Il PD in piazza contro la vendita di armi alla Turchia? – Caro Pd non c’è bisogno di protestare, basta applicare la legge: Legge 185 del 1990 – “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato”

 

Turchia

 

 

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Il PD in piazza contro la vendita di armi alla Turchia? – Caro Pd non c’è bisogno di protestare, basta applicare la legge: Legge 185 del 1990 – “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato”

Da Fanpage:

Caro Pd, non vuoi vendere armi alla Turchia? Applica la legge, senza scendere in piazza

C’è una legge, la 185 del 1990, che dice: “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”. Ecco un primo passo per fare qualcosa di concreto contro l’attacco della Turchia ai territori curdi.

Forte il PD. Scende in piazza in difesa dei curdi per chiedere al governo (quindi al PD) di intervenire contro la Turchia in difesa dei curdi. In questo banalissimo gioco di annullare qualsiasi distanza tra popolo e istituzioni scendere per strada è visto come sintomo di vitalità politica, come se il partito a cui dovremmo affezionarci debba avere il pregio di essere come noi e non migliore di noi e con più strumenti a disposizione. Sulla vicenda dell’aggressione di Erdogan ai territori curdi (e badate bene che chiamarla “aggressione” dalle parti del sultano turco costa più o meno la galera) escono tutte le cinquanta sfumature di indignazione tipiche italiane: si convoca l’ambasciatore, si prepara qualche meme sui social, ci si dimentica volutamente degli errori passati, si inventa qualche hashtag funzionale, si fruga tr le foto che possano accendere empatia e si chiede sempre a altri di intervenire.

Eppure per dare un segnale a Erdogan e alla sua irresponsabile violenza travestita da missione di pace basterebbe applicare la legge, sì sì la legge italiana, che dice chiaramente (legge 185/1990)«L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere». È già lì, bell’e scritta, pronta solo per essere usata. Usata come ha già fatto la Germania (la Germania che qualcuno continua a descrivere come sempre in bilico per non urtare i poteri forti), come ha fatto l’Olanda e come ha deciso la Norvegia.

Sia chiaro: interrompere l’esportazione di armi non è certo la soluzione definitiva a un problema molto più ampio (che forse nasce con la folle idea dell’Europa di poter normalizzare Erdogan pur di fungere da tappo nell’immigrazione) ma sarebbe un primo concreto passo verso una presa di posizione che sia qualcosa di più di semplice sdegno social e su carta bollata. Sarebbe anche una risposta “di legge” a un atto violento, illegale e irrispettoso dei diritti umani: cosa c’è di meglio di poter agire coperti dalla legge? Appunto.

Come dice chiaramente una nota di Rete Disarmo: “La Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e che le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. “Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” sottolinea Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.”

E forse sarebbe anche più facile credere alla sincerità dello sdegno. No?

fonte: https://www.fanpage.it/politica/caro-pd-non-vuoi-vendere-armi-alla-turchia-applica-la-legge-senza-scendere-in-piazza/
http://www.fanpage.it/

Forse avete sentito che con la manovra economica di Salvini sono stati tagliati 4 miliardi alla Scuola. Quello che però nessuno dice è che sono stati stanziati ben 7 miliardi per le armi… quando si dice “le priorità”…!

 

 

manovra economica

 

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Forse avete sentito che con la manovra economica di Salvini sono stati tagliati 4 miliardi alla Scuola. Quello che però nessuno dice è che sono stati stanziati ben 7 miliardi per le armi… quando si dice “le priorità”…!

 

Da Antimafia 2000:

Leghista perfetto

Le cose non devono andare poi così male, se nella nuova manovra sono stati previsti oltre 7 miliardi per l’acquisto di armamenti.
Un bel mazzo di eurozzi fruscianti che però, se andate a spulciare i documenti ufficiali, non troverete là dove logica vorrebbe, ovvero nel bilancio della Difesa, ma in quello del MiSE, il ministero dello sviluppo economico.
Come mai, si chiederanno i più ingenui?
Beh, intanto, non c’è niente di meglio delle armi, per dare una bella botta di sviluppo all’economia, fregandosene dell’Ilva e di tante altre imprese a rischio di chiusura.
Inoltre, le cose prodotte sotto l’egida MiSE godono del magico appellativo di “dual use”. Roba utilizzabile, cioè, anche per catastrofi, slavine, inondazioni, pestilenze, piaghe egizie ed emergenze umanitarie.
Si tratta quindi di armi buone, simpatiche, caritatevoli, che non vengono dipinte di rosa per mera concessione a un militaresco machismo e non vengono messe in quota alla Sanità o al Welfare, solo per colpa dell’ottusa burocrazia partitocratica.
Infatti, i 7 miliardi serviranno per: un nuovo tipo di elicottero d’attacco, una vasta gamma di veicoli blindati e corazzati, l’ammodernamento del caccia eurofighter, l’acquisto di altri F-35, lo sviluppo del missile Teseo mk2, 7 fregate e 4 sottomarini.
Dulcis in fundo, è prevista la progettazione di 2 nuovi cacciatorpediniere da 10.000 tonnellate cadauno. Che forse, in un paese con radici meno cristiane delle nostre, verrebbero chiamati, con una certa brutalità, incrociatori lanciamissili.
Tutta roba che, nell’infausta evenienza di catastrofi o emergenze umanitarie, è una mano santa.
In caso di inondazione, per esempio, chi potrebbe negare l’ovvia necessità di un sommergibile?
Tranquilli insomma, che tutto va a gonfie vele e qualche volta anche a remi.
Ah, dimenticavo! Per colpa dell’Europa brutta e cattiva, si son dovuti tagliare 4 miliardi alla scuola. Cose che capitano, quando si è guidati dal capitano. Qualche sacrificio bisogna pur farlo, d’altronde.
“Libro e moschetto, fascista perfetto” cantavano le camicie nere di Mussolini.
Quelle di oggi fanno a meno del libro.

 

fonte QUI

 

Legittima difesa? Solo un inchino agli amici della potente lobby delle armi… Un doveroso tributo, in stile americano, ad una delle lobby più potenti e ricca … E, come al solito, il tutto sulla pelle della gente…!

 

Legittima difesa

 

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Legittima difesa? Solo un inchino agli amici della potente lobby delle armi… Un doveroso tributo, in stile americano, ad una delle lobby più potenti e ricca … E, come al solito, il tutto sulla pelle della gente…!

Sembra proprio un bel regalo alle lobby delle armi che tanti bei soldini portano nelle casse dello Stato… Abbiamo davvero bisogno di più legittima difesa e più armi in giro?

Vedete quello che succede quasi tutti i giorni negli Stati Uniti. R non è che noi siamo “migliori”… Avete visto quanti danni è riuscito a fare da noi un semplice spray al peperoncino…

Leggiamo da Fanpage:

Le armi italiane fra lobby, politica ed export in tutto il mondo

Con la riforma della legittima difesa si torna a parlare di vendita di armi in Italia e dei rapporti della Lega con le lobby dei produttori. Il partito di Matteo Salvini non ha mai nascosto l’intesa con un mercato che è decisamente generoso con le casse italiane. Il nostro paese è infatti il nono esportatore di armi nel mondo intero. Ma dove finiscono queste armi?

C’è chi dice che la riforma della legittima difesa, approvata alla Camera e presto all’esame del Senato, non cambi in modo sostanziale il decreto-legge già esistente. La specificazione per cui la difesa sia sempre legittima, con l’aggiunta dell’avverbio, non toglie ai magistrati la propria discrezionalità giuridica, così come il parametro di proporzionalità offesa-difesa non cade con la riforma. C’è invece chi sostiene che la Lega stia avvicinando l’Italia ad una sorta di far west, aprendo all’utilizzo della violenza privata e rendendo più accessibile la compravendita di armi nel nostro paese.

Il dibattito sull’uso delle armi non è nuovo al Parlamento, specialmente da quando il segretario della Lega e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, strizza pubblicamente l’occhio alle lobby delle armi. Lo scorso 11 febbraio, in piena campagna elettorale, Salvini, candidato premier del Carroccio, avrebbe firmato un impegno alla fiera delle armi di Vicenza con i rappresentanti della lobby per cui prometteva di coinvolgerli direttamente ogni volta che fosse arrivato in Parlamento un provvedimento sulle armi. Più specificatamente, l’accordo era stato preso con il Comitato Direttiva 477, un’associazione che tutela i cittadini in possesso di armi da fuoco e che lavora fianco a fianco con i più importanti fabbricanti in Italia.

Le armi in Italia tra politica ed economia
A settembre 2018 è arrivato il decreto legislativo che rende più facile possedere un’arma da fuoco. Secondo il provvedimento viene allargato il gruppo di modelli detenibili da un privato, in cui vengono inclusi ora anche esempi di derivazione militare. Inoltre, aumenta il numero di proiettili consentiti, sebbene comunque non sarà possibile avere caricatori che contengano il numero più alto di colpi legali. Infine, si può compilare la denuncia di detenzione attraverso una semplice e-mail mentre non è più obbligatorio informare il partner della presenza di armi in casa.

Il Comitato Direttiva 477 collabora direttamente con Anpam, Conarmi e Assoarmieri, che si occupano rispettivamente dell’industria, del settore artigianale e della rappresentanza dei commercianti. Questi sono i punti di riferimento di un mercato che rappresenta quasi l’1% del Pil italiano e che, solo in ambito sportivo, genera affari per circa cento milioni di euro all’anno. Il Comitato, facendo da ponte tra politica e mercati, con il sostegno aperto di Salvini porterebbe in Parlamento importanti interessi economici legati al mondo delle armi.

L’export delle armi italiane
Del resto, il nostro paese non è estraneo al business degli armamenti. L’Italia occupa infatti il nono posto nella top 10 della vendita di armi nell’intero pianeta. La classifica è stata stilata nell’ultimo rapporto del Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Quello delle armi è un mercato consolidato e in continua crescita che nutre ormai da anni le casse di Roma, responsabile dell’export del 2,5% delle armi di tutto il mondo. In cima alla classifica vi sono gli Stati Uniti, che esportano il 34% delle armi internazionali, seguiti dalla Russia con un 22% e dalla Francia con il 6,7%. Seguono Germania (5,8%), Cina (5,7%), Regno Unito (4,8%), Spagna (2,9%) e Israele (2,9%). Troviamo quindi l’Italia, davanti all’Olanda che chiude la classifica con il 2,1%. La classifica si riferisce ad armi utilizzate in campo bellico, vale a dire aerei, navi, carri armati e missili, e riguarda gli anni fra il 2013 e il 2017.

Ma chi compra queste armi? La maggior parte dell’equipaggiamento bellico prodotto in Italia finisce negli Emirati Arabi Uniti, in Turchia e Algeria. Si tratta dei paesi che acquistano più armi a livello internazionale. Altri paesi che usufruiscono della produzione italiana sono poi Israele, Marocco, Qatar, Kuwait, Pakistan, Giordania, Taiwan, India e Singapore, ma anche le più vicine Polonia e Norvegia. La maggior parte delle armi che l’Italia produce finiscono quindi tra Medio Oriente e Nord Africa, nelle zone geopolitiche fra le più instabili al mondo.

La tendenza ad esportare sempre più verso paesi che non appartengono alla Ue o alla Nato spesso ha significato vendere armi a regimi per cui il rispetto dei diritti umani è pressoché inesistente. In particolare, si è parlato molto delle armi italiane vendute all’Arabia Saudita, implicata in una guerra che sta devastando lo Yemen e in cui le violazioni di diritti umani e i crimini di guerra contro civili sono stati ampiamente documentati. La vendita di armi a Riad piuttosto che ad Abu Dhabi grava su una delle emergenze umanitarie più tragiche dei giorni nostri, per cui il Parlamento europeo ha già sollecitato un embargo sugli armamenti destinati all’Arabia, condannando fortemente i finanziamenti ad una tale carneficina.

Lo scorso anno, la Rete Italiana per il Disarmo, insieme all’European Center for Constitutional and Human Rights, ha presentato alla procura della Repubblica Italiana una denuncia perché si avvii un’indagine sulla responsabilità penale degli amministratori della produttrice di armi Rwm Italia che hanno esportato in Yemen. La società produce bombe aeree del tipo MK82, MK83 e MK84 in Sardegna per conto della multinazionale tedesca Rheinmetall. La denuncia fa particolare riferimento ad un bombardamento avvenuto nel 2016 diretto contro una casa privata. Sul luogo dell’attacco, in cui sono morti sei civili, sarebbero stati rinvenuti resti di bombe prodotte proprio da Rwm Italia.

Fonte: https://www.fanpage.it/le-armi-italiane-fra-lobby-politica-ed-export-in-tutto-il-mondo/

I giornali titolano: Sorprese ladro e gli sparò, Salvini lo va a trovare in carcere: “Chiederò la grazia” – Ma la storia è diversa: il ladro era in fuga. Fu preso, fatto inginocchiare, picchiato e poi colpito con una fucilata al petto… Ma il nostro Ministro degli Interni sta dalla parte di questi delinquenti…!

 

Salvini

 

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I giornali titolano: Sorprese ladro e gli sparò, Salvini lo va a trovare in carcere: “Chiederò la grazia” – Ma la storia è diversa: il ladro era in fuga. Fu preso, fatto inginocchiare, picchiato e poi colpito con una fucilata al petto… Ma il nostro Ministro degli Interni sta dalla parte di questi delinquenti…!

Da Fanpage:

Sorprese ladro e gli sparò, Salvini lo va a trovare in carcere: “Chiederò la grazia”

L’imprenditore Angelo Peveri è stato condannato nei giorni scorsi in via definiva a quattro anni e mezzo di carcere per tentato omicidio dopo aver sparato ai ladri in fuga e averne ferito uno. Il Ministro dell’Interno è andato a trovarlo in carcere spiegando: “Non è giusto che sia in galera un imprenditore che si è difeso dopo 100 furti e rapine e invece sia a spasso un rapinatore in attesa di un risarcimento dei danni”

“Cercheremo di fare di tutto perché stia in galera il meno possibile, dal mio punto di vista non doveva nemmeno entrarci”, così il Ministro dell’intero Matteo Salvini si è espresso oggi uscendo dal carcere di Piacenza dove ha incontrato l’imprenditore Angelo Peveri, l’uomo condannato in via definiva a quattro anni e mezzo di carcere per aver sparato a un ladro entrato in un suo cantiere senza che sussistesse la legittima difesa, come stabilito anche dalla Cassazione. Fin da primo momento Salvini si era schierato a fianco dell’imprenditore telefonandogli personalmente ma con l’arresto definito dell’uomo ora ha voluto manifestargli la sua solidarietà andandolo a trovare in carcere dicendosi pronto anche a chiedere la grazia.

Ma le cose non sono andate proprio così…

“La legittima difesa in questa storia non c’entra nulla”. A dirlo sono stati il pubblico ministero Ornella Chicca, che otto anni fa coordinò le indagini del Nucleo operativo dei carabinieri di Piacenza, e il procuratore capo Salvatore Cappelleri. In un’intervista a firma di Paolo Marino apparsa sul quotidiano Libertà mercoledì 20 febbraio, il procuratore Cappelleri spiega che “la legittima difesa non è mai entrata nel processo”. Ossia gli avvocati di Peveri e Botezatu non hanno mai sostenuto questa tesi. Ovviamente, il caso, oggi spettacolarizzato, va ricondotto a estrema prudenza e riguardo. “Ora che è stata scritta la parola fine sulla vicenda, tutti dovrebbero accettare la ricostruzione dei fatti per quella che è – ha detto il procuratore – e penso che questo atteggiamento dovrebbe valere a maggior ragione per chi ricopre cariche istituzionali, da cui mi aspetterei parole di grande prudenza”.

Come andarono le cose quella notte di ottobre del 2011?

Un antifurto segnala un tentativo di manomissione a un escavatore della ditta Peveri lasciato sul greto del Tidone. Nel cantiere sul torrente, tre persone fuggono e Peveri esplode colpi di fucile a pompa verso i tre (lui sosterrà di aver sparato in aria, ndc) e una delle tre persone viene ferita al braccio. Dopo qualche tempo, Jucan Dorel, che si era allontanato senza un graffio, torna sul luogo del delitto per recuperare la sua auto. Lì viene riconosciuto da Botezatu che lo immobilizza e, dice il procuratore: “lo costringe a inginocchiarsi e lo immobilizza e a mettere le mani dietro la nuca”, quindi lo colpisce con un corpo contundente mai individuato. Peveri arriva subito dopo, e quando arriva il ladro è a terra, immobile. A quel punto viene afferrato per il collo e gli viene sbattuta la testa più volte sui sassi. La perizia balistica dirà che Peveri in quei frangenti ha esploso un colpo di fucile da una distanza di un metro e mezzo, due al massimo, che colpisce il ladro in pieno petto. LA perizia dirà che il colpo fu sparato “da una persona in piedi verso una persona supina”. Dorel da allora è invalido al 55% e ha avuto lesioni al polmone.

Questi, incensurato, patteggia una pena di 10 mesi per il tentato furto di gasolio. Nei giorni scorsi Dorel ha dichiarato che ai tempi era disoccupato. “Non sono come chi aggredisce le persone o ruba in casa”, ha detto l’uomo, 35enne all’epoca dei fatti, che oggi vive e lavora in provincia di Piacenza con la sua famiglia e si è trovato al centro della polemica per quel che successe sul greto del Tidone quella notte. Il “caso Peveri” è un caso di tentato omicidio che nulla c’azzecca con la legittima difesa. Ma sembra altro, a leggere i comunicati stampa dei partiti, i commenti sui social e ascoltando le prese di posizione dei sindaci che si sonos chierati con l’imprenditore e il suo dipendente.

Fonti:

https://www.fanpage.it/sorprese-ladro-e-gli-sparo-salvini-lo-va-a-trovare-in-carcere-chiedero-la-grazia/

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/02/25/news/angelo_peveri_ladri_gasolio-220145446/?ref=fbpr&fbclid=IwAR2hfU4uXQXHGY89NDKv8xSZszXkehzatPrEt67hU561SjoEDN-pNixXxoU

https://www.articolo21.org/2019/02/caso-peveri-la-legittima-difesa-in-questa-storia-non-centra-nulla/

La Germania non acquisterà gli F-35: sono un bidone e costano troppo… Invece l’Italia li acquisterà per non dare un dispiacere agli amici americani. E chissenefrega se proprio noi l’alternativa ce l’abbiamo: l’Italianissima Alenia produce caccia leggeri molto più utili ed economici.

 

F-35

 

 

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La Germania non acquisterà gli F-35: sono un bidone e costano troppo… Invece l’Italia li acquisterà per non dare un dispiacere agli amici americani. E chissenefrega se proprio noi l’alternativa ce l’abbiamo: l’Italianissima Alenia produce caccia leggeri molto più utili ed economici.

La notizia è stata riportata a fine gennaio dal blog di Thomas Wiegold, un esperto tedesco di difesa: «la vecchia flotta di Tornado della Luftwaffe sarà sostituita da caccia europei Eurofighter o dagli F/A-18 statunitensi. Una sostituzione con i cacciabombardieri F-35 non è prevista».

La fonte della notizia è più che autorevole: il ministero della Difesa tedesco che, nell’aprile 2018, aveva informato di una gara con quattro concorrenti, di cui un europeo (l’Eurofighter, prodotto dalla franco-tedesca Airbus) e tre americani (gli F-35A di Lockheed Martin, gli F-15E e gli F/A-18E/F, entrambi di Boeing). Ora i soggetti in lizza sono rimasti solo due: Eurofighter e Boeing.

I nuovi aerei, che sostituiranno 85 Tornado della Panavia (una joint venture Airbus, la britannica BAE Systems e l’italiana Leonardo), dovranno entrare in funzione dal 2025 e, come i Tornado, dovranno essere abilitati al trasporto di testate nucleari. Il tutto per un periodo ponte di 15 anni. Nel 2040, infatti, dovrebbero essere pronti i nuovi caccia del sistema franco-tedesco FCAS (Future Combat Air System), a cui ha aderito recentemente anche la Spagna.

Motivi geopolitici contro gli F-35

I motivi per l’uscita di scena degli F-35 sono molteplici e di natura squisitamente geopolitica. «La Luftwaffe (l’aviazione tedesca, ndr), in realtà, li avrebbe preferiti, perché sono i velivoli più moderni dal punto di vista tecnico, anche se hanno ancora una serie di problemi seri da risolvere e sono molto cari», spiega a Valori.it Otfried Nassauer, direttore di BITS (Centro di Informazione Berlinese per la Sicurezza Transatlantica). «Anche gli Stati Uniti ci speravano, sia per la probabile entità della commessa sia perché l’Eurofighter, al momento, non è certificato per trasportare bombe nucleari e, in base a stime USA, saranno necessari almeno dieci anni per ottenere la certificazione. E quindi si andrebbe oltre il 2025».

Poi, però, hanno prevalso gli interessi dell’alleanza tra Germania e Francia, recentemente rinnovata nel gennaio del 2019 con il Trattato di Acquisgrana.

«Se la Germania si fosse decisa per gli F-35», continua Nassauer, «dal punto di vista dei francesi sarebbe stata la fine del progetto FCAS, perché gli F-35 sono un aereo di nuova generazione e di estrema complessità, che avrebbe portato a una sostituzione di lungo termine e non sarebbe stato adatto a una soluzione provvisoria. Alla fine sarebbe rimasto in corpo alla Luftwaffe per decenni, quindi molto più a lungo dei 15 anni richiesti».

La Luftwaffe ha fretta di spendere

Siamo di fronte a una situazione intricata, nella quale l’aviazione tedesca si è buttata da sola. «Nel 2016 fu incaricata di elaborare un piano per utilizzare i Tornado fino al 2035», continua Nassauer. «Non sarebbe stato assolutamente un problema, né per le fusoliere né per i propulsori. E allungando la durata non sarebbe stata necessaria una soluzione transitoria.

Ma la Luftwaffe ha visto la possibilità di beneficiare delle maggiori risorse finanziarie previste con l’attuale aumento delle spese militari tedesche e così ha deciso di anticipare il programma di rimpiazzo dei Tornado al 2025. Alla fine è possibile che, per motivi tecnici e di budget, i Tornado siano comunque mantenuti in funzione, magari sostituendo i velivoli più vecchi con altri Eurofighter, che si aggiungerebbero a quelli che dovranno essere comunque ordinati per rimpiazzare la prima tranche di Eurofighter in dotazione all’esercito tedesco, che non può più essere aggiornata».

L’Italia non molla

Se la Germania dice addio agli F-35, l’Italia ha invece deciso di andare avanti con il programma che prevede l’acquisto di 90 velivoli, di cui 11 già consegnati e operativi. Per il prossimo quinquennio dovrebbero esserne acquistati però solo sei sui dieci previsti, per cercare di contenere le critiche che provengono dalla base del M5S, delusa dal dietrofront della dirigenza del partito. Delusione comprensibile perché attorno velivoli da guerra si era svolta una delle battaglie retoriche, almeno fino a quando erano all’opposizione.

Fino a poco tempo fa, ad esempio, Alessandro Di Battista aveva definito i super-cacciabombardieri «strumenti di morte», fino ad auspicare un blocco totale degli acquisti per dirottare le risorse «verso programmi per salvare vite (dei migranti, ndr) in mare». “Niente F35 e soldi per i migranti in mare”. Così parlava Di Battista nel 2015

I tempi, intanto, sono cambiati radicalmente. I migranti vengono lasciati affogare nell’indifferenza generale e l’Italia continua ad aderire al «più costoso programma aeronautico della storia», per un velivolo che, come ha dimostrato una recente analisi tecnica della rivista specializzata Popular Mechanics, potrebbe essere ricordato come «uno degli aerei da guerra più derisi della storia».

In proposito Vi ricordiamo un articolo che abbiamo pubblicato 2 anni fa:

L’alternativa agli F-35? C’è, ma è tabù: l’Italianissima Alenia produce caccia leggeri molto più utili ed economici. Ma i nostri politici imbarazzati, inetti, servili e lecchini non darebbero mai un dispiacere ai padroni Americani!

Gli Stati Uniti? Quelli che dicono di esportare democrazia? Forniscono aiuti e assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo!

 

Stati Uniti

 

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Gli Stati Uniti? Quelli che dicono di esportare democrazia? Forniscono aiuti e assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo!

Promotori della democrazia? Gli USA forniscono assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo
Una ONG, finanziata però da Washington, afferma che ci sono 49 paesi nel mondo in cui mancano libertà politiche e civili. Di questi, 35 hanno continuato a ricevere il sostegno militare degli Stati Uniti recentemente.
Un’organizzazione non governativa statunitense ha pubblicato un rapporto in cui descrive dozzine di paesi del mondo come “non liberi”. I lettori più attenti hanno subito sottolineato che la stragrande maggioranza di quelle nazioni riceve il supporto militare da Washington.

L’ONG Freedom House, fondata nel 1941, nel suo rapporto annuale dal titolo ‘La libertà nel mondo’ categorizza i diversi stati del mondo come “liberi”, “parzialmente liberi” o “non liberi” in termini di libertà e diritti politici e civili dei suoi abitanti.

Finanziato quasi interamente dal governo degli Stati Uniti, Freedom House considera gli Stati Uniti e i suoi alleati come “liberi” e designati come “non liberi” in 49 paesi per un totale di circa 2.700 milioni di abitanti, compresi la Russia e la Cina.

Tuttavia, oltre il 70% di questi stati “non liberi” sono stati clienti del complesso militare-industriale statunitense o hanno ricevuto una sorta di assistenza militare dal Pentagono negli ultimi tre anni, secondo l’organizzazione di notizie indipendente Truthout, riguardante l’ultima edizione del rapporto.

Nel 2018, le nazioni “non libere” legate a Washington salgono a 35, che di solito è proclamato promotore della democrazia e oppositore delle dittature. Dodici di questi, classificati come “i peggiori dei peggiori”, ricevono finora assistenza militare USA, tra cui la Somalia, il Turkmenistan, l’Uzbekistan, la Repubblica Centrafricana e l’Arabia Saudita.

Il regno saudita, in particolare, figura tra i peggiori classificati della lista, al di sotto della Cina, della Russia, del Venezuela e persino dell’Iran. Tuttavia, continua ad essere “il più grande cliente di vendite militari straniere” negli Stati Uniti, secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

A causa dello scandalo relativo all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, l’Arabia Saudita ha cominciato a perdere contratti d’acquisto milionari con altri paesi, ampiamente attribuito all’alto comando del regno. Allo stesso tempo, Washington si aspetta un “significativo aumento” nella cooperazione militare con Riad.

Fonte: Freedom House – Truthout

Il vero “deficit” di cui nessuno parla: i 70 milioni di euro al giorno (avete letto bene, 70 milioni) per le spese militari!

 

spese militari

 

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Il vero “deficit” di cui nessuno parla: i 70 milioni di euro al giorno (avete letto bene, 70 milioni) per le spese militari!

di Manlio Dinucci, Il Manifesto 2 ottobre 2018

Mercati e Unione europea in allarme, opposizione all’attacco, richiamo del presidente della Repubblica alla Costituzione, perché l’annunciata manovra finanziaria del governo comporterebbe un deficit di circa 27 miliardi di euro.

Silenzio assoluto invece, sia nel governo che nell’opposizione, sul fatto che l’Italia spende in un anno una somma analoga a scopo militare. Quella del 2018 è di circa 25 miliardi di euro, cui si aggiungono altre voci di carattere miitare portandola a oltre 27 miliardi. Sono oltre 70 milioni di euro al giorno, in aumento poiché l’Italia si è impegnata nella Nato a portarli a circa 100 milioni al giorno.

Perché nessuno mette in discussione il crescente esborso di denaro pubblico per armi, forze armate e interventi militari? Perché vorrebbe dire mettersi contro gli Stati uniti, l’«alleato privilegiato» (ossia dominante), che ci richiede un continuo aumento della spesa militare.

Quella statunitense per l’anno fiscale 2019 (iniziato il 1° ottobre 2018) supera i 700 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci di carattere militare, compresi quasi 200 miliardi per i militari a riposo. La spesa militare complessiva degli Stati uniti sale così a oltre 1.000 miliardi di dollari annui, ossia a un quarto della spesa federale.

Un crescente investimento nella guerra, che permette agli Stati uniti (secondo la motivazione ufficiale del Pentagono) di «rimanere la preminente potenza militare nel mondo, assicurare che i rapporti di potenza restino a nostro favore e far avanzare un ordine internazionale che favorisca al massimo la nostra prosperità».

La spesa militare provocherà però nel budget federale, nell’anno fiscale 2019, un deficit di quasi 1.000 miliardi. Questo farà aumentare ulteriormente il debito del governo federale Usa, salito a circa 21.

500 miliardi di dollari.

Esso viene scaricato all’interno con tagli alle spese sociali e, all’estero, stampando dollari, usati quale principale moneta delle riserve valutarie mondiali e delle quotazioni delle materie prime.

C’è però chi guadagna dalla crescente spesa militare. Sono i colossi dell’industria bellica. Tra le dieci maggiori produttrici mondiali di armamenti, sei sono statunitensi: Lockheed Martin, Boeing, Raytheon Company, Northrop Grumman, General Dynamics, L3 Technologies. Seguono la britannica BAE Systems, la franco-olandese Airbus, l’italiana Leonardo (già Finmeccanica) salita al nono posto, e la francese Thales.

Non sono solo gigantesche aziende produttrici di armamenti. Esse formano il complesso militare-industriale, strettamente integrato con istituzioni e partiti, in un esteso e profondo intreccio di interessi. Ciò crea un vero e proprio establishment delle armi, i cui profitti e poteri aumentano nella misura in cui aumentano tensioni e guerre.

La Leonardo, che ricava l’85% del suo fatturato dalla vendita di armi, è integrata nel complesso militare-industriale statunitense: fornisce prodotti e servizi non solo alle Forze armate e alle aziende del Pentagono, ma anche alle agenzie d’intelligence, mentre in Italia gestisce l’impianto di Cameri dei caccia F-35 della Lockheed Martin.

In settembre la Leonardo è stata scelta dal Pentagono, con la Boeing prima contrattista, per fornire alla US Air Force l’elicottero da attacco AW139.

In agosto, Fincantieri (controllata dalla società finanziaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha consegnato alla US Navy, con la Lockheed Martin, altre due navi da combattimento litorale.

Tutto questo va tenuto presente quando ci si chiede perché, negli organi parlamentari e istituzionali italiani, c’è uno schiacciante consenso multipartisan a non tagliare ma ad aumentare la spesa militare.

 

 

fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_vero_deficit_di_cui_nessuno_parla_i_70_milioni_di_euro_al_giorno_per_le_spese_militari/82_25617/

Francia e Italia litigano sui migranti, ma di nascosto ne approfittano per negoziare sugli armamenti

 

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Francia e Italia litigano sui migranti, ma di nascosto ne approfittano per negoziare sugli armamenti

 

Francia e Italia litigano sui migranti e negoziano sugli armamenti

L’emergenza migranti e il caso della nave Aquarius respinta dall’Italia sono un’occasione per l’Europa per stanziare più fondi e per rilanciare l’industria degli armamenti

Di Roberto Ferrigno

L’episodio della nave Aquarius non poteva provocare una vera crisi tra Italia e Francia. Troppi, e troppo importanti, i temi del tavolo negoziale tra Roma e Parigi. Il vertice Macron-Conte dei giorni scorsi ha, infatti, restituito l’immagine di due governi allineati sull’argomento più mediatico ed utile alle necessità di politica interna di entrambi i leader: elaborare una nuova strategia UE di gestione dei migranti.

Non a caso, in coincidenza col vertice franco-italiano, la Commissione ha rilanciato la proposta di stanziare, per il periodo 2021-2027, 4,8 miliardi di euro per la sicurezza interna e 34,9 miliardi per la sicurezza dei confini esterni e la gestione dei migranti: il triplo dei fondi disponibili nel precedente settennato.

Inoltre, Frontex, l’Agenzia Europea per la Guardia Costiera e di Frontiera, dovrebbe ricevere 12 miliardi per arrivare a costituire, tra l’altro, una forza di 10mila uomini da dislocare lungo i confini marittimi e terrestri dell’UE. Rimane da vedere se questo aumento spettacolare dei fondi proposto per il prossimo budget UE servirà a sbloccare la paralisi sulla questione migranti che sta minando anche gli equilibri politici interni della Germania.

Un assist per l’industria bellica

La scelta italiana di respingere la nave Aquarius ha reso evidente quanto ipocrisia, sotterfugi e passività abbiano minato la solidità e credibilità dell’UE. Ma la risposta sarà un giro di vite securitario e repressivo a cui si accompagna il rilancio dell’industria degli armamenti. Infatti, insieme al pacchetto su sicurezza e migranti, la Commissione ha ufficializzato il lancio dello European Defense Fund (EDF), con un finanziamento di 13 miliardi – che arriverebbe a 40 miliardi con le contribuzioni nazionali – teso a favorire lo sviluppo di tecnologie e sistemi di punta nel campo della difesa, quali droni e strumenti di cyberwarfare.

Il fondo finanzierà esclusivamente “progetti collaborativi” presentati da almeno tre Stati membri. La Commissione ha anche lanciato l’iniziativa “European Peace Facility” con l’obbiettivo di organizzare e coordinare missioni militari all’estero e, soprattutto, di costituire il punto di vendita a Paesi extra-UE per i sistemi di armamento e tecnologie militari sviluppati dall’EDF.

Ue: nuovo polo di vendita armamenti

La Commissione punta a fare dell’UE un polo di sviluppo e vendita di armamenti che, pur coordinato con la NATO, sia in grado di rivaleggiare con USA, Russia e Cina. Francia, Germania e Italia sono già a ridosso dei tre maggiori produttori mondiali degli armamenti. L’EDF rappresenta, dunque, un’ottima opportunità per Parigi e Roma di porsi come leader europei.

Con l’attenzione dei media rivolta al caso Aquarius, le delicate trattative per un apparentamento dell’industria degli armamenti franco-italiana nell’ambito della svolta securitario-militare dell’UE, possono procedere indisturbate.

Una tappa importante è rappresentata dalla partnership franco-italiana nel campo delle costruzioni navali. Fincantieri, dopo un lungo e tortuoso negoziato, si è già assicurata la proprietà del 50% dei cantieri STX di Saint-Nazaire, specializzati nella costruzione di grandi unità militari. Le parti ora stanno discutendo un’accresciuta integrazione delle capacità militari marittime che si dovrebbe realizzare attraverso un percorso di partecipazioni incrociate tra Fincantieri ed un’altra azienda, Naval Group, il cui 62,9% è detenuto dallo Stato, che dovrebbero aumentare in base all’elaborazione di programmi comuni.

La collaborazione tra questi due gruppi si è recentemente concretizzata in un ricco contratto comune per la marina militare del Canada, la quale per 47 miliardi comprerà fino a 15 fregate, le cui dotazioni di sistemi elettronici verranno fornite dal tandem Thales-Leonardo. Thales è proprietaria del 35% di Naval Group ed ha la quota maggioritaria nel gruppo Thales Alenia Space, con Leonardo in possesso del 33%.

La progressiva integrazione di Fincantieri, di cui lo Stato italiano possiede il 71,64%, con il settore navale francese potrebbe preludere ad un ulteriore “avvicinamento” tra Leonardo e Thales, due tra le maggiori aziende europee di armamenti e sistemi di difesa.

Il mercato degli armamenti dell’UE vale, per ora, circa 100 miliardi. Ma quello mondiale supera il 1.700 miliardi.

Il negoziato franco-italiano sulla creazione di un possibile polo tricolore degli armamenti, gestito direttamente dai massimi vertici governativi, prosegue dunque in grande discrezione, con la prospettiva di poter arrivare a qualche annuncio importante entro il 2018.

In una situazione dove l’enfasi della difesa degli interessi e delle frontiere nazionali domina il dibattito politico in seno all’UE, sembra proprio che le migliori prospettive di integrazione e solidarietà europea siano quelle dell’industria degli armamenti.

fonte: https://valori.it/francia-e-italia-litigano-sui-migranti-e-negoziano-sugli-armamenti/

 

 

Per la serie FACCE DI BRONZO – La Pinotti contro il Governo: Salvini prende in ostaggio 600 persone e Conte (premier?) tace… Sì la Pinotti, quella che ha venduto le armi all’Arabia con cui sono stati assassinati 16.000 Yemeniti…!

 

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Per la serie FACCE DI BRONZO – La Pinotti contro il Governo: Salvini prende in ostaggio 600 persone e Conte (premier?) tace… Sì la Pinotti, quella che ha venduto le armi all’Arabia con cui sono stati assassinati 16.000 Yemeniti…!

Per capire l’ipocrisia di questa gente, Vi consigliamo di leggere questo:

Bambini morti! Vi danno fastidio queste immagini? Eppure li hanno ammazzati le armi che NOI Italiani vendiamo all’Arabia grazie al Ministro Pinotti, a Renzi ed a Gentiloni…!!!

Pinotti contro il Governo: Salvini prende in ostaggio 600 persone e Conte (premier?) tace

Lo dice Roberta Pinotti parlando a nome del Pd nell’Aula del Senato, nel dibattito sul caso Aquarius.

“Avevamo chiesto che in Aula venisse a riferire il presidente del Consiglio a cui spetta di fare sintesi nel governo ma che finora è rimasto in un silenzio assordante. Ne dobbiamo dedurre che è il governo Salvini e non Conte che oggi guida l’Italia. E lei, Salvini, non ha esitato a prendere in ostaggio 600 persone disperate per farsi sentire al tavolo europeo”. Lo dice Roberta Pinotti parlando a nome del Pd nell’Aula del Senato, nel dibattito sul caso Aquarius.

per approfondire, ecco quello che hanno detto Le Iene:

L’Italia ha le mani sporche di sangue

 

Il 25 aprile il Governo uscente ordina altri otto F35, pagando l’anticipo… I giornali si chiedono se il nuovo Governo confermerà l’acquisto… Nessuno però si chiede come si permette un Governo, non solo delegittimato, ma indiscutibilmente disprezzato, ad impegnare i nostri soldi!

F35

 

 

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Il 25 aprile il Governo uscente ordina altri otto F35, pagando l’anticipo… I giornali si chiedono se il nuovo Governo confermerà l’acquisto… Nessuno però si chiede come si permette un Governo, non solo delegittimato, ma indiscutibilmente disprezzato, ad impegnare i nostri soldi!

 

Tutti a chiederso cosa farà il nuovo Governo.

Ecco per esempio, con un po’ di ironia, Il Fatto Quotidiano

Per gli F-35 sono 1,3 miliardi. Che faccio ministro, lascio?
In effetti lo scorso 25 aprile il Governo uscente ha ordinato altri 8 cacciabombardieri. Ma il M5S, nella prima versione del programma, votata sulla piattaforma Rousseau, aveva annunciato tagli al programma per gli F35. Tagli che sono poi scomparsi nella versione definitiva del documento e nel contratto di governo siglato con la Lega. Come si muoverà adesso la neoeletta ministra della Difesa?

Un bel dilemma.

Resta però la domanda: perché un governo evidentemente non più voluto dalla gente si permette di impegnare i soldi nostri?