Gino Strada: “Non vedo più la sinistra, ma solo comitati d’affari”

 

Gino Strada

 

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Gino Strada: “Non vedo più la sinistra, ma solo comitati d’affari”

A inizio anno ha vinto il premio “Sunhak Peace 2017”, assegnato a personalità e organizzazioni che si distinguano per il loro contributo alla pace e allo sviluppo umano. Il 10 febbraio, invece, ha posato con Renzo Piano la prima pietra per la costruzione di un centro di chirurgia pediatrica d’eccellenza in Uganda. Gino Strada è il fondatore di Emergency: “Oggi”, dice, “parlare di pace è considerato irreale e utopistico. Noi siamo contro la guerra in un mondo in cui non esiste più un partito, un’organizzazione internazionale che la ripudi davvero”.
Qual è l’ultima scommessa di Emergency?Stiamo lavorando per riprendere a operare nel nostro ospedale di Erbil, nel Kurdistan iracheno, che avevamo lasciato qualche anno fa alle autorità locali. Su richiesta del governo curdo e dell’Unione europea, riprenderemo a curare lì i feriti che arrivano da Mosul, dove si combattono l’esercito iracheno e gli uomini di Daesh, con attacchi indiscriminati alle aree abitate dai civili e i residenti in fuga usati come scudi umani.
Quali sono le attività di Emergency oggi nel mondo?Dalla sua fondazione, nel 1994, Emergency ha curato gratuitamente 8 milioni di persone. Le nostre attività sono soprattutto chirurgia di guerra, pediatria e maternità: in Afghanistan, per fare un esempio, abbiamo tre ospedali chirurgici, un centro maternità – che abbiamo dovuto raddoppiare perché non ci stavamo più dentro – e una quindicina di cliniche. In Sudan, abbiamo un centro di cardiochirurgia, un ospedale pediatrico per il trattamento del colera e una clinica pediatrica in un grosso campo di rifugiati che raccoglie dalle 600 alle 800 mila persone. E siamo anche in Sierra Leone e nella Repubblica Centrafricana.
Avete attività anche in Italia. A Milano si vedono i camion rossi di Emergency per l’assistenza agli stranieri.Siamo a Milano, a Marghera, a Palermo e in diversi posti della Sicilia. A Polistena, in Calabria, abbiamo un ambulatorio fisso. Poi ci sono gli ambulatori mobili che seguono i migranti che si spostano per i raccolti. Ce n’è uno a Ponticelli, Napoli, e uno sportello di assistenza a Sassari. Faccio fatica a star dietro a tutte le cose che apriamo.
In Italia non assistete più solo gli stranieri.Quando abbiamo cominciato, nel 2006, pensavamo di occuparci solo di migranti. Ora invece ci occupiamo anche di italiani poveri che non riescono più a curarsi come si deve perché la sanità, che dovrebbe essere gratuita, non lo è più. Il sistema sanitario sta diventando privato. Il paziente deve pagare. Magari non molto, ma quel non molto per tanti è troppo.
In Europa e nel mondo intanto si innalzano muri.Negare asilo ai rifugiati è vergognoso. Ma è anche la fine dell’Europa, che non era nata sull’idea dell’esclusione, della fortezza assediata. Ci riempiamo la bocca di parole come “globalizzazione”, diciamo che il mondo non ha più confini, quando in realtà i confini non ci sono solo per le merci. Soltanto gli imbecilli possono pensare di fermare migrazioni che nella storia non è mai stato possibile fermare. Ogni sera, una persona su nove va a dormire affamata. Come possiamo essere sorpresi che milioni di esseri umani lascino la loro casa e si mettano in viaggio per sfuggire alla povertà e alla guerra?
Anche la sinistra pensa a come “governare” i flussi migratori.Io non so che cosa sia la sinistra. Capisco cos’è destra e sinistra se si parla del codice stradale, se si parla di politica non lo capisco più. Del resto, anche in Italia, la miglior politica di destra l’ha fatta la sinistra. Bisognerebbe tornare a discutere di valori e di principi fondamentali, invece ormai i governi sono in modo spudorato semplicemente dei comitati d’affari delle multinazionali. Il primo problema che dovrebbero affrontare è quello della guerra, da rifiutare sempre e comunque, non “questa no”, “quella sì”. Questo atteggiamento ha fatto fallire anche le istituzioni internazionali: l’Onu fu creata per impedire la guerra, invece da allora nel mondo ci sono stati 160 conflitti. È finito: il suo Consiglio di sicurezza è diventato il consiglio degli armaioli del mondo, che producono e vendono armi per i conflitti. Se vogliamo sperare che l’umanità sopravviva, dobbiamo smettere di ammazzarci.
da: Il Fatto quotidiano, 19 febbraio 2017
fonte QUI

Riccardo Licci e Francesco Chiricozzi gli stupratori di Viterbo ai domiciliari – Egidio, 82 anni, arrestato per il “gravissimo” reato di aver salvato un migrante, lasciato crepare in carcere… È questa la giustizia in Italia?

stupratori

 

 

 

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Riccardo Licci e Francesco Chiricozzi gli stupratori di Viterbo ai domiciliari – Egidio, 82 anni, arrestato per il “gravissimo” reato di aver salvato un migrante, lasciato crepare in carcere… È questa la giustizia in Italia?

Disposta la scarcerazione per i due ex militanti Casapound che violentarono una donna di 36 anni in un pub. Applicato il braccialetto elettronico e chiesto il giudizio immediato

Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, ai domiciliari con braccialetto elettronico. Tornano a casa i due viterbesi ex militanti di CasaPound arrestati per lo stupro di donna di 36 anni , in un pub che, fino a primavera, risultava tra le sedi ufficiali del movimento di estrema destra. Entro venerdì lasceranno il carcere Mammagialla, dov’erano rinchiusi dal 29 aprile…

Insomma per i due fascisti stupratori niente carcere (per il momento, speriamo…)

E solo qualche giorno fa Vi avevamo parlato di Egidio:

Egidio – Morire in carcere a 82 anni, per un reato “gravissimo”: aveva salvato un migrante! Lo hanno ucciso quei politici che si possono permettere di rubare, mentire, ingannare, corrompere… ma a cui non succede mai niente! …E i Tg MUTI…!!

…E’ questa la giustizia in Italia?

I sozzoni salvano Sozzani, il deputato di Forza Italia accusato di illecito finanziamento e corruzione!

 

Sozzani

 

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I sozzoni salvano Sozzani, il deputato di Forza Italia accusato di illecito finanziamento e corruzione!

La Camera ha negato l’autorizzazione all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato di Forza Italia Diego Sozzani. La votazione è avvenuta per scrutinio segreto. L’esito del voto è stato accolto da un applauso di parte dell’emiciclo, in particolare dei deputati azzurri. I voti a favore sono stati 235, 309 i contrari, un astenuto. Partito Democratico e Movimento 5 Stelle avevano annunciato voto favorevole agli arresti domiciliari. Precedentemente, l’aula aveva votato contro anche all’uso delle intercettazioni per il deputato accusato di finanziamento illecito: in quel caso, solo i grillini avevano dichiarato voto favorevole, mentre tutti gli altri partiti, incluso il Pd, avevano annunciato voto contro. Nella votazione precedente, 352 deputati hanno quindi bocciato la richiesta del gip di Milano, contro i 187 (presumibilmente grillini) e due astenuti.

E solo ieri Vi avevamo parlato di Egidio:

Egidio – Morire in carcere a 82 anni, per un reato “gravissimo”: aveva salvato un migrante! Lo hanno ucciso quei politici che si possono permettere di rubare, mentire, ingannare, corrompere… ma a cui non succede mai niente! …E i Tg MUTI…!!

…Ma Egidio non faceva parte di questa casta di m….!

Per non dimenticare – 19 settembre 1943, Boves: la prima strage nazista in Italia

 

Boves

 

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Per non dimenticare – 19 settembre 1943, Boves: la prima strage nazista in Italia

«Quel settembre “era buono per i funghi”. Il padrone del caffè Cernaia imbottigliava il dolcetto arrivato da Dogliani; nella calzoleria Borello si preparavano gli zoccoli, per i giorni di fango e di neve. Le cose di sempre in un villaggio piemontese che non aveva capito la guerra e neppure la confusione, dopo la disfatta; vissuto per secoli nel suo quieto sogno di alberi, di fontane, di vicende e di commerci minimi; costretto ora a esprimere in poche ore, in una luce rossastra, tutta la capacità umana di soffrire». Quel villaggio, descritto così sul sito dell’Associazione partigiani (Anpi) di Lissone, è Boves nel settembre del 1943: un piccolo paese dell’Italia profonda, diecimila anime comprese le frazioni montane, conosciuto solo dai suoi abitanti, poco distante da Cuneo, che si ritrovò di colpo nella Storia con la esse maiuscola, la Storia cattiva, quella che uccide e brucia e distrugge. Boves fu il teatro della prima strage compiuta in Italia dai nazisti, 24 civili trucidati, 350 case date alle fiamme, eseguita il 19 settembre del 1943 per punire gli italiani traditori dell’8 settembre e terrorizzare chi aveva in animo di unirsi o comunque sostenere le prime bande partigiane che già si erano costituite sulle montagne.

Boves era sconosciuta ma Cuneo non era una città qualsiasi, almeno per la nascente Resistenza italiana. Era il luogo di nascita e lavoro di Tancredi Achille Giuseppe Olimpio Galimberti, un avvocato che nel 1943 aveva 37 anni e che tutti conoscevano come «Duccio», il soprannome con cui sarebbe passato alla storia d’Italia. Il 26 luglio 1943, il giorno dopo la caduta di Mussolini, Galimberti, da tempo militante clandestino del Partito d’Azione, si era affacciato al balcone del suo studio nella centralissima piazza Vittorio (oggi piazza Galimberti) e aveva tenuto un comizio improvvisato per celebrare la fine del regime fascista: «La guerra continua – disse – fino alla cacciata dell’ultimo tedesco e alla scomparsa delle ultime vestigia del fascismo». La riunione fu dispersa a colpi di manganello dalla polizia e lo stesso Galimberti fu denunciato e poi colpito da un mandato d’arresto, revocato dopo tre settimane. Insomma, «la camicia non era più nera/ma il fascismo restava padron», come avrebbero poi cantato i partigiani giellisti nella Badoglieide, la canzone satirica contro il nuovo capo del Governo, Pietro Badoglio, composta da Nuto Revelli e Dante Livio Bianco di cui vi abbiamo parlato qui. Lo studio di Galimberti divenne il principale centro di reclutamento e organizzazione delle brigate partigiane di Giustizia e Libertà, il braccio armato dell’omonimo movimento politico fondato a Parigi dai fratelli Carlo e Nello Rosselli e confluito poi nel Partito d’Azione, di cui «Duccio» fu capo e ideologo fino alla cattura da parte dei fascisti e alla morte nel dicembre 1944.

Il terreno di coltura dell’antifascismo, dunque, nelle valli cuneesi non era scarso nè infertile. Così sulle pendici della Bisalta, il monte che sovrasta Boves, si costituiscono da subito le prime bande. Una delle più importanti è quella guidata da Ignazio Vian, un ex sottotenente della Gaf (la Guardia alla frontiera, la polizia di confine del regime) di 26 anni che nemmeno un anno dopo, nel luglio 1944, sarà catturato, torturato e impiccato dai fascisti a Torino. Le prime azioni provocano una reazione dei tedeschi, che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e il voltafaccia dell’Italia stanno procedendo in fretta alla cattura e all’internamento del  Regio esercito allo sbando e all’occupazione dell’Italia centro-settentrionale. Il 16 settembre compare a Boves un proclama del “generale” Joachim Peiper, comandante delle truppe tedesche operanti in zona, in cui si minacciano rappresaglie contro chi aiuta le formazioni composte dai militari italiani, ai quali non viene riconosciuto lo status di combattenti regolari. In realtà Peiper, 29 anni, non è un generale ma uno Sturbannfuehrer, ossia un maggiore, delle SS appartenenti alla divisione corazzata Leibstandarte Adolf Hitler, nata dall’espansione della guardia del corpo del dittatore tedesco. Insomma, i più nazisti dei nazisti, veterani del Fronte orientale, combattenti irriducibili e feroci.

Il 19 settembre, una domenica, una Fiat 1100 con due SS arriva a Boves alle 10 del mattino e incrocia un gruppo di partigiani venuti in paese per rifornirsi di pane. I tedeschi si lasciano catturare senza opporre resistenza e vengono portati via insieme alla loro auto. Verso mezzogiorno un reparto di SS attacca le posizioni della formazione di Vian e viene respinto. Uno scontro piccolo e breve, dove cadono un partigiano, l’ex marinaio Domenico Burlando di Genova, e un soldato tedesco, il cui cadavere viene abbandonato dai commilitoni in ritirata. Alle 13 arriva a Boves il grosso del reparto tedesco, comandato dallo stesso Peiper. Si cerca il commissario prefettizio, ma è introvabile. Allora i tedeschi convocano il parroco Don Giuseppe Bernardi (46 anni) e un industriale della zona, l’ingegnere Antonio Vassallo. Li incaricano di andare dai partigiani e farsi restituire i due soldati prigionieri, l’auto e anche il cadavere del caduto. Solo così si potrà evitare la rappresaglia nei confronti del paese. I due accettano e chiedono a Peiper un impegno scritto. La risposta è sprezzante: la parola di un ufficiale tedesco vale gli scritti di tutti gli italiani, dice più o meno Peiper (sulle parole esatte i testimoni sono discordi). I due partono dopo le 14 con un’auto pubblica, una Lancia Augusta, guidata da Vittorio Luigi Dalmasso (qui, al minuto 6:08, citato come testimone in un filmato della cineteca Rai) e assolvono la loro missione: i due soldati, cui non è stato torto un capello, vengono riconsegnati e così l’auto e la salma del tedesco morto. La Fiat e la Lancia rientrano a Boves alle 15 e 15 circa.

Sembra finita ma non è così. Don Bernardi e Vassallo vengono trattenuti e guardati a vista vicino al monumento ai caduti, in piazza Italia. Parte la rappresaglia: piccoli gruppi di SS percorrono la città bruciando e uccidendo. Per fortuna molti abitanti sono già fuggiti. Ma non sono pochi i vecchi e i malati che non hanno potuto scappare e cadono sotto il piombo: alla fine le vittime saranno 24, compreso un sacerdote, il viceparroco Antonio Ghibaudo. Il suo parroco subisce la stessa sorte: don Bernardi e Vassallo vengono portati in giro a vedere la distruzione del loro paese, poi vengono fucilati. I loro cadaveri saranno ritrovati carbonizzati. Secondo alcune fonti erano ancora vivi quando le fiamme li avvolsero, ma in proposito non c’è certezza. Intanto Peiper bombarda con l’artiglieria le posizioni partigiane. Le bande rimarranno attive in zona e nelle altre valli del Cuneese fino alla fine della guerra. Tanto che Boves sarà di nuovo attaccata durante un rastrellamento tra il dicembre 1943 e il gennaio 1944: altri 59 morti tra partigiani e civili.

Dopo la guerra due avvocati italiani tentarono di portare in giudizio a Stoccarda gli autori della strage, a cominciare da Peiper, ma il processo non fu mai celebrato. L’ufficiale venne condannato a morte per la strage di decine di prigionieri americani (circa 80) a Malmedy, in Belgio, durante l’offensiva delle Ardenne di fine 1944. La sentenza fu commutata nel carcere a vita ma Peiper fu poi rilasciato nel 1956. Morì nel luglio del 1976 in un incendio scoppiato nella sua casa francese di Travers, in Borgogna, dove viveva sotto falso nome. Secondo alcune ricostruzioni, il rogo sarebbe stato doloso, appiccato da ex partigiani francesi comunisti che avevano scoperto la vera identità della vittima. La figlia di Antonio Vassallo, Liliana, che a 18 anni dovette riconoscere la salma carbonizzata del padre, è stata per tutta la vita professoressa di lettere nelle scuole medie della zona tra Boves e Mondovì ed è morta nel giugno del 2012. Per Don Bernardi e Don Ghibaudo è stato avviato nel 2013 il processo di beatificazione.

fonte: http://pochestorie.corriere.it/2018/09/21/boves-1991943-la-prima-strage-nazista-in-italia/

Libero, titolo indecente sul Papa che “prega per salvare il governo” – Che poi, quando il cuore immacolato della Madonna faceva crepare i migranti in mare andava tutto bene…

 

Libero

 

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Libero, titolo indecente sul Papa che “prega per salvare il governo” – Che poi, quando il cuore immacolato della Madonna faceva crepare i migranti in mare andava tutto bene…

 

Ma si rendono conto che è un giornale che sprizza razzismo e intolleranza in quasi tutti i titoli?

Dalla “patata bollente” della Raggi, “cala il fatturato ma aumentano i gay” e poi i ‘terroni’, i migranti che portano le malattie, il governo rosso che ci fa invadere dai neri.

E che altro?

“Non ricordiamo se l’Ordine dei Giornalisti avesse preso provvedimenti nei confronti del Manifesto quando titolò “Pastore tedesco” la prima pagina dell’edizione in cui dava notizia dell’elezione di Papa Benedetto XVI al soglio pontificio. Né tantomeno siamo in grado di ricostruire se all’epoca Carlo Verna si fosse indignato al punto da trasformarsi in hater di giornalisti, purché non appartenenti alle correnti di sinistra che lo hanno votato”.

Lo afferma il Comitato di Redazione del quotidiano Libero in risposta alla dichiarazioni del presidente dell’Odg.

“La tolleranza a senso unico proprio non coincide con le parole pronunciate da Papa Francesco durante l’omelia a Santa Marta ieri 16 settembre 2019: ‘si deve pregare per l’altro, per quello che ha un’opinione diversa dalla mia’. Speriamo che l’OdG non intenda darsi alla caccia alle streghe con il pretesto di punire il vilipendio alla religione cattolica attraverso l’offesa al Papa. Anche perché nell’articolo e nel titolo finiti sotto la lente del Sant’Uffizio dei giornalisti non ve n’era traccia”.

Per carità. Il Cdr di Libero deve difendere i posti di lavoro dei giornalisti che ricevono lo stipendio da quel giornale.

Tuttavia ci vuole un bel coraggio nel difendere una testata che è andata oltre ogni limiti per più volte e usa questo metodo per solleticare la pancia dei lettori reazionari.

Nessuna caccia alle streghe. Ci vorrebbe serietà. Non difendere gli indifendibili Feltri e Senaldi.

Le parole che hanno così tanto fatto infuriare Libero sono state quelle di Carlo Verna, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che ha detto: “Perdona loro perché non sanno quello che dicono. Di fronte alla mancanza di un minimo senso di rispetto del quotidiano Libero nei confronti di Papa Francesco e sulla base del titolo del giornale di cui e’ direttore responsabile Pietro Senaldi e direttore editoriale Vittorio Feltri (‘Non ha di meglio da fare, adesso il Papa prega per il governo’) non posso far altro che chiedere scusa al Pontefice a nome della categoria.

Aggiungendo, parafrasando dalle scritture: “noi non li conosciamo”. A prescindere da qualunque Consiglio di Disciplina abbiamo il diritto di ritenerli estranei alla comunità dei giornalisti. Aggiungo solo che da sempre la Chiesa prega per i governanti”.

 

tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/09/17/libero-titolo-indecente-sul-papa-e-il-cdr-si-difende-caccia-alle-streghe-2046490.html

Dal Pm antimafia Nino Di Matteo parole di fuoco contro la Magistratura: “L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”

Nino Di Matteo

 

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Dal Pm antimafia Nino Di Matteo parole di fuoco contro la Magistratura: “L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”

«L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso».

Così il pm Nino Di Matteo, nel discorso per lanciare la propria candidatura alle elezioni suppletive per il Consiglio superiore della magistratura, ha definito la «degenerazione del correntismo».

Di Matteo ha spiegato che «negli ultimi 15 anni la magistratura è cambiata, pervasa da un cancro che ne sta invadendo il corpo, i cui sintomi sono la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici, il collateralismo politico».

Nel «momento più buio della magistratura ho sentito il bisogno e la voglia di mettere la mia umiltà e il mio coraggio per dare una spallata a questo sistema,» ha concluso Di Matteo.

Salvini porta sul palco di Pontita una bambina di Bibbiano. La Lucarelli lo sputtana: prima gli ricorda “non era lui quello che ‘i bambini vanno tenuti fuori dalla politica?’ Vale solo per i suoi sulle moto d’acqua?”, poi scopre che la bimba di Pontida con Bibbiano non centra niente…!

 

Salvini

 

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Salvini porta sul palco di Pontita una bambina di Bibbiano. La Lucarelli lo sputtana: prima gli ricorda “non era lui quello che ‘i bambini vanno tenuti fuori dalla politica?’ Vale solo per i suoi sulle moto d’acqua?”, poi scopre che la bimba di Pontida con Bibbiano non centra niente…!

Salvini nel corso del suo show sul palco di Pontida porta anche una bambina reduce dai fattacci di Bibbiano.

Selvaggia Lucarelli prima lo umilia con:

Ma lui non era quello che ‘i bambini vanno tenuti fuori dalla politica?’. Vale solo per i suoi sulle moto d’acqua, evidentemente.

 

Un mese fa piagnucolava per gli articoli su suo figlio e la moto d’acqua. “I bambini vanno lasciati fuori dalla politica!”, diceva. A Pontida oggi usa una bambina per scopi politici esibendola davanti alle folle come uno dei suoi tanti gadget, dal rosario alla giacca da poliziotto. (e complimenti pure ai genitori che gliel’hanno consentito)
Che pena infinita.

Ma poi scopre qualcosa in più: quella bambina con Bibbiano non centra niente:

Mi comunica un magistrato che la bambina GRETA portata da SALVINI sul palco di Pontida NON E’ MENZIONATA NELL’ORDINANZA del GIP di Reggio Emilia riguardante il “caso Bibbiano”. Inoltre il suo caso non sarebbe stato neppure tra quelli seguiti dai Servizi Sociali della Val d’Enza.
Spero che Matteo Salvini, per quel che resta della sua reputazione, possa smentire.

 

Confermo tutto perché ho parlato con la madre. La bambina di Pontida non c’entra nulla con Bibbiano. Vive in Lombardia e le case famiglia a cui fu affidata erano a Varese e Como. Salvini ha strumentalizzato Bibbiano e i bambini in modo indegno.

Avesse ragione la Lucarelli …fosse tutto vero, sarebbe veramente un essere viscido e schifoso…!

Egidio – Morire in carcere a 82 anni, per un reato “gravissimo”: aveva salvato un migrante! Lo hanno ucciso quei politici che si possono permettere di rubare, mentire, ingannare, corrompere… ma a cui non succede mai niente! …E i Tg MUTI…!!

 

Egidio

 

 

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Egidio – Morire in carcere a 82 anni, per un reato “gravissimo”: aveva salvato un migrante! Lo hanno ucciso quei politici che si possono permettere di rubare, mentire, ingannare, corrompere… ma a cui non succede mai niente! …E i Tg MUTI…!!

 

Muore a 82 anni, in carcere per un reato “gravissimo”

Egidio è morto il 6 settembre 2019. Era da tempo malato ma le sue condizioni si sono aggravate moltissimo negli ultimi mesi di vita.

Egidio Tiraborrelli aveva 82 anni e il 18 dicembre 2018 è stato messo in carcere per un reato accertato nel 2012 e per il quale era stato condannato in contumacia a sua insaputa. Dal carcere è uscito solo per andare in medicina d’urgenza dove oggi è morto.

Non sapremo mai se Egidio fosse al corrente di commettere un reato. Il fatto di avere aiutato una persona ad entrare in italia, per lui, emigrato in Argentina all’età di 17 anni e operaio saldatore in giro per il mondo per decenni, doveva essere una cosa normale. Raggiri a parte, s’intende, visto che neanche conosceva la persona che stava aiutando.

Fatto sta che Egidio è stato accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato considerato gravissimo, tanto da far entrare in carcere una persona malata di 82 anni; un reato considerato ostativo, tanto da far perdere la possibilità di misure alternative al carcere e di sottrarre addirittura la pensione.

Egidio era un vero cittadino del mondo. Lui, con alle spalle una vita di duro lavoro in giro per i deserti a saldare tubi per la Snam e per la Saipem si era adeguato con leggerezza a vivere in una casa occupata a Parma, legando benissimo con gli altri abitanti e con il vicinato, al quale offriva i prodotti dell’orto e del giardino che curava come fossero figli.

Quando aveva appena ottenuto una casa popolare per passare gli ultimi anni in serenità e un minimo di comodità è arrivato l’arresto. Egidio era ammalato ma l’abbiamo visto sereno e pimpante pochi giorni prima dell’arresto. Il carcere lo ha debilitato definitivamente.

Egidio. Morto a causa della legge, non della giustizia

La storia di Egidio Tiraborrelli, pensionato di 82, ex operaio saldatore morto in carcere, è una sassata contro chi continua a confondere la legge con la giustizia. L’anziano era stato portato in carcere a Parma in quanto condannato nel 2017 a tre anni e mezzo di carcere dal Tribunale di Ancona per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel 2012, avevano trovato un uomo dentro a un baule legato sopra al suo furgone, sbarcato con un traghetto dalla Grecia all’Italia. “Dopo essere stato denunciato, il mio assistito non ha più ricevuto notizie di quel procedimento perché ha cambiato domicilio dimenticandosi di comunicarlo alla magistratura”.

L’uomo è morto a 82 anni dopo avere trascorso ben 9 mesi nel carcere di Parma in compagnia di un cancro. Sembra che solo il giorno prima della sua morte, avvenuta il 6 settembre, il magistrato di Sorveglianza aveva autorizzato la detenzione domiciliare in ospedale.

Quando hanno arrestato Egidio, il suo avvocato non ha potuto che prenderne atto perché il reato per cui è stato condannato è ostativo e quindi non permetteva di evitare il carcere salvo gravi problemi di salute. Dunque il condannato viene condotto subito in carcere e le istanze per chiedere misure alternative vengono esaminate solo a qualche mese di distanza. Il suo legale l’ha presentata a maggio. Intanto ad Egidio, in quanto condannato, era stato tolto anche l’assegno assistenziale a integrazione della modesta pensione.

Ai primi di settembre, il giudice di Sorveglianza di Reggio Emilia ha scritto alla difesa che avrebbe concesso la detenzione domiciliare solo dopo le dimissioni dall’ospedale in cui era stato ricoverato. Nei giorni seguenti, dal carcere è arrivata al magistrato la comunicazione che il ricovero si sarebbe protratto vista la gravità del quadro clinico. Il 5 settembre sono stati firmati finalmente i domiciliari, in ospedale. Il suo errore è stato non avere comunicato il cambio di residenza. Se l’avesse fatto, un legale avrebbe potuto chiedere di patteggiare una pena che non comportava il carcere, vista l’età e i lunghi periodi passati in ospedale a causa del tumore. O quantomeno presentare appello, fermando così l’esecuzione della pena.

Tutte preoccupazioni che non hanno sfiorato la magistratura, prima di emettere – in automatico – l’ordine di esecuzione. Mandare in carcere, fino a morirne, un uomo di 82 malato di cancro, non è cosa che possa trovare trovare giustificazioni nascondendosi dietro norme rigide e che rivelano una ottusità burocratica, questa sì, ostativa di ogni giustizia o quantomeno di buonsenso.

“E’ la legge” risponderanno in tanti. Ma anche in questo caso chi doveva incontrare giustizia ha incontrato, purtroppo, solo la legge.

 

fonti:

http://www.labottegadelbarbieri.org/muore-a-82-anni-in-carcere-per-un-reato-gravissimo/

http://contropiano.org/altro/2019/09/12/egidio-morto-a-causa-della-legge-non-della-giustizia-0118638

Una storia: l’onorevole con casa abusiva e la sua “nobile” battaglia per eliminare i vincoli di edificazione sulle spiagge della Sicilia

 

 

casa abusiva

 

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Una storia: l’onorevole con casa abusiva e la sua “nobile” battaglia per eliminare i vincoli di edificazione sulle spiagge della Sicilia

L’onorevole con casa abusiva che vuole lo stop ai vincoli di edificazione in spiaggia in Sicilia

Il deputato della Regione siciliana Carmelo Pullara ha lanciato la sua ennesima campagna contro i vincoli di edificazione in Sicilia, proponendo la modifica all’attuale divieto di edificare entro i 50 metri dalla battigia. “A Santorini e nelle Cinque ci son ville sul mare, da noi la legge ostacola lo sviluppo turistico sulla costa” ha spiegato Pullara.

“In vacanza sono stato a Santorini. Lì ci sono quelle ville a strapiombo sul mare. Sono uno spettacolo” , così il deputato della Regione siciliana Carmelo Pullara ha lanciato la sua ennesima campagna contro i vincoli di edificazione in Sicilia. Dopo aver proposto di bloccare gli abbattimenti delle costruzioni abusive con un emendamento in regione finito poi nel nulla a usa di numerose polemiche , infatti, ora l’onorevole ha rilanciato chiedendo uno stop ai vincoli di edificazione in spiaggia sulle coste siciliane. In particole nel mirino di Pullara c’è l’attuale divieto di edificare entro i 150 metri dalla battigia. Del resto nel mondo ci sono esempi come “Santorini con le ville a strapiombo”, ha ragionato Pullara, e senza andare fuori Italia “anche nelle Cinque Terre è così, con quelle bellissime ville sul mare”. “Noi abbiamo fatto più del resto d’Italia. Altrove il divieto di costruire in riva al mare può essere derogato con un parere della soprintendenza, da noi no” ha spiegato Pullara a l quotidiano Repubblica.

“Non si tratta di interesse elettorale anche perché Licata il suo prezzo sugli abbattimenti l’ha già pagato” tiene a sottolineare il deputato regionale riferendosi alla sua città e assicurando che “non c’entra la mia casa perché non ho case in riva al mare” riferendosi all’abitazione sulla quale pende un’ordinanza di demolizione in quanto abusiva ma che è lontana dalla spiaggia. Per Pullara tutti questi divieti avrebbero ostacolo lo sviluppo turistico dell’Isola. “La legge in vigore in Sicilia ci priva di uno sviluppo reale sulle coste: in Grecia, ma anche in Liguria, la possibilità di costruire edifici in riva al mare ha dato una spinta reale al turismo. Così, con la possibilità di costruire, renderemmo più appetibili economicamente le nostre coste” sostiene Pullara, pronto a inserire un emendamento in questo senso nel nuovo disegno di legge sull’Urbanistica regionale che sarà discusso in Aula

fonte: https://www.fanpage.it/politica/lonorevole-con-casa-abusiva-che-vuole-lo-stop-ai-vincoli-di-edificazione-in-spiaggia-in-sicilia/

Massimo Cacciari al vetriolo contro Salvini: “Il potere dà all’ignorante un’ebbrezza da sbornia pesante”

 

 

Massimo Cacciari

 

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Massimo Cacciari al vetriolo contro Salvini: “Il potere dà all’ignorante un’ebbrezza da sbornia pesante”

Il filosofo ospite a Otto e Mezzo: “Non riesco ancora a capire il tentato suicidio politico di Salvini”.

Il filosofo Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia, ospite a Otto e Mezzo con Lilli Gruber, ha avuto parole pesantissime per Matteo Salvini. Nel giorno in cui si è completamente chiusa la crisi di governo e il nuovo Conte-bis ha ottenuto anche la fiducia al Senato, si tirano le somme di quella che è stata la lunghissima estate politica italiana, a partire da quel famigerato 8 agosto in cui Salvini, appena incassata la vittoria sulla Tav (e reduce da quella sul decreto sicurezza bis) fa una mossa politica che Cacciari definisce un ‘hapax legomenon’ (in linguistica un caso che compare una volta sola nella storia) della politica mondiale.

Per Cacciari il suidicido, anzi il tentato suicidio politico di Salvini è del tutto inspiegabile (e gli fanno eco anche Beppe Severgnini e Marco Travaglio, anche loro ospiti). Ma poi lancia una violenta stilettata: “la verità è che il potere, all’uomo ignorante, dà un’ebbrezza da sbornia”.

Rincara la dose Severgnini: “Esistono quelle tipologie di uomini di potere che crollano nel momento massimo del loro splendore. Penso a Berlusconi, penso a Renzi che è stato completamente folle a fare il referendum. Ora anche Salvini, anche se lui è stato il più folle di tutti”.

 

fonte: https://www.globalist.it/media/2019/09/10/massimo-cacciari-al-vetriolo-contro-salvini-il-potere-da-all-ignorante-un-ebbrezza-da-sbornia-pesante-2046201.html