila Euro. Da noi ZERO

Una rimodulazione intelligente dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni potrebbe portare a convogliare il nuovo gettito (nel 2017 è stato di appena di 789 milioni) in un fondo esclusivamente dedicato alla scuola, all’università, a progetti di riqualificazione dei giovani che non studiano né lavorano. Questo fondo contro la dispersione scolastica e umana potrebbe poi essere alimentato da contributi liberali portati in detrazione nelle dichiarazioni dei redditi. Avrebbe un grande significato civico. Un gesto di solidarietà civile. Un investimento sul futuro delle prossime generazioni. Gli interessi pagati sul debito vanno a favore di chi presta capitali al Paese, un terzo stranieri. E ci auguriamo che continuino a farlo. Gli interessi sociali di un fondo di solidarietà di questo tipo sarebbero più elevati e diffusi a favore di chi ha maggior bisogno. E, soprattutto, all’istruzione pubblica, alla quale tutti dobbiamo enorme riconoscenza. Chi paga un po’ più di tasse avrebbe la certezza che non verrebbero disperse in spese inutili. Ma forse è soltanto un’utopia… che tutte le feste si porteranno via.

Ferruccio De Bortoli

 

Articolo tratto da: www.corriere.it

https://www.corriere.it/economia/18_dicembre_25/spendiamo-piu-il-debito-che-la-scuola-siamo-paradiso-fiscale-le-tasse-successione-bbb86d92-082a-11e9-9efd-ce3c5bf3dd59.shtml

 

 

L’analisi de Il Sole 24 Ore – Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro

Francia

 

 

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L’analisi de Il Sole 24 Ore – Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro

Nella classifica del debito pubblico in rapporto al Pil (che in Italia fa 130%, in Francia e Usa 100%, e nella media dell’Eurozona 90%) l’Italia ne esce, da tempo, come tra le economie più “a leva” del pianeta. Ma se si amplia lo sguardo al debito aggregato, ovvero ai livelli di indebitamento di tutti gli attori economici (Stato, imprese, banche e famiglie) l’Italia si rivela d’emblée un Paese nella media, senza grossi problemi di debito.

Sempre seguendo questa classifica – che però al momento non fa parte delle griglie con cui l’Unione europea giudica l’operato dei suoi membri – si scopre che è la Francia il Paese più esposto finanziariamente; il Paese che ricorrendo al debito sta vivendo l’oggi più di tutti con i mezzi del domani. È vero, il debito pubblico in rapporto al Pil è più contenuto rispetto all’Italia ma se si somma l’esposizione delle società (circa 160% del Pil), delle banche (90% ) e delle famiglie (60%) vien fuori che il sistemaFrancia viaggia con una leva enorme, che supera il 400% del Pil, pari a 9mila miliardi di debiti cumulati. L’Italia, sommando tutti gli attori economici, supera di poco il 350% a fronte del 270% della Germania.

IL CONFRONTO
Dati in % del Pil (Fonte: Bloomberg)

Questi numeri devono far riflettere, in particolare i tecnocrati europei che elaborano le soglie che stabiliscono se un Paese è virtuoso o no. Ignorare – o non pesare come probabilmente meriterebbe – il debito privato è un doppio errore. Sia perché c’è una stretta correlazione storica tra debito pubblico e debito privato (è dimostrato che laddove i Paesi sono chiamati a ridurre il debito pubblico con forme di austerità, sono quasi costretti ad andare a “pescare” la crescita attraverso l’aumento della leva privata). E sia perché, se con l’introduzione del bail-in (che stabilisce che i privati partecipano con i propri risparmi ai salvataggi delle banche) passa il principio che il risparmio privato è un “asset istituzionale”, allora forse sarebbe più logico considerare tale anche il debito privato.

 

tratto da: https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-08-30/italia-no-e-francia-paese-piu-indebitato-dell-area-euro-202718.shtml?uuid=AE2nIVKC&fbclid=IwAR0PsaBYEJPQrQWFPDG5uLaIeYh38OiDC-JVONTR-9LJ2WD0iX16YmlZ-ik

Perché l’austerità non serve a far diminuire il debito pubblico? La spiegazione in un efficace video del Labour Party.

 

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Perché l’austerità non serve a far diminuire il debito pubblico? La spiegazione in un efficace video del Labour Party.

Un efficace video pubblicato in Gran Bretagna dal Labour Party mostra in modo semplice e chiaro perché l’austerità non funziona: dato che, come Keynes a suo tempo ha ampiamente spiegato, la spesa di ciascuno di noi costituisce il reddito di qualcun altro, i tagli attraverso cui ci si illude (o si millanta) di voler ridurre il debito pubblico non servono ad altro che a creare una spirale di impoverimento, che risulta alla fine in un ulteriore peggioramento dell’economia e dei conti pubblici. Non un’astratta teoria, ma la dolorosa realtà, che abbiamo visto dispiegarsi in Grecia, in Italia e in tutta Europa, con le misure punitive e in ultima istanza inutili applicate da autorità accecate dall’ideologia o dall’interesse.  

Per vedere i sottotitoli in italiano, clicca sul bottone apposito nella fascia sotto il video (in basso a destra)

 

Perché l’Unione Europea potrebbe veramente cancellarci 250 miliardi di debito pubblico…!

 

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Perché l’Unione Europea potrebbe veramente cancellarci 250 miliardi di debito pubblico…!

 

Perché la BCE può cancellare 250 miliardi (e chi lo nega è ignorante o in malafede)

di 

Il motivo lo ha spiegato  – in un articolo del  giugno 2013 –  Paul De Grauwe, attualmente docente alla John Paulson Chair in European Political Economy,   nella London School of Economics, già membro del parlamento belga dal 1991 al 2003, autore di ricerche e libri fondamentali  sulla politica monetaria, di cui è considerato fra le  massime autorità.

De Grauwe ha scritto l’articolo perché  il governatore Weidmann della Bundesbank, la banca centrale tedesca,  s’era appellato alla Corte Costituzionale  tedesca, sostenendo che gli acquisti a palate di titoli di debito pubblico  dei paesi dell’eurozona che sta  operando la BCE, esponevano i contribuenti tedeschi al rischio di dover  pagare con le tasse le “perdite” che avrebbe subito la BCE in caso di insolvenza  dell’Italia, Spagna, Grecia, Portogallo.

De Grauwe mostra che la Bundesbank è ignorante, come quasi tutti gli economisti italiani (e non parliamo dei giornalisti) a ventilare una simile spaventosa ipotesi. Il motivo: applicano alle banche centrali i criteri di solvibilità e insolvenza di una banca privata, o di una qualsiasi impresa privata.

Il livello di confusione è così alto  – scrisse appunto –  che il presidente della Bundesbank si è rivolto alla Corte Costituzionale Tedesca sostenendo che il programma OMT  della BCE esporrebbe i cittadini tedeschi al rischio di dover pagare tasse per coprire potenziali perdite generate dalla BCE”.

“Tale paura è mal posta”  . Anzi: “In realtà, i contribuenti tedeschi sono i principali beneficiari del programma di acquisto di titoli di debito”.

“Le società private si ritengono solvibili quando il valore del loro patrimonio netto è positivo, ossia quando il valore dei loro asset è superiore a quello del debito. La solvibilità di una società privata può anche essere espressa come il massimo ammontare di perdite che una società può assorbire in un dato momento. Pertanto, una società privata si dice solvibile quando le sue perdite non sono superiori al patrimonio netto” .

Ma “questi vincoli di solvibilità non dovrebbero essere applicati alle banche centrali; le banche centrali non possono fallire”.

Oddio, e perché?

Perché  “una banca centrale può emettere tutta la moneta che vuole e chi gli serve per ripagare i suoi “creditori”.

E chi sono i creditori della banca centrale?

Sono “i detentori della sua moneta.   Per la banca centrale, il loro “ripagamento”   consisterebbe semplicemente nel sostituire la moneta vecchia con moneta nuova”.

Non siamo più nel  sistema del tallone aureo, quando una banca centrale prometteva di convertire la moneta che emetteva in oro.

“Al contrario delle società private, i debiti delle banche centrali non rappresentano un diritto sugli asset delle banche centrali. Quindi, il valore degli asset della banca centrale non ha influenza sulla sua solvibilità.

“La sola promessa che una banca centrale fa  […] mercato è che il denaro sarà convertibile in un paniere di beni e servizi a un prezzo più o meno fisso. In altri termini, la banca centrale fa una promessa di stabilità dei prezzi. Tutto qui.

La banca centrale assorbe qualsiasi perdita

(…) . La banca centrale può assorbire qualsiasi perdita, a patto che questa perdita non comprometta la stabilità dei prezzi.

Non è nemmeno corretto affermare che la banca centrale ha bisogno di mantenere un patrimonio netto positivo per “restare solvibile”. Una banca centrale non necessita di un patrimonio netto.  Dunque l’affermazione che una banca centrale con un patrimonio netto negativo necessiti di essere ricapitalizzata dal Tesoro non ha alcun senso”.

Visto che qualcuno ancora non capisce, De Grauwe spiega di nuovo:

 

“Per essere chiari:

  • La banca centrale (che non può fallire) non ha bisogno di alcun sostegno fiscale dal governo (che invece può fallire)
  • L’unico sostegno di cui la banca centrale necessita da parte del governo è che essa possa mantenere il monopolio sull’emissione di moneta in tutto il territorio su cui il sovrano ha giurisdizione. Una volta che abbia  dal sovrano tale potere, la banca centrale è libera da ogni limite di solvibilità”.

Chiarito ciò, De Grauwe  illustra il caso più semplice, di una banca centrale che emetta moneta per  un solo stato.  Lo fa comprando i Buoni del Tesoro  di quello Stato ed emettendo moneta.

“Acquistando i titoli di debito statali, la banca centrale  trasforma  la natura del debito pubblico.

Quando la banca centrale compra il debito del proprio governo, il debito viene trasformato:

  • Il debito governativo, che porta con sé un tasso di interesse e un rischio di default, diventa una passività della banca centrale (base monetaria); che è priva di rischio default,   ma soggetta a rischio di inflazione”.

Per capire    cosa sia questa trasformazione, e  come agisca nel bilancio, supponiamo   che Banca Centrale e Governo siano tutt’uno (come dopotutto sono: due rami separati del settore pubblico, ed erano prima del “divorzio” fra Tesoro e Bankitalia).

Attenzione attenzione, perché nelle righe seguenti troviamo spiegato perché 250 miliardi di debiti possono essere “cancellati”:

dunque seguiamo il ragionamento.

“Dopo la trasformazione, il debito governativo detenuto dalla banca centrale viene cancellato. Esso è un attivo in un ramo dello stato (la banca centrale) e un passivo nell’altro ramo (il governo). Quindi, scompare”.

E attenti, non è ancora finita:

“La banca centrale può ancora tenerlo a bilancio  [come fa la BCE coi nostri  250 miliardi], ma esso non ha più alcun valore economico. Di fatto la banca centrale può sbarazzarsi di questa FINZIONE ed eliminarla dal suo bilancio, e il governo può quindi eliminarlo dall’ammontare del suo debito. Esso non ha più valore in quanto è stato rimpiazzato da una nuova forma di debito, ossia la moneta, che comporta un rischio inflattivo, ma NON  un rischio di default”.

Dunque non ha senso – come voleva far credere la Bundesbank –  che le banche centrali,   quando il prezzo di mercato dei titoli di stato scende, ci perdono. Se ci fosse una perdita per la banca centrale, essa sarebbe compensata alla pari da un guadagno equivalente da parte del governo (perché il valore di mercato del suo debito è sceso in uguale proporzione). Non ci sono perdite per il settore pubblico”.

Chiaro o no? L’esperto sottolinea:

“Arriviamo a una conclusione importante: Quando una banca centrale ha acquisito titoli di stato, un declino nel prezzo di mercato di questi titoli non ha alcuna conseguenza fiscale. La perdita in un ramo (la banca centrale)  è compensata dal profitto nell’altro (lo Stato)”.

Che se poi ancora non fosse chiaro ai vari “economisti” dei miei stivali che strillano, De Grauwe riprende:

“Un altro modo di vedere questo effetto, è guardare ai flussi degli interessi sottostanti ai titoli pubblici. Poniamo ad esempio che la banca centrale abbia comprato un miliardo di euro in titoli di stato. Questi hanno una cedola, diciamo, del 4%. Perciò la banca centrale che ha in portafoglio i titoli riceve 40 milioni di euro all’anno da parte del governo. Nella pratica della contabilità, questo viene contato come un profitto per la banca centrale. Alla fine dell’anno, la stessa banca centrale girerà  i propri profitti al governo. Assumendo che il costo marginale della gestione di questi bond sia pari a zero, la banca centrale girerà al governo i 40 milioni di euro. E’, per così  dire,  la mano sinistra  che  paga la mano destra”.

La classica partita di giro.

“La tecnicalità della tenuta dei libri contabili ha potuto far credere a qualcuno che tali interessi siano signoraggio  (ossia profitto per la banca centrale). Non lo sono. Non c’è alcun profitto nel settore pubblico.  Il profitto della banca centrale è esattamente compensato da una perdita del governo”.

Capito? L’economista vuol essere ancora più chiaro.

“L’uno e l’altra potrebbero eliminare questa convenzione contabile perché in queste perdite e profitti non  c’è alcuna sostanza economica”.

“La BCE può distruggere i titoli di stato, senza nessuna perdita”

Ma, probabilmente temendo che questo sia al disopra delle possibilità intellettuali del governatore Weidmann della Bundesbank, il belga insiste:

“E’ letteralmente  vero che la banca centrale potrebbe distruggere i titoli di Stato nel trituratore della carta: niente sarebbe perduto”.

Vogliamo copiare la frase in inglese:

It is literally true that the central bank could put the government bonds ‘into the shredding machine’; nothing would be lost.

“Nel nostro esempio, la banca centrale non riceverebbe più 40 milioni di euro l’anno,  e non dovrebbe più girarli al governo ogni anno.

Cosa succede se il governo fa default sui suoi bond in scadenza? Il default causa delle perdite ai detentori privati dei titoli.

Ma è irrilevante per i titoli detenuti dalla banca centrale: infatti essi adesso non valgono più nulla, ma erano già privi di valore anche prima del default. Si tratta della mano destra che paga la sinistra.

Per il settore pubblico, non è successo nulla. Perciò la perdita della banca centrale a causa del default non ha alcuna conseguenza fiscale”.

Nel caso dell’eurozona,   una unione monetaria imperfetta (che non è anche una unione di bilancio), le cose sono alquanto più complesse. Ma all’osso,  ci limitiamo a riportare l’esempio di De Grauwe:

“Immaginiamo che la BCE acquisti 1 miliardo di titoli spagnoli a un tasso del 4%. Le conseguenze fiscali sono ora le seguenti.

  • La BCE riceve 40 milioni di euro in interessi annuali dal tesoro spagnolo.
  • La BCE restituisce questi 40 milioni di euro non alla sola Spagna, ma  a tutti gli anni alle banche centrali nazionali dell’eurozona.

La distribuzione avviene proporzionalmente alla quota di capitale nella BCE (vedere BCE 2012).

  • La banca centrale nazionale trasferisce quanto ricevuto al proprio tesoro nazionale.

Per esempio, la BCE trasferirà l’11.9% dei 40 milioni al Banco de España. Il resto andrà alle banche centrali degli altri paesi membri. Chi riceverà di più è la Bundesbank tedesca; che con una quota di capitale del 27.1%, riceverà quindi 10.8 milioni di euro”.

Ecco perché, all’inizio del discorso il nostro monetarista diceva che,  anziché essere danneggiati, “i tedeschi sono i principali beneficiari del programma di acquisti di debiti pubblici  avviato da Draghi.

L’effetto paradossale è questo:

“In un’unione monetaria che non è  anche un’unione fiscale,  un programma di acquisto di titoli di stato porta a trasferimenti all’interno dell’unione – ma non a quelli a cui pensa l’opinione pubblica tedesca

  • “Un programma di acquisto titoli della BCE porta a un trasferimento annuale dai paesi i cui titoli vengono acquistati verso tutti gli altri”

Cioè dai paesi più indebitati e poveri a quelli non indebitati e ricchi. 

“Un trasferimento fiscale dai paesi più deboli (debitori) verso i paesi più forti (creditori)”.

La  Germania lucra anche su questo.

Che cosa serve ancora per realizzarla perversione  del sistema euro?  E di chiamare chi lo sostiene in Italia un traditore? Perché la protesta di Weidmann contro gli acquisti della BCE, anche se non escludo possa essere dovuta ad ignoranza (non sarebbe il primo banchiere a non sapere come si crea il denaro),   servepiuttosto ad uso interno, per rafforzare nei cittadini tedeschi l’impressione che essi stanno pagando per i debtii italiani, spagnoli, greci. Il che pone il problema dei tecnocrati non eletti: non c’è niente di peggio di un tecnocrate incompetente. Anzi di peggio c’è, ed è un tecnocrate che fa’ politica e propaganda contro un paese  alleato, fondatore, e dellas tessa zona monetaria.   Ma che dire dei giornalisti ed economisti italiani che tifano per  la bancarotta  dell’Italia in odio al govenro Salvini-Di MAio?

  • Dal testo qui sopra si vede anche che i tassi d’interesse sul nostro debito non dipendono dai “mercati” e se è aumentato lo spread   a causa del governo Lega-Cinque Stelle, è un avvertimento artificiale delle  banche centrali ostili. Ricordiamo che quando Sarko e Merkel vollero  rovesciare Berlusconi,  aumentarono lo spread vendendo – non loro,  le loro banche centrali per carità, sono indipendenti – a vagonate titoli di Stato italiani. Draghi   dispose poi che li comprassero le banche italiane, che per questo vengono accusate ogni giorno da Weidmann di essersi riempite di Bot e BTP.

Post Scriptum: 

Il testo dell’economista prosegue, per smentire, “come si  sente dire spesso nei paesi creditori che, nel caso di default di un paese i cui titoli di stato sono nel bilancio della BCE, essi (i creditori) sarebbero i primi a rimetterci. Questa è una conclusione sbagliata”.

Al massimo, il contribuente tedesco dovrebbe rinunciare alla rendita annua degli interessi che percepisce dal paese debitore.

Potete constatarlo da voi leggendo l’originale inglese qui:

https://voxeu.org/article/fiscal-implications-ecb-s-bond-buying-programme

L’articolo Perché la BCE può cancellare 250 miliardi (e chi lo nega è ignorante o in malafede) proviene da Blondet & Friends.

Perché la Norvegia non ha “debito pubblico”? Ogni bambino che nasce in Italia ha già un debito di 40.000 Euro. Ogni bambino che nasce in Norvegia ha un patrimonio di 161.000 Euro. Ecco cosa andrebbe spiegato ai nostri politici…!

 

Norvegia

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Perché la Norvegia non ha “debito pubblico”? Ogni bambino che nasce in Italia ha già un debito di 40.000 Euro. Ogni bambino che nasce in Norvegia ha un patrimonio di 161.000 Euro. Ecco cosa andrebbe spiegato ai nostri politici…!

 

Perché la Norvegia non ha “debito pubblico”?
La Norvegia non ha il nostro debito pubblico, perchè:
1 – Non ha aderito all’euro. La moneta Norvegese è la Corona (coniata in una banca centrale statale)
2 – Non ha privatizzato le principali banche del paese (DnB NOR) e le aziende energetiche: petrolio (Statoil), energia idroelettrica (Statkraft), alluminio (Norsk Hydro) e le telecomunicazioni (Telenor)
3 – Circa il 30% di tutte le aziende quotate alla borsa di Oslo è statale
4 – I titoli di stato rendono il 6,75% netto ai risparmiatori
5 – Pur essendo il principale produttore di petrolio europeo, NON fa parte dell’OPEC (per la cronaca, l’Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d’Europa su terraferma).
Naturalmente, in Norvegia, non si sognano di parlare di privatizzazione dell’acqua o privatizzazione della raccolta di rifiuti, come fanno i nostri politici e NON hanno un debito pubblico schiacciante come il nostro, anzi! Hanno un avanzo di bilancio statale del 16,5%, mentre noi, che abbiamo privatizzato quasi tutto, abbiamo un debito pubblico pari al 127% del nostro PILIn pratica questa situazione garantisce alla Norvegia un debito che ammonta al 48,4% del PIL, permettendole di incassare ogni anno più di quanto spende.
E l’Italia (e tutti gli altri paesi del mondo) cosa sta aspettando?

 

Fonte: http://siamolagente.altervista.org/la-norvegia-non-ha-debito-pubblic/

Norvegia, il fondo sovrano vale mille miliardi. Ogni cittadino nasce con un patrimonio da 161mila Euro

Ogni norvegese ha un credito di 161mila euro. Altro che debito pubblico, il fondo sovrano norvegese ha sfondato quota mille miliardi di dollari. E’ il fondo sovrano tra i più ricchi al mondo in assoluto e “appartiene al popolo norvegese”, si legge sul sito di Norges bank investment management.

La storia del successo. Tutto è iniziato nel 1998 quando fu costituito il “Norges bank investment management”, poi diventato il fondo sovrano più grande al mondo. Merito del greggio, certo. Ma non solo. Del totale degli investimenti, il 65 per cento sono azioni, dal “gettone” di 7,4 miliardi di dollari puntato su Apple, ai 5,5 miliardi su Alphabet (Google). Un altro 32 per cento è rappresentato da obbligazioni, mentre la quota di investimenti immobiliare è quasi irrilevante (3 per cento).

Oltre 400 miliardi di dollari sono stati investiti a Wall Street, in Europa è rimasto il 36 per cento del forziere, mentre il 18 per cento è finito in Asia. Il rimanente 4 per cento si divide tra Sud America, Africa e Oceania. Dalle piattaforme dell’oro nero nel Mar del Nord, fino alle aziende della Silicon Valley: chi nasce in Norvegia ha già una discreta dote finanziaria.

Il Prodotto interno lordo dalle parti di Oslo viaggia spedito, il debito pubblico è tra i più contenuti del Vecchio continente. Insomma, sui fiordi non c’è il sole che risplende a Roma, ma sicuramente ci sono più soldi. Se facessimo il paragone tra la quota di debito pubblico pro capite in Italia (38mila euro) e quella del credito del fondo sovrano norvegese (161mila euro pro capite), salterebbe all’occhio uno spread di 199mila euro. Un gap che neanche il sole riuscirà a colmare facilmente. 

fonte: https://it.finance.yahoo.com/notizie/norvegia-il-fondo-sovrano-vale-mille-miliardi-ogni-cittadino-nasce-con-un-patrimonio-da-161mila-euro-093813263.html

La grande truffa del Debito Pubblico. L’Italia in realtà non ha nessun debito pubblico, anzi ha un credito di oltre 1000 miliardi di euro… Perchè i nostri politici, invece di massacrarci di tasse, non fanno valere i nostri diritti?

Debito Pubblico

 

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La grande truffa del Debito Pubblico. L’Italia in realtà non ha nessun debito pubblico, anzi ha un credito di oltre 1000 miliardi di euro… Perchè i nostri politici, invece di massacrarci di tasse, non fanno valere i nostri diritti?

L’Italia in realtà non ha nessun debito pubblico – anzi e’ in credito di oltre 1000 miliardi di euro (IL DEBITO ESISTE Perché è UNA TRUFFA)
Facendo due conti molto semplici potremmo accorgerci di un’anomalia piuttosto bizzarra nel computo del famigerato debito pubblico italiano.
La cosa richiede una certa concentrazione e la ferrea volontà di capire a fondo cosa diavolo sia questo ”debito”, che tutti abbiamo nel groppone, che però nessuno di noi ha mai contratto ma che dobbiamo, per misteriosi motivi, ripagare interamente con le nostre tasche e con il nostro lavoro.
Il debito pubblico non è una cosa da poco in quanto è la causa principale del costante aumento della pressione fiscale nel nostro Paese. Persino nel 2014, anno della ”finta ripresina” con i bluff economici del governo Renzi, le tasse sono aumentate comunque dello 0,2%, arrivando alla soglia record imbattuta del 44% (senza contare le tasse indirette come l’IVA, le accise sui carburanti o le imposte sui beni come il bollo auto, l’IMU, il canone RAI ecc… che fanno schizzare il totale dei balzelli da pagare allo Stato a ben oltre il 68% del proprio guadagno!).
Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire cos’è il debito pubblico e perché aumenta sempre.
Come funziona, economicamente parlando, una Nazione o un Gruppo di Nazioni?
Immagina, per semplicità, che una Nazione sia rappresentabile come una piramide divisa in tre fasce: la punta, in alto, è il Governo. La fascia centrale sono gli ”statali”, ovvero tutti quei soggetti che vengono pagati direttamente dal Governo, mentre la terza fascia (la base della piramide) sono i privati cittadini, le aziende private, i negozi, i commercianti ecc…
Il denaro ”filtra” dall’alto verso il basso, per poi tornare in cima attraverso le tasse.
In altre parole, i soldi, all’interno di una Nazione (o di un gruppo di Nazioni) devono circolare, ovvero devono partire dal punto ”A”, girare di tasca in tasca stimolando la produzione di beni e servizi, e ritornare poi nel punto ”A” per ricominciare il giro.
Il punto ”A” è il posto dove il denaro viene creato dal nulla, oppure riciclato dalle tasse, per essere reimmesso in circolazione: esso prende comunemente il nome di ”Banca Centrale”. In uno Stato ”normale” la Banca Centrale dovrebbe essere di proprietà dei cittadini, ovvero statale.
Facciamo un semplice esempio pratico: al Governo Italiano servono 1000 euro per pagare gli statali. Si fa quindi ”prestare” i 1000 euro dalla Banca Centrale e li immette nel sistema pagando insegnanti, impiegati, medici ecc…
Gli statali spenderanno, successivamente, quei 1000 euro acquistando beni e servizi dalla base della piramide, cioè dai privati cittadini, che sono gli unici soggetti in grado di creare ricchezza vera nel Paese; faranno la spesa, andranno dal barbiere, si compreranno da vestire ecc… Così facendo, però, la massa monetaria totale circolante della base (cioè dei privati) aumenterà di 1000 euro generando un rischio di inflazione. Il governo interverrà quindi con le tasse, recuperando dai privati, l’anno successivo, quei 1000 euro immessi nel sistema e restituendoli alla Banca Centrale, annullando così di fatto il debito contratto l’anno prima. E, a questo punto, il ciclo può ricominciare e la Banca Centrale può riprestare i soldi al Governo!
Semplice, no?
Ma, c’è un ma (anzi, due) grandi come una casa che rovinano di fatto questo efficiente meccanismo di creazione/sparizione del denaro: gli interessi sull’emissione di nuova moneta e la proprietà della Banca Centrale.
Nella realtà, infatti, la Banca Centrale NON E’ di proprietà dei cittadini ma è di fatto un ente PRIVATO, di proprietà del sistema bancario, con diverse quote (preferiamo non scendere nei dettagli per non creare confusione. Scrivi B.C.E. su Wikipedia e capirai da te!).
Cosa accade quindi, VERAMENTE, quando un Governo ha bisogno di soldi per pagare gli statali? Attenzione perché l’imbroglio è tutto qui, ed è anche molto semplice da capire, se spiegato bene.
Quando il Governo italiano ha bisogno di denaro per pagare i servizi statali DEVE rivolgersi al sistema bancario PRIVATO e farseli prestare, non potendo esso CREARSI IL DENARO DA SE in quanto ha ceduto (senza il consenso dei cittadini) la facoltà di battere moneta alla B.C.E., e quindi al sistema bancario privato europeo a cui la B.C.E. appartiene.
Il problema sono GLI INTERESSI sul prestito, che NON DOVREBBERO ESISTERE perché MATEMATICAMENTE IMPAGABILI.
Facciamo l’esempio di prima, riveduto e corretto con ciò che accade realmente oggi:
L’Italia ha bisogno di 1000 euro per pagare gli statali. Chiede quindi un prestito ad una banca privata, che glielo concede con un 5% di interessi. Il Governo prende i 1000 euro, paga gli statali i quali spendono il denaro presso i privati facendo aumentare la massa monetaria dei privati di 1000 euro.
L’anno dopo, però, il Governo si trova di fronte ad un problemino matematicamente irrisolvibile: non deve restituire 1000 euro, ma 1050, ovvero i 1000 che si è fatto prestare l’anno prima + i 50 di interessi.
Quei 50 euro in più, però, non esistono perché non sono mai stati creati! Se ricordi bene, la banca che ha prestato allo Stato 1000 euro ne ha creati solo 1000 ed il Governo italiano non può battere moneta, creando quei 50 euro in più, perché ha ceduto la propria sovranità monetaria.
Cosa fare allora? Le soluzioni sono solamente 2!
1) Se lo stato ha un’economia avviata, come aveva l’Italia fino a qualche anno fa, può andare a prendere quei 50 euro dalle tasche dei privati cittadini aumentando le tasse ed impoverendoli un po’. Infatti, nei numeri, lo Stato ha IMMESSO 1000 euro nel sistema e ne ha prelevati 1050. Il debito viene saldato, ma la massa monetaria totale circolante cala.
2) Se le tasse sono già elevate, il Governo può FARSI PRESTARE dal sistema bancario PRIVATO nuovo denaro (carico anch’esso di interessi che non esistono) per pagare gli interessi dell’anno precedente ed aumentando così debito pubblico.
Insomma, per farla breve, se all’atto dell’emissione di nuova moneta essa viene prestata ad uno Stato con degli interessi allegati, quello Stato sarà costretto ad aumentare le tasse o ad aumentare il debito pubblico. Non se ne scappa! E’ matematico.
L’interesse sull’emissione di moneta è IL MALE ASSOLUTO DELLA NOSTRA ECONOMIA! Esso non è INDISPENSABILE, anzi non serve proprio a nulla! Ri-anzi, è dannoso e mette le Nazioni in ginocchio di fronte al sistema bancario perché, ovviamente, sono indebitate e impossibilitate a saldare il tutto! Ecco che le banche possono dettar legge sugli Stati schiavi, di fatto, di un debito artificiale ottenuto anche grazie all’aiuto di un Governo complice che non si sogna nemmeno di mettere in discussione il sistema!
L’Italia ha pagato, dal 1980 ad oggi, oltre 3000 miliardi di euro DI SOLI INTERESSI! Il Debito Pubblico italiano è di 2000 miliardi. Se iniziassimo a considerare ILLEGALI gli interessi sull’emissione di nuova moneta (semplicemente perché IMPAGABILI, frutto di un’evidente TRUFFA volta a rendere uno Stato INSOLVENTE e quindi RICATTABILE), ci accorgeremmo che non solo abbiamo GIA’ PAGATO TUTTO IL NOSTRO DEBITO, ma che siamo addirittura IN CREDITO DI 1000 miliardi dal sistema bancario privato!
Basterebbe un semplice cambio di paradigma, guardando la cosa dal lato giusto!
Se non hai afferrato il concetto, ascoltati questo breve video di Salvo Mandarà che spiega esattamente quello che abbiamo scritto qui sopra, ma con altre parole:
tratto da: http://www.stopeuro.org/litalia-in-realta-non-ha-nessun-debito-pubblico-anzi-e-in-credito-di-oltre-1000-miliardi-di-euro-il-debito-esiste-perche-e-una-truffa/

Il debito è illegittimo? Non si paga! Lo ha fatto prima l’Islanda, ora l’Equador. E sono rinati… Perchè non lo ha fatto la Grecia? …E soprattutto, perchè non lo facciamo noi?!?

 

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Il debito è illegittimo? Non si paga! Lo ha fatto prima l’Islanda, ora l’Equador. E sono rinati… Perchè non lo ha fatto la Grecia? …E soprattutto, perchè non lo facciamo noi?!?

Come accaduto in Islanda, anche in Ecuador il popolo, guidato dal presidente Rafael Correa, si è rifiutato di pagare il debito. Una commissione appositamente istituita l’ha dichiarato illegittimo in quanto si trattava di un prestito che faceva gli interessi esclusivi di banche e multinazionali e non del paese che avrebbe dovuto aiutare.
In un mondo dominato dalla finanza e dai poteri forti, l’arma più utilizzata dai potentati economici per la sottrazione di risorse ai paesi meno sviluppati è diventata quella dell’imposizione di pesanti debiti tramite organismi come la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale e figure come quella dei Sicari dell’Economia.
Molti paesi, si sono venuti a trovare di fronte alla tragica scelta tra il ripagamento dei debiti verso i creditori internazionali e l’investimento nella spesa pubblica mirata al benessere dei propri cittadini. Purtroppo, la stragrande maggioranza delle volte, i paesi scelgono di proseguire con il pagamento dei debiti accumulando risorse tramite l’imposizione di misure di austerità che colpiscono duramente la popolazione e creano situazioni di disuguaglianza sociale sempre più insostenibili. Proprio come è successo e sta succedendo in Grecia.

Guarda il video QUI

Sintetizzando quando divenne Presidente Rafael Correa, ereditò un paese in macerie per il debito estero e decise di non continuare ad uccidere la sua popolazione, considerando persone non grate i rappresentanti della Banca Mondiale e del FMI; imponendo poi un audit sul debito che ne certificò l’immoralità e le irregolarità manifeste da parte degli istituti finanziari nord-americani ed europei, risultati oggi nessuno parla di Ecuador, nessun media, nessun politico, ma l’Ecuador è libero, si non sarà l’induatrializzata Germania no, forse è meglio! Il paese ha subito in questi ultimi anni una notevole trasformazione, passando da un’economia prevalentemente agricola ad una industriale e sviluppata soprattutto nel settore terziario. Il paese è ricco di risorse minerarie, oltre a quelle petrolifere. Vi sono enormi giacimenti di rame. Anche molibdeno, oro e argento sono presenti in notevoli quantità nel sottosuolo ecuadoriano, così come presenti sono zinco, piombo e zolfo. L’Ecuador è il maggior esportatore di banano al mondo, fiori tropicali, il cacao, caffè, palmito e gamberi. Le attività industriali sono prevalentemente concentrate a Quito e Guayaquil, ed ha i punti di forza nel settore petrolchimico, tessile, farmaceutico e del cemento. La cosa più importante e che la sua gente non è schiacciata dalla finanza.

Se la Grecia nel 2012 avvese seguito l’esempio dell’Ecuador e dell’Islanda chissà come vivebbre oggi il suo popolo, questo non possiamo dirlo quello che possiamo dire è, che sia l’Islanda che l’Ecuador sono salve ed salvo il suo popolo dalla povertà, il popolo greco oggi…beh questo lo sapete perfettamente come se la passa.

 

tratto da: http://www.stopeuro.org/ecuador-se-il-debito-e-illegittimo-non-si-paga-infatti-non-paga-dal-2012-e-il-paese-cresce/

Nuovo record per il debito pubblico italiano. Toccata quota 2.260,3 miliardi di euro, +20,1 miliardi rispetto a febbraio. Ma per Renzi la priorità è organizzare una pagliacciata di Roma …Non ho dubbi, ormai maglietta gialla è sinonimo di idiota!

 

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Nuovo record per il debito pubblico italiano. Toccata quota 2.260,3 miliardi di euro, +20,1 miliardi rispetto a febbraio. Ma per Renzi la priorità è organizzare una pagliacciata di Roma …Non ho dubbi, ormai maglietta gialla è sinonimo di idiota!

 

Nuovo record per il debito pubblico italiano. A marzo il debito accertato della pubblica amministrazione è stato pari a 2.260,3 miliardi di euro, in aumento di 20,1 miliardi rispetto a febbraio. A fare il punto del disavanzo nazionale è il report “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” diffuso oggi dalla Banca d’Italia. Si tratta del livello più alto da luglio 2016, quando si era attestato a 2.252,2 miliardi di euro. Da record nel mese considerato anche le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato, pari a 28,6 miliardi di euro (27,8 nello stesso mese del 2016). Nel primo trimestre del 2017 le entrate sono state pari a 92 miliardi, in crescita del 2,7 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016.

Pesa la crescita del fabbisogno mensile
Sul fronte del debito pubblico, l’incremento è dovuto al fabbisogno mensile delle Amministrazioni pubbliche (23,4 miliardi di euro), parzialmente compensato dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro (per 2,2 miliardi, a 54,6 miliardi di euro) e dall’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del tasso di cambio (1,1 miliardi di euro). Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 20,3 miliardi di euro, quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,2 miliardi di euro. Il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-05-15/bankitalia-marzo-nuovo-record-debito-pubblico-2260-mld-crescita-anche-entrate-103651.shtml?uuid=AEPvNRMB

Crisi, povertà, disoccupazione… tutta colpa di un debito pubblico abnorme: 130% del Pil… Sicuro? Il Giappone raggiunge il 250%, ma c’è la quasi piena occupazione e la produzione industriale è in piena cresciuta! Ma lì non hanno l’Euro…!

 

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Crisi, povertà, disoccupazione… tutta colpa di un debito pubblico abnorme: 130% del Pil… Sicuro? Il Giappone raggiunge il 250%, ma c’è la quasi piena occupazione e la produzione industriale è in piena cresciuta! Ma lì non hanno l’Euro…!

 

In Giappone è quasi piena occupazione. Ma lì non hanno l’euro!

Il Giappone è ormai praticamente alla piena occupazione. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 3% di gennaio al 2,8% a febbraio, il minimo da 22 anni. La disponibilità di posti rispetto alla domanda si è confermata al favorevole rapporto di 1,43: si sono dunque 143 posizioni disponibili per ogni 100 richieste.

Anche la produzione industriale vola. A febbraio è aumentata del 2% (il ritmo più’ veloce in otto mesi) rispetto al mese precedente, trainata da auto, macchinari e prodotti chimici, e ciò a fronte di previsioni del 1,2%.

 

 

Ricordiamo che il Giappone non solo ha sovranità monetaria, ma ha anche un rapporto debito pubblico/PIL ben oltre il 250% (noi in Italia, che siamo tacciati per puttanieri, spreconi e alcolizzati, lo abbiamo poco sopra il 130%)!

Insomma, loro hanno moneta sovrana e Banca Centrale prestatrice illimitata di ultima istanza; noi invece abbiamo l’euro, la BCE (che non funge da prestatrice di ultima istanza), economisti a libro paga del capitale internazionale e scribacchini di regime!

 

fonti:

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-03-31/giappone-la-piena-occupazione-074905.shtml?uuid=AE0TVxw

In Giappone è quasi piena occupazione. Ma lì non hanno l’euro! (di Giuseppe PALMA)